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Molti genitori si lamentano dei nonni perchè tendono a essere troppo lassivi con i nipoti. La suocera fa mangiare troppe caramelle (proprio quelle con lo zucchero bianco!), magari non seguono la linea educativa di mamma e papà, danno poche regole, oppure fanno le cose di nascosto! Altre volte permettono troppa televisione o sgridano e puniscono anche quando mamma e papà non lo fanno… Se da un lato i nonni possono diventare un formidabile sostegno per la famiglia, a volte i rapporti con loro diventano roventi e sfociano in conflitti e malintesi (spesso anche dovuti a situazioni del passato ancora irrisolte). Ora stai per scoprire: La verità sull’imprinting e sull’influenza dei nonni che quasi tutti ignorano L’asso nella manica per gestire e risolvere i litigi con i nonni La domanda chiave per non arrabbiarsi (e frenare la voglia di tirare il collo a tuo suocera) Come mediare al meglio nella varie situazioni Come evitare di far sentire in colpa i nonni (e buttare legna sul fuoco del conflitto già acceso) Scopri tutto nel breve video e diventa il miglior esempio di armonia per i tuoi figli (perché alla fine, che tu ci creda o no, che ti piaccia o no, è il tuo esempio quello che loro assorbono). GUARDA IL VIDEO E DIVENTA IL MIGLIOR ESEMPIO DI ARMONIA PER TUO FIGLIO 🙂
Come evitare i pericoli in casa per i bambini? Come possiamo prevenire gli incidenti domestici? In questo articolo scoprirai: 👉come evitare che tuo figlio tocchi cose pericolose tramite il ruolo del “Genitore Cuscinetto” 👉come soddisfare la curiosità dei bambini evitando incidenti domestici e di ripetere in continuazione “Non si tocca!” Per cominciare potremmo chiederci se davvero i bambini non possano mai toccare nulla di pericoloso e soprattutto come mai arrivano a farsi del male quando si aggirano tra cose pericolose. Come mettere in sicurezza la casa e prevenire gli incidenti domestici In linea generale, infatti, o si tolgono tutte le cose pericolose oppure, laddove non è possibile evitarlo sarebbe opportuno che rigidamente un adulto fosse sempre vicino al bambino e attento a qualsiasi suo movimento che potrebbe comprometterne la sicurezza. Detto questo, vediamo insieme 7 suggerimenti che possono aiutarti nella sicurezza in casa per bambini. 1. Evita di spaventarlo Molto spesso se noi stessi ci preoccupiamo o ci spaventiamo, contribuiamo a modificare in automatico le sensazioni del bambino che a sua volta di spaventa. Se il bambino si accorge che anche noi, poiché spaventati, non abbiamo la situazione sotto controllo, per lui tutto inizia a vacillare e la mancanza di un riferimento gli attiva la paura, lo fa vacillare con la possibile conseguenza di non riuscire a gestire la situazione. Non dimenticare che sei sempre tu il riferimento di tuo figlio. Laddove le sue risorse interiori non gli permettono ancora di avere in controllo su tutto (perché troppo piccolo) ecco che lui sfrutta spontaneamente le tue capacità di gestire la situazione. Se ti spaventi o se lo spaventi è peggio. Meglio che tu possa agire di anticipo e prevenire, come vedremo tra un attimo. 2. Evita di minacciarlo “Guai a te se tocchi”, “guai a te se ti avvicini”, “guarda che ti bruci!”, “guarda che ti tagli!” sono frasi che non aiutano. A te sembrerà di aver fatto il tuo dovere di adulto e di esserti tolto un peso dalla coscienza (“io gliel’avevo detto…”), ma in verità per tuo figlio non funziona. Te lo dico perché la curiosità di tuo figlio, il suo bisogno di sperimentare e la sua necessità di verificare le intuizioni che produce interiormente, sono più forti di qualsiasi avvisaglia. Non appena ti girerai o cambierai stanza lui correrà, anche di nascosto, a soddisfare il suo bisogno, correndo il rischio di farsi male davvero. Inoltre le azioni vietate ai bambini con rabbia e toni duri sono quelle che poi farà a tutti i costi, anche di nascosto, generando un profondo conflitto con l’autorità (funziona anche per noi adulti). 