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Smettila di dire Parolacce! (Perché i bambini le dicono?)
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Voglio la Mamma! Perchè l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perchè
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Smettila di picchiare tuo figlio! Educare i bambini senza schiaffi
Sono in tanti a considerare necessario (e doveroso) ricorrere a schiaffi ai bambini sul viso, alle sculacciate, a picchiare i bambini sulle mani. Sberle e sculacciate ogni tanto ci scappano e i motivi sono davvero vari. Per esempio tanti di noi sono cresciuti ricevendo magari qualche schiaffo o sculacciata e vivendo con genitori che urlavano ed esplodevano con episodi di rabbia. Per questo motivo si arriva a credere che sia l’unico modo per educare e per farsi ascoltare dai figli. Ma non è così. Ancora oggi i genitori si chiedono quando è necessario dare uno schiaffo a un figlio oppure non riescono a valutare sei gli schiaffi ai bambini sono diseducativi oppure inevitabili. Qualcuno di noi pensa davvero che sia uno strumento educativo efficace. Risolviamo tutti i dubbi con questo articolo, troverai anche degli esempi pratici. Perché i genitori ricorrono agli schiaffi con i bambini? La maggior parte delle volte sberle e sculaccioni scappano perché non riusciamo a farne a meno, non riusciamo a gestire quella tensione forte che ci sale dentro, quella rabbia che ci prende d’impulso, ed ecco che diamo la sberla, la sculacciata. Non si tratta di un gesto ragionato. È un modo istintivo che usiamo per scaricare la nostra tensione, la nostra rabbia. E ci giustifichiamo dicendo che lo facciamo perché non mi ascolta, non riesco a farmi ascoltare, non so che cosa altro fare… Se ti ascolti mentre dai la sculacciata, appena prima che ti venga il senso di colpa, è come se una parte di te si fosse svuotata di un pezzo scomodo, senti quasi un senso di calma. Sberle e sculacciate quindi servono soltanto a chi le dà, perché liberano, sono uno sfogo, si scarica quella tensione data dalla frustrazione della rabbia. Subito dopo inizia il loop del senso di colpa: “Mannaggia cosa ho fatto! Non dovevo farlo, mi dispiace”… Ti chiedo, davvero con il cuore in mano, di considerare che non servono, non sono una soluzione valida per l’educazione dei tuoi figli e non portano nulla di buono nella relazione con i bambini, anzi li danneggiano. Non si fa nemmeno sugli animali, giustamente, non si fa con una pianta e lo facciamo con dei bambini?! Abbiamo gli strumenti per educare e sono anche meno faticosi. Soluzioni per diventare adulti più equilibrati ce ne sono tante, per gestire la relazione con i nostri figli in maniera dignitosa e decisamente più fisiologica per tutti. Dare schiaffi ai bambini, sberle, punire, urlare, svalutare, sminuire, umiliare non è dignitoso: danneggia la sua dignità, ma danneggia anche la nostra dignità di adulti genitori. Non voglio però che tu ti senta in colpa, non è un’accusa. Capisco cha magari anche tu sei cresciuta fra una punizione, una sberla e una sculacciata e giustamente non sai fare diversamente o non lo fai apposta. Capisco che non siamo abituati ad agire con un altro approccio, che non siamo in grado di gestire il nostro bagaglio emotivo perché nessuno ci ha insegnato, è così per tutti. Ma date le soluzioni alternative esistenti, lo possiamo fare per noi e per i nostri figli, possiamo creare insieme una generazione di adulti che non usa più questi strumenti. Ce la possiamo fare, un po’ alla volta. Schiaffi ai bambini: come facciamo a sostituire la sberla e la sculacciata? Innanzitutto è necessario tenere a bada e riuscire a gestire la nostra rabbia. La sculacciata, la punizione e le sberle che diamo a un bambino, sono frutto della nostra rabbia e del nervoso che non riusciamo a controllare. E’ necessario iniziare ad agire a monte, prima di arrivare alla reazione, all’esplosione di rabbia. Ecco due inviti che ti faccio: 1. Gestisci la rabbia. E’ necessario arriva a gestire sempre meglio i tuoi stati emotivi in modo da non arrivare a dover esplodere. 2. Preveniamo la rabbia Un’altra cosa utile è l’invito a riorganizzare la tua quotidianità e la tua routine giornaliera, viaggiare per priorità, perché a volte arriviamo talmente esausti, già sul punto di esplodere dai nostri figli che poi saltiamo in aria per la goccia che fa traboccare il vaso. Nessuno ci ha insegnato a calibrare le nostre energie durante la giornata, a come non stancarci troppo e dobbiamo farlo perché altrimenti quando arriviamo dai bambini, loro diventano dei capri espiatori. Arrabbiarsi non serve a niente e questo incide sulla relazione con i figli. Da Aiutante Magico è necessario avvicinarci ai figli e cercare di comprendere il problema 👉 Per esempio puoi fermarti a riflettere: “Perché mio figlio è aggressivo con me? Mi sta dicendo che non vuole fare una cosa?” “Ha preso un brutto voto a scuola, non ha riordinato dopo che gliel’ho detto dieci volte. Come mai? Come mai è successo questo?” 👉 Oppure ha picchiato sua sorella. Riflessione: è vero che non si fa, ma lui per primo sa che non si fa, allora devo andare ad aiutarlo a sanare questa ferita per cui si sente meno della sorella. Quindi a monte cerco di riuscire a risolvere questa situazione tra di loro. 👉 Altra situazione: ha portato a casa un brutto voto. Allora cosa serve dare uno schiaffo a tuo figlio, sgridarlo e arrabbiarsi? Cerchiamo invece di capire come mai è successo. Cerchiamo la causa e chiediamoci: che cosa non ha capito? È andato in affanno perché gli faceva paura la verifica? O aveva paura di non farla abbastanza bene e il cervello è andato in tilt? Cerchi di capire il motivo e ne parli con tuo figlio. 👉 Altro esempio: tuo figlio ti risponde male, in maniera aggressiva. Riflessione: siccome sai che non è cattivo o maleducato, forse ha una difficoltà? In questo periodo ha accumulato troppo nervoso o è stanco? Sta imitando me perché anch’io quando ho qualche problema mi arrabbio, alzo la voce? Anche in questo caso dare uno schiaffo al bambino risolverebbe la situazione? Non risolve il motivo per cui tuo figlio si comporta in un certo modo. E’ utile invece risolvere la vera causa. Per esempio se oggi ti risponde male perché è stanco, la soluzione potrebbe essere andare a dormire. L’indomani organizzerai meglio la giornata in modo che non si arrivi cotti (e nervosi) alla sera. Se è arrabbiato, aggressivo e risponde male perché è geloso della sorella o perché hai tu un modo sbagliato di dire di no allora è molto più utile andare a risolvere queste cause e intanto non entrare in una lotta di potere con lui. Troviamo la soluzione sia a monte che immediata, cioè non mi arrabbio ora e risolvo il problema che ci ha portato qui, come un vero Aiutante Magico. Quando noi perdiamo la calma, urliamo, comunichiamo ai figli che siamo deboli, fragili Infatti più l’adulto è violento e più è debole, è un adulto che non sa gestire i suoi sentimenti, che si sente fragile o insicuro tanto da credere di doversi arrabbiare o di dover fare la voce grossa per mostrare la sua autorevolezza. Quando urliamo o ci arrabbiamo siamo deboli e in difficoltà, non siamo calmi e fermi, presenti, non diamo l’idea di un adulto da ascoltare, che può essere la sua guida. Se è la prima volta che leggi queste cose so benissimo che puoi considerarle assurde. Ma prova a pensare a questo: secondo te chi è più stabile ed equilibrato: un adulto che esplode di rabbia, perde la pazienza e sa solo urlare e punire sfogando la sua frustrazione sui figli o sugli altri oppure un adulto che di fronte alle difficoltà riesce a mantenere la calma, la lucidità e sa come agire nell’immediato per risolvere la situazione? Fa male a tutti sentirsi dire queste cose, ma da qualche parte dobbiamo partire. Magari i bambini ascoltano e ubbidiscono se li congeliamo con una sberla o una sculacciata: ma lo fanno per paura o perché si fidano di noi? Ma veramente vogliamo che i nostri figli ci ascoltino per paura? Io preferirei che un bambino mi segua perché mi stima, perché ho creato una buona relazione con lui, perché sa che si può fidare e affidare. Non serve generare paura nel bambino, l’esperienza dimostra che non si ottiene niente di buono nella relazione con i figli. Vuoi saperne di più su come evitare schiaffi e sculacciate? Leggi l’articolo: Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire
Mio figlio si isola, non socializza e legge Platone! (E perchè alcuni ragazzi fanno cose estreme per farsi notare?)
Molti genitori si preoccupano quando i loro figli si isolano e preferiscono stare a casa, amano leggere, non hanno il desiderio di uscire per stare con gli amici, andare al bar, in discoteca… insomma quando non sono “normali come gli altri”. Parliamo di tutti quei bambini e ragazzi che magari si sottomettono all’esterno, ma in realtà lo fanno per sopravvivere. Sono ragazzi che tendono a isolarsi, amano il silenzio, sono molto consapevoli, spesso non devi spiegargli nulla. Perché mio figlio si isola e non socializza? La causa frequente Il figlio che tende a isolarsi è come un filosofo che si trova con gli ultras della squadra dell’inter. Che cosa si possono raccontare? Per lui spesso è una tortura stare nel gruppo. Non è lui che ha ritardi o problemi, tutt’altro! È semplicemente più sensibile, vede le cose in maniera diversa rispetto ai coetanei, magari vuole stare lontano da relazioni fatte da convenienza, ipocrisia, da conversazioni giudicanti (quasi tutte). Ecco perché esiste da un lato chi fa gruppo (la maggioranza) e dall’altro chi si isola (sempre di più). Per comprendere più a fondo l’isolamento degli adolescenti entriamo un attimo all’interno di un gruppo. Quali sono i temi trattati? Il sistema solare, perché si nasce, perché l’uomo si ammala, perché il sole non si spegne mai… Non credo. Nel gruppo, con la sigaretta accesa in una mano e una birra nell’altra, si parla di dove organizzare la prossima festa con musica assordante, della prossima gara in motorino o in macchina, di quante ragazze ognuno abbia conosciuto su facebook, di come rompere le scatole a qualcuno per non annoiarsi, di come vestirsi o pettinarsi i capelli… Come può un ragazzino, che possiede un certa sensibilità, fare gruppo su questi temi? Non gli interessano, gli sembrano una perdita di tempo, preferisce stare a casa e leggere un romanzo, o stare da solo in pace davanti al computer o con le cuffie nelle orecchie per tappare tutto quello che gli arriva dall’esterno e che sente così lontano da sè. Ecco che quel comportamento strano che tu ritieni un isolamento in verità è l’unica via che ha trovato tuo figlio per stare meglio con se stesso. Sei sensibile, asociale e timido: quindi non sei “normale” come gli altri Ognuno, per vari motivi, nasce con un certo livello di sensibilità e l’ambiente esterno famigliare può: contribuire a risvegliare questo aspetto totalmente reprimerlo, come succede da modelli educativi “tradizionali” che prevedono subito toni duri e regole di ferro nei primi 7 anni, quelli della fase egocentrica, in cui i bambini, per loro natura, le regole proprio non le assimilano tramite le spiegazioni razionali (e questo non significa che bisogna essere troppo permissivi). condizionarlo involontariamente attraverso il nostro modo di fare, di comunicare, attraverso le nostre emozioni e le nostre credenze sulla vita. Il dramma: “mio figlio non socializza, è diverso!” Senza determinate conoscenze è ovvio che i genitori etichettino certi comportamenti dei loro figli come “diversi” dagli altri. Perché per cultura del passato siamo stati abituati a omologare i bambini e i ragazzi. Tutti devono essere uguali. E chi esce fuori dalle righe imposte dagli adulti non è normale. Ecco che decisioni e modi di fare “strambi” spesso vengono interpretati come un capriccio, un lotta di potere, o come un segnale di allarme. Il bambino o il ragazzo incomincia a sentirsi diverso, non accettato, rifiutato. Cresce con la convinzione di essere anormale, percepisce “cose” e sente di possedere “facoltà” che non può condividere con nessuno. E si isola ancora di più. Oppure, cerca in tutti i modi di adattarsi alla cultura, alle mode, ai gusti dei coetanei, finendo per perdere la propria identità e iniziando a manifestare un malessere profondo che può sfociare nella depressione, nel fare il bullo dal superego smisurato, in problemi con il cibo o nell’uso della droga o dell’alcool. Infatti a volte questi tumulti interiori sono tali da sfociare a volte in dipendenze e atti estremi come ultimi tentativi di essere notati e compresi: “fino ad oggi non mi hai capito, hai rifiutato chi sono e la mia natura: ora faccio cose che non puoi non notare” Come posso aiutare mio figlio? A te genitore, per comprendere tuo figlio, in questo caso è richiesta tanta comprensione ed empatia nei suoi confronti. L’unica cosa che puoi fare, ma veramente l’unica, e sostenerlo nei suoi desideri e impulsi emotivi. Non forzarlo a fare cose che non sente di fare. Se ti chiede a Natale un libro o un nuovo programma per il computer piuttosto che il piercing, il tatuaggio, il motorino, non ti preoccupare, sostienilo, assicuralo e aiutalo a essere se stesso, a seguire i suoi intenti. Ora ecco 3 punti che ti possono aiutare da subito: 🟠 evita di giudicarlo, di paragonarlo agli altri e di etichettarlo come anormale 🟠 Rifletti davvero se davvero hanno senso i tuoi timori su: “Mio figlio non socializza! Mio figlio è timido! Non vuole uscire con gli amici! 🟠 gioca al giorno del silenzio: smetti di chiedere “perché stai chiuso in camera?”, “perché non mi parli?”, “perché non hai mangiato?” e sorridigli, accoglilo, mettiti a disposizione per fare qualcosa di bello per lui (anche se a te non piace). Onoralo come se fosse la creatura più meravigliosa e perfetta del mondo, anche se fino a ieri avete urlato e vi siete sbattuti le porte in faccia 🟠 prova a fare un excursus degli anni precedenti e scrivi su un foglio che cosa può essere andato storto nella vostra comunicazione emotiva, prova a pensare se tuo figlio può avere oggi vuoti affettivi che dovevano essere riempiti in passato. Valuta se alcuni atteggiamenti tuoi o del tuo compagno/della tua compagna possono averlo influenzato (per esempio: tuo figlio risponde molto male e si isola ma in effetti è un atteggiamento molto simile a quello di suo padre quando rientra stanco dal lavoro o a quello di sua madre quando le cose non vanno come lei vorrebbe). Scrivi tutto. Il giorno seguente riprendi in mano questo foglio con l’elenco e rileggilo. Vedi a quali nuove riflessioni, sensazioni, soluzioni ti porta. E poi brucialo. Aiuta la fragola a maturare e non forzarla a produrre banane Perché forzarlo a fare cose diverse da quello che sente equivale a somministrare sostanze alla pianta di fragole per indurla a produrre banane. Impossibile. Danneggerai la natura stessa della pianta. Lui si sentirà rispettato e rispetterà te. In fondo che diritto hai di giudicare la sue scelte di studio, di come passare il tempo. Tu come ti sentiresti? Se lo rispetterai aiuterai la piantina di fragole a prepararsi e crescere sana e robusta. Un giorno vedrai le fragole: unendo i puntini del passato fino a quel momento, scoprirai che tutto ha avuto un senso. Per approfondire: scopri qui i 7 MODI per ottenere Rispetto e Fiducia da parte di tuo figlio.
Come svegliare i bambini al mattino per andare a scuola
Svegliare tuo figlio la mattina per andare a scuola è sempre una guerra? È troppo lento per fare colazione, prepararsi e non ascolta? Se la mattina per tirare giù dal letto tuo figlio sono necessarie le cannonate non sei da sola! E se non ha voglia di alzarsi, fa storie e vorrebbe guardare ancora un po’ i cartoni sei la benvenuta a bordo! Se il tuo problema è che si sveglia tardi e non riuscite ad arrivare spesso in orario a scuola ti capisco benissimo. Io stessa per anni mi sono ritrovata a svegliare 3-4 o anche 5 bambini di età diverse per fargli fare colazione, portarli a scuola, il tutto possibilmente senza guerre, lotte infinite, senza doverli chiamare più volte mentre i minuti passavano inesorabili. Ecco qui un po’ di indicazioni direttamente dal campo di battaglia. Una mamma chiede: Ho due figli e tutte le mattine è un casino. Per assecondare i nostri tempi si devono svegliare alle sei e mezza, dobbiamo andare tutti a lavorare presto, c’è la scuola. Eppure è una lotta! Non vogliono alzarsi, fanno la lotta a chi deve entrare prima in bagno, non hanno voglia di lavarsi e vestirsi quando è ora di finire colazione. Spegnere la tv e i cartoni è di nuovo una guerra, non si riesce mai ad avere una mattinata tranquilla. Come posso fare? Il mattino rappresenta proprio la partenza della giornata e, se vogliamo, è possibile riuscire a rendere questo momento più armonico. Per farlo è importante ottimizzare i tempi e nello stesso tempo farlo in modo piacevole, sia per noi che per i nostri figli, rispettando anche i loro bisogni. 6 modi per svegliare al mattino i figli, arrivare in tempo a scuola evitando rabbia, lotte infinite e sgridate 1. Svegliati e cerca di mantenere la calma! So che è difficile perché hai i minuti contati e già tu per prima non hai voglia di alzarti la mattina… Posso garantirti che la calma è la prima cosa fondamentale per tutti. Perché se tuo figlio o i tuoi figli ti vedono serena, percepiscono che la situazione è sotto controllo e per loro sarà tutto molto più facile. È lo è ancora di più se tuo figlio è un dormiglione ed è lento per prepararsi al mattino. Per mantenere la calma, oltre a fare qualche respiro profondo, puoi andare a cercare nel profondo il vero perché, cosa scatena la tua rabbia, cercare di capire che cosa ti dà fastidio, perché ti infastidisce così tanto il fatto che non si vogliano svegliare o se sono lenti a prepararsi al mattino. Puoi chiederti: “Ok, ma perché mi infastidisco così tanto? Forse perché odio ripetere tante volte le cose? O è perché io per prima odio essere di fretta? Magari è perché penso a tutti i genitori che ce la fanno e mi arrabbio perché io non ce la faccio?” Tra queste domande (o domande simili, queste sono solo un esempio) cerca di individuare la motivazione che per te è quella valida, la vera causa. Questo ti aiuterà ad avere una risorsa per poter agire sul motivo, in modo da riuscire a essere più tranquilla e serena sempre, al mattino e durante la giornata. 2. Organizzazione ferrea Anche se ti sembra già di svegliarti molto presto, metti la sveglia ancora dieci minuti prima e prendi quei dieci minuti solo per te, per stare un po’ nel letto, in modo da fare le cose ancora più con calma, o per fare colazione tranquilla. Posso garantirti che quei minuti che togli al sonno in verità sono fondamentali per essere più serena e organizzata. Saranno dei minuti preziosi per poter fare le cose con la calma che richiedono e ne avrai un beneficio durante il giorno, anziché uno svantaggio. Ti aiuteranno per svegliare i bambini al mattino per andare a scuola in orario ed evitare crisi. 3. Se possibile evita lunghe spiegazioni al mattino Quando vai a svegliare i tuoi figli e loro ovviamente non vogliono alzarsi e vogliono ancora dormire, quello che ti suggerisco di fare innanzitutto è di evitare le spiegazioni. Evita di spiegare e fare lunghe filippiche perché potresti peggiorare la situazione irritandoli sempre di più. Evita frasi del tipo: “Eh ho capito, però ti devi alzare!” “Tutte le mattine la stessa storia!” “A scuola bisogna andare, papà deve andare a lavorare , mamma deve andare… e fai il piacere, devi capire!” “Guarda che un domani nella vita…” Evita tutte queste cose soprattutto con i bambini piccoli perché sono asfissianti e tuo figlio non ne ha bisogno perché quello che gli serve è sentirsi capito da un lato e aiutato dall’altro laddove lui non riesce, non ha bisogno di morali. E non funzionano nemmeno con un adolescente, perché nei momenti del risveglio capacità di ragionare ce n’è veramente poca: sanno già benissimo da soli che a un certo punto dovranno alzarsi e correre, con un megafono che glielo ricorda se la prendono ancora di più con noi. Stai arrivando dal pianeta di Morfeo e veramente quei “perché ti devi alzare” non ti interessano. Hai soltanto bisogno di qualcuno che sia comprensivo verso il fatto che “non mi voglio svegliare!”. Tu, al mattino, preferiresti il noiosissimo BI BIP BI BIP della sveglia oppure che arrivasse da te la fata madrina di Cenerentola con la sua bacchetta magica e ti dicesse: “è ora di andare a lavorare. Oooh lo so che non hai voglia tesoro mio. Cucciola! Ti capisco. Allora aspetta, ti lascio ancora cinque minuti, poi ti faccio qualche coccola. Vado a preparare la tua bella colazione fumante, i tuoi biscotti preferiti, la tua frutta preferita, tu stai qui tranquilla”. Poi dopo cinque minuti la fata madrina torna e ti dice: “Allora ci siamo! Oooh lo so che è proprio dura. Non preoccuparti, io ti aiuto. Sposto le coperte, piano, piano, ti accompagno, ti faccio scendere io. Guarda, qua ci sono le ciabatte”. Non sarebbe bellissimo? Assolutamente! ! E direi anche utilissimo se al mattino facciamo particolarmente fatica a ingranare! Per i tuoi figli è uguale! Quindi se vuoi salvarti la pelle alla mattina, ti suggerisco di fare la fata madrina e di andare a svegliarli accogliendo a priori il loro disappunto. Forse sarà necessario accogliere prima te, con o senza fata madrina, ma poi accogli la loro. Vai da loro e puoi dire: “Mamma mia!! questa sveglia che ha suonato, questi bimbi che non si vogliono alzare. Amore, avete ragione. Allora state ancora un attimo qua. Io accendo la lucina, alzo un po’ la tapparella, vado di là e preparo colazione. Voi dormite ancora un pochino, state ancora un po’ lì a rigirarvi, piano piano, aprite gli occhi…” Intanto vai a fare qualcosa di là e torni dopo qualche minuto: “Allora ci siamo? No, non ci siamo. Capperi!! qua ci vuole una gru, aspetta, vieni che ti tiro su io…” E li aiuti ad alzarsi a costo di prenderli, di aiutarli fisicamente, accompagnarli in bagno, dargli una mano a vestirli… Se pensi che diventeranno viziati e non impareranno da soli, stai sbagliando, perché loro possono imparare in momenti più sereni: al pomeriggio e alla sera quando bisogna vestirsi e mettere il pigiama, d’estate, nel fine settimana, ci sono tanti altri momenti. Non correranno, non correrete, non correrai questo rischio. Naturalmente questi suggerimenti ti servono solo all’inizio o in casi estremi, quando appunto il momento dei preparativi mattutini è davvero una lotta e dobbiamo fare il possibile perché le cose vengano fatte senza perdere troppo tempo e senza peggiorare le cose. Ma, appunto, anche se in futuro impareranno o questo periodo sarà superato, in quel momento se hanno bisogno di aiuto l’ideale è aiutarli. Sentendosi compresi in questo modo, eviteranno subito di fare una lotta, di mettersi sulla difensiva dicendo “ma non ho voglia, ma non hai capito, sei una mamma cattiva”. Eviterai tutti questi problemi e conflitti al mattino. Inoltra ricorda sempre che minacce e toni duri tendono a creare conflitti sempre più grandi e, in genere, non risolvono le situazioni. Con un tono morbido e gentile sarà più semplice svegliare tuo figlio senza farlo arrabbiare e garantire un sereno buongiorno a tutta la famiglia. 4. Il tuo sorriso al mattino favorisce il risveglio di tutta la truppa Forse lo sai già senza che te lo ricordi io: se voi vi svegliate all’ultimo minuto di corsa, arrabbiati perché dovete andare a lavorare, arrabbiati perché tutte le mattine è sempre la stessa storia, ovviamente sai benissimo che questo non aiuta il risveglio di tutti. Dunque questi suggerimenti adottali prima di tutto con te stessa, perché ti aiuteranno ad alzarti con il piede giusto, a essere un po’ più solare, un po’ più positiva, un po’ più tranquilla. Perché i tuoi figli, respirando quest’aria, avranno più voglia di alzarsi e al loro risveglio potranno vedere e parlare con persone sorridenti, con persone solari, tranquille, che hanno voglia di cominciare la giornata. A lavorare bisogna andare comunque, tanto vale cercare il modo di sorridere a partire dal mattino perché altrimenti con i figli diventa tutto molto difficile. 5. Mio figlio è sempre attaccato al cellulare, Tv e cartoni Ammetto che dover lottare al mattino alle sette, sette e mezza, un quarto alle sette con la televisione o gli schermi è una battaglia persa in anticipo, perché la televisione o il telefono, da questo punto di vista, sono molto potenti. Ti suggerisco di importi in maniera autorevole, non autoritaria, ma di importi ed evitare se possibile di accendere la televisione e gli schermi la mattina. È ovvio che i tuoi figli non vorranno e faranno storie. Cerca allora di accogliere la loro frustrazione e comprendere mentre dovrai comunque essere ferma sul no. Puoi dire: “io vi capisco, lo so che i cartoni vi piacciono. Anche a mamma piacciono i film. Anche a mamma e papà piacciono le notizie. Da questa mattina si fa così. Per venirvi incontro – evita di dire “se volete” – per venirvi incontro li guardiamo un pochino di più alla sera, li guardiamo un pochino di più al pomeriggio, ma al mattino non si accende”. Ovvio che loro faranno le loro rimostranze, ma se accoglierai il loro disappunto, se tu darai modo di far vedere che stai accogliendo, li stai capendo, non li stai accusando, loro lo capiranno. Poi l’ideale, se possibile, è che tu possa fare colazione e interagire con loro, altrimenti diventa ancora più noioso e la voglia di televisione aumenta. Quando avevo i bambini in affido familiare, spesso erano almeno cinque i bambini, di età diverse, che in una volta dovevo svegliare e portare a scuola, a cui far fare colazione e da vestire, dalle medie alle elementari, alla scuola materna. Dovevo organizzarmi, dovevo svegliarmi molto prima, ma il riuscire a fare tutto con calma e soprattutto accogliendo il loro malumore senza pretendere che si stampassero per forza un sorriso addosso e non facessero polemiche è quello che mi ha tanto aiutato. Andare da loro e capirli, sapere che per loro era difficile, scherzare, comprendere come si sentivano, aiutarli: solo così non avevo difficoltà. I ragazzi e i bambini hanno iniziato ad apprezzare questa modalità, hanno visto che se anche ci provavano perché magari volevano farmi arrabbiare, in verità non ci riuscivano, quindi magari utilizzavano altri modi, ma al mattino si riusciva ad andare a scuola per tempo e in maniera serena. Se vuoi approfondire come fare per risolvere i capricci e le reazioni dei tuoi figli senza urla e sgridate, puoi leggere questo articolo: Guida completa per i Capricci dei Bambini (se li ignori si moltiplicano) 6. Come prevenire gli imprevisti con la qualità della relazione durante la settimana Un ultimo suggerimento importantissimo è: tieni a bada la vostra giornata, la vostra settimana. Se i tuoi figli hanno la sensazione di non ricevere abbastanza attenzione di qualità durante la settimana, durante la serata o durante la giornata, al mattino, quando sanno che tu hai fretta e che sei costretta a occuparti di loro perché altrimenti perdi tempo, inizieranno tutta una serie di azioni per riuscire a dirti che hanno bisogno di te, cercheranno, senza cattiveria, di farti perdere tempo perché hanno bisogno di attirare le attenzioni. Se tu gli darai più attenzioni di qualità durante la settimana o la sera non avranno bisogno di essere assillanti al mattino quando è ora di correre e di scattare. Buona sveglia! Se vuoi approfondire come dare a tuo figlio attenzioni di qualità, puoi leggere qui l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Come possiamo gestire gli stati d’animo dei nostri figli e cosa possiamo fare quando piangono o sono arrabbiati? E soprattutto come possiamo renderli autonomi nel tempo e in grado di gestire da soli le loro emozioni? Mamme e papà spesso si impegnano per cambiare al più presto lo stato d’animo dei figli, per ripristinare una sorta di normalità, come se quando il bambino piange, si arrabbia, è triste o ha paura, non andasse bene, fosse “scomodo”. È normale puntare al benessere dei figli, è importante che stiano bene e che siano allegri, ma dobbiamo tenere conto che non sono dei robot e, in quanto esseri umani vivi, vivono gli stati d’animo come noi, che abbiamo dei giorni in cui siamo tristi, dei giorni in cui qualcosa non va, giorni in cui siamo un po’ sfiduciati, giorni in cui siamo stanchi o siamo delusi… Probabilmente siamo molto preoccupati perché noi per primi abbiamo difficoltà a gestire questi momenti con noi stessi, di solito ci buttiamo giù credendo che essere arrabbiati o tristi o delusi non vada bene. Oppure ci costringiamo a stare su di morale e ci auto-rimproveriamo con il nostro dialogo interiore dicendoci per esempio: “dai!! non è successo niente. Forza, continua a lavorare, continua a fare quell’altro…non ti lamentare sempre!” senza riuscire a gestire questo bagaglio emotivo. Quando i nostri figli vivono le loro emozioni siamo preoccupati per loro perché temiamo che entrino nel nostro stesso vortice. Esprimere i propri sentimenti e le emozioni è naturale e va bene In verità vivere ed esprimere i propri sentimenti, qualsiasi essi siano, esprimere il proprio stato d’animo è assolutamente naturale, assolutamente fisiologico ed è anche normale che non si viva sempre nell’entusiasmo, non si stia sempre nella gioia. Perché fa parte della vita di tutti avere dei momenti di stanchezza, di vivere un momento di frustrazione, delusione, dolore, paura, capita e riguarda anche i bambini. Capita che si arrabbino per un gioco rotto, perché non vogliono andare a scuola, capita che si sentano male perché hanno litigato con un amico, ecc. È all’ordine del giorno che i bambini esprimano il loro stato d’animo e non sempre questo stato corrisponde alla gioia. Voglio darti gli strumenti per gestire al meglio gli stati d’animo dei bambini, senza l’affanno di doverli privare di queste esperienze, cercando di fare di tutto perché non si arrabbino o non siano tristi, fare di tutto perché non provino dolore. Questi “umori” fanno parte della vita. È importante che i genitori non vivano la paura che i figli si trovino nello stesso loro dramma quando non stanno bene. Primo punto fermo è che i bambini sono esseri umani, provano sentimenti, vivono degli stati d’animo che comunicano. Per fortuna i bambini non sono ancora arrivati ad essere come noi adulti che soffochiamo o neghiamo quello che sentiamo dentro. Noi tendiamo a soffocare e a dire a noi stessi: “allora? sei stanco? vai avanti lo stesso a lavorare. Sei triste? Dai, non importa, non è successo niente, tieni duro. Sei arrabbiato? Daiiii smettila. Vai avanti lo stesso” Oppure fingiamo e cerchiamo di non piangere perché crediamo che il pianto sia sinonimo di debolezza. Poi dentro magari abbiamo una bomba atomica che sta per esplodere, eppure andiamo a lavorare, andiamo davanti agli altri con il sorriso posticcio: “Tutto bene! Tutto bene, grazie!” e dentro invece vorremmo spaccare tutto. I bambini, per fortuna, questi filtri non li hanno. Quello che sentono lo manifestano per istinto, poi hanno bisogno di un adulto che accolga e abbracci questo stato d’animo, e che gli dia l’esempio di come è possibile gestire al meglio questo bagaglio emotivo, anche come esempio per quando sarà grande e farà da solo. Come si fa a gestire le emozioni dei bambini? Il punto importante da ricordare: è naturale che i bambini provino degli stati d’animo, qualsiasi tipo di stato d’animo, ed è anche naturale che li esprimano fin da subito, fin da quando nascono. Quando non sanno ancora parlare, lo fanno con un sorriso, lo fanno con l’espressione del viso, pacifica, godereccia, oppure se non stanno bene o c’è un problema, avranno un’altra espressione del viso, esprimeranno altro con la voce, piangendo, urlando o dimenandosi con il corpo. Man mano che crescono e iniziano a parlare lo fanno anche con le parole e con un’altra fisicità: magari danno uno spintone, dicono “mamma cattiva”, cercano di tirarti un calcio sulla gamba, pestano i piedi per terra, urlano, piangono, ripetono delle parolacce che diciamo noi quando siamo nervosi, esprimono insulti che magari sentono da adulti che hanno attorno o fanno le stesse nostre espressioni di quando siamo delusi, tristi e stanchi ed entriamo in una fase di vittimismo. Quindi per fortuna i bambini si esprimono, manifestano ciò che provano dentro, senza reprimersi o trattenersi. Questa è una caratteristica bellissima, che noi ogni tanto perdiamo o dimentichiamo perché ci giudichiamo. È un po’ come se ci costringessimo ad essere sempre perfetti, sempre degli autonomi, quando in verità la perfezione, quella che abbiamo in mente, non esiste, perché fa parte della nostra perfezione anche piangere, essere stanchi, essere delusi, avere paura ed esprimerlo, viverlo… Fa tutto parte del nostro bagaglio di vita, di chi è in viaggio, di chi è in cammino, di chi vive delle esperienze che portano ad avere delle sensazioni. Per i bambini è uguale. Il nostro dovere è evitare di negare loro la possibilità di esprimere i loro sentimenti, di esprimere il loro stato d’animo qualsiasi essi siano. Tuo figlio ha bisogno di esprimere quello che prova e quello che tu puoi fare è dargli la possibilità di esprimersi con il corpo, con le parole, con le sue espressioni. Per approfondire Se vuoi sapere come fare nella pratica, come gestire la rabbia o il pianto dei bambini? Cosa fare quando i bambini sono nervosi? Leggi questi articoli: Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
Si attacca a Videogiochi e Telefono tutto il giorno
Vediamo come gestire al meglio i dispositivi tecnologici? Cosa puoi fare se tuo figlio vuole stare tutto il giorno attaccato a Tv e videogiochi?
Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo
Presi come siamo dalla nostra frenetica routine quotidiana, abbiamo spesso l’impressione che le giornate scivolino via senza che la lista delle cose da fare si accorci, o senza che riusciamo davvero a goderci i nostri figli! Ma come possiamo migliorare la qualità del tempo dedicato ai figli? Vediamo oggi 4 soluzioni. 1. Non hai tempo per tuo figlio? Soluzione: inverti le priorità Quando torni a casa dal lavoro, magari hai già la testa in cucina: “Che cosa preparo? Quando finisco le faccende domestiche? Quando faccio la lavatrice? Suggerimento: non lasciare il tempo con i figli in coda alla lista! Scardina il meccanismo del “prima il dovere e poi il piacere”: basta poco per farli sentire coccolati e ascoltati. Quando arrivi in casa, fai in modo che il tuo primo pensiero siano loro: “Amore, sono a casa! Non vedevo l’ora di tornare per giocare un po’ con te!” Basta una partita a carte, un gioco da tavolo, prendere un tè con le bambole o una gara di macchinine: anche se pensi di perdere del tempo, in realtà lo stai guadagnando! Perché in questo modo si sentiranno appagati e vi lasceranno più tempo dopo da dedicare alle faccende di casa. Prova e vedrai quanto tempo guadagnerai. 2. Tempo di qualità o quantità con i figli? Soluzione: ritorna bambino Per i bambini e i ragazzi non conta tanto quanto tempo trascorri con loro, ma COME. Se trascorrete insieme anche un intero pomeriggio, ma non li ascolti perché ha la testa altrove o guardi sempre il cellulare, quel tempo non vale molto. Prenditi invece anche solo mezz’ora da dedicare in maniera immersiva ed esclusiva a tuo figlio: stacca il cervello dalle cose da fare e spegni il cellulare. Goditi il gioco e prova a tornare bambino! Si tratta di semplici accorgimenti per instaurare una routine familiare che non dimentichi i momenti piacevoli da passare in compagnia dei figli, chiudendo fuori il mondo e facendo iniziare il gioco! 3. Non lo capisci? Soluzione: mettilo sempre al primo posto Tuo figlio ha bisogno di sentirsi sempre in qualche modo “visto, considerato”. Ha bisogno di sentire che noi siamo interessati a quello che lui fa, a quello che lui dice, che noi lo consideriamo. Ci sono 3 passi che possono aiutarti a migliorare la qualità del tempo che trascorrerete insieme e per farlo sentire al primo posto! Passo 1: occhi Una delle cose migliori che puoi fare è guardarlo negli occhi quando parla. Fermarti un secondo, guardalo negli occhi e ascolta quello che ha da dire. Anche nella tua situazione lavorativa classica, se parli con un collega e lui intanto fa altro, ti senti considerato? Forse non molto? Se lui ti parla mentre fa altro non riesce a connettersi davvero con te, a guardarti negli occhi, ad essere concentrato su di te e sull’emotività che ti accompagna. Non può capire: “Secondo me questa cosa non ti è piaciuta tanto. Ti stai un po’ arrabbiando. Forse ti dà fastidio, ma non me lo stai dicendo”. Senza lo sguardo non si colgono queste cose. E con i bambini è uguale. Spesso noi genitori ci lamentiamo: “Non riesco a capire che cosa prova” Ecco perché. Perché non lo guardiamo abbastanza. Nel momento in cui lo guardi un po’ di più, lo osservi, fai qualche domanda in più guardando che faccia fa, la luce che ha negli occhi, come si muove, che cosa dice… Allora vedrai che diventa tutto più facile. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e guardare tuo figlio gli permette di sentirsi amato, accolto, di sentire che lui esiste e che esiste per l’amore di mamma e papà, il vero motore e l’alimento che lui desidera di più. Passo 2: abbassati Abbassati alla sua altezza ogni volta che ti è possibile quando vuoi comunicargli qualcosa. Passo 3: sentimenti Chiedigli spesso come si sente: si sentirà ascoltato e imparerà a sua volta ad entrare in contatto e a riconoscere i suoi sentimenti. Quando rientra da scuola o dalla scuola materna, per esempio, evita di chiedergli: “Come è andata?” (lui si proietta nel fare e nella performance) e chiedigli piuttosto: “Come ti senti? Come sei stato stamattina a scuola?” (si sente messo al primo posto e sente che per mamma e papà è importante innanzitutto lui come individuo e non per quello che fa) 4. Trascorro poco tempo con mio figlio! Soluzione: Organizza esperienze di (estrema) qualità Sarebbe molto comodo avere figli che “dove li metti stanno”, e sappiamo benissimo che il tempo è sempre poco. Ma… quando possibile possiamo giocarci la carta della sperimentazione senza limiti. Infatti i bambini e i ragazzi, per imparare, per crescere, per scoprire come risolvere i problemi quando saranno grandi, per avere fiducia e stima in se stessi, hanno bisogno di fare, di sperimentare, di sporcare e di sbagliare. Non ti preoccupare solo del riordino: poi metteranno a posto, perché tu gli dai l’esempio. Se tu sei ordinato, loro saranno ordinati, se non hai conflitti e lotte di potere con loro, ti seguiranno e se tu pulisci, loro puliranno… I bambini hanno bisogno di sperimentare! Cogli l’invito e prova a non metterli di fronte a una classica lezione da apprendere a memoria e ripetere fino alla noia, prova a metterli davanti a un’esperienza. 👉 Organizza esperienze nuove: portali per esempio in un weekend di viaggio, magari in una fattoria a vedere gli animali, dove sia possibile toccare le bestiole, accarezzare i cuccioli, provare a dar loro da mangiare… 👉 Fagli vivere delle esperienze sensoriali che scatenino in loro la voglia di farti delle domande, di sentirti rispondere ai loro perché, di trovare loro per primi delle risposte. I bambini e i ragazzi non sono dei vasi vuoti. Sono pieni di sapere e il loro nutrimento è dato dall’esperienza, vedere il mondo, toccare con mano. 👉 Quando gli proponi un giocattolo, prova a sostituire un artefatto perfetto, un bambolotto o macchinina che fanno tutto da sé, con dei materiali con cui tuo figlio possa costruire, creare, strappare, incollare, ricucire… Questo sarà un vero insegnamento per la sua vita da adulto. Sperimentando in prima persona impara, già da piccolo, l’unica verità importante: ognuno può plasmare la propria vita. Quindi raggiungere i sogni è possibile, creare, fare delle domande, trovare le risposte dentro di sé…
Spannolinamento difficile? 5 step per togliere il pannolino
Lo spannolinamento e tutte le fasi per togliere il tanto amato pannolino è un tema che mi sta molto a cuore. Non solo perché tante mamme e tanti papà mi scrivono chiedendomi la formula magica per lo spannolinamento. Ma soprattutto perché mi spiace molto che i genitori si debbano sentire così “inadeguati” nell’affrontare questo evento del tutto naturale nella vita. In questo caso ci complichiamo la vita e rendiamo difficile qualcosa che di fatto sarebbe una delle cose più semplici da vivere. Proprio così, hai letto bene: togliere il pannolino potrebbe essere una vera e propria passeggiata! Perché lo spannolinamento non è una passeggiata ma una faticosa e estenuante maratona? Sappiamo benissimo che in tantissime situazioni è tutto il contrario. Togliere il pannolino a nostro figlio per passare definitivamente al water e alla mutandina diventa una vera e propria odissea: capricci, paure, punizioni, ricatti, sgridate, frustrazioni, episodi di stitichezza, rifiuti e chi più ne ha più ne metta. A questo guaio credo che abbiano contribuito negli anni (e forse nei secoli) alcuni incidenti di percorso che tutt’ora tengono banco. Per esempio: Da secoli la crescita di un bambino è passata dall’essere osservata e accompagnata all’essere studiata, cosa che ha generato una eccessiva teorizzazione dell’infanzia Ai genitori è stato tolto il diritto di essere e di fare i genitori facendo credere loro di non avere innato tutto ciò che serve, di non poter fare a meno di qualcuno più esperto di loro (che a volte ti fa sentire un incapace). L’impossibilità di vivere a nostra volta un’infanzia adeguata ci fa essere oggi adulti non completamente autonomi. A causa di ciò siamo una generazione di adulti spesso fragili, abbiamo difficoltà ad assumerci le nostre responsabilità, fatichiamo a essere disciplinati e organizzati. E facciamo fatica, sempre per questo motivo, ad avere la giusta dose di pazienza e di calma, ingredienti fondamentali per lo spannolinamento. È urgente (e non solo per lo spannolinamento) liberarci da questa schiavitù per ritrovare un equilibrio. E quindi vengo subito al punto principale su cui voglio porre l’accento, il perno attorno al quale ruoteranno tutte le prossime riflessioni. Dobbiamo restituire a questi passaggi di vita come lo spannolinamento la naturalità e la spontaneità che meritano. Dobbiamo ricordare che non sono momenti particolari, speciali o delicati ma sono semplici passaggi. Un bambino, così come non fatica a imparare a bere dal bicchiere, altrettanto non fatica a fare la pipì e la cacca nel water. È chiaro che negli anni ci abbiamo messo del nostro per rendere questi momenti tra i più complicati in assoluto. Dovremo quindi fare qualche passo indietro e tornare a rivolgerci alla semplicità. Ma facciamo una cosa alla volta. 5 concetti base da cui partire per lo spannolinamento I punti fermi che ci permettono di comprendere meglio questa fase della vita di tutti noi, che devono iniziare a togliere le insicurezze e i dubbi iniziali sono i seguenti: 1️⃣ I bambini arrivano naturalmente e gradatamente a controllare da soli gli sfinteri e a riconoscere il senso di avere voglia di fare la pipì o la cacca e di tenerla per il tempo necessario di arrivare al bagno per poi rilasciare gli sfinteri. 2️⃣ Questo è un fatto naturale, fisiologico e accade. Accade, nonostante noi. 3️⃣ I genitori sono perfettamente in grado di osservare il loro figlio e riconoscere nel tempo tutti quei grandi e piccoli segnali che confermano il suo raggiungere l’autonomia 4️⃣ I genitori sono perfettamente in grado di lasciarsi imitare e i bambini sono perfettamente in grado (e desiderosi) di imitare e assorbire tutte le abitudini di mamma e papà, comprese quelle che riguardano il fare la pipì o la cacca. 5️⃣ Lo spannolinamento e il passaggio verso questo tipo di autonomia non contengono elementi che dovrebbero spaventarci o preoccuparci. Né dovrebbero obbligarci ad armarci per affrontare un lungo periodo di frustrazione e di lotte contro un bambino che, a detta di molti adulti: “non vuole farla fuori dal pannolino”, “non lo vuole proprio lasciare”, “ha paura”, “piange se non glielo rimetto”, ecc. Eh sì, secondo il punto cinque, anche questa volta pare che nei bambini ci sia qualcosa che non va, anche questa volta non vogliono collaborare e crescere senza darci troppi grattacapi. In verità non è così. Tutti i bambini del mondo hanno voglia di crescere, di lasciar andare quello che non serve più per abbracciare nuove abitudini in sintonia con il loro corpo che cresce. I bambini sono anche collaborativi e non hanno di certo intenzione né di fermare un processo naturale né di provocare a te genitore dello stress o del dolore. Se nella pratica osserviamo che non è così, non dobbiamo accusare un bambino “sbagliato” o poco collaborativo. Dobbiamo invece osservare tutto il contorno e capire che cosa c’è (o c’è stato) lì che non funziona (o non ha funzionato). Scopriamo ora le soluzioni che ti serviranno per garantirti uno spannolinamento più sereno e indolore possibile! C’è un momento ideale per togliere il pannolino ed evitare uno spannolinamento difficile? Forse c’è. Di solito si indica come periodo ideale quello che va dai 18 ai 30 mesi. Questo periodo deve anche tener conto dei tempi del bambino, del fatto che spesso in questo caso le femmine sono più precoci dei maschi, della differenza iniziale tra il giorno e la notte, ecc. Tutto questo è vero, ma quello che voglio fare adesso con te è darti alcuni strumenti fondamentali che fanno leva sul tuo istinto e sulla capacità di osservare tuo figlio. Questi strumenti valgono più di ogni informazione esterna che puoi ricevere da altri, anche se credi che ne sappiano più di te. Potrai utilizzarli per vivere la fase dello spannolinamento nel migliore dei modi e far sì che anche per tuo figlio sia altrettanto. 2 passi fondamentali per dire addio al pannolino Se c’è un tempo giusto per il bambino di accorgersi e di diventare sempre più consapevole del funzionamento del proprio corpo, se c’è un tempo giusto in cui naturalmente sente lo stimolo della pipì e della cacca, lo dice e la fa in bagno, è anche vero che aspettare che tutto avvenga senza il nostro sostegno o aspettare che squilli la sirena del fatidico mese di settembre e dell’ingresso alla scuola materna, può essere rischioso. Azzardato non tanto per lui quanto per noi che rischiamo di accorgerci all’ultimo che forse è arrivato il momento di iniziare a togliere il pannolino… puro panico!!! 👉 “Cosa faccio?!” “Come faccio!?” 👉 “Da dove comincio!?” “Sarà giusto così!?” 👉 “Ti prego collabora altrimenti non ne usciamo!?” “Come te lo insegno?!” 👉 “Perché non impari!?” “Mi fai arrabbiare!?” 👉 “E se c’è qualcosa che non va?!” Se aspettiamo l’ultimo momento rischiamo di entrare in affanno, di farci cogliere impreparati. O, peggio ancora, rischiamo di cedere alla falsa convinzione che i bambini debbano imparare e che noi genitori dobbiamo insegnare loro a stare senza pannolino, a farla nel water, ad avvisare quando scappa, ecc. Nulla di più lontano dalla verità. Se vuoi che questa fase della vita scorra liscia come una saponetta, è necessario adottare una serie di grandi e piccoli accorgimenti che ti permettano di iniziare in tempo utile ad entrare nell’ottica di quanto questa fase richiede. Sono accorgimenti che ti permetteranno di restituire naturalità e spontaneità a questi momenti senza crederli per forza speciali o difficili. Ti consentiranno di evitare la fretta e l’affanno, di dosare la giusta quantità di gioco e soprattutto di dare potere al valore dell’imitazione e di accentuare il carattere di normalità che questo momento ha il diritto di avere. Addentriamoci adesso nel cuore del nostro spannolinamento e vediamo insieme quali sono questi suggerimenti. Come vedrai, fanno capo innanzitutto al buon senso e alle tue innate capacità di cogliere i passi che tuo figlio sta compiendo lungo il suo cammino di crescita. Fase n° 1: osserva tuo figlio Troppo spesso guardiamo i nostri figli con l’aria e l’intenzione di chi li vuole controllare: “forse sta per cadere!” “chissà se sta per combinarne una…” “senza dubbio si sta facendo male…” “così potrebbe rompere qualcosa!” “…vediamo se mi sta dicendo una bugia” “guardiamo se hai i pidocchi” “guardiamo se sta tornando l’allergia” Raramente ci dedichiamo a osservare i nostri figli per il puro e semplice gusto di conoscerli. Troppo poco ci voltiamo a osservarli con curiosità per scoprire con gioia cosa possono pensare in quel momento, cosa stanno provando, cosa stanno cercando di costruire, realizzare o scoprire. Presi dalle abitudini ci dimentichiamo di cogliere quell’attimo in cui incastrano un dado in un foro, in cui scoprono le distanze e le profondità, in cui gioiscono nell’abbracciare con amore il loro bambolotto. Ci dimentichiamo che tutto questo esiste e soprattutto non sappiamo che questo tipo di osservazione è la risposta a tutti i nostri problemi (anche quelli relativi al togliere il pannolino). Sì, perché questa è la via che ti permette di conoscere davvero tuo figlio da un lato, e dall’altro di non avere come filtri le solite aspettative, i soliti giudizi, la fretta, la superficialità. Per poter cogliere tutti i migliori frutti della tua osservazione dovrai fare attenzione a: Ridurre le tue aspettative: tuo figlio (o tua figlia) non ha obblighi, sta imparando e lo fa imitando te, esplorando, sperimentando, sbagliando e riprovando. Non ci sono performance da portare a termine, non ci sono vinti né vincitori, non ci sono obblighi nell’imparare o tempi da rispettare. Osserva senza aspettarti nessun risultato. Ridurre il più possibile (o eliminare) i giudizi: tuo figlio non è mai più o meno bravo di un altro, non è migliore o peggiore dell’ideale di bambino perfetto che tu hai in testa. Tuo figlio è semplicemente se stesso e vuole soltanto scoprire il mondo e scoprire se stesso, i suoi talenti e le sue capacità. Se lo giudichi si inibisce, si svaluta, si frena. Se lo osservi senza giudizio, sei certa che tutto quello che fa è spontaneo, privo di filtri o condizionamenti. Trovare equilibrio tra l’essere e il fare: non è vero che se stai cucinando o stendendo non puoi osservare con qualità tuo figlio. Se sposti l’attenzione da tutte quelle azioni abitudinarie che fai tutti i giorni, puoi tranquillamente avere nel frattempo un sacco di sguardi di qualità rivolti a tuo figlio. Quindi abituati a rivolgere le tue attenzioni a lui anche mentre fai altro. Vedrai che se ci provi davvero, è molto semplice. Se torniamo a concentrarci sull’addio al pannolino, come possiamo far fruttare al meglio questa osservazione di qualità? Quali sono gli aspetti e i cambiamenti che sarà per te molto utile osservare? Per esempio potrai notare fin dai primi mesi di vita di tuo figlio (anche a partire dalle prime settimane) che: 👉 Il suo richiamo attraverso movimenti del corpo, mugolii, espressioni del viso (e pianto se per caso non te ne accorgi per tempo) è differente a seconda che abbia fame, che si senta a disagio nel pannolino sporco o bagnato, che abbia caldo, che voglia essere spostato perché qualcosa lo infastidisce, che si stia annoiando, che si senta solo e smarrito, che qualcosa lo abbia infastidito. 👉 Con il tempo inizia a rendersi conto che quando fa la pipì o la cacca qualcosa sta avvenendo nel suo corpo. Credo che un neonato non sappia ancora controllare i suoi sfinteri ma non credo alla storiella che non si accorga degli stimoli e di ciò che sta accadendo al suo corpo. Infatti puoi osservare che il suo viso diventa più rosso, che da l’impressione di sforzarsi, fa una smorfia, sembra più rilassato, ecc. Tutto questo ti sarà davvero molto utile nei mesi successivi quando davvero il pannolino potrà essere dimenticato perché ti aiuterà a non arrivare impreparata. Avrai avuto settimane e mesi di tempo per creare un dialogo di sguardi utili a conoscervi meglio e anche a rassicurarti. Perché se sai come lui ti comunica (anche non a parole) come vive il momento dell’evacuazione, vivrai lo spannolinamento e il passaggio alla mutandina molto più rilassata. Infatti avrai osservato che per tuo figlio non si tratta affatto di un fattore estraneo, che forse davvero lui non ha nulla da imparare e tu non hai nulla a insegnare. Semplicemente il vostro dialogo potrà proseguire e basterà aggiungere la consapevolezza che adesso volete passare alla fase successiva, quella che non prevede il pannolino perché non ce n’è più bisogno. In quest’ultima fase in particolare, come vedremo tra poco, potrai osservare nel tempo la sua curiosità nel vedere cosa fai mentre sei in bagno. Noterai la sua volontà di seguirti in bagno e di fare quello fai tu, la voglia di prendere in mano anche i suoi vestiti, giocarci e vedere come fai quando ti vesti e ti svesti. Questi sono grandi e piccoli elementi da osservare perché ti rendono molto più consapevole: 1️⃣ dell’intelligenza innata di tuo figlio 2️⃣ della sua capacità eccezionale di imitarti 3️⃣ del suo desiderio profondo di fare come fai tu e ti danno la certezza di aver sempre comunicato (anche se non a parole) con tuo figlio e che nulla potrà interrompere questo dialogo profondo che sarà alla base dei prossimi passi per togliere definitivamente il pannolino. Fase n° 2: non aspettare il momento giusto Mi sono dilungata sull’osservazione (anche se può sembrarti un dettaglio del tutto trascurabile) perché ritengo che sia un passaggio fondamentale, un ingrediente essenziale se vuoi togliere il pannolino senza tante difficoltà. E non ti basterà iniziare a osservare tuo figlio o tua figlia con questi occhi all’inizio dell’estate che precedere la materna o quando tua madre e tua suocera ti guardano con le solite occhiate per dirti: “Ma non sarebbe ora di toglierlo questo pannolino!?”. Eh sì, bisogna iniziare per tempo e con grande anticipo se non vuoi impazzire dopo. Se credi che il momento giusto per avviare lo spannolinamento sia l’estate o il mese di giugno (a settembre inizia la scuola materna)… se credi che il momento giusto sia quando te lo dice lui o quando non hai più voglia di cambiare pannolini, stai sbagliando. 7 passi per prevenire uno spannolinamento difficile Ecco i passi da compiere (oltre all’osservazione coltivata fin dalla nascita di cui abbiamo già parlato) per non essere colti all’improvviso e impreparati dalla fase dell’addio al pannolino: 1️⃣ Non chiuderti in bagno e lascia che tuo figlio venga con te e ti veda. Lo so che forse almeno in quei momenti speri di poter rimanere da sola/o, ma chi ben comincia è a metà dell’opera Lasciare che tuo figlio partecipi anche a questi momenti fa sì che non tema nel tempo l’assenza del pannolino. Aumenterà il suo desiderio di fare come te. Quindi di sperimentare il water, l’alzarsi e abbassarsi i vestitini, la voglia di non indossare il pannolino e di sentirsi sicuro anche senza. 2️⃣ Trova il modo di lasciarlo spesso senza pannolino, anche d’inverno. Approfitta dei momenti in cui siete a casa insieme. Se è molto piccolo e non hai ancora ben chiari i suoi ritmi di evacuazione, puoi approfittare del momento del cambio per lasciarlo libero dal pannolino più a lungo. Per esempio puoi evitare di cambiarlo sul fasciatoio e preferire il lettone o il tappeto così da non rischiare cadute rovinose. Inoltre così puoi godere anche tu di questo momento, vederlo sgambettare, rigirarsi sorridere in libertà. Nel frattempo anche lui prende confidenza con questo stato del suo corpo, lo scopre, lo sente. 3️⃣ Quando cresce e ormai non rischi che appena fatta la pipì (o la cacca) la rifaccia dopo qualche secondo, lascialo libero senza pannolino, nudo o con la mutandina o completamente vestito. Se si bagna o si sporca, nessun problema: lo laverai con amore e insieme sorriderete per queste nuove esperienze senza pannolino. Queste esperienze possono costellare la vita tua e quella di tuo figlio fin dall’inizio e per tutto il tempo necessario finché il pannolino verrà abbandonato per sempre. 4️⃣ In estate puoi aumentare di gran lunga i momenti senza pannolino perché non fa freddo, perché tutto asciuga prima, perché puoi lavarlo senza pericolo del raffreddore più volte al giorno. Nonostante questo, dato che l’anno è lungo, ti suggerisco di non limitarti e di approfittare anche dei periodi più freddi, in casa, per spogliarlo dal pannolino e lasciarlo vestito con la mutandina. 5️⃣ Non esitare se ti viene l’ispirazione di tenerlo e appoggiarlo al water e dirgli che anche lui può farla lì e tu lo tieni, proprio come fanno mamma e papà. Giocate a fare i grandi come mamma e papà. Se lui o lei è in bagno con te e ti guarda, diglielo: “Ho finito, tiro l’acqua, mi lavo le mani e adesso lo fai anche tu”… E quindi, prendilo, tira giù i pantaloni, sgancia e abbassa il pannolino e: “Vieni, evviva, anche tu come la mamma!… Pssssss… guarda un po’ questo bimbetto/questa bimbetta quanta pipì sta facendo…. Come scende…. Adesso puliamo e tiriamo l’acqua…. Vuoi tirarla tu? Vieni che te la faccio tirare…”. Chiaramente puoi trovare tu tutte le parole che ritieni opportune e sperimentare questa scoperta anche se in quel momento non farà davvero la pipì o la cacca. 6️⃣ Anche per lo spannolinamento vale il principio dello svezzamento, come per il cibo. Se inizi in questo modo potrai andare aumentando il numero di queste occasioni per poi arrivare a: intensificarle tra i 18 mesi e i 2 anni per poi proseguire a mano a mano che anche tuo figlio cresce (parla di più e si fa capire molto meglio da te, ti fa notare cose che ricorda molto bene non solo con gli sguardi ma anche con le parole, è sempre più autonomo sia nel gioco che nello scoprire il mondo intorno a sé, sempre di più vuole stare con te, imitarti e imparare a fare le cose come le fai tu) aumentare sempre di più i momenti senza pannolino iniziare a dare per scontato l’utilizzo del water con il tuo aiuto (e se lo ritieni opportuno il riduttore) oppure il vasino da solo. 7️⃣ Ricorda che lui vuole farsi vedere mentre ti imita, sia perché ne prova gioia e sia perché vuole farti vedere cosa sta imparando. Non ha bisogno di lodi o gratificazioni. Ha bisogno di un genitore che che gioisca con lui, che abbia voglia di stare a guardarlo con lo stesso entusiasmo che lui o lei sta vivendo mentre scopre e fa proprie queste nuove esperienze. Quindi mettici la cura che questi momenti meritano. Con naturalezza, senza viverlo ogni volta come se fosse un evento eccezionale, ma con presenza e empatia. Arriva la seconda missione… Quando il pannolino di giorno sarà ormai un lontano ricordo inizierà la fase successiva, ovvero togliere il pannolino di notte. Ho racchiuso i principali passi da seguire in questo articolo: Spannolinamento notturno: 10 passi per togliere il pannolino di notte.
Prendi i Compiti per le corna
Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti. Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.