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Cosa puoi fare se tuo figlio vuole stare tutto il giorno attaccato a Tv e videogiochi?
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NON TI ASCOLTA, FA I "CAPRICCI", TI SFIDA O RI SIBELLA?
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Aiuto: sono alle prese con i capricci del mio bambino di 2 anni ed è ingestibile. Aiutami a risolvere i capricci di mio figlio di 3 anni! Ha solo 18 mesi e fa già troppi “capricci”! Non so più cosa fare! Cosa faccio quando i miei bambini sono capricciosi e disubbidienti?” Quando si tratta di “capricci” dei bambini a 1 anno o a 3 anni la richiesta delle mamme è sempre la stessa: “aiutami a gestire e calmare i “capricci” di mio figlio, subito!” Ecco perché ora voglio indicarti 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di comportamento etichettato come “capriccio”. Scopriamole insieme. Indicazione N°1 per calmare i “capricci” dei bambini: il nodo emotivo Non ha importanza se oggi tuo figlio fa i capricci a 18 mesi, 1 anno, 3 anni o 4 anni. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età non sono degli strumenti diabolici che si inventa per farti perdere tempo all’ultimo minuto o per farti andare su tutte le furie. Se davvero vuoi spegnere il fuoco dei comportamenti etichettati come “capricci” ci sono alcune cose che è importante sapere: la prima è che non sono un fuoco che va spento. Lo so che questo aspetto è davvero assurdo la prima volta che lo leggi. Eppure è davvero importante sapere che tuo figlio quando piange, quando ti implora, quando urla, quando fa quella cosa che definiamo come “lagna” ha un “problema” emotivo, che per lui è serio davvero. In verità quando un bambino fa “i capricci” li fa perché ha una difficoltà ma non sa come dirtelo, non nel senso che vuole mentirti o nascondertelo, nel senso che al momento non ha altri strumenti per dirtelo diversamente o per aiutarsi da solo. Quanto attirano la tua attenzione con il “capriccio” ricordati che hanno sempre un motivo vero da risolvere. Poi la manifestazione cambia in base all’età, per esempio i “capricci” dei bambini a 2 anni magari si manifesteranno con pianto e urla, i “capricci” dei bambini a 6 anni saranno accompagnati anche da rifiuto delle regole, episodi di nervosismo o brutte parole. Ecco ora vediamo con una nuova lente, a cui non avresti mai pensato, ma che hai bisogno di considerare da subito: tornare a considerare la dignità di tuo figlio. La dignità dei bambini Tuo figlio quando ti segnala un problema, ha una sua dignità. Significa che non ha bisogno di essere maltrattato, sgridato o preso a sberle soltanto perché ci dà fastidio e non sappiamo come gestire la situazione. Lui ti sta comunicando una difficoltà, quindi come genitore o insegnante, hai il dovere assoluto di andare lì vicino, guardarlo negli occhi e trasformarti nel suo Aiutante Magico. Sei lì per aiutarlo, lui ha bisogno di te, ha bisogno della tua calma; vai in soccorso, aiutalo, per esempio dicendo: 👉 “Qual è il problema? Mannaggia, ma quanto è difficile questa cosa per te?” 👉 “Questa mattina la maglia gialla proprio non ti piace… mi sa che è più sonno e voglia di coccole… mi spiace che sei così triste stamattina… Oppure sai benissimo che questi sono momenti in cui sta vuotando in sacco. Magari tuo figlio è “pieno” di qualcosa che è successo il giorno prima o due giorni prima. Ha accumulato tensione, rabbia o tristezza che pian piano hanno creato una pentola a pressione. Proprio come succede a noi adulti. Molto spesso i bambini fanno questi “capricci” perché vogliono attirare la nostra attenzione Sono stanchi, nervosi, non si sentono capiti e l’aiuto giusto che si aspettano è: 👉 “Cavoli! mamma ieri non è stata con te tutto il giorno e stamattina ti ha pure messo fretta per arrivare in orario. Dobbiamo arrivare in orario, è vero, però amore capisco che per te è così difficile, dobbiamo stare un po’ insieme. Vieni che ti abbraccio, vieni che ti do un bacio.” Se inizi a ragionare che essere genitore vuol dire anche diventare il suo Aiutante Magico, quindi davvero metterti a sua disposizione senza paura che non impari le regole e che non diventi un bambino educato, allora sei a buon punto e tutto diventa più semplice. I bambini nascono già positivi e pieni di fantastici ingredienti, solo con il tuo atteggiamento da imitare e la tua giusta disponibilità d’animo, possono crescere sereni e sviluppare tutto il bello di cui sono già ricchi. SII IL SUO AIUTANTE MAGICO: Impara a restituirgli la dignità che merita quando ti segnala una difficoltà attraverso il capriccio, perché non ha un’altra modalità di farlo. Vai e aiutalo, vai alla motivazione e accoglilo, sempre. E poi trova le soluzioni pratiche. Indicazione N° 2: la motivazione valida per gestire i “capricci” dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni I bambini di oggi hanno una sensibilità particolare e non si adattano e sottomettono facilmente. Fino all’ultimo continuano a comunicarti con il comportamento che noi etichettiamo come “capriccioso” o disubbidiente il problema o la difficoltà che sentono e che provano. Cercano di fartelo capire attraverso il “capriccio”, la lagna, la ribellione e l’opposizione. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età, 2 anni o a 4 anni non sono mai capricci incomprensibili, infatti… non esistono! Noi genitori abbiamo bisogno di uscire dal “file mentale automatico” che il “capriccio” sia un capriccio, cioè quella cosa che non ha senso fare, che ci fa infuriare e uscire di testa, per esempio: “Ma perché sono le 8 meno 10, alle 8 chiudono il cancello di scuola e tu sei qua e non ti vuoi mettere le scarpe? Mi stai facendo le storie per una maglietta gialla, perché vuoi proprio quella verde? Che senso ha? Lo fai apposta! Sei testardo!” La verità è che non è un “capriccio”! I bambini che abbiano 18 mesi o 3 anni infatti non possono dirti: “mamma guarda sono stato male per questa cosa, sono triste perché ho perso il mio gioco preferito” “non mi dedichi abbastanza tempo” “sono arrabbiato con te perché mi hai messo in punizione” “non hai capito quello che io volevo fare” “mi arrabbio perché tu e papà litigate” “sono triste perché ti sento triste e nervosa…” Facciamo fatica noi adulti a riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, figuriamoci un bambino di 4 anni! Pur di catturare la tua attenzione, usano il canale che più ti fa soffermare su di loro e, sperano, anche sul loro problema. Allora, prima di tutto non arrabbiarti e mettiti nei suoi panni. Guardalo negli occhi, fermati, sdrammatizza: 👉 “Davvero queste scarpe no? Mannaggia, ci saranno dei topini dentro? Fammi un po’ vedere… o vuoi che oggi facciamo cambio: io mi metto le tue e tu ti metti le mie?!” Quello che il genitore può fare per uscire dall’impasse è sempre cercare la vera motivazione Tuo figlio utilizza spesso come scusa la scarpa, la maglietta, la verdura che non vuole mangiare, la frutta che non gli piace, ma in verità le motivazioni che fanno scatenare il putiferio sono quasi sempre più profonde. Il primo modo per risolvere i “capricci” dei bambini è giocare d’anticipo. Non tanto nel momento di fuoco, che è solo un segnale, è solo la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma andando a monte e cercando di capire: 1️⃣ come nella giornata, nella settimana, puoi dargli più tempo di qualità 2️⃣ se ci sono situazioni in cui puoi giocare di anticipo e puoi evitare di sgridarlo e punirlo 3️⃣ come puoi essere più calma o migliorare il clima familiare. Se come genitore riesci a fare questo passaggio, a modificare la tua routine frenetica per trovare del tempo speciale per lui, più tuo figlio si rilassa e inizia a viverti come l’AIUTANTE MAGICO emeglio è. Al posto di percepirti come una persona da cui nascondersi o pensare: 👉 “Devo dire una bugia alla mamma, perché quella cosa non la posso fare” oppure 👉 “Mamma sta arrivando, devo iniziare ad avere paura” potrà invece sapere che mamma e papà sono lì solo per lui, per sostenerlo e aiutarlo. Indicazione N° 3 per comprendere i “capricci” dei bambini: le regole C’è un aspetto che nella relazione genitore e figli fa scattare lotte, incomprensioni, urla e… “capricci”. Spesso ci porta a considerare i bambini come maleducati e disobbedienti! Si tratta del momento in cui vogliamo dare delle regole, trasmettere delle sane abitudini… che puntualmente i figli non ascoltano! Il problema da dove arriva? Noi siamo convinti che i bambini possano imparare una regola a forza di sentirsela ripetere. Quante volte diciamo “gliel’ho detto un milione di volte, eppure niente!”. La verità è che loro imparano osservando, imitando le abitudini da noi genitori o comunque dai loro adulti di riferimento Questa verità a volte ci fa paura. Ci rende responsabili dell’esempio che diamo, di come ci comportiamo nella nostra vita anche quando siamo senza i bambini. Ma allo stesso tempo è una grandissima fortuna! Perché se tu sei sereno del tuo modo di comportarti e costruisci una buona relazione con lui, il gioco è fatto. Non esiste un bambino al mondo che non guardi con occhi sognanti mamma e papà, che non li ami, che non li adori e dica: “mamma, voglio farlo anch’io”, “papà, voglio venire anche io con te. Voglio provare a guidare anche io la macchina, voglio anch’io svitare il tubo del lavandino”… Quindi una valida soluzione per prevenire i “capricci” e i litigi è comprendere come insegnare le regole a tuo figlio nella calma ed evitando di ripetere le stesse cose 120 volte. Tu resterai più calma e non perderai la pazienza e tuo figlio si fiderà di più di te perché si sentirà capito e ascoltato. Di conseguenza gli episodi in cui tu non lo capisci e lui si arrabbia con te saranno sempre meno frequenti. E con l’esperienza scoprirai che si tratti di “capricci” del tuo bambino a 18 mesi o capricci a 2 anni o a 3 anni scoprirai che la chiave è sempre considerare la sua vera motivazione. Mi auguro che queste 3 indicazioni ti siano di aiuto per comprendere sempre meglio il Libretto delle Istruzioni di tuo figlio.
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Non sono enormi, difficili o stratosferiche le cose che possono fare la differenza nella relazione con i nostri figli. La differenza la fanno alcune piccole cose che tutti possiamo fare. In questo video ti spiego come alleggerire “lo zaino” pesante che ci teniamo sulle spalle, colmo di tutto ciò che non serve, e come invece arricchire il cesto che teniamo davanti, tra le braccia, con ciò che ci è più utile per migliorare e rafforzare il rapporto con i figli. Ti sarà utile per tutte le volte in cui pensi di te stessa: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”
Il co-sleeping (dormire vicino ai genitori) e il bed-sharing (dormire nel lettone) sono argomenti controversi che fanno schierare spesso i genitori in 3 fazioni ben distinte: 1° schieramento: mio figlio dorme nel lettone… I genitori, in particolare le mamme, che non rinuncerebbero mai per nessun motivo alle coccole e al contatto diretto con i figli la notte nel lettone (in questo caso si parla di bed-sharing). Ecco l’esperienza delle mamme a proposito: “Io adoro dormire con i miei figli. Li respiro, li bacio e li abbraccio anche durante la notte. Sono certa, arriverà il momento in cui loro stessi, sentiranno l’esigenza di avere una loro intimità e da soli, andranno nella loro stanza. Non riesco proprio a pensare di farli dormire da soli” “Ho messo mia figlia di 4 anni da due sere nella sua cameretta da sola. Ha sempre dormito con me, prima nel lettone, fin dal giorno della sua nascita, poi nella stessa stanza in due letti separati. Pensavo facesse fatica ad accettare il cambiamento invece è andato tutto a meraviglia!” “Il nostro dorme in mezzo a noi e quando sarà pronto andrà… Ma i suoi abbracci e voglia di coccole ci mancheranno” 2° schieramento: mio figlio dorme vicino a me… Le mamme che scelgono il co-sleeping, quindi far dormire i figli nella loro stanza e in prossimità dei genitori con la culla attaccata al lettone o altre soluzioni simili. Ecco l’esperienza di un’altra mamma: “Abbiamo affiancato il lettino al letto togliendo la sponda e così abbiamo dormito tutti quanti. Poi verso i 5 anni un bel letto ad una piazza e mezzo in camera sua così c’è spazio per leggere insieme la sera o appisolarsi“ 3° schieramento: mio figlio deve abituarsi a dormire da solo nella sua stanza… I genitori che invece sostengono che i figli debbano dormire da subito da soli nella loro stanza. Sono assolutamente contrari al bed-sharing, quindi far dormire nel lettone i figli non solo nei primi mesi ma in generale a qualsiasi età, sono contrari anche al co-sleeping, cioè far dormire i figli vicino a loro, e contrari anche a farli dormire nella stessa stanza da letto (room-sharing). In questo caso le motivazioni sono varie, dal rischio di SIDS ai sostenitori del fatto che l’intimità di mamma e papà sarebbe compromessa dalla presenza dei figli nella stessa stanza, dalla scomodità di dormire insieme nel lettone alla paura che i figli prendano il “vizio” e non lascino la stanza dei genitori fino al… 25° anno 😊 E in tutte le sfumature intermedie degli schieramenti non dimentichiamo: gli antropologi che osservando diverse popolazioni nel mondo hanno scoperto che i bambini dormono da soli nella loro stanza solo in… occidente! (e già questa informazione dovrebbe farti riflettere) E i convinti sostenitori di metodi assurdi (che non considerano i sentimenti dei bambini) che prevedono non solo di far dormire i bambini da soli fin da neonati, ma addirittura che bisogna ignorare i loro pianti perché si devono abituare… Quindi dove bisogna far dormire i figli? È meglio il co-sleeping, il bed-sharing o ci sono altre soluzioni? NOTA: Prima di andare avanti ti segnalo che se sei già convinta/o che bisogna far dormire da soli i figli e che tutto il resto sono solo stupidaggini, puoi fermarti e passare a un altro articolo. Se invece vuoi saperne di più, ti suggerisco di aprire la mente ed evitare di chiuderti in pregiudizi e condizionamenti del passato. Anche se ti sembrerà strano il voler dormire vicino ai genitori per un bambino è sia istintivo che normale. Siamo noi che a causa di false credenze culturali siamo sommersi da mille dubbi e domande. Ecco cosa tratteremo in questo articolo: Perché i bambini vogliono dormire nel lettone con mamma e papà o vicino a loro? Cosa faccio se non voglio far dormire con me mio figlio nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? Come insegnare a dormire nel proprio letto? Quando passare dal lettone al lettino? Esiste un’età precisa? Esiste un modo per disabituare il bambino a dormire nel lettone? Perché i bambini a 5 anni, 6 anni, 7 anni o anche quando sono più grandi non vogliono andare a dormire da soli in cameretta? Dormire nel lettone o vicino a mamma e papà: partiamo da principio (e tuo figlio potrebbe aver ragione!) Per quanto ci crediamo evoluti e per quanto lo siamo, per certe cose rimaniamo pur sempre dei mammiferi e quindi sensibili al nostro istinto e alle leggi ancestrali che governano il nostro comportamento: se distrattamente ci scottiamo, allontaniamo d’istinto la mano, il giorno ci inquieta meno della notte, spesso ragioniamo “a pelle”, se qualcuno ci fa “buuu!!” di soprassalto noi ci spaventiamo. Allo stesso modo, caso mai si presentasse nella nostra casetta un predatore un poco affamato, se siamo anche solo un grado sotto di lui nella catena alimentare e siamo dei cuccioli, preferiamo che a dormire con noi ci sia sempre qualcuno. Anche le mamme di alcune popolazioni a cui è stato fatto osservare che in Occidente, nel grande territorio della “razza umana evoluta”, i bambini hanno una loro cameretta, diversa da quella di mamma e papà, e lì devono dormire (o almeno ci si sforza per farlo), hanno risposto: “Certo, che bella idea, ma almeno c’è qualche adulto che dorme con loro?”. Anche per la maggior parte delle mamme occidentali (statisticamente tutte quelle con cui mi sono confrontata) vale lo stesso. Pur seguendo il metodo del “dai un’occhiata e fuggi”, ingranando o scalando i secondi come fai con il cambio delle marce in auto quando vai a fare la spesa. Pur attratte forse dall’ingannevole semplicità con cui viene presentata questa opzione. Nonostante siano più facilmente prede dopo notti passate insonni, dopo “inspiegabili” risvegli e interminabili filippiche dai più anziani del branco sul fatto che prima o poi si devono abituare a dormire da soli, nonostante ciò, qualcosa le turba. Il mal di pancia è rimasto, anzi, generalmente aumentato e aggravato da un profondo senso di colpa e da un disagio lacerante nel vedere il proprio cucciolo solo, in preda ad un dolore profondo. La voglia di prenderlo in braccio è grande, sentendo questo impulso come il più naturale e il più efficace in quel momento. Oppure siamo stanche e stravolte, non abbiamo nessuna voglia di tenerlo con noi, siamo persino arrabbiate, eppure… eppure se diamo retta a questa reazione (e anche al nostro sano bisogno di riposare)… è come se una parte di noi si sentisse in colpa, in errore per aver pensato di lasciarlo di là e di vederlo così solo o in preda al pianto. E sì, perché da che mondo è mondo un bambino accolto, protetto e rassicurato, si calma senza perdere fiducia nell’adulto, rafforzando indirettamente la sua autostima e il suo coraggio. Se lasciato da solo a gestire le sue paure ancestrali, non avendo ancora sviluppato le capacità autonome per farlo (e non sono capacità che si “imparano” o si “insegnano”, bensì sono capacità innate che si sviluppano nel giusto tempo, proprio come il germoglio non esiste prima del seme o il frutto prima del fiore) il bambino teme per la sua sopravvivenza. Manifesta questo timore e vive un profondo disagio fatto di fragilità e paura che lo rende e lo renderà insicuro, oltre che poco fiducioso in mamma e papà che non sanno rispondere in modo efficace e naturale ad un suo bisogno innato. Quindi, facendo un baffo al detto, meglio in compagnia che da soli, soprattutto se si tratta di sonno notturno e di bambini. Ecco spiegato perché i bambini vogliono dormire nel lettone. Il co-sleeping o il bed-sharing non sono una moda o un’invenzione: è un bisogno emotivo di tuo figlio. E se mio figlio poi vuole dormire nel lettone o nella mia stanza per sempre? E se il co-sleeping va avanti fino a 18 anni? Quando saranno più grandi, di sicuro non dormiranno più nel vostro lettone o nella vostra stanza. Siamo una delle poche società al mondo che ha questa fissazione di far dormire i bambini da soli da subito, perché si devono abituare a dormire da soli. Non esiste in altre parti del mondo. Forse solo in una società come la nostra, dove abbiamo case tanto grandi e abbiamo tante stanze, pensiamo che sia educativo che i bambini dormano da soli. In verità non è tanto un fattore di educazione. Tendenzialmente i bambini, se finché sono piccoli hanno la possibilità di dormire con degli adulti e di sentirsi rassicurati nel passaggio notturno, diventano molto più sicuri nella loro crescita. Alla fine abbiamo questo retaggio: potrebbe arrivare il lupo, potrebbe arrivare un pericolo, l’addormentamento potrebbe essere un pericolo, perché di fatto si spegne tutto, si spegne anche la coscienza. Quindi noi non sappiamo cosa c’è dall’altra parte, abbiamo bisogno di rassicurazione, è normale avere bisogno della vicinanza di un genitore. Poi a 6 anni, 7 anni, magari anche 4 anni potrebbero già iniziare ad andare a dormire nella loro cameretta, ancor di più se c’è un fratello o una sorella che a volte rende la cosa più semplice… Perché i bambini che sono già grandicelli vogliono dormire vicino a mamma e papà? I 4 possibili motivi 1. Non ha dormito abbastanza con te Potrebbe essere perché da piccoli il co-sleeping è stato breve o non hanno dormito abbastanza con noi. Rimane una sorta di paura che fanno fatica a superare quindi, anche se hanno 7 anni, 8 o 9 anni hanno bisogno di recuperare quella fase. Se noi li “assecondiamo”, attivando una specie di regressione, facendo poi man mano una sorta di svezzamento, loro recuperano questo bisogno e riescono a dormire da soli più facilmente. 2. Paure e tensioni Un altro motivo potrebbe essere una sorta di stress, preoccupazioni, ansie, paure che magari accumulano durante il giorno. In questo caso la notte non riescono a rilassarsi per poter dormire serenamente. Dunque si svegliano di frequente con una sensazione di preoccupazione o di paura e vengono da noi o vogliono comunque il nostro contatto. 3. Gelosia in corso Altre volte lo fanno se magari hanno dei fratellini più piccoli che per qualche motivo anche loro vanno nel lettone da mamma e papà. Oppure i fratellini non vanno da mamma e papà però vince una sorta di gelosia nel grande: “Anche io voglio essere piccolo come mia sorella e mio fratello. Anche io voglio essere preso in braccio, coccolato come fai con lei o con lui di giorno. Prende ancora la tetta e io no… allora almeno di notte, quando lui sta dormendo beato, io mi infilo nel lettone. Voglio stare lì come un bimbo piccolo con te”. 4. Vuole il co-sleeping o il bed-sharing per stare con te! Altre volte i bambini vogliono dormire nel lettone perché di giorno non hanno la sensazione che trascorriamo abbastanza tempo di qualità insieme. Succede che proprio di sera, quando è ora di andare a dormire, si attivano. Sì, proprio in quel momento quando vi siete già messi il pigiama, quando i piatti sono tutti in lavastoviglie, quando i denti sono già lavati, quando tutte le luci sono già abbassate, voi siete pronte per la storia e loro invece: “giochiamo? No, io voglio montare la casa, voglio costruire… Mamma tira fuori i pennarelli, tira fuori i pennelli, facciamo questo, facciamo quest’altro” Finalmente vedono che c’è uno spazio vuoto nella vostra giornata, sentono che tutto sta rallentando e quindi danno spazio al “voglio stare con te! Stai con me, giochiamo, facciamo qualcosa insieme”. Se questa qualità di giorno a volte non c’è, cercano di recuperare la vicinanza con noi di sera e anche di notte nel lettone, hanno bisogno della nostra presenza e se non basta, si attivano quando trovano uno spazio di disponibilità che a loro pare adatto. Agendo nel tempo sulla motivazione, e facendo una sorta di “svezzamento”, magari accettando che per ora venga a fare capolino nel vostro lettore e rimanga lì per finire la notte con voi, poi pian piano, risolvendo la causa, lo porterete a dormire sempre più a lungo nel suo letto. E se non voglio farlo dormire con me nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? In questo caso la soluzione è il co-sleeping, quindi puoi attaccare la culla o il lettino al vostro lettone e sarai comunque vicina a tuo figlio. Negli anni ho visto un po’ di tutto come soluzione creativa per praticare il co-sleeping: per esempio stanze da letto un po’ piccole dove il lettone viene disposto in diagonale per far spazio al lettino del figlio, lettoni circondati da 3 lettini dei figli, uno vicino alla mamma, uno ai piedi del letto e uno vicino a papà, 2 letti matrimoniali uniti insieme, poi c’è la soluzione del futon circondato da cuscini, ecc… E quando succede il contrario e tuo figlio ti vuole nel suo letto? A volte capita che un bambino dorma nella sua cameretta, ma insieme alla mamma e non voglia dormire da solo, come si può fare? In verità se per esempio da 4 anni tuo figlio dorme nella sua cameretta, ma ci dorme con te, per lui quella è sia la cameretta di mamma che la sua… Come tutti i bambini piccoli fatica a dormire da solo, ma questo come abbiamo visto è fisiologico. In questo caso l’aiutante magico ribalterebbe la situazione completamente. Anche con papà dormiamo tutti nella camera familiare, la camera matrimoniale. Mamma e papà dormono nel lettone, con il bambino a fianco magari in un lettino attaccato. Poi, a mano a mano che passano le settimane, sempre più distante, sempre più distante, finché poi potrà dormire da solo nella sua camera (sempre considerando eventuali motivazioni sottostanti che gli impediscono di dormire da solo, oltre all’abitudine che si è creata, e agendo su quelle). Ecco un’altra sfumatura relativa al perché i bambini non dormono nella loro cameretta da soli ma vogliono noi lì con loro: a volte è solo questione di come li abbiamo abituati fin dall’inizio. Come ho descritto sopra capita a volte, o sovente, che il bambino richieda così tanto le nostre attenzioni notturne, perché di giorno ha la sensazione di ricevere poche attenzioni da parte nostra. Magari siamo sfuggenti, siamo di corsa, siamo nervosi, siamo stanchi quindi lui pensa: “Mamma, almeno la notte stai vicino a me. Voglio sentire la tua presenza, da solo non ci voglio stare”. Altri motivi che spingono i bambini a preferire il lettone Se sei preoccupata perché tuo figlio ti chiede di dormire nel lettone e non vuole dormire assolutamente da solo nel suo lettino dobbiamo ricordarci sempre che i bambini hanno un’età anagrafica e un’età “affettiva”. Ed è l’età affettiva quella che conta, soprattutto quando si tratta di co-sleeping e di dormire nel letto con i genitori. Se tuo figlio per esempio, pur avendo 4 anni o 6 anni, non è ancora “maturato” abbastanza e dall’atteggiamento e dai bisogni ci dimostra che è affettivamente più piccolino, più lo assecondiamo, più a monte lo aiutiamo a riempire eventuali vuoti o mancanze del passato e più facilmente supererà questa fase. 1° soluzione: se a 5 anni non vuole dormire nel suo lettino… La soluzione è: continua a farlo dormire nel lettone o vicino a te con un lettino attaccato al tuo letto nel frattempo valuta la motivazione di fondo e agisci su quella non avere fretta e riduci le aspettative mostrati serena e sicura della scelta che stai facendo dopo aver agito per sciogliere l’eventuale motivazione, ricordati di attivare tu per prima un po’ alla volta questo “svezzamento” che lo porterà poi a dormire in camera sua a tempo debito nel frattempo fai in modo che la sua cameretta non sia un ambiente freddo e sconosciuto: andate a giocarci insieme, metti lì tutte le sue cose, frequentatela spesso di giorno e di sera, ecc. Non aspettare nemmeno che lui chieda. Dai per scontato che il tuo è il letto dove tuo figlio va a dormire quando è ora della nanna. (aspetta ad allarmarti… continua a leggere perché un senso c’è 😉). Non fare neanche il tentativo di chiedere: “Vuoi provare ad andare a dormire nel tuo lettino?” Sarai proprio tu a comprendere da lui e dalle circostanze quando potrai attivamente iniziare con questo “svezzamento” di cui ti scrivevo. Soprattutto è utile se c’è già la sua camera pronta e se lui in quella camera ci gioca spesso, se è una camera che viene vissuta e in cui trascorrete del tempo insieme. 2° soluzione: se vogliono dormire nel letto con i genitori, a volte non è pronto il “terreno” Come ti dicevo poco sopra, spesso i bambini vogliono dormire con i genitori perché la cameretta per loro è estranea, non è “la loro camera”. Magari sono pronti affettivamente, ma non ci vanno perché quella camera non la sentono come un pezzo di casa, non è il loro spazio. Magari non vanno mai nella cameretta perché è più bello giocare in salotto, in cucina vicino a mamma. O magari la cameretta è diventata una sorta di ripostiglio, ci si appoggia tutto quello che non ha un vero posto… La cosa migliore sarebbe iniziare a frequentarla e viverla prima del passaggio vero e proprio. Qualche mese prima si può iniziare a giocare insieme in camera, fare in modo che i vestiti siano negli armadi lì, che i giochi stiano lì in ordine, che lì ci siano pupazzi, pentolini, macchine, tappeti accoglienti… che mamma e papà trascorrano del tempo con i figli in questo spazio. Tutto quello che occorre è costruire familiarità tra la camera e il bambino. Quando sarà pronto, in quella cameretta dove ci si diverte, dove si sta bene, dove dormono i suoi orsetti, potrà dormire sereno nel lettino anche lui. Siamo davvero tutti pronti per il passaggio al lettino o alla cameretta? E a questo punto la vera domanda sarà: tu mamma sei pronta a lasciarlo andare di là nel suo lettino e concludere la fase di co-sleeping? Sei disposta a rinunciare alle notti insieme nel lettone? Te lo scrivo perché molto spesso anche noi abbiamo un ruolo centrale in tutto questo. E non solo perché da noi dipende il fatto di conoscere e comprendere i suoi bisogni, individuare le possibili motivazioni e agire su di esse, favorire la regressione se necessario, attivare uno “svezzamento”, ma anche perché i bambini sono molto sensibili rispetto a quanto sentiamo dentro di noi, lo assorbono e si comportano di conseguenza. Se noi per prime (e mi rivolgo in particolare alle mamme) siamo dispiaciute del fatto che stiano crescendo o possano crescere e quindi avere meno bisogno di noi… se siamo noi le prime a nutrirci di questo momento di condivisione, se siamo noi le prime a sentirci importanti, utili, essenziali e questo ci gratifica e ci fa sentire vive, se siamo noi le prime ad avere la sensazione che questo sia l’unico momento di vero amore che viviamo nella giornata, se abbiamo paura di vederlo crescere, se proviamo una sorta di dispiacere a pensarlo solo di là perché noi per prime nella vita patiamo la solitudine… Ecco che loro lo sentono e faranno più fatica a favorire un naturale passaggio di crescita che li porta spontaneamente ad essere sempre più autonomi. Perciò, se senti che anche per te a volte è così, goditi a pieno questi momenti e allo stesso tempo ricordati che puoi essere sia il suo aiutante magico. E quindi prenderti cura dei suoi bisogni sia che si tratti di assecondarli, di favorire una regressione o di favorire uno “svezzamento”, sia puoi essere il tuo aiutante magico e aiutare innanzitutto anche te per sentirti sempre più autonoma e matura, libera di soddisfare anche i tuoi bisogni o riempire i tuoi vuoti, senza che tutto questo debba dipendere da tuo figlio 😊 Del resto la vita di mamma e quella di papà non è tanto una strada segnata da rigide regole e codici esterni da seguire, quanto un meraviglioso viaggio in cui si alternano salite e discese. E il bello è tutto quello che impariamo in questo viaggio osservando e conoscendo meglio sia noi che i nostri figli, un viaggio dove si impara soprattutto ascoltando i principi del cuore e delle attitudini e bisogni naturali di tutti gli esseri umani, compresi i nostri cuccioli. Se vuoi, puoi approfondire questo argomento leggendo l’articolo Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perché
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Come trovare un accordo quando mamma e papà non la pensano allo stesso modo? Cosa fare quando nella coppia si litiga su come educare i figli? Non sempre abbiamo con il nostro partner la relazione che avremmo sognato, ma, anche quando andiamo tanto d’accordo siamo oggettivamente due persone diverse, con una storia alle spalle diversa e cresciuti in maniera differente. È quindi naturale che il bagaglio che ci portiamo dietro sia diverso insieme allo “stile educativo” su come crescere i figli, come educarli, le regole da seguire e i no da far rispettare. Scopri in questo video come poter mediare e trovare regole comuni.
Molti genitori si lamentano dei nonni perchè tendono a essere troppo lassivi con i nipoti. La suocera fa mangiare troppe caramelle (proprio quelle con lo zucchero bianco!), magari non seguono la linea educativa di mamma e papà, danno poche regole, oppure fanno le cose di nascosto! Altre volte permettono troppa televisione o sgridano e puniscono anche quando mamma e papà non lo fanno… Se da un lato i nonni possono diventare un formidabile sostegno per la famiglia, a volte i rapporti con loro diventano roventi e sfociano in conflitti e malintesi (spesso anche dovuti a situazioni del passato ancora irrisolte). Ora stai per scoprire: La verità sull’imprinting e sull’influenza dei nonni che quasi tutti ignorano L’asso nella manica per gestire e risolvere i litigi con i nonni La domanda chiave per non arrabbiarsi (e frenare la voglia di tirare il collo a tuo suocera) Come mediare al meglio nella varie situazioni Come evitare di far sentire in colpa i nonni (e buttare legna sul fuoco del conflitto già acceso) Scopri tutto nel breve video e diventa il miglior esempio di armonia per i tuoi figli (perché alla fine, che tu ci creda o no, che ti piaccia o no, è il tuo esempio quello che loro assorbono). GUARDA IL VIDEO E DIVENTA IL MIGLIOR ESEMPIO DI ARMONIA PER TUO FIGLIO 🙂
So benissimo che il titolo i capricci non esistono ti fa passare la voglia di leggere e magari stai pensando: “esistono eccome! vieni a casa mia e ti faccio vedere quelli di mio figlio!” Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di provare a mettere da parte le convinzioni che hai avuto finora nel leggere questo articolo e vedrai che una spiegazione valida potrebbe esistere. Tra tutte le piccole e grandi magagne quotidiane che danno del filo da torcere a mamma e papà, i capricci, le crisi di rabbia, le crisi di pianto o le crisi definite “isteriche” sono spesso molto rinomati perché: 1️⃣ Non si sa perché i bambini li facciano. Quando vogliamo darci una spiegazione accampiamo delle motivazioni ipotetiche come “sono sciocchi capricci”, “vuole farmi arrabbiare”, “saranno i terribili 2 anni”… 2️⃣ Infastidiscono l’occhio e il cuore dei genitori 3️⃣ Preoccupa e irrita il fatto di non sapere come risolvere la crisi di rabbia o di pianto e far tornare la situazione alla normalità Insomma, sono quelle cose che, a lungo andare, gli adulti proprio fanno fatica a sopportare. I capricci sono tante cose, una diversa dall’altra, sempre unici con sfumature differenti di volta in volta. Arrivano di soppiatto quando meno te lo aspetti e possono apparentemente scatenarsi per qualsiasi motivo, non sappiamo bene da cosa dipendano e sono terribilmente imprevedibili. Ma c’è una cosa davvero importante da sapere: i capricci non sono “capricci”… e non esistono Il dizionario online Hoepli ci dice che i capricci sono: Voglia bizzarra, insolita, improvvisa, generalmente effimera. Idea bizzarra e ostinata, comportamento irragionevole e arbitrario. Evento, fenomeno inusitato, incomprensibile. Dato che queste manifestazioni del bambino non le sappiamo comprendere con il tempo abbiamo imparato a definirli “capricci”. Proprio come se fossero comportamenti bizzarri, insoliti, improvvisi, fugaci e passeggeri, ma anche ostinati, irragionevoli. Discutibili e non autorizzati. Incomprensibili. E questo è il vero guaio! Solo perché questi comportamenti per noi sono incomprensibili e ingestibili e sono diventati capricci, non vuol dire che lo siano davvero. E infatti non sono tali per niente. Tutti i comportamenti dei bambini che noi cataloghiamo distrattamente come capricci sono sempre manifestazioni di un disagio e un tentativo di comunicare una difficoltà che non sanno esprimere a parole. Se i bambini e i ragazzi sapessero esprimere tutto a parole, stai pur certo che lo farebbero! Il guaio è che troppo spesso confondiamo i bambini per dei piccoli adulti e crediamo che come noi siamo bravi a recitare e a manipolare lo siano anche loro e quindi inscenino delle sceneggiate e dei brillanti teatrini. Ma i bambini non sono così, se sentono bianco esprimono bianco, se sentono nero esprimono nero. Quindi, quando piangono, quando puntano i piedi, quando si buttano per terra, quando chiedono insistentemente qualcosa non stanno recitando affatto. Ecco perchè i capricci dei bambini non esistono. Hanno sempre dunque un ottimo motivo e la nostra difficoltà in qualità di adulti sta proprio nel comprendere cosa si cela dietro e cosa nostro figlio sta cercando di dirci. Matteo torna da scuola e fa i “capricci”: vuole solo la pasta bianca Per esempio Matteo una mattina si sveglia e non trova più in camera il suo giochino preferito, è arrabbiato e si porta dietro quel nodo di tristezza. Ecco che magari, tornato da scuola con il “suo bagaglio di emozioni” in ebollizione non risolte, manifesta sintomi esterni come il rifiuto di sedersi al suo posto a tavola e pretende la pasta bianca mentre tu hai già messo il sugo rosso in tutti i piatti… Se consideri solo il suo comportamento esterno, è evidente che per te sta facendo un “capriccio” e magari pensi che una semplice alzata di voce o un castigo possa essere la soluzione. Se invece ti metti nei suoi panni, scopri che è solo arrabbiato e, non avendo ancora la capacità di raccontare i suoi sentimenti a parole, esprime con comportamenti esterni, che noi chiamiamo capricci, il suo disagio. Ecco la causa! Come comportarsi con i bambini “capricciosi”? 5 soluzioni per crisi di rabbia, crisi di pianto o crisi isteriche Vediamo ora 5 indicazioni pratiche che possono da subito aiutarti a comprendere i comportamenti “capricciosi” dei tuoi figli. 1️⃣ Avvicinati a tuo figlio rendendoti disponibile ad ascoltarlo prima di accampare giudizi avventati 2️⃣ Evita il tono accusatorio, chiedi in modo neutrale e con calma che cosa è successo, senza utilizzare le solite frasi “cosa hai combinato?” “ma perché adesso devi fare così?” (l’accusa lo fa sentire incompreso e si chiude ancora di più) 3️⃣ Ascoltalo attentamente guardandolo negli occhi e prendendo seriamente per valido tutto quello che ti dice, senza pensare che siano scuse o che ti stia dicendo delle bugie (ricordati che ha sempre un valido motivo) 4️⃣ Vai oltre le sue parole: lascia che il tuo intuito faccia la sua parte e indipendentemente dal racconto del bambino che può rispecchiare oppure no il suo vero stato d’animo, cerca di coglierlo comunque, individuando il sentimento che c’è dietro. Potrebbe essere che tuo figlio si senta solo, non ascoltato, poco guardato, oppure che abbia bisogno di coccole, della tua presenza totale, oppure che davvero abbia fame, sonno, o abbia paura, o si sia arrabbiato per qualcosa. 5️⃣ Rassicuralo e aiutalo nella pratica a risolvere la situazione: per esempio se ti dice che è arrabbiato perché ha perso il giochino preferito, gli puoi dire: “amore, hai ragione, non trovi il gioco e questo ti rende triste, andiamo subito in cameretta e andiamo a caccia del gioco, vedrai che lo troviamo”. E se non lo trovate? Anche qui trova una soluzione pratica, per esempio, lo rassicuri e gli dici che nel pomeriggio potete uscire insieme e comprarne un altro, oppure che ti impegnerai a cercarlo per bene nei prossimi giorni anche a casa dei nonni o a scuola. Quale sarà il risultato? Si sentirà compreso perché hai perfettamente intuito cosa lo rendeva triste, non lo hai colpevolizzato e hai trovato delle soluzioni e, aiutandolo nella pratica, si calmerà e questo incrementerà il suo grado di fiducia nei tuoi confronti, perché è consapevole che mamma e papà sono in grado di comprenderlo e aiutarlo. La fiducia e la stima costruita attraverso queste piccole ma grandi azioni sarà fondamentale per tutte le tappe successive di crescita. I 3 ostacoli che mettono in difficoltà i genitori… anche se i capricci non esistono! Le difficoltà principali sono in tutto 3, scopriamole insieme. 👉 Il primo ostacolo Il primo ostacolo è la grande difficoltà a riconoscere il reale bisogno del bambino e a non confonderlo con un “capriccio” o con una crisi senza un motivo valido. La maggior parte delle volte risulta paradossalmente più facile etichettare il comportamento del bambino come “capriccioso” e delegare a lui la responsabilità, piuttosto che vedere la nostra e dover fare nell’immediato qualcosa di efficace. 👉 Il secondo ostacolo Non sapere come fare a risolvere la situazione nella pratica. 👉 Il terzo ostacolo Tendiamo a voler risolvere la crisi con l’obiettivo di far calmare le acque, di tornare a una sorta di normalità, di non avere troppi gratta capi da gestire e di far star bene il bambino (ovvero: che non pianga, non urli, non imprechi, sia sereno, ascolti e dia pochi problemi, così vuol dire che sta bene). In verità se il bambino si sente libero di manifestare un problema o un’emozione interiore vuol dire che sta benissimo. Molto meglio di bambini che si sentono costretti per sopravvivenza ad assecondare i genitori e si adattano ai loro schemi pur di essere amati. L’obiettivo principale deve essere invece quello di andare a fondo del sentimento di nostro figlio, di individuare la motivazione profonda, agire su quella, trovando la soluzione ottimale per il bambino e non per noi. Meglio arginare e fermare i capricci o è meglio comprenderli e accoglierli? (10 dubbi risolti) Ora che abbiamo chiarito perchè i capricci non esistono qui sotto trovi le risposte ad alcune domande frequenti sul tema “capricci”. 1. Perchè i bambini fanno i “capricci”? In questo articolo approfondisco cosa sono davvero i comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi”. Troverai anche esempi pratici come: Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini, le crisi di rabbia o le crisi isteriche) LEGGILO QUI: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate) 2. Cosa sono i terribili 2 anni? Quando finisce questa fase? La maggioranza delle mamme si chiede quando inizia e quando finisce la fase dei terribili 2 anni dei bambini (o dei terribili 3) e quanto dura questo periodo. Scoprirai che la soluzione non è mai focalizzarsi su una fase definita terribile a 2, 3 o 4 anni di tuo figlio… LEGGILO QUI: E se i terribili 2 anni non esistessero? E i terribili 3 anni? 3. Mio figlio non mi ascolta e non accetta le regole: cosa posso fare? Spesso i conflitti con i figli, i “capricci” e lotte di potere sono causate dalla difficoltà a farsi ascoltare, far accettare un limite o un no. Scopri perché tuo figlio non collabora, non accetta i tuoi No o non rispetta le tue regole. LEGGILO QUI: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 4. Come calmare l’aggressività nei bambini e nei ragazzi? A volte bambini arrabbiati e molto nervosi possono diventare aggressivi e arrivare a rompere oggetti, graffiare, mordere o picchiare i genitori. Scopri i 5 motivi che scatenano l’aggressività e le 4 soluzioni per gestire gli episodi di la rabbia dei bambini. LEGGILO QUI: Smettila di essere aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola 5. Capricci tra fratelli per gelosia: come gestisco le liti e le gelosie tra fratelli? Scopri come gestire il litigio fra i tuoi figli iniziato quando non c’eri, 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre. LEGGILO QUI: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli 6. Le punizioni per i figli sono utili o sono dannose? La punizione è l’arma più inefficace per risolvere “capricci”, lotte di potere, episodi di nervosismo, gelosie e litigi dei figli. LEGGILO QUI: La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti) 7. Quale libro posso leggere per risolvere i capricci di mio figlio? Puoi iniziare dal libro “Smettila di fare i capricci” (edizioni Mondadori): come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla e sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte. Troverai tutti i dettagli e i casi pratici che ti confermeranno che i capricci non esistono. 8. Come gestire i capricci dei bambini di 1 anno? Cosa fare con figli capricciosi e disubbidienti a 4 anni? Ci sono 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di “capriccio” di tuo figlio: 1. il nodo emotivo, 2. la vera motivazione e 3. le regole. Non ha importanza se oggi tuo figlio ha 2 anni, 6 anni o 8 anni. I principi da seguire sono sempre gli stessi. LEGGILO QUI: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli) 9. Come insegnare l’ordine ai bambini? Se ogni giorno riordinare i giochi genere lotte infinite e tuo figlio si rifiuta di collaborare puoi ricorrere alla tecnica dello “svezzamento”. LEGGILO QUI: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento 10. Cosa posso fare quando mio figlio ha una crisi di pianto o una crisi di rabbia? Scopri come aiutare i tuoi figli quando sono molto più nervosi, “capricciosi” o rompono i giochi: LEGGILO QUI: Come sgonfiare “crisi” e nervoso di tuo figlio
Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente? Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
Fiumi di parole sono state scritti su cosa fare o non fare con i bambini per crescerli con una elevata autostima e fiducia in se stessi. C’è chi dice che: bisogna lodarli per aumentare l’autostima altri che bisogna motivare i bambini che si sentono inadeguati altri ancora che bisogna rimproverarli quando sbagliano poi è arrivato il rinforzo positivo stile “ammaestramento animali”… Insomma i filoni che promettono risolvere una bassa autostima dei bambini oppure che forniscono indicazioni su come aumentarla sono tanti. Ma alla fine, nella pratica di tutti i santi giorni in casa, trascorsi fra sveglia di corsa per andare in tempo a scuola, pranzo, compiti (e minacce per finirli), scarrozzamenti vari fra sport o corsi di musica, merenda fatta sul divano sbriciolando ovunque, litigi e botte con la sorella, cena con capricci perché manca l’aranciata a tavola… cosa veramente influenza e condiziona la sicurezza di sé e l’autostima di tuo figlio? Si può davvero aumentare l’autostima nei figli? L’errore più comune sull’Autostima dei bambini e dei ragazzi Sfatiamo subito un grande mito: autostima non equivale a “quanto siamo belli e bravi”, “reggiamo il confronto con gli altri”, “ci potenziamo per raggiungere il risultato”, “ci facciamo il ritocchino o ci gonfiamo i muscoli perché così siamo come…”. Se consideriamo i bambini, i ragazzi e noi genitori Autostima significa sempre: auto-stimarsi ovvero conoscere il peso di sé, di quanto e soprattutto di come si vale, nel senso di quali sono e che peso hanno per la nostra vita le nostre virtù e le nostre debolezze. Autostimarsi infatti vuol dire: 👉 essere consapevoli delle cose su cui possiamo contare (particolari abilità, virtù, talenti, passioni) per realizzare i nostri progetti 👉 conoscere quali sono invece le caratteristiche che naturalmente non fanno parte di noi (debolezze, attività che non ci ispirano e non ci appassionano), non sono nostre passioni o talenti innati, e che non potremo utilizzare spontaneamente per la nostra realizzazione, ma che comunque possiamo decidere di imparare e sviluppare con lo studio e la pratica. Il problema è che siamo talmente abituati a basare la valutazione di noi stessi sulla base di canoni esterni, su cosa gli altri fanno e su come gli altri sono, che ci siamo convinti di non valere, di non essere capaci, di non piacere, di essere sempre inadeguati. Aumentiamo la bassa autostima? Ecco la verità su come “funzionano” i bambini La buona notizia è che ogni BAMBINO nasce con una DOSE ELEVATISSIMA DI AUTOSTIMA. Lui sa chi è, sa su quali doti può contare, sa cosa vuole e ha una ESTREMA FIDUCIA in sé e nella vita. Anche tu lo sapevi. Peccato che una relazione poco ottimale che non sa come seguire e ASSECONDAREil Libretto delle Istruzioni del bambino, mette in campo azioni, parole, emozioni che alterano questo stato idilliaco e propenso alla MASSIMA EFFICACIA insito nel bambino (evento che tutti, o quasi, abbiamo vissuto nella nostra infanzia). Autostima: come sono messi oggi i nostri figli? Non ci vuole Mago Indovino… Non sono messi mica tanto bene! Molti di loro: subiscono lo stress dei voti a scuola subiscono lo stress da prestazione eccessiva nella pratica sportiva sentono il bisogno di omologarsi alle mode del momento o ai leader sportivi o dello spettacolo sulla cresta dell’onda per sentirsi anche loro importanti mancano di rispetto ai loro genitori fanno di tutto per denigrare mamma e papà così da sentirsi di valere rispetto al modello di origine si sentono degli “sfigati” non si piacciono fisicamente non amano e bistrattano il proprio corpo si vergognano di quello che sentono e di quello che pensano soprattutto se questo differisce dalla banalità della media… Riflessioni su figli con bassa autostima Se non vogliamo ricadere nella banalità e nella superficialità di dire: “è colpa dell’allenatore”, “è colpa dell’insegnante”, “è colpa della TV”, dobbiamo porci le seguenti domande: possono le mie parole, le mie azioni influenzare l’autostima di mio figlio? È vero che io concorro a creare l’autostima di mio figlio? È vero che è bene che io faccia qualcosa perché i miei figli si stimino? Davvero è timido e si vergogna? E’ un pasticcione? Tuo figlio potrà anche avere il suo temperamento naturale ma… la tua influenza diretta e dell’ambiente esterno tende a forgiare anche la sua autostima. Facciamo qualche esempio con relativo antidoto (tutte frasi non inventate e sentite migliaia di volte dai nostri genitori, da amici, conoscenti, passanti, ecc.). Perchè i bambini perdono la loro innata autostima? Le 9 frasi che “congelano” la sicurezza di tuo figlio Per rispondere alla prima domanda e darti una soluzione pratica per non limitare l’autostima e la sicurezza di tuo figlio ecco qui una possibile soluzione: semplicemente non pronunciare frasi che fanno sentire tuo figlio svalutato, sminuito. Quindi prima bisogna conoscere le frasi “al veleno” che minano l’autostima e, una volta conosciute, bisognerebbe sostituirle con frasi “antidoto” più efficaci. Se adesso ti stai chiedendo perché abbiamo scelto di approfondire l’effetto che hanno le frasi pronunciate verso l’autostima di tuo figlio devi sapere che… Le PAROLE hanno un GRANDE POTERE. Da un lato RIFLETTONO I SENTIMENTI, lo stato d’animo, le abitudini e il modo di pensare di chi le pronuncia… dall’altro hanno l’enorme potere di PROGRAMMARE I NEURONI di chi le riceve fissandosi giorno dopo giorno fino a essere assorbiti e a essere UTILIZZATE IN MODO AUTOMATICO. Qui sotto troverai: 👉 9 esempi di “frasi al veleno”, che noi adulti diciamo comunemente e che sminuiscono l’autostima dei bambini facendoli sentire… “sfigati”. 👉 La descrizione dell’effetto che la frase potrebbe avere sull’ autostima del bambino. 👉 L’antidoto per non far crollare l’autostima dei bambini e dei ragazzi, cioè cosa potremmo dire o fare in sostituzione per non ferire o condizionare il bambino. NOTA: mentre leggi le frasi è utile chiedersi in merito all’autostima di tuo figlio: io come mi sentirei al posto del bambino? Io come mi sentivo quando me lo dicevano con tono rabbioso e duro? Ora come mi sentirei? 1° Frase al veleno: “Ma sei scemo?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops!… ero convinto di no… ma se lo dici tu mi fai venire i dubbi Che umiliazione…Che tristezza…Ti sto deludendo… Allora non sono normale, sono proprio scemo 👉 Antidoto: Nessuno è scemo. Cosa vuol dire per te essere “scemo”? Prima di agire, prova a osservare in te cosa ti ha infastidito dell’atteggiamento di tuo figlio tanto da non poterti trattenere e dovergli dire che è scemo (cosa che, siamo certi, non pensi veramente). “Lo so che non lo hai fatto/detto volontariamente”. “Che cosa non ti è chiaro? Che cosa non hai capito?”. “Vuoi che te lo ripeta?” (cerchiamo di mettere in discussione la nostra comunicazione al posto della sua capacità di capire o non capire). Aiutalo a risolvere invece di giudicarlo. 2° Frase al veleno: “Scommettiamo che non ci riesci?“ 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Se inizi così proprio tu che dovresti darmi fiducia… Non credi in me e quindi non valgo nulla, non sono capace… Se lo dici tu, ti credo, non ci riuscirò 👉 Antidoto: Perché non dovrebbe riuscirci? “Prova” “Riprova ancora… con calma… dai che ce la fai” “Uhm… secondo te cosa è andato storto? Come potresti fare per riuscirci?” 3° Frase al veleno: “Che disastro!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ma stavo giocando! Non è un disastro! Pensavo fosse creatività! Che vergogna!… che umiliazione! E io che pensavo… e io che ero così felice di provarci! Ti ho deluso?!… Non bisogna osare e tentare di fare cose nuove, sbagliare non va bene e fare “disastri” neanche. 👉 Antidoto: Davvero hai messo al mondo un disastro? Disastro è una bomba nucleare, i bambini in Bolivia che lavorano in miniera, ma di certo non una scatola di pennarelli caduta a terra, un bicchiere rotto, dell’acqua rovesciata, un disegno, vestiti e capelli sporchi di fango, ecc. “Come possiamo pulire?”, “come possiamo rimediare?”. “Ti sei divertito? Adesso vieni e ti dò i vestiti puliti”. “Quanti sono questi pennarelli! Raccoglili/raccogliamoli tutti”. “Ti piace rovesciare l’acqua eh?! Sul tavolo non è il massimo, vieni che ti dò una bacinella e dei bicchieri di plastica”. 4° Frase al veleno: “Lascia, basta…faccio io che facciamo prima” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ops… sono troppo lento…Non sono capace…Gli sto facendo perdere tempo… 👉 Antidoto: “Prova… riprova… non ti preoccupare… io aspetto” (se non hai tempo trovalo o inizia prima a fare le cose – l’organizzazione e l’anticipo dei tempi sono la prima arma ninja che ogni genitore dovrebbe conoscere). Se invece come spesso accade, capita proprio quando il tempo non è ben organizzato, possiamo garantirti che qualche minuto in più speso per accordarti ai tempi di tuo figlio non comporta un reale ritardo o viene presto recuperato successivamente). “Mentre riprovi io finisco di far partire la lavatrice, se hai bisogno mi chiami”. 5° Frase al veleno: “Non sei capace!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Davvero?… Non credevo… Ma se lo dici tu… Non sono capace. 👉 Antidoto: Perché questo pregiudizio? Magari ha solo bisogno del tuo aiuto. “Secondo te come mai non riesci?”. “Lo trovi difficile?”. “Prova… Prova ancora”. 6° Frase al veleno: “No! Fermo! Non si fa così!… Ma chi ti ha insegnato?!… Dammi qua…. Così si fa no?!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Veramente volevo provare… Stavo per farcela… Volevo capire… aspetta!… Volevo riprovare… Va beh… forse bisogna essere più veloci, subito pronti, io proprio non sono capace allora… 👉 Antidoto: Lascia che il più possibile possa sperimentare da solo. Se vuoi correggerlo perché quello che sta facendo è pericoloso valuta la possibilità di farlo con lui riducendo il pericolo o di mostrargli virtualmente le conseguenze senza paura, sgridate o spaventi. 7° Frase al veleno: “Sbrigati! Muoviti!” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Ecco… sono troppo lento… I miei tempi (e quindi io) non vanno bene a mamma e papà… Non vado bene…Non sono efficace… Li deludo = non sono degno di essere amato. 👉 Antidoto: Fai il possibile per adattarti ai suoi tempi. Soprattutto nei primi anni dove abbiamo il massimo della sperimentazione. Potrai iniziare successivamente una sorta di svezzamento quando ti accorgerai che inizia a prendere in considerazione i bisogni degli altri. Se invece bisogna proprio andare e non c’è tempo: “Tesoro dobbiamo proprio andare… lo so che ti dispiace… finisci di legarle in macchina le scarpe… vieni” (se non ti segue, puoi prenderlo in braccio con dolcezza e portarlo con te). Se ti capita di non avere i tempi allineati con tuo figlio nella quotidianità, ricordati che lui non ha responsabilità e non c’è nessun motivo per sollecitarlo ad affrettare i tempi. Sei tu l’adulto “esperto” di vita che hai bisogno di conoscere i suoi tempi fisiologici e migliorare l’organizzazione famigliare. 8° Frase al veleno: “Non riesco a cavar niente di buono da lui” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Bhè io in me ci credo… in teoria… ma tu la sai più lunga… in teoria… quindi mi devo ricredere… e poi non voglio contraddirti… farò in modo di non deluderti, di confermare quanto dici e di diventare un mediocre. Ok. Da ora in poi mi autosaboterò per confermarti che hai ragione! 👉 Antidoto: Se possibile, evita di dire questa frase. Fai un elenco di tutte le qualità che gli riconosci e concentra la tua attenzione solo su quelle per un po’ di tempo. Domandati da dove arriva la tua frustrazione (forse temi come genitore di non aver saputo far suonare in armonia le sue corde?) Le sue azioni toccano tue ferite aperte? Forse la tua svalutazione? Forse la tua insicurezza? 9° Frase al veleno: “Stavo così bene quando non c’eri…avevo più tempo…Nessuno che mi chiamava ogni secondo…” 👉 Effetto sull’autostima di tuo figlio: Come per la frase precedente, prova a essere al posto di tuo figlio e domandati come potresti sentirti anche tu. 👉 Antidoto: Se stai pensando che è inutile metterti nei suoi panni, che non sarebbe la stessa cosa perché in fondo dici queste parole che ogni tanto ti scappano perché davvero se le merita, davvero occupa con insistenza ed egoismo tutto il tuo tempo e senza motivi seri…. Bhè… ti suggeriamo di domandarti innanzitutto qual è la tua frustrazione che si nasconde dietro (forse eccessiva stanchezza, bisogno di staccare o di evadere, delusione perché immaginavi diverso il ruolo di genitore, delusione perché ti credevi un genitore migliore, più paziente e accogliente, ecc.) e di cercare di risolvere quella. Se invece davvero ti sei reso conto che un figlio era meglio non averlo, adesso c’è e non possiamo piangere sul latte versato o delegare a lui la responsabilità del nostro malessere. Affronta il tuo disagio personale senza coinvolgerlo o accusarlo. Approfondimenti per la tua sicurezza e autostima Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Per approfondire questo tema puoi leggere: Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava) Ti capita di pensare: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”? Guarda questo video: Ti senti sbagliata e incapace? E invece sei perfetta così come sei.
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