3. Previeni la tentazione e il pericolo facendo da mediatore (con il cuscinetto!) Con tutto ciò che incuriosisce il bambino ma è pericoloso è bene che ci sia sempre un adulto a fare da cuscinetto tra il bambino e l’oggetto. Se la pentola brucia te la faccio toccare a mano a mano che si scalda. Se il coltello taglia ti faccio vedere il suo effetto su una carota o passo il mio dito e il tuo sulla punta per farti sentire che è appuntita e tagliente Se è bello dondolarsi sulla sedia ti tengo forte e accompagnando la sedia all’indietro ti faccio provare la sensazione del vuoto e quello che potrebbe succedere (evitando di giocarci e riderci su, altrimenti il bambino per giocare vorrà ripeterlo anche quando è solo). Perché funziona? Questa modalità del “genitore cuscinetto” funziona perché tutti i bambini hanno un innato senso del pericolo, non sono stupidi e sanno che il coltello taglia, che il fuoco brucia. Quando accadono grandi o piccoli incidenti, spesso sono comprensibili non solo per la distrazione dell’adulto (ci mancherebbe) ma anche perché il bambino non è stato preparato così come ti abbiamo mostrato alla pericolosità di una certa cosa. Quante volte vediamo i bambini prendere e giocare con i coltelli per imitare gli adulti, ignari della loro pericolosità? 4. Aumenta se necessario i momenti in cui giochi e interagisci con lui Sembra banale sottolinearlo ma lo zelo non è mai troppo in questi casi: più tuo figlio ha la possibilità di giocare con te, di stare con te o sotto la tutela di un altro adulto e meno rischi si corrono. Il tempo è poco, lo sappiamo, tu non sei una batteria con energie infinite, lo sappiamo, ma con un po’ di buona volontà è possibile per tutti gestire meglio le proprie risorse, il proprio tempo, e collaborare con conoscenti, amici e parenti per avere un supporto, a volte anche a costo zero. 5. Non pretendere che giochi da solo troppo presto Sarebbe comodo avere figli di qualsiasi età che si intrattengono da soli per ore con lo stesso gioco, che non corrono, che non urlano, che non si fanno male. Sarebbe comodo ma completamente assurdo e innaturale! Tutti i bambini hanno il diritto di seguire la loro creatività, di annoiarsi, di cambiare attività anche spesso seguendo il loro gusto, hanno il diritto di sudare, di correre, di cadere, di sbucciarsi le ginocchia e di rialzarsi, di fare un capitombolo giù dal divano o di sbattere contro uno spigolo… Che sarà mai! A tutti noi è capitato e siamo ancora qui, illesi e più forti di prima. Tutti i bambini hanno il diritto di godere di questa libertà e nello stesso tempo hanno il diritto di non essere abbandonati o trascurati, più sono piccoli e più hanno bisogno dell’interazione con il genitore o con un adulto, hanno bisogno di essere supportati e seguiti. È bene creare un sano equilibrio tra queste due sponde opposte. 6. Lascia che ti osservi anche quando fai cose “pericolose” Lo aiuterai a osservarti e a imitarti mentre ti destreggi lungo le scale, con i coltelli, a non sporgerti troppo dal balcone, ad attraversare come si deve la strada, a togliere le pentole dal fuoco con le presine, ecc. I bambini assorbono e imitano le azioni che mamma e papà compiono tutti i giorni a patto che possano assistere ai genitori mentre vivono la loro vita quotidiana. 7. Evita di sostituire il martello con un pettine ma piuttosto domandati perché vuole il martello? Esempio: perché è così incuriosito dal martello? Togliergli di mano il martello, dargli un vecchio pettine e dirgli di giocare con quello non gli permette di soddisfare la sua curiosità. Lui ha preso il martello perché era lì a portata di mano, perché lo incuriosiva, perché gli serviva, ecc. Se voleva il pettine avrebbe cercato quello o te lo avrebbe chiesto. Quindi meglio tenere a priori il martello (e altri oggetti molto pericolosi) molto alla larga oppure, come detto in precedenza, fargli vedere in pratica a che cosa serve e per esempio facendolo cadere su una noce per dargli modo di comprenderne la pericolosità (ecco di nuovo il ruolo del genitore cuscinetto). Buona mediazione!
Cosa fare quando i bambini dicono parolacce ai genitori o a scuola? Per quale motivo tuo figlio ripete una parolaccia anche se gli spieghi che non si dice? Quali sono i passi da seguire per aiutare i bambini a non dire le parolacce? I bambini dicono parolacce perché… In genere un bambino dice una parolaccia per 3 motivi: 1️⃣ Continua a ripeterla perché la nostra spiegazione razionale “perché non si fa!” non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. 2️⃣ A volte i bambini riportano le parolacce, ad esempio, dalla scuola materna. Se, nel loro piccolo, magari cominciano ad avere la fiducia in se stessi che tentenna un pochino, possono riconoscere in una persona che dice le parolacce, adulta o coetanea che sia, una forza. E quindi cominciano a ripeterle. 3️⃣ Altre volte il bambino la ripete perché sa che ci punge sul vivo 😊 4️⃣ Altre volte ancora (dipende anche dall’età) sono un po’ una scoperta oppure gli altri ridono mentre le dico e allora le ripeto o quando il mio amico le dice gli altri ridono allora le dico anche io. Scopri tutti i dettagli e le soluzioni in questo articolo. Motivo 1: le spiegazioni non servono Per prima cosa io vado a caccia dei motivi e quindi mi chiedo: “come mai continua a ripetere la parolaccia?” Un motivo potrebbe essere che continua a ripeterla perché la mia spiegazione razionale “perché non si fa!” a 4 anni non viene recepita. E allora magari, oltre a dirgli che non si fa, posso provare a spiegarglielo in un altro modo che sia più immediato per la sua età. Per esempio, posso dirgli (possibilmente con calma e senza accusarlo): “Quella parola!!! Quella parola lì che proprio non si può dire! Adesso l’hai fatto perché anche tu ti sei arrabbiato! Allora bisogna cambiare: quella parola lì non si dice ma puoi dire: mamma, io sono arrabbiato, arrabbiato, arrabbiato perché non riesco a montare questo gioco!!! Uffa, sono arrabbiato per questo.” Quante volte dovremo farlo? Ancora e ancora, tutte le volte che sarà necessario. Finché pian piano lo disabituiamo a dire la parolaccia e lo abituiamo a usare un altro termine. Un bambino piccolo non capisce se gli diciamo con serietà che: “quella cosa non si fa, non la devi dire” “è maleducazione” e “non la devi più fare”. Questa modalità a lui non arriva e, anzi, più usiamo un tono duro e siamo arrabbiati è più si sente accusato. Anzi, forse proprio perché si sente accusato, rincara la dose. E quindi continua a dire ancora più parolacce! Ci possono essere anche degli altri motivi. Motivo 2: a volte i bambini dicono parolacce perché le hanno sentite, ad esempio, dalla scuola materna. Magari iniziano a credere poco in se stessi e allora se capita che abbiano la sensazione che chi dice le parolacce sia più forte e più sicuro di sé, allora iniziano a dirle anche loro. E potrebbero pensare: “Guarda che carattere, guarda con che temperamento ha detto quella cosa! Guarda che potere che ha sulle persone: alla fine li fa stare zitti e tutti lo guