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Capricci per vestirsi: perché i bambini non si vogliono vestire?
La mattina tuo figlio non si fa vestire e fa un sacco di “capricci” per prepararsi? In questo articolo vediamo cosa fare quando i bambini fanno “capricci” per vestirsi, quando tuo figlio non vuole mettere le scarpe o non vuole indossare i pantaloni o una maglia. La situazione peggiora quando i minuti al mattino sono contati e tuo figlio non ascolta e urla perché si rifiuta di vestirsi per andare a scuola o se avete un appuntamento… Le indicazioni che leggerai sono utili anche per comprendere altri “capricci” del mattino, per esempio: se tuo figlio si rifiuta di fare colazione si rifiuta di uscire di casa se vuole restare a letto se arrivano pianti disperati perché dovete lasciarlo con la nonna o la babysitter C’è un motivo se i bambini non vogliono farsi vestire o non si vestono da soli? I bambini hanno sempre un motivo per cui si comportano in un certo modo. Se consideriamo che tutti i bambini del mondo non sono cattivi, sono spontanei, sereni, seguirebbero mamma e papà tranquillamente, le loro regole e le loro indicazioni, dobbiamo sempre domandarci come mai si comportano in un modo differente. Questo “come mai” non riguarda il bambino che: “è rompiscatole”, “che vuole farci arrabbiare”, “che è cattivo”, “è fatto male”… In verità c’è sempre una motivazione valida, che ha un senso, per spiegare il comportamento che hanno. Quindi la mattina non vuole vestirsi per andare a scuola o non vuole mettere le scarpe o i pantaloni? Scopriamo quali possono essere i motivi. Possono essere vari, ecco i principali: Motivo 1: approfittano del momento mattutino. I bambini sanno che bisogna uscire, sanno che papà e mamma devono andare a lavorare e sanno che la scuola chiude, quindi sanno che quel momento è ottimo per attirare la vostra attenzione. Se iniziare a risponderti con dei secchi il loro No!, se puntare i piedi con “io non voglio, non voglio”, innesca questa lotta di potere, sanno che voi vi impegnerete tantissimo a stare lì con loro. Poi sì, probabilmente vi arrabbierete, ma starete lì con loro, mollerete tutto quello che avete da fare in giro, non penserete a fare il caffè, non penserete a vestire voi stessi, non penserete al lavoro. Non penserete a niente: mollerete tutto e andrete lì da vostro figlio perché si vesta e per riuscire a convincerlo. Sembra paradossale, ma quando i bambini hanno la sensazione di non stare abbastanza tempo con noi, di trascorrere un tempo di qualità con noi, approfittano anche di questi momenti per comunicarci tramite i “capricci” per vestirsi o per uscire: “cavoli! almeno così stai con me. Ti prego, anche da arrabbiata ma stai con me. Non voglio che passi poi ancora una giornata, tu adesso mi porti a scuola e io starò di nuovo tutta un’intera altra giornata senza vederti, senza vivere il rapporto con te. E poi quando tornerai a casa sarà la stessa cosa perché tu sarai di fretta. Perché dovrai cucinare, perché smanetterai con il cellulare, perché dovrai rispondere alla zia, perché mi chiederai di lasciarti tranquilla, perché dovrai fare le lavatrici e poi sarà ora di andare a dormire. Mi metterai a letto e la giornata sarà passate di nuovo e io con te quando sono stato? Quando mi sono sentito davvero amato da te? E quando ho giocato con te? Quando ho sentito proprio la nostra relazione stringersi? Quando? Allora allunghiamo questo tempo la mattina e, visto che non so come farlo, lo faccio con questa lotta di potere”. Le vere motivazioni dei “capricci” che fanno i bambini per vestirsi sono sempre a monte. Quindi, in questo caso, dobbiamo cercare di orientare meglio il tempo di qualità, dare priorità alla qualità del tempo che passiamo con loro. Motivo 2: altre volte invece i bambini innescano questa lotta di potere e non si vogliono vestire come una sorta di sfogo. Se per esempio, involontariamente, siamo nervosi con loro, arrabbiati, li rimproveriamo, gli gridiamo contro, alziamo la voce, li strattoniamo, siamo impazienti, allora ecco che alla prima opportunità in cui sanno di darci fastidio perché abbiamo fretta di andare a portarli a scuola o andare al lavoro, allora ecco che cercano di ripagarci con la stessa moneta: “Tu non te ne accorgi mamma, mi tratti in questo modo, allora io non mi vesto, i vestiti non me li metto, questi non li voglio e non voglio andare… Capirai che è lo stesso atteggiamento che hai tu con me o no!?” Anche qua dobbiamo andare a risolvere il vero motivo: dovremmo allora cercare di essere più calmi, più disponibili, fermi quando bisogna esserlo ma senza arrabbiarsi, senza punire e senza essere aggressivi. Motivo 3: i bambini hanno bisogno di sfogare delle tensioni. Succede spesso ai bambini di oggi perché non vivono una quotidianità serena come avrebbero bisogno di vivere. Vivono i nostri ritmi frenetici e le nostre ansie. Di giorno siamo sempre di fretta, non c’è qualcuno che li accolga veramente, che calmi i ritmi, che li rallenti, una persona serena che trasmetta loro: “Ho tutto sotto controllo, stai tranquilla, ci sono io”. Si riempiono come delle pentole a pressione e quando hanno bisogno di esplodere basta la minima cosa. Quando sanno che tu sei lì presente perché devi insistere e li devi vestire, esplodono dicendo “quello non lo voglio mettere!”, ma in verità hanno bisogno di sfogare tutta la tensione nervosa che accumulano. Questa tensione si accumula anche quando la relazione con loro è un pochino troppo rigida. Magari sentono le nostre aspettative su di loro, i giudizi su di loro, il nostro nervosismo. Magari il nostro atteggiamento nei loro confronti è: “fai questo, fai quello. Ti ho detto di comportarti così, ti ho detto di essere così, no, così no”… Una relazione eccessivamente basata sulla rigidità produce questa tensione. Paradossalmente la stessa cosa la produce una relazione troppo molle, quando il bambino non ha delle regole, quando non ha una sana fermezza, quando non ci sono dei genitori che sanno decidere per lui che sanno prendere le situazioni in mano. Allora i bambini rimangono senza degli argini in cui navigare e questo crea di nuovo molto nervosismo, che sfogano anche in momenti come quello del mattino e del vestirsi. È fondamentale risolvere la motivazione nel tempo, a monte occorre lavorare sulla vera causa, durante il giorno, durante le settimane, per cambiare toni e modo o ritmi, ovvero la causa vera delle loro esplosioni. Come fare se il tuo bambino fai i “capricci” per vestirsi al mattino? Nel frattempo, sul momento, l’ideale è non arrabbiarsi. Occorre mantenere la calma e per facilitarci il lavoro potrebbe essere necessario svegliarsi prima, anche se è un po’ faticoso, avere già tutto fatto e preparato prima di svegliarli ed essere lì con loro, disponibile, avere la calma per non arrabbiarsi e seguire i loro ritmi. Non avere l’orologio che ci pressa perché dobbiamo correre al lavoro o portare nostro figlio a un appuntamento e poterci prendere un momento di calma, respirare, non innervosirci, tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione è un’ottima base di partenza e per prevenire il nostro nervosismo. Se tua figlia dice: “Io questo vestito non me lo voglio mettere!” ci giochiamo un po’, cerchiamo di sdrammatizzare e possiamo dire: “Davvero non vuoi mettere? Come mai? Forse perché mi sono sbagliata, questa non è una gonnellina, questo è un cappuccio o cappello? Allora aspetta, me lo metto io, mi metto il cappuccio, il cappello…” Se loro vedono che non c’è presa, che non possono farci arrabbiare, che restiamo sereni e addirittura scherziamo allora a quel punto si rasserenano. Oppure per il pantalone possiamo dire scherzandoci su: “allora me lo infilo io questo pantalone… ma non mi passa, mannaggia ho il piede che è grande come la tua gamba! Caspita! Che facciamo allora?” Se siete veramente zen e non siete giudicanti la lotta di potere si spegnerà molto prima sul nascere. Cosa potrebbe non funzionare se tuo figlio non vuole vestirsi al mattino 1. Il nostro vulcano interiore La cosa che a volte succede, ahimè, è che dentro di noi abbiamo un doppio dialogo contrastante: magari pensiamo “ok facciamo come dice Roberta” e diciamo: “Amore ma questa non è una gonnellina, è un cappellino, allora guarda se lo mette mamma”. dentro di noi pensiamo: “Porca Miseria, ti spicci a mettere questa gonna che devo andare a lavorare? Ma tutte le mattine sempre la stessa storia? Ma con me con tutto quello che faccio per te, tutti i sacrifici che facciamo… Basta!’” Se questo in verità è quello che pensiamo, al di là delle parole che diciamo, non funzionerà, perché i bambini hanno bisogno di sentire che in quel momento soprattutto ci interessa accogliere la loro emotività e risolvere il loro disagio. E non avrai bisogno di ore. E’ necessario essere veramente con loro e per loro, avere tempo per loro. È un suggerimento importante ed è ciò che va fatto. Ci vorrà allenamento, sicuro, ma va fatto, perché tutti noi possiamo acquisire questa calma. Ecco perché il primo suggerimento utile resta fare le cose in anticipo e svegliarsi un po’ prima al mattino in modo da ridurre la nostra pressione e per avere minuti preziosi in più per gestire questi imprevisti. 2. Esplicitare il motivo che ha scatenato il “capriccio” per vestirsi Può essere utile poi esplicitare ai vostri bambini il vero motivo per cui si sentono o si comportano così. Possiamo per esempio dire: “Amore, secondo me non è mica la gonnellina. Secondo me è che non hai proprio voglia di andare a scuola (o dalla nonna), vuoi stare a casa con la mamma… Amore mio, lo so che sei ancora arrabbiata perché ieri sera mamma si è arrabbiata. Non ti abbiamo fatto vedere il cartone (o Luca ti ha rotto il gioco), vero? Sei ancora arrabbiata per questo, siamo andati a dormire, niente coccole e sei ancora arrabbiata per quella cosa.” Se i bambini sentono che voi lo sapete, che siete disposti ad aiutarli, si tranquillizzano, perché loro cercano il vostro aiuto. Che vi risponda di Sì o che vi dica No, se sai qual è la causa e vai a colpo sicuro, abbracci la tua bimba, la accogli, il risultato è che si veste senza più parlare o arrabbiarsi. Personalmente non sono mai arrivata a dover vestire un bambino in macchina, perché se i passaggi prima sono fatti con il cuore non si arrivata a tanto. Certo, bisogna però mantenere la calma 😊. So che non è semplice ma è possibile. Come prevenire le lotte di potere quando tuo figlio rifiuta i vestiti che proponi Un altro aspetto è che, se i vostri bambini nei primi anni sono abituati a decidere tutto, è difficile che all’inizio accettino che voi vogliate per loro quei vestiti, questi orari, questo cibo a pranzo o questo a colazione. Se siete abituati a fare loro le domande: “Cosa vuoi? Vuoi mettere questi pantaloni? Vuoi mettere quello? Andiamo al parco, andiamo dalla nonna, aspettiamo ad andare dalla nonna? Ti cambio il pannolino? O non lo cambiamo? Vuoi mangiare adesso? Cosa facciamo?” Se si abituano a decidere, per loro sarà difficile accettare le vostre regole, anche se ne hanno un bisogno estremo. Infatti senza regole i bambini sono nervosi, hanno bisogno di dritte. Ecco perché è importante badare a questo aspetto, tornare a quella fermezza sana, saggia che noi possiamo costruire dentro, che manifestiamo senza arrabbiarci, senza durezza ma in maniera diretta e serena. Per riassumere: se i nostri figli fanno i “capricci” per vestirsi la mattina, non vogliono indossare i pantaloni o si rifiutano di fare colazione dobbiamo andare alle cause, alle motivazioni. E sul momento è importante non arrabbiarci, sdrammatizzare e poi accogliere, svelare, mettere in chiaro quello che loro stanno provando, come mai sono arrabbiati, come mai si stanno comportando in questo modo, e poi accoglierli. Spero che queste soluzioni ti siano utili per tutte le volte in cui tuo figlio o tua figlia fanno i “capricci” per vestirsi o non vogliono indossare una maglia o un pantalone. Se vuoi approfondire come comprendere e gestire i capricci di tuo figlio puoi leggere qui l’articolo I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
Spannolinamento difficile? 5 step per togliere il pannolino
Lo spannolinamento e tutte le fasi per togliere il tanto amato pannolino è un tema che mi sta molto a cuore. Non solo perché tante mamme e tanti papà mi scrivono chiedendomi la formula magica per lo spannolinamento. Ma soprattutto perché mi spiace molto che i genitori si debbano sentire così “inadeguati” nell’affrontare questo evento del tutto naturale nella vita. In questo caso ci complichiamo la vita e rendiamo difficile qualcosa che di fatto sarebbe una delle cose più semplici da vivere. Proprio così, hai letto bene: togliere il pannolino potrebbe essere una vera e propria passeggiata! Perché lo spannolinamento non è una passeggiata ma una faticosa e estenuante maratona? Sappiamo benissimo che in tantissime situazioni è tutto il contrario. Togliere il pannolino a nostro figlio per passare definitivamente al water e alla mutandina diventa una vera e propria odissea: capricci, paure, punizioni, ricatti, sgridate, frustrazioni, episodi di stitichezza, rifiuti e chi più ne ha più ne metta. A questo guaio credo che abbiano contribuito negli anni (e forse nei secoli) alcuni incidenti di percorso che tutt’ora tengono banco. Per esempio: Da secoli la crescita di un bambino è passata dall’essere osservata e accompagnata all’essere studiata, cosa che ha generato una eccessiva teorizzazione dell’infanzia Ai genitori è stato tolto il diritto di essere e di fare i genitori facendo credere loro di non avere innato tutto ciò che serve, di non poter fare a meno di qualcuno più esperto di loro (che a volte ti fa sentire un incapace). L’impossibilità di vivere a nostra volta un’infanzia adeguata ci fa essere oggi adulti non completamente autonomi. A causa di ciò siamo una generazione di adulti spesso fragili, abbiamo difficoltà ad assumerci le nostre responsabilità, fatichiamo a essere disciplinati e organizzati. E facciamo fatica, sempre per questo motivo, ad avere la giusta dose di pazienza e di calma, ingredienti fondamentali per lo spannolinamento. È urgente (e non solo per lo spannolinamento) liberarci da questa schiavitù per ritrovare un equilibrio. E quindi vengo subito al punto principale su cui voglio porre l’accento, il perno attorno al quale ruoteranno tutte le prossime riflessioni. Dobbiamo restituire a questi passaggi di vita come lo spannolinamento la naturalità e la spontaneità che meritano. Dobbiamo ricordare che non sono momenti particolari, speciali o delicati ma sono semplici passaggi. Un bambino, così come non fatica a imparare a bere dal bicchiere, altrettanto non fatica a fare la pipì e la cacca nel water. È chiaro che negli anni ci abbiamo messo del nostro per rendere questi momenti tra i più complicati in assoluto. Dovremo quindi fare qualche passo indietro e tornare a rivolgerci alla semplicità. Ma facciamo una cosa alla volta. 5 concetti base da cui partire per lo spannolinamento I punti fermi che ci permettono di comprendere meglio questa fase della vita di tutti noi, che devono iniziare a togliere le insicurezze e i dubbi iniziali sono i seguenti: 1️⃣ I bambini arrivano naturalmente e gradatamente a controllare da soli gli sfinteri e a riconoscere il senso di avere voglia di fare la pipì o la cacca e di tenerla per il tempo necessario di arrivare al bagno per poi rilasciare gli sfinteri. 2️⃣ Questo è un fatto naturale, fisiologico e accade. Accade, nonostante noi. 3️⃣ I genitori sono perfettamente in grado di osservare il loro figlio e riconoscere nel tempo tutti quei grandi e piccoli segnali che confermano il suo raggiungere l’autonomia 4️⃣ I genitori sono perfettamente in grado di lasciarsi imitare e i bambini sono perfettamente in grado (e desiderosi) di imitare e assorbire tutte le abitudini di mamma e papà, comprese quelle che riguardano il fare la pipì o la cacca. 5️⃣ Lo spannolinamento e il passaggio verso questo tipo di autonomia non contengono elementi che dovrebbero spaventarci o preoccuparci. Né dovrebbero obbligarci ad armarci per affrontare un lungo periodo di frustrazione e di lotte contro un bambino che, a detta di molti adulti: “non vuole farla fuori dal pannolino”, “non lo vuole proprio lasciare”, “ha paura”, “piange se non glielo rimetto”, ecc. Eh sì, secondo il punto cinque, anche questa volta pare che nei bambini ci sia qualcosa che non va, anche questa volta non vogliono collaborare e crescere senza darci troppi grattacapi. In verità non è così. Tutti i bambini del mondo hanno voglia di crescere, di lasciar andare quello che non serve più per abbracciare nuove abitudini in sintonia con il loro corpo che cresce. I bambini sono anche collaborativi e non hanno di certo intenzione né di fermare un processo naturale né di provocare a te genitore dello stress o del dolore. Se nella pratica osserviamo che non è così, non dobbiamo accusare un bambino “sbagliato” o poco collaborativo. Dobbiamo invece osservare tutto il contorno e capire che cosa c’è (o c’è stato) lì che non funziona (o non ha funzionato). Scopriamo ora le soluzioni che ti serviranno per garantirti uno spannolinamento più sereno e indolore possibile! C’è un momento ideale per togliere il pannolino ed evitare uno spannolinamento difficile? Forse c’è. Di solito si indica come periodo ideale quello che va dai 18 ai 30 mesi. Questo periodo deve anche tener conto dei tempi del bambino, del fatto che spesso in questo caso le femmine sono più precoci dei maschi, della differenza iniziale tra il giorno e la notte, ecc. Tutto questo è vero, ma quello che voglio fare adesso con te è darti alcuni strumenti fondamentali che fanno leva sul tuo istinto e sulla capacità di osservare tuo figlio. Questi strumenti valgono più di ogni informazione esterna che puoi ricevere da altri, anche se credi che ne sappiano più di te. Potrai utilizzarli per vivere la fase dello spannolinamento nel migliore dei modi e far sì che anche per tuo figlio sia altrettanto. 2 passi fondamentali per dire addio al pannolino Se c’è un tempo giusto per il bambino di accorgersi e di diventare sempre più consapevole del funzionamento del proprio corpo, se c’è un tempo giusto in cui naturalmente sente lo stimolo della pipì e della cacca, lo dice e la fa in bagno, è anche vero che aspettare che tutto avvenga senza il nostro sostegno o aspettare che squilli la sirena del fatidico mese di settembre e dell’ingresso alla scuola materna, può essere rischioso. Azzardato non tanto per lui quanto per noi che rischiamo di accorgerci all’ultimo che forse è arrivato il momento di iniziare a togliere il pannolino… puro panico!!! 👉 “Cosa faccio?!” “Come faccio!?” 👉 “Da dove comincio!?” “Sarà giusto così!?” 👉 “Ti prego collabora altrimenti non ne usciamo!?” “Come te lo insegno?!” 👉 “Perché non impari!?” “Mi fai arrabbiare!?” 👉 “E se c’è qualcosa che non va?!” Se aspettiamo l’ultimo momento rischiamo di entrare in affanno, di farci cogliere impreparati. O, peggio ancora, rischiamo di cedere alla falsa convinzione che i bambini debbano imparare e che noi genitori dobbiamo insegnare loro a stare senza pannolino, a farla nel water, ad avvisare quando scappa, ecc. Nulla di più lontano dalla verità. Se vuoi che questa fase della vita scorra liscia come una saponetta, è necessario adottare una serie di grandi e piccoli accorgimenti che ti permettano di iniziare in tempo utile ad entrare nell’ottica di quanto questa fase richiede. Sono accorgimenti che ti permetteranno di restituire naturalità e spontaneità a questi momenti senza crederli per forza speciali o difficili. Ti consentiranno di evitare la fretta e l’affanno, di dosare la giusta quantità di gioco e soprattutto di dare potere al valore dell’imitazione e di accentuare il carattere di normalità che questo momento ha il diritto di avere. Addentriamoci adesso nel cuore del nostro spannolinamento e vediamo insieme quali sono questi suggerimenti. Come vedrai, fanno capo innanzitutto al buon senso e alle tue innate capacità di cogliere i passi che tuo figlio sta compiendo lungo il suo cammino di crescita. Fase n° 1: osserva tuo figlio Troppo spesso guardiamo i nostri figli con l’aria e l’intenzione di chi li vuole controllare: “forse sta per cadere!” “chissà se sta per combinarne una…” “senza dubbio si sta facendo male…” “così potrebbe rompere qualcosa!” “…vediamo se mi sta dicendo una bugia” “guardiamo se hai i pidocchi” “guardiamo se sta tornando l’allergia” Raramente ci dedichiamo a osservare i nostri figli per il puro e semplice gusto di conoscerli. Troppo poco ci voltiamo a osservarli con curiosità per scoprire con gioia cosa possono pensare in quel momento, cosa stanno provando, cosa stanno cercando di costruire, realizzare o scoprire. Presi dalle abitudini ci dimentichiamo di cogliere quell’attimo in cui incastrano un dado in un foro, in cui scoprono le distanze e le profondità, in cui gioiscono nell’abbracciare con amore il loro bambolotto. Ci dimentichiamo che tutto questo esiste e soprattutto non sappiamo che questo tipo di osservazione è la risposta a tutti i nostri problemi (anche quelli relativi al togliere il pannolino). Sì, perché questa è la via che ti permette di conoscere davvero tuo figlio da un lato, e dall’altro di non avere come filtri le solite aspettative, i soliti giudizi, la fretta, la superficialità. Per poter cogliere tutti i migliori frutti della tua osservazione dovrai fare attenzione a: Ridurre le tue aspettative: tuo figlio (o tua figlia) non ha obblighi, sta imparando e lo fa imitando te, esplorando, sperimentando, sbagliando e riprovando. Non ci sono performance da portare a termine, non ci sono vinti né vincitori, non ci sono obblighi nell’imparare o tempi da rispettare. Osserva senza aspettarti nessun risultato. Ridurre il più possibile (o eliminare) i giudizi: tuo figlio non è mai più o meno bravo di un altro, non è migliore o peggiore dell’ideale di bambino perfetto che tu hai in testa. Tuo figlio è semplicemente se stesso e vuole soltanto scoprire il mondo e scoprire se stesso, i suoi talenti e le sue capacità. Se lo giudichi si inibisce, si svaluta, si frena. Se lo osservi senza giudizio, sei certa che tutto quello che fa è spontaneo, privo di filtri o condizionamenti. Trovare equilibrio tra l’essere e il fare: non è vero che se stai cucinando o stendendo non puoi osservare con qualità tuo figlio. Se sposti l’attenzione da tutte quelle azioni abitudinarie che fai tutti i giorni, puoi tranquillamente avere nel frattempo un sacco di sguardi di qualità rivolti a tuo figlio. Quindi abituati a rivolgere le tue attenzioni a lui anche mentre fai altro. Vedrai che se ci provi davvero, è molto semplice. Se torniamo a concentrarci sull’addio al pannolino, come possiamo far fruttare al meglio questa osservazione di qualità? Quali sono gli aspetti e i cambiamenti che sarà per te molto utile osservare? Per esempio potrai notare fin dai primi mesi di vita di tuo figlio (anche a partire dalle prime settimane) che: 👉 Il suo richiamo attraverso movimenti del corpo, mugolii, espressioni del viso (e pianto se per caso non te ne accorgi per tempo) è differente a seconda che abbia fame, che si senta a disagio nel pannolino sporco o bagnato, che abbia caldo, che voglia essere spostato perché qualcosa lo infastidisce, che si stia annoiando, che si senta solo e smarrito, che qualcosa lo abbia infastidito. 👉 Con il tempo inizia a rendersi conto che quando fa la pipì o la cacca qualcosa sta avvenendo nel suo corpo. Credo che un neonato non sappia ancora controllare i suoi sfinteri ma non credo alla storiella che non si accorga degli stimoli e di ciò che sta accadendo al suo corpo. Infatti puoi osservare che il suo viso diventa più rosso, che da l’impressione di sforzarsi, fa una smorfia, sembra più rilassato, ecc. Tutto questo ti sarà davvero molto utile nei mesi successivi quando davvero il pannolino potrà essere dimenticato perché ti aiuterà a non arrivare impreparata. Avrai avuto settimane e mesi di tempo per creare un dialogo di sguardi utili a conoscervi meglio e anche a rassicurarti. Perché se sai come lui ti comunica (anche non a parole) come vive il momento dell’evacuazione, vivrai lo spannolinamento e il passaggio alla mutandina molto più rilassata. Infatti avrai osservato che per tuo figlio non si tratta affatto di un fattore estraneo, che forse davvero lui non ha nulla da imparare e tu non hai nulla a insegnare. Semplicemente il vostro dialogo potrà proseguire e basterà aggiungere la consapevolezza che adesso volete passare alla fase successiva, quella che non prevede il pannolino perché non ce n’è più bisogno. In quest’ultima fase in particolare, come vedremo tra poco, potrai osservare nel tempo la sua curiosità nel vedere cosa fai mentre sei in bagno. Noterai la sua volontà di seguirti in bagno e di fare quello fai tu, la voglia di prendere in mano anche i suoi vestiti, giocarci e vedere come fai quando ti vesti e ti svesti. Questi sono grandi e piccoli elementi da osservare perché ti rendono molto più consapevole: 1️⃣ dell’intelligenza innata di tuo figlio 2️⃣ della sua capacità eccezionale di imitarti 3️⃣ del suo desiderio profondo di fare come fai tu e ti danno la certezza di aver sempre comunicato (anche se non a parole) con tuo figlio e che nulla potrà interrompere questo dialogo profondo che sarà alla base dei prossimi passi per togliere definitivamente il pannolino. Fase n° 2: non aspettare il momento giusto Mi sono dilungata sull’osservazione (anche se può sembrarti un dettaglio del tutto trascurabile) perché ritengo che sia un passaggio fondamentale, un ingrediente essenziale se vuoi togliere il pannolino senza tante difficoltà. E non ti basterà iniziare a osservare tuo figlio o tua figlia con questi occhi all’inizio dell’estate che precedere la materna o quando tua madre e tua suocera ti guardano con le solite occhiate per dirti: “Ma non sarebbe ora di toglierlo questo pannolino!?”. Eh sì, bisogna iniziare per tempo e con grande anticipo se non vuoi impazzire dopo. Se credi che il momento giusto per avviare lo spannolinamento sia l’estate o il mese di giugno (a settembre inizia la scuola materna)… se credi che il momento giusto sia quando te lo dice lui o quando non hai più voglia di cambiare pannolini, stai sbagliando. 7 passi per prevenire uno spannolinamento difficile Ecco i passi da compiere (oltre all’osservazione coltivata fin dalla nascita di cui abbiamo già parlato) per non essere colti all’improvviso e impreparati dalla fase dell’addio al pannolino: 1️⃣ Non chiuderti in bagno e lascia che tuo figlio venga con te e ti veda. Lo so che forse almeno in quei momenti speri di poter rimanere da sola/o, ma chi ben comincia è a metà dell’opera Lasciare che tuo figlio partecipi anche a questi momenti fa sì che non tema nel tempo l’assenza del pannolino. Aumenterà il suo desiderio di fare come te. Quindi di sperimentare il water, l’alzarsi e abbassarsi i vestitini, la voglia di non indossare il pannolino e di sentirsi sicuro anche senza. 2️⃣ Trova il modo di lasciarlo spesso senza pannolino, anche d’inverno. Approfitta dei momenti in cui siete a casa insieme. Se è molto piccolo e non hai ancora ben chiari i suoi ritmi di evacuazione, puoi approfittare del momento del cambio per lasciarlo libero dal pannolino più a lungo. Per esempio puoi evitare di cambiarlo sul fasciatoio e preferire il lettone o il tappeto così da non rischiare cadute rovinose. Inoltre così puoi godere anche tu di questo momento, vederlo sgambettare, rigirarsi sorridere in libertà. Nel frattempo anche lui prende confidenza con questo stato del suo corpo, lo scopre, lo sente. 3️⃣ Quando cresce e ormai non rischi che appena fatta la pipì (o la cacca) la rifaccia dopo qualche secondo, lascialo libero senza pannolino, nudo o con la mutandina o completamente vestito. Se si bagna o si sporca, nessun problema: lo laverai con amore e insieme sorriderete per queste nuove esperienze senza pannolino. Queste esperienze possono costellare la vita tua e quella di tuo figlio fin dall’inizio e per tutto il tempo necessario finché il pannolino verrà abbandonato per sempre. 4️⃣ In estate puoi aumentare di gran lunga i momenti senza pannolino perché non fa freddo, perché tutto asciuga prima, perché puoi lavarlo senza pericolo del raffreddore più volte al giorno. Nonostante questo, dato che l’anno è lungo, ti suggerisco di non limitarti e di approfittare anche dei periodi più freddi, in casa, per spogliarlo dal pannolino e lasciarlo vestito con la mutandina. 5️⃣ Non esitare se ti viene l’ispirazione di tenerlo e appoggiarlo al water e dirgli che anche lui può farla lì e tu lo tieni, proprio come fanno mamma e papà. Giocate a fare i grandi come mamma e papà. Se lui o lei è in bagno con te e ti guarda, diglielo: “Ho finito, tiro l’acqua, mi lavo le mani e adesso lo fai anche tu”… E quindi, prendilo, tira giù i pantaloni, sgancia e abbassa il pannolino e: “Vieni, evviva, anche tu come la mamma!… Pssssss… guarda un po’ questo bimbetto/questa bimbetta quanta pipì sta facendo…. Come scende…. Adesso puliamo e tiriamo l’acqua…. Vuoi tirarla tu? Vieni che te la faccio tirare…”. Chiaramente puoi trovare tu tutte le parole che ritieni opportune e sperimentare questa scoperta anche se in quel momento non farà davvero la pipì o la cacca. 6️⃣ Anche per lo spannolinamento vale il principio dello svezzamento, come per il cibo. Se inizi in questo modo potrai andare aumentando il numero di queste occasioni per poi arrivare a: intensificarle tra i 18 mesi e i 2 anni per poi proseguire a mano a mano che anche tuo figlio cresce (parla di più e si fa capire molto meglio da te, ti fa notare cose che ricorda molto bene non solo con gli sguardi ma anche con le parole, è sempre più autonomo sia nel gioco che nello scoprire il mondo intorno a sé, sempre di più vuole stare con te, imitarti e imparare a fare le cose come le fai tu) aumentare sempre di più i momenti senza pannolino iniziare a dare per scontato l’utilizzo del water con il tuo aiuto (e se lo ritieni opportuno il riduttore) oppure il vasino da solo. 7️⃣ Ricorda che lui vuole farsi vedere mentre ti imita, sia perché ne prova gioia e sia perché vuole farti vedere cosa sta imparando. Non ha bisogno di lodi o gratificazioni. Ha bisogno di un genitore che che gioisca con lui, che abbia voglia di stare a guardarlo con lo stesso entusiasmo che lui o lei sta vivendo mentre scopre e fa proprie queste nuove esperienze. Quindi mettici la cura che questi momenti meritano. Con naturalezza, senza viverlo ogni volta come se fosse un evento eccezionale, ma con presenza e empatia. Arriva la seconda missione… Quando il pannolino di giorno sarà ormai un lontano ricordo inizierà la fase successiva, ovvero togliere il pannolino di notte. Ho racchiuso i principali passi da seguire in questo articolo: Spannolinamento notturno: 10 passi per togliere il pannolino di notte.
Smettila di rompere tutto! I 5 passi se il tuo bambino rompe i giochi, morde o graffia
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Le bugie non si dicono! Perché tuo figlio ti dice le bugie?
“Le bugie non si dicono!” “Le bugie hanno le gambe corte, fai attenzione!” “Guarda che se non mi dici la verità divento poi cattiva/o!” “Guarda che io so sempre se mi stai mentendo!” Quante volte hai sentito dire queste frasi quando eri bambina o bambino? Io le ho sentite spesso e… devo dirti la verità 😉… altrettanto spesso ho detto delle bugie ai miei genitori o all’insegnante o ai miei nonni. In particolare ricordo molto bene come ad un certo punto, forse intorno agli 11-12 anni iniziai proprio a mentire anche per gioco. Da un lato iniziavo ad essere proprio un po’ arrabbiata con la mia famiglia e usavo le bugie come ripicca. Dall’altro lato c’è da dire che riconoscevo la mia bravura nel dirle e decisi che poteva diventare anche un gioco: quante e come riuscivo a dirle e per quanto tempo riuscivo a reggere il gioco ricordandomi qual era la bugia, con tutto quello che le ruotava intorno e tutte le cose che dovevo ricordare di dire al posto della verità. Mamma mia!… Se ci penso!… Oggi naturalmente riconosco sia che le bugie non si dicono e che abbiamo bisogno di insegnare ai nostri figli a non farlo, sia che i bambini hanno sempre un motivo per cui lo fanno e che tendenzialmente questi motivi sono validi e significativi. È importante evitare fin da subito di pensare che i bambini dicano le bugie perché sono cattivi o perché sono maleducati o irrispettosi. Assolutamente non è così. Nessun bambino nasce cattivo, maleducato e irrispettoso. Le cose più utili che possiamo fare in prima battuta sono: 1️⃣ Accorgercene e prenderne atto 2️⃣ Evitare di arrabbiarci e umiliarli 3️⃣ Correre ai ripari prendendoci il tempo necessario per osservare come mai sta succedendo 4️⃣ Avere la pazienza di invertire la rotta un po’ alla volta (come ti racconterò poco più avanti) Uno dei punti più importanti è di sicuro soffermarci innanzitutto sulla motivazione. Qual è la vera motivazione che spinge nostro figlio o nostra figlia a dirci una o più bugie? Inizio a farti qualche esempio così che possa esserti utile per iniziare a osservare cosa sta succedendo o cosa è successo negli ultimi tempi e cogliere il perché: Forse è un modo per attirare l’attenzione perché si sente trascurato/a o vuole emergere rispetto ai fratelli e alle sorelle. Magari perché non passiamo abbastanza tempo con lui/lei o questo tempo non è di qualità. Forse è un modo per punirci: “tu ti arrabbi con me, mi punisci, sei dura/o nei miei confronti. Ho visto che quando ti racconto una bugia ti dà molto fastidio… bene… continuo a farlo e a provocarti“. In particolar modo quando dico le bugie finalmente mi consideri: “è vero, mi sgridi, mi rimproveri, ti arrabbi, mi inveisci contro… ma almeno mi sento considerato/a… allora continuo“. Forse è una reazione ai nostri tanti no, alle nostre punizioni, alle nostre sgridate. Per esempio se tendiamo a dire tanti no senza considerare le loro motivazioni, senza accogliere il loro disappunto. Oppure se tendiamo a rimproverarli o bloccarli appena dicono o fanno qualcosa che a noi non piace o diverso da quello che ci aspettiamo. Forse è questione di sicurezza in se stessi, autostima, o timore di deluderci. Per esempio quando dicono di avere anche loro qualcosa che gli amici hanno anche se non è vero. Quando dicono di sapere cose che in verità non sanno o dicono di aver capito anche se non è così pur di non mostrare la loro difficoltà, ecc. Forse hanno timore della nostra reazione aggressiva o timore di non venire compresi. Ad esempio quando mangiano qualcosa di nascosto e ci dicono che non è vero. O quando hanno ricevuto un rimprovero a scuola e non ce lo dicono. O quando magari hanno fatto uno sgambetto alla sorella o al fratello e ci dicono che non è vero. Forse sta imitando compagni o compagne di scuola che dicono bugie e la cosa sembra farli diventare più “furbi” di tutti gli altri “…allora lo faccio anche io“. Per curiosità: cosa succede se provo a dire una bugia così come ho visto fare dal mio compagno di scuola, da mia mamma, da mio papà, da mio fratello (se lo fa lui posso di certo farlo anche io), ecc.? Individuare la o le possibili motivazioni è fondamentale perché così possiamo intervenire nel tempo, con costanza, un passo alla volta, direttamente sulla causa. Se è questione di insicurezza agire per aiutarlo/a a ritrovarla, se è questione di attenzioni gliele daremo, ecc. So già che forse ti stai chiedendo: “Ok, ma nel momento in cui mi sta dicendo una bugia o appena lo scopro che faccio? Cosa gli dico? Come mi comporto?” Benissimo, ecco cosa puoi fare: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Puoi fargli sapere in maniera serena, senza accuse o minacce o rimproveri, che hai capito o sai bene che si tratta di una bugia: “Secondo me questa è una bugia…”, oppure “Scommetto che non è vero…”, oppure “Mmmhhh… mi sa che non è così”. Ricordati che sei il suo aiutante magico e quindi non si tratta di “beccarlo” o di chi ha ragione. Sei dalla sua parte e vuoi solo comunicargli tranquillamente che sai la verità 3️⃣ Poi, a seconda dell’età, avremo un tono diverso, diremo parole diverse. Ma l’obiettivo sarà quello di esplicitargli che cosa è successo, domandargli come mai o dirgli come mai può essere successo e dirgli come fare la prossima volta per evitare che si ripetano bugie, dato che sono inutili. Ti faccio un paio di esempi. Se è piccolino e ha preso una caramella dal contenitore, l’ha messa in bocca, ne ha presa una seconda e l’ha messa in tasca, ne ha presa una terza e l’ha nascosta sotto il cuscino dopo che gli avevi detto “basta caramelle, ne hai già mangiata una oggi”, puoi: 1️⃣ Dirgli che sai che delle caramelle gli sono proprio scivolate addosso e una è finita in bocca, un’altra forse è scivolata in tasca e un’altra ancora forse è scappata in cameretta. 2️⃣ Gli dici che la prossima volta può dirti che forse non hai capito e che lui ha davvero tantissima voglia di mangiarsi altre caramelle perché… “sono trooooppo buoneeeee!” Lo so che me ne avevi chiesta un’altra e alla seconda ti dico sempre di no, non avevo capito che ti piacessero così tanto. Adesso che lo so e me lo hai detto, allora tutte le volte in cui sarà possibile ne mangerai una più. Te ne procuro di quelle che non fanno troppo male ,così puoi mangiarne una dopo pranzo e anche una a merenda. Vedi che non ti rimprovero, quindi se ti capita di volerne un’altra dimmelo e se si può te la do subito volentieri, altrimenti la prendiamo già e la teniamo da parte per dopo quando si potrà mangiare”. 3️⃣ In questo caso conta molto questo atteggiamento disponibile a comprendere il suo punto di vista e mostrargli sinceramente che vogliamo davvero venirgli incontro. 4️⃣ Poi sarà importante andare a comprendere se è questione di troppi no secchi e intransigenti da parte nostra. O se lo fa perché ha particolare bisogno di dolci. Cercheremo di comprendere come mai, o se lo fa per attirare la nostra attenzione, ecc. e agiremo con pazienza sulla motivazione. 5️⃣ Nel frattempo, in questo caso, potremo per esempio procurarci delle caramelle naturali senza troppi zuccheri e senza zuccheri o coloranti o ingredienti artificiali. In uqesto modo potremo essere un po’ più di manica larga ogni tanto. Oppure, cosa che piace tantissimo ai bambini, possiamo fare insieme delle caramelle naturali, conservarle con cura e man mano educarli al fatto che se ne può mangiare qualcuna in più ma c’è un numero che non va superato, che non se ne possono mangiare troppe e che subito dopo vanno lavati i denti. Possiamo aiutarli con pazienza a creare questa abitudine e a comprenderne il senso (ricordati però sempre di agire sulla motivazione altrimenti queste soluzioni potrebbero dimostrarsi inutili). Quindi il segreto è dare il limite e le regole che crediamo più corrette senza necessità di minacciare o urlare, cercare di comprendere la motivazione (e nel frattempo trovare alternative più salutari). Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questi articoli: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire Quando poi i nostri figli crescono, capita spesso di temere ancora di più le loro bugie. Cosa puoi fare se per esempio scopri o sei venuta a sapere che tuo figlio o tua figlia di nascosto ha provato o iniziato a fumare? 1️⃣ Evitando arrabbiature, minacce e filippiche, come per il primo caso possiamo intanto far sapere che lo sappiamo o che lo abbiamo capito e che sappiamo di non sbagliare. Con serenità possiamo dire per esempio: “Allora anche tu alle prime esperienze con le sigarette? Che effetto ti ha fatto? Come ti sembra? Soddisfatta la curiosità?… Ci tenevo a dirti che lo so, che non ho intenzione di rimproverarti e che ho piacere di raccontarti la mia esperienza in proposito e quello che penso” 2️⃣ Possiamo trovare un momento con calma sia per ascoltare lei/lui e le sue impressioni o quello che vorrà raccontarti (che all’inizio potrebbe non essere la verità o solo una parte della verità) e sia per raccontare serenamente quello che pensiamo in proposito (se per esempio siamo dei fumatori pentiti, se anche noi abbiamo provato a fumare e a che età, cosa pensavamo allora e cosa pensiamo oggi, i pericoli futuri nel fare questa scelta, raccontare loro perché giovani e adulti si rifugiano in questo tipo di esperienze o hanno bisogno di questi palliativi, ecc…) 3️⃣ Dato che il rimprovero non c’è, possiamo chiedere loro di essere sinceri e chiedere loro di poter mettere delle regole e dei paletti fermi se magari ci rispondono che non hanno intenzione di smettere. Per esempio regole che possano aiutarli a non esagerare, a limitare i danni più possibile, ecc. Naturalmente questi sono solo esempi perché sarai poi tu a trovare le argomentazioni giuste o a decidere che cosa fare, perché potrebbe essere che ti dica che ha solo provato e non ha intenzione di proseguire ma temeva il rimprovero o si vergognava. Potrebbe dirti che vorrebbe smettere ma non riesce e chiede il tuo aiuto dato che vede che sei serena/o a riguardo. Potrebbe innervosirsi e dirti che sono fatti suoi, ecc. 4️⃣ Come ti scrivevo sopra, anche in questo caso è importante cogliere la motivazione su ampia scala per sapere come intervenire. Per esempio: forse lo fa come forma di ripicca e ribellione nei nostri confronti perché la relazione tra noi non è idilliaca? Forse sono cattive compagnie quelle che frequenta?Forse vuole sentirsi come gli altri ed è quindi questione di autostima? Sta magari davvero solo provando e so che finirà tutto nel giro di poco? Forse compensa qualcosa di affettivo che gli manca dentro? Ecc. Se i nostri figli sono più grandi come in quest’ultimo caso, è probabile che servano più tempo e pazienza per riottenere la loro fiducia e ripristinare una buona relazione mettendo da parte cattive abitudini che magari hanno costellato gli anni precedenti ma di sicuro vale la gioia procedere 😊 In ogni caso, piccoli o grandi che siano, ti invito a non demordere, seguire i passi che ti ho indicato senza fretta e senza demoralizzarti. Sono certa che potrai accogliere anche tu nella tua famiglia i semi della sincerità e della trasparenza.
Prendi i Compiti per le corna
Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti. Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.
I terribili 2 anni non esistono (e neanche i terribili 3)
Le domande delle mamme relative alla fase dei terribili 2 anni (terrible two) sono quasi sempre: 1️⃣ Quando iniziano i terribili 2 anni di mio figlio? 2️⃣ Quanto dura questa fase dei terrible two in cui il mio bambino è diventato ingestibile? 3️⃣ E quando finiscono? Dopo mi devo preparare anche ai terribili 3? Iniziamo con il dire che questa fase definita terribile dei bambini potrebbe non esistere. Infatti i terribili 2 dei bambini sono una grandissima bufala. Posso immaginare che ti sembri un’affermazione assurda perché tutti ti dicono il contrario. Leggi fino in fondo e scoprirai che un motivo più che valido esiste. I “Terrible two” o i “Terrible three” esistono nella mente di un genitore (educatore, nonno o insegnante) che non conosce il “Libretto delle Istruzioni” dei bambini. Cosa significa “Libretto delle Istruzioni”? Significa sapere come “funziona” tuo figlio e come cresce in ogni fase di crescita. Se non conosci il “Libretto delle Istruzioni” è inevitabile che con un bambino tu non sappia cosa fare o cosa dire oppure non sappia perché si comporti in un determinato modo. Di conseguenza le provi un po’ tutte e l’unica cosa che ti resta da pensare quando tuo figlio continua a non ascoltarti è che siano arrivati i famosi terribili 2 anni. Poi arriveranno i Terribili Tre… Chissà, forse si inventeranno presto i terribili 4 anni o magari i terribili 5 anni! In verità non esiste realmente un periodo “terribile” per i bambini a 2, 3, 4 o 5 anni… Potrebbe essere che noi lo definiamo così solo perché non riusciamo a darci determinate spiegazioni? Perché non riusciamo a intervenire e risolvere un momento di difficoltà? È importante invece iniziare a conoscere come siano fatti i bambini in un determinato momento della loro vita, imparare a capire di cosa hanno bisogno, che cosa ci stiano dicendo con il loro comportamento e quali siano le loro vere motivazioni. Se noi, pensando di essere entrati nella fase dei terribili 2 anni mettiamo al primo posto le regole aspettandoci che il bambino ci debba rispettare e obbedire come prima cosa, ci ritroviamo nei pasticci. Bambini che non vogliono dare la mano: cosa faccio se non mi ascolta e vuole attraversare la strada da solo? Per esempio supponiamo che tuo figlio a 2 anni o 3 anni si rifiuti di darti la mano mentre attraversate la strada. Magari dopo un po’ lo farà solo perché abbiamo alzato la voce o abbiamo iniziato a fare la faccia cattiva e lui si è impaurito. Comunque non ti darà la mano spontaneamente con gioia e senza una tua sgridata o una tua alzata di voce o un ricatto. Come troviamo una risposta e una soluzione? Le troviamo iniziando a ragionare e a pensare come farebbe un Aiutante Magico, che metterebbe in secondo piano la regola e il limite (che comunque sono importanti e necessari per i bambini) e in primo piano la motivazione. Se vuoi trovare una soluzione devi porti una domanda. Ad esempio, se tuo figlio sta urlando a squarciagola perché non vuole darti la mano per attraversare la strada, la prima cosa da fare è chiederti: “Perché non vuole darmi la mano?” Le ipotesi sono tante. Magari ti affanni e ti preoccupi di più quando vi trovate in situazioni pericolose per tuo figlio ma forse lui non ti ascolta e rifiuta le tue regole anche in altre situazioni. Allora forse bisogna chiedersi: 👉 “Con quale atteggiamento io comunico le regole a mio figlio?” 👉 “Come gli dico di no?” 👉 “Sarà adatto il modo in cui gli dico di no per la sua età?” 👉 “Può essere che io ogni tanto mi innervosisca e perda la pazienza?” 👉 “Può essere che io sia troppo molle nella relazione e lui ormai è abituato a fare tutto ciò che vuole?” Possibili motivi che portano a pensare ai terribili 2 anni dei bambini Forse nel momento in cui gli dici “no, qui devi darmi la mano” lui si rifiuta perché è abituato a decidere su tutto. Altro motivo: se lo “prendiamo di petto”, utilizziamo da subito un tono duro e cerchiamo di costringerlo sarà difficile che un bambino ci ascolti e ci dia la mano con entusiasmo. Oppure, come capita spessissimo ai bambini in questa età, sta iniziando a trovare la sua autonomia. Ha iniziato a sentire il corpo che può stare dritto in piedi e, nel frattempo, può camminare o addirittura correre! E si sta rendendo conto che la stanza dei bottoni di questa macchina ce l’ha lui. È lui che riesce a far muovere i piedi le braccia, a coordinare i movimenti di tutto il corpo per saltare come una gazzella! Fantastico! Ancor più lo è stare davanti ad una strada, dove il bambino vede la mamma e il papà che guardano a destra e sinistra tante volte e probabilmente pensano: “deve essere una sfida fantastica provare a vedere se riesco a correre fortissimo!” Il motivo potrebbe essere banalmente questo, che fa proprio parte della loro natura di questi anni. La soluzione dello “svezzamento” Allora da Aiutante Magico che cosa dovremmo fare? 1° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2 anni” In merito all’esempio della strada una volta ipotizzata la motivazione potremmo dare la soddisfazione al bambino di poter camminare tanto e correre al parco, lungo i marciapiedi larghi o in strade poco trafficate. Davanti a una strada o luogo sicuro possiamo dirgli: “Corri! Corri pure! Io ti aspetto qua, tu corri tranquillo fin laggiù e vai avanti e indietro quanto vuoi!” Nel momento in cui deve attraversare la strada con la mamma il bambino sarà molto più rilassato perché non avrà alle spalle minuti o ore di privazione fatti di “Non correre!” “Aspetta, fermati!” “No! è pericoloso, dammi la mano!”. Si sarà sfogato, avrà soddisfatto le sue curiosità, avrà corso e gli verrà più facile dare la mano alla mamma per attraversare quel pezzetto di strada più pericoloso. Puoi approfondire come soddisfare la curiosità del tuo bimbo evitando incidenti leggendo anche Pericoli in casa e bambini: perché toccano le cose pericolose? 2° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Successivamente potremmo passare invece a fargli attraversare la strada senza dare la mano in posti privi di pericoli, come il vialetto di casa, la strada del parco dove passano al massimo pedoni o biciclette. In questo modo potrà fare l’esperienza di attraversare da solo una strada in un posto sicuro. 3° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” Si può, a questo punto, giocare ad attraversare la strada, guardando e riguardando insieme per bene se stia arrivando qualcuno. “È pericoloso? Che dici? No aspetta guarda, sta arrivando quella bici: la facciamo passare! Ciao ciclista! Bene, ora davvero non c’è nessuno e possiamo attraversare veloci come un fulmine! Via!!!” E si attraversa insieme a lui ovviamente senza dare la mano. Lo si abitua in questo modo con uno “svezzamento” in luoghi in cui non ci sono pericoli. Al semaforo in pieno centro città attraverserete dicendo: “Qui bisogna tenere la mano al semaforo” e gli terrete la mano saldamente, senza arrabbiarvi. Come nel precedente esempio, anche in questo caso lui penserà: “Beh, in fondo me la fa attraversare un sacco di posti: ok questa volta le do la mano”. 4° Passo per non entrare nel vortice dei “terribili 2” La fase successiva è far attraversare la strada al tuo fianco da solo, senza tenersi per mano, dicendogli dove fermarsi o procedere. Se tra voi e vostro figlio c’è una buona relazione, perché non dovrebbe ascoltarvi? Se hai compreso la sua motivazione e quindi la sua voglia di affrontare questa sfida, tuo figlio si ritroverà a pensare: “Perché non dovrei dargli la mano? Non sono arrabbiato con lei per nessun motivo! perché con me ha una relazione fantastica ed è una mamma fantastica. Certo, se mi chiede di darle la mano le darò la mano”. Se un bimbo così piccolo, con i suoi due anni, ha imparato a coordinarsi, ha scoperto di essere lui il pilota del suo corpo, insieme a tante altre prese di coscienza, bisogna festeggiare, perché è qualcosa di bellissimo sia per lui che per i suoi famigliari. E come vedi questi 4 passaggi ti consentono di “trasferire” una buona abitudine a tuo figlio evitando sgridate e di etichettarlo come un bambino di che si trova nella fase dei terribili 2 anni o 3 anni. Bambini che rifiutano le regole o sembrano ingestibili: i 4 passi per non ritrovarti nelle sabbie mobili Dall’esempio dell’attraversare la strada possiamo riassumere alcuni suggerimenti importanti che valgono anche nelle altre circostanze: 1️⃣ Non partire con l’imposizione forzata delle regole e metti al primo posto la qualità della relazione con tuo figlio 2️⃣ Rispetta il suo bisogno di voler sperimentare tipico dei primi anni dei bambini (più reprimi questa fase più i bambini tendono a essere nervosi) 3️⃣ Trova soluzioni pratiche che consentano a tuo figlio di fare esperienza in sicurezza con la tua presenza anche con situazioni e con oggetti che possono essere pericolosi come attraversare la strada 4️⃣ Quando possibile divertiti con lui e trasforma l’esperienza e l’insegnamento della regola (guarda da entrambi i lati sempre prima di attraversare una strada) in un gioco o comunque in un momento divertente per voi Quale risultato otterrai con questi passi? Per cominciare smetterai di urlare o ricorrere alle minacce per farti ascoltare. Smetterai di pensare alla fase dei terribili 2 anni dei bambini e cercherai invece di comprendere i motivi per cui tuo figlio si comporta in un determinano modo. Infine tuo figlio si sentirà compreso e capito da te, rispettato, e di conseguenza ti ascolterà di più. Puoi trovare altri spunti per comprendere meglio le motivazioni alla base dei comportamenti di tuo figlio leggendo l’articolo: Tuo figlio non ti ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no.
Litigo spesso con mio marito: quando gli stili educativi sono opposti
Come trovare un accordo quando mamma e papà non la pensano allo stesso modo? Cosa fare quando nella coppia si litiga su come educare i figli? Non sempre abbiamo con il nostro partner la relazione che avremmo sognato, ma, anche quando andiamo tanto d’accordo siamo oggettivamente due persone diverse, con una storia alle spalle diversa e cresciuti in maniera differente. È quindi naturale che il bagaglio che ci portiamo dietro sia diverso insieme allo “stile educativo” su come crescere i figli, come educarli, le regole da seguire e i no da far rispettare. Scopri in questo video come poter mediare e trovare regole comuni.
Mio figlio si isola, non socializza e legge Platone! (E perchè alcuni ragazzi fanno cose estreme per farsi notare?)
Molti genitori si preoccupano quando i loro figli si isolano e preferiscono stare a casa, amano leggere, non hanno il desiderio di uscire per stare con gli amici, andare al bar, in discoteca… insomma quando non sono “normali come gli altri”. Parliamo di tutti quei bambini e ragazzi che magari si sottomettono all’esterno, ma in realtà lo fanno per sopravvivere. Sono ragazzi che tendono a isolarsi, amano il silenzio, sono molto consapevoli, spesso non devi spiegargli nulla. Perché mio figlio si isola e non socializza? La causa frequente Il figlio che tende a isolarsi è come un filosofo che si trova con gli ultras della squadra dell’inter. Che cosa si possono raccontare? Per lui spesso è una tortura stare nel gruppo. Non è lui che ha ritardi o problemi, tutt’altro! È semplicemente più sensibile, vede le cose in maniera diversa rispetto ai coetanei, magari vuole stare lontano da relazioni fatte da convenienza, ipocrisia, da conversazioni giudicanti (quasi tutte). Ecco perché esiste da un lato chi fa gruppo (la maggioranza) e dall’altro chi si isola (sempre di più). Per comprendere più a fondo l’isolamento degli adolescenti entriamo un attimo all’interno di un gruppo. Quali sono i temi trattati? Il sistema solare, perché si nasce, perché l’uomo si ammala, perché il sole non si spegne mai… Non credo. Nel gruppo, con la sigaretta accesa in una mano e una birra nell’altra, si parla di dove organizzare la prossima festa con musica assordante, della prossima gara in motorino o in macchina, di quante ragazze ognuno abbia conosciuto su facebook, di come rompere le scatole a qualcuno per non annoiarsi, di come vestirsi o pettinarsi i capelli… Come può un ragazzino, che possiede un certa sensibilità, fare gruppo su questi temi? Non gli interessano, gli sembrano una perdita di tempo, preferisce stare a casa e leggere un romanzo, o stare da solo in pace davanti al computer o con le cuffie nelle orecchie per tappare tutto quello che gli arriva dall’esterno e che sente così lontano da sè. Ecco che quel comportamento strano che tu ritieni un isolamento in verità è l’unica via che ha trovato tuo figlio per stare meglio con se stesso. Sei sensibile, asociale e timido: quindi non sei “normale” come gli altri Ognuno, per vari motivi, nasce con un certo livello di sensibilità e l’ambiente esterno famigliare può: contribuire a risvegliare questo aspetto totalmente reprimerlo, come succede da modelli educativi “tradizionali” che prevedono subito toni duri e regole di ferro nei primi 7 anni, quelli della fase egocentrica, in cui i bambini, per loro natura, le regole proprio non le assimilano tramite le spiegazioni razionali (e questo non significa che bisogna essere troppo permissivi). condizionarlo involontariamente attraverso il nostro modo di fare, di comunicare, attraverso le nostre emozioni e le nostre credenze sulla vita. Il dramma: “mio figlio non socializza, è diverso!” Senza determinate conoscenze è ovvio che i genitori etichettino certi comportamenti dei loro figli come “diversi” dagli altri. Perché per cultura del passato siamo stati abituati a omologare i bambini e i ragazzi. Tutti devono essere uguali. E chi esce fuori dalle righe imposte dagli adulti non è normale. Ecco che decisioni e modi di fare “strambi” spesso vengono interpretati come un capriccio, un lotta di potere, o come un segnale di allarme. Il bambino o il ragazzo incomincia a sentirsi diverso, non accettato, rifiutato. Cresce con la convinzione di essere anormale, percepisce “cose” e sente di possedere “facoltà” che non può condividere con nessuno. E si isola ancora di più. Oppure, cerca in tutti i modi di adattarsi alla cultura, alle mode, ai gusti dei coetanei, finendo per perdere la propria identità e iniziando a manifestare un malessere profondo che può sfociare nella depressione, nel fare il bullo dal superego smisurato, in problemi con il cibo o nell’uso della droga o dell’alcool. Infatti a volte questi tumulti interiori sono tali da sfociare a volte in dipendenze e atti estremi come ultimi tentativi di essere notati e compresi: “fino ad oggi non mi hai capito, hai rifiutato chi sono e la mia natura: ora faccio cose che non puoi non notare” Come posso aiutare mio figlio? A te genitore, per comprendere tuo figlio, in questo caso è richiesta tanta comprensione ed empatia nei suoi confronti. L’unica cosa che puoi fare, ma veramente l’unica, e sostenerlo nei suoi desideri e impulsi emotivi. Non forzarlo a fare cose che non sente di fare. Se ti chiede a Natale un libro o un nuovo programma per il computer piuttosto che il piercing, il tatuaggio, il motorino, non ti preoccupare, sostienilo, assicuralo e aiutalo a essere se stesso, a seguire i suoi intenti. Ora ecco 3 punti che ti possono aiutare da subito: 🟠 evita di giudicarlo, di paragonarlo agli altri e di etichettarlo come anormale 🟠 Rifletti davvero se davvero hanno senso i tuoi timori su: “Mio figlio non socializza! Mio figlio è timido! Non vuole uscire con gli amici! 🟠 gioca al giorno del silenzio: smetti di chiedere “perché stai chiuso in camera?”, “perché non mi parli?”, “perché non hai mangiato?” e sorridigli, accoglilo, mettiti a disposizione per fare qualcosa di bello per lui (anche se a te non piace). Onoralo come se fosse la creatura più meravigliosa e perfetta del mondo, anche se fino a ieri avete urlato e vi siete sbattuti le porte in faccia 🟠 prova a fare un excursus degli anni precedenti e scrivi su un foglio che cosa può essere andato storto nella vostra comunicazione emotiva, prova a pensare se tuo figlio può avere oggi vuoti affettivi che dovevano essere riempiti in passato. Valuta se alcuni atteggiamenti tuoi o del tuo compagno/della tua compagna possono averlo influenzato (per esempio: tuo figlio risponde molto male e si isola ma in effetti è un atteggiamento molto simile a quello di suo padre quando rientra stanco dal lavoro o a quello di sua madre quando le cose non vanno come lei vorrebbe). Scrivi tutto. Il giorno seguente riprendi in mano questo foglio con l’elenco e rileggilo. Vedi a quali nuove riflessioni, sensazioni, soluzioni ti porta. E poi brucialo. Aiuta la fragola a maturare e non forzarla a produrre banane Perché forzarlo a fare cose diverse da quello che sente equivale a somministrare sostanze alla pianta di fragole per indurla a produrre banane. Impossibile. Danneggerai la natura stessa della pianta. Lui si sentirà rispettato e rispetterà te. In fondo che diritto hai di giudicare la sue scelte di studio, di come passare il tempo. Tu come ti sentiresti? Se lo rispetterai aiuterai la piantina di fragole a prepararsi e crescere sana e robusta. Un giorno vedrai le fragole: unendo i puntini del passato fino a quel momento, scoprirai che tutto ha avuto un senso. Per approfondire: scopri qui i 7 MODI per ottenere Rispetto e Fiducia da parte di tuo figlio.
Non è una colpa odiare la sorella: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle?
Ogni genitore vorrebbe che le gelosie e i litigi tra fratelli e/o sorelle non avvenissero mai! Siamo abituati per cultura, e lo vorremmo anche, che i nostri figli si amassero, che andassero d’accordo e giocassero insieme. E invece ci ritroviamo spesso con fratelli o sorelle che si picchiano, fratelli che si odiano, continui litigi e tirate di capelli tra sorelle, gelosia tra sorelle che non si sopportano e non giocano insieme, quando sono un po’ più grandi fratelli e sorelle che non si parlano e si ignorano… Di solito partiamo con questa tiritera: “mamma mia, non pensavo fosse così difficile avere due figli. Non ho tempo abbastanza per dedicarmi ad entrambi. Vorrei stare di più con loro, fare di più… Almeno che loro si facciano compagnia! O che almeno non mi facciamo impazzire quando arrivo a casa, con tutto quello che ho da fare” Cosa possiamo fare quindi se i nostri figli sono gelosi e non vanno d’accordo (e magari se le danno anche di santa ragione)? Vediamo insieme in questo articolo: Come affrontare e gestire la gelosia del primogenito? Come mai i fratelli e le sorelle arrivano a odiarsi? Quali sono le cause? Perché i fratelli litigano e sono gelosi uno dell’altro? Come comportarsi in pratica con i figli che litigano e che sono gelosi? Come prevenire l’aggressività fra fratelli Soluzione 1 per gelosia del primogenito: entriamo nella testa di tuo figlio… Ecco un altro modo di vedere, opposto a tutto ciò che abbiamo imparato o sentito dire… mettiamoci nei panni del primogenito! Questa è la cosa migliore che possiamo fare, immergerci nei naturali pensieri che frullano nella mente del nostro primo figlio o prima figlia. Lui o lei era nel suo mondo dorato, con una mamma e un papà, et voilà, arriva la sorellina (o fratellino). La cosa che principalmente pensa è: “evidentemente non sono bastato” “perché farne ancora una, se c’ero già io? Forse non vado abbastanza bene” I bambini vivono per essere amati da mamma e papà e per raggiungere questo loro obiettivo naturale, all’inizio, sarebbero disposti a fare di tutto pur di soddisfarli. Quindi nel primo figlio la prima cosa che scatta è: “io non sono bastato”, “se mamma ti coccola, sorride prima a te, ti prende sempre in braccio, allora vuol davvero dire che veramente tu hai più di me, tu vali più di me” E di conseguenza può arrivare a non accettare il fratellino o sorellina. Questo pensiero si accentua soprattutto se sono piccoli, nei primi 4-5 anni. L’altro pensiero che lo turba è il dover condividere mamma e papà: “perché mamma deve fare le coccole anche a te? Se per tutto questo tempo è stata MIA mamma e lui è stato MIO papà, perché ti devono prendere in braccio? Loro due sono miei, sono una mia proprietà!” Ed ecco che proprio non ce la fa, è un impulso irrefrenabile, un bisogno che non riesce a controllare: comincia a dar fastidio alla sorellina/al fratellino, non vuole che tocchi i suoi giochi, non lo vorrebbe in casa, lo picchia o comincia a essere geloso… Questo atteggiamento, che noi genitori non sopportiamo e non comprendiamo o definiamo “capricci”, in verità aiuta il primogenito a sfogare quello che sente dentro. Le parole non bastano, sono troppo piccoli per capirlo, non ce la fanno, e il disagio che provano è troppo forte. Servono i fatti! E ora vediamo anche come farlo in pratica. Soluzione 2 per gelosia fra fratelli e sorelle: non pretendere che i tuoi figli vadano per forza d’accordo Il primo modo più efficace per venire incontro ai sentimenti feriti dei nostri figli è quello di non pretendere che vadano per forza d’accordo. So che può sembrarti forte quello che scrivo, ma se non si parte da questo punto essenziale non possiamo passare al passo successivo, ovvero quello di lasciare che ciascuno dei nostri figli possa sentirsi figlio unico. Anche se noi diamo a entrambi o comunque a tutti i nostri figli in generale (se sono più di due) lo stesso amore, le stesse attenzioni, anche se abbiamo lo stesso riguardo, è possibile che loro non percepiscano la stessa cosa. E poi non saremmo forse del tutto sinceri se negassimo il fatto che magari uno dei nostri figli in particolare ci fa da specchio più dell’altro. Forse ha dei modi che, non sappiamo perché, ci irritano di più e quindi facciamo più fatica a gestirli e a tollerarli. Soluzione 3: risolvi i litigi con il tempo esclusivo per i figli Un suggerimento, in assoluto il più efficace, è riorganizzarsi per dedicare del tempo esclusivo e di qualità al primogenito da solo con te. Più si dedica tempo a questa coccola, più nostro figlio si rilassa, più torna a sentirsi amato (anche se tu ovviamente lo ami sempre e comunque). La sua esigenza è capire dall’atteggiamento di mamma e papà, e non dalle parole, che è amato come prima, più di prima e allo stesso identico modo. Non sarebbe sufficiente neanche rassicurarlo con “ma certo che ti voglio bene quanto a lei, anzi, anche sempre di più”, le parole non hanno l’effetto delle azioni. È necessario dimostrarlo con tue azioni concrete. Per esempio: Prendetelo con voi, o magari una volta da solo con mamma e una con papà, portatelo due ore a giocare insieme nel parco o a mangiare un gelato. Oppure papà prende la sorellina e mamma può stare a casa con lui tutto un pomeriggio o tutta una giornata a giocare, a stare insieme. Ecco che il tuo primogenito comincia a rilassarsi e fare il piano di attenzioni, a ricordare quel tempo dorato in cui c’era solo lui. Fa il pieno di attenzioni, di cure speciali di mamma o di papà, qualcosa solo per lui, proprio quello di cui ha sentito la mancanza. Più noi genitori capiamo l’importanza di rassicurare i bambini attraverso il tempo e le azioni, più loro hanno delle risorse interiori per tollerare la presenza della sorella e del fratello. Naturalmente questo non significa che i nostri figli debbano per forza rimanere figli unici e non significa neppure che alla nascita del fratellino o della sorellina le cose debbano per forza andare male e sia necessario correre ai ripari. 5 aspetti importanti da ricordare per prevenire gelosie e litigi fra fratelli Tutto questo significa soltanto che è importante: 1️⃣ sapere che il primogenito non lo fa apposta ad essere contrario all’arrivo del fratellino o della sorellina 2️⃣ imparare a comprendere il suo disagio e accoglierlo senza giudicarlo 3️⃣ comprendere che questa possibile reazione è del tutto naturale 4️⃣ sapere che con conferme concrete, passando ai fatti, potremo essere molto più rassicuranti di mille parole 5️⃣ ricordarci che le soluzioni più efficaci per prevenire gelosie, litigi e aggressività fra i figli sono il tempo di qualità, confermargli quanto amore e attenzioni abbiamo per loro prima che le chiedano, sapere che abbiamo le forze e le capacità per occuparci benissimo di entrambi senza che ne patiscano Sviste e “assurdità” che non fanno parte del mondo dei bambini e che peggiorano le liti e le gelosie Ci hanno abituati a vedere la fraternità in maniera distorta e questi che seguono ne sono degli esempi che non ti aiutano a gestire la situazione: 1️⃣ “Arriva il fratellino, finalmente non sarai più solo!” 2️⃣ Convincetelo dell’assoluto vantaggio che un fratellino può dargli, ha solo bisogno di tempo per adattarsi 3️⃣ Lasciate che il primogenito possa prendersi cura del secondo così che si instauri un buon rapporto 4️⃣ È nel litigio che nasce il confronto, litigando affermano la loro personalità e si preparano per le relazioni future e a instaurare relazioni positive 5️⃣ I bambini sono in grado di risolvere il conflitto da sé 6️⃣ Prendete le difese solo se avete assistito dall’inizio e sapete di chi è la responsabilità 7️⃣ “Io vado di là, voi parlatene e trovate una soluzione” 8️⃣ Se la competizione viene vissuta come confronto positivo, può rivelarsi costruttiva 9️⃣ Le liti tra fratelli disturbano tutta la famiglia e magari anche i vicini. Il vostro compito non deve essere quello di impedirgli di litigare, quanto quello di evitare che mettano a soqquadro la casa, oltre che evitare di farsi male. 🔟 Intervenite magari quando si saranno calmati Che cosa ci chiede invece il Libretto delle Istruzioni? Ci chiede innanzitutto di rispettare il suo bisogno di unicità e di comprendere il suo disagio profondo senza fermarci all’apparenza. Ecco un riepilogo di cosa possiamo fare, dunque, per metterci dalla sua parte ed essere efficaci nel nostro ruolo di genitori di più figli: Facciamo sentire ciascuno dei nostri figli come figlio unico: dedichiamo del tempo esclusivo per entrambi sia con mamma che con papà. In questo modo potranno fare il pieno di attenzioni di cui hanno bisogno soprattutto nei primi anni. In caso di liti, consoliamo gli afflitti ma dedichiamo la nostra immediata attenzione a chi il conflitto lo ha innescato, perché è lui che in verità si è sentito ferito. Se così non fosse stato, non avrebbe dovuto scaricare la sua frustrazione generando la litigata. PEr i dettagli leggi qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Osserviamoci e facciamo di tutto per essere neutrali nei loro confronti. Evitiamo i paragoni. Evitiamo di pretendere che seguano l’uno le orme dell’altro o che abbiano gli stessi interessi. Riferiamoci a loro chiamandoli con il proprio nome anziché “bambini fate questo”, “bimbi si esce”, ecc. Vuoi scoprire passo passo nella pratica cosa fare per risolvere i litigi e gelosie fra fratelli o sorelle? Leggi la guida completa qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli
Ritorno a scuola: 4 step per evitare ansia, tristezza e nervosismo
Se hai dubbi su come organizzare il rientro a scuola devi sapere che ci sono diverse soluzioni per aiutare tuo figlio a superare il “trauma” del ritorno sui banchi. Vediamo come prepararsi per il rientro a scuola evitando ansia e tristezza, come si fa a riprendere il ritmo, come possiamo gestire al meglio i compiti, come affrontare le settimane prima e i primi giorni dopo l’inizio della scuola. Figli con l’ansia da ritorno a scuola? Iniziamo con il primo passo: 1. Accogli come si sentono per evitare nervosismo e tristezza Spesso, arrivati alla fine delle vacanze, a una settimana dall’inizio del nuovo anno scolastico e dal rientro a scuola tendiamo a preparare i nostri figli con frasi minacciose come: Guarda che la prossima settimana si ricomincia! Guarda che non potrai più dormire fino a tardi! Possiamo invece fare l’opposto e dedicarci ad accogliere, la loro eventuale frustrazione. Ad esempio possiamo avvicinarci al loro sentire e dire: Guarda, lo so che non ne hai affatto voglia, lo capisco. È tutta l’estate che c’è un bel tempo andiamo in piscina e ti puoi svegliare più tardi. Non hai voglia di ricominciare. Quando ci mettiamo nei loro panni si sentono ascoltati e di conseguenza sarà più facile che ci esprimano come si sentono. In questo modo saranno meno nervosi, tristi e sarà più facile per te comprendere come aiutarli in questo passaggio dall’estate al rientro a scuola. Più la loro frustrazione viene fuori, e meno la dovranno accumulare nelle prime settimane per poi sfogarla, ad esempio, quando è ora di iniziare a fare i compiti o svegliarsi al mattino. I figli più si sentono compresi e più riescono a tirar fuori le energie e la loro forza e capacità di adattamento, per sostenere ritmi che magari non sono così vicini alla loro natura o non sono meravigliosi come quelli delle vacanze. Evita un inizio brusco: usa lo “svezzamento” per rientrare a scuola gradualmente Alla ripresa, ricominciare bruscamente sicuramente non è ideale. Possiamo infatti adottare una sorta di svezzamento, esattamente come facciamo con il cibo quando sono piccoli. Quindi cosa possiamo fare nel pratico per rendere meno brusco il ritorno a scuola dopo le vacanze? 2. Non alterare troppo i ritmi durante le vacanze Possiamo evitare, durante il periodo estivo, di alterare troppo i ritmi. Ad esempio, se la sveglia la mattina in genere è intorno alle 6:00-7:00, magari durante l’estate li sveglieremo alle 8:00-8:30 evitando se possibile che dormano fino a mezzogiorno. Diventerà infatti davvero difficile, dopo un’estate piena di sregolatezza, ritornare poi a settembre a dover seguire di nuovo tutte le regole che diventeranno troppo pesanti con l’inizio della scuola. Quindi il consiglio è di cercare di creare un ritmo e buone abitudini: la sveglia non troppo tardi, una programmazione dei compiti o del ripasso (a seconda dell’età), continuare a collaborare in casa se durante l’anno era già un’abitudine, ecc. 3. Mantieni le abitudini delle vacanze nelle prime settimane Allo stesso modo, quando si riprende la scuola, possiamo cercare di mantenere nelle prime settimane delle abitudini tipiche delle vacanze. Ad esempio possiamo andare ancora ogni tanto in piscina o ripetere dei giochi che facevamo con gli amici in cortile quando non c’erano compiti da svolgere. Cose di questo tipo aiutano il bambino ad affrontare questo passaggio in maniera più armonica e meno pesante. 4. Come organizzare i compiti estivi Spesso possono esserci molti compiti e anche per i genitori l’idea di tornare a scuola e a fare i compiti con i propri figli può essere pesante da affrontare. Può essere il periodo delle vacanze un’occasione perché i figli trovino il piacere e la voglia di fare le cose da soli, in autonomia? Vediamo cosa si può fare in base all’età. 👉 Scuola elementare Quando i bambini sono molto piccoli, quindi dai primi anni delle scuole elementari e perché no, anche fino alla fine dei 5 anni di scuola elementare, è ancora difficile per loro essere autonomi completamente. Quindi, paradossalmente, più hanno il supporto e la supervisione di un adulto, più diventeranno autonomi, durante il periodo delle medie o delle scuole superiori. 👉 Da fine scuola elementare/Dalle scuole medie Invece, se siamo verso la fine del ciclo delle elementari o già nelle scuole medie, il periodo dell’estate può diventare un’occasione per lavorare sull’autonomia. Questo grazie al fatto che ci saranno ritmi un pochino più rilassati e non pressanti come durante l’anno scolastico, senza l’ansia del compito in classe o dell’interrogazione. Ovviamente utilizzando anche dei metodi che siano simpatici, divertenti, creativi, si può utilizzare questo periodo sia per fare i compiti che per eventualmente recuperare alcune lacune dell’anno scolastico precedente. I compiti in aiuto alla disciplina Anche il momento dei compiti può essere d’aiuto per ritrovare autonomia e disciplina. Anche se i bambini hanno voglia di essere collaborativi e hanno voglia di imparare spesso la disciplina e la voglia vengono meno quando la modalità in cui compiti vengono strutturati è un po’ lontana dal modo di apprendere del bambino. Spesso i compiti che vengono assegnati ai bambini sono quasi più adatti ad un adulto che è abituato a ripetere in maniera piuttosto monotona lezioni o operazioni. I bambini invece imparerebbero e farebbero i compiti molto più volentieri se questi esercizi fossero fatti in maniera un pochino più interattiva. Per esempio, per quanto riguarda le operazioni e i problemi di matematica, per i bambini è più facile se vengono abbinati ad una situazione concreta, come quella del mercato, del supermercato o del negozio. La lezione di storia o di geografia per i bambini è molto più facile da imparare se viene raccontata loro come una storia che non invece dicendo: “Leggi queste cinque pagine finché non le impari a memoria. Poi ripetimele e vediamo se hai imparato”. Questo per i bambini è molto noioso e allora ecco che diventa importante per esempio approfittare proprio del periodo estivo per aiutare i bambini con questa modalità. E questo aiuta anche molto la loro disciplina e la loro autonomia. Ricomincia anche lo sport: può essere utile per ritrovare la disciplina? Lo sport non dovrebbe essere eccessivo, perché spesso oggi i bambini e ragazzi sono sovraccarichi anche di molte attività. Ma se lo sport scelto è uno sport che appassiona tuo figlio, è fondamentale e aiuta tantissimo: – Sia perché gli permette di esprimersi con il corpo, di muoversi: i bambini hanno tanto bisogno di questo tipo di espressione che spesso la scuola, per vari motivi, non consente. – Sia perché è un ottimo strumento per divertirsi, svagarsi se è una sua passione. La base fondamentale per affrontare l’ansia e lo stress da ritorno a scuola (e che fa tutta la differenza per tuo figlio) Anche i bambini e i ragazzi, come gli adulti, possono ritrovarsi in una condizione di stress mentale che magari in qualche modo condividono con i loro genitori. Cercare allora di mantenere in estate una routine non troppo alterata crea una sorta di continuità. In questo modo il riadattamento alla routine scolastica diventa più facile. Ecco perché dobbiamo poi ricordarci sempre di accoglierli. Non giudichiamoli ed evitiamo di iniziare dicendo frasi come: Ma dai, vedrai che ti piace! Ma guarda che ritrovi tuoi amici… Come ti ho suggerito all’inizio dell’articolo la base fondamentale è sempre l’accoglienza e la comprensione. Se tuo figlio ti dice: Non ho voglia, ho paura di nuovo di dover sostenere le tensioni dei compiti in classe. Ho paura dei troppi compiti…. Lascialo parlare senza giudicarlo ed evita il più possibile di farlo sentire inadeguato o sbagliato. Infatti più tuo figlio si sentirà capito e più sarà sereno e tranquillo nell’esprimere cosa sente. Perché insisto sull’accoglienza? Perché se riesci ad aver cura di questo passaggio tuo figlio sarà più sereno e mettere in pratica tutti gli altri suggerimenti di questo articolo quando sarà ora di rientrare a scuola sarà molto più facile :- ) Naturalmente ci tengo a sottolinearti che se mantenere sane abitudini anche in estate aiuta, ricordiamoci anche sempre che l’estate è anche un momento d’oro per riprendere in mano la nostra vita, ritmi più sani, rallentare, godere delle cose semplici e fare tutte quelle cose che non riusciamo a fare durante l’anno ma che sono a volte più utili e sane di quello che ci aspetta nell’anno “canonico” Puoi ascoltare proprio su quest’ultimo argomento la puntata del podcast: Vacanze: come possiamo far tesoro del tempo con i nostri figli? Se vuoi approfondire il tema dell’inserimento a scuola, puoi anche leggere questi articoli: Come gestire l’Inserimento alla Scuola Primaria Voglio la Mamma! Perché l’inserimento al Nido e alla Scuola dell’infanzia è difficile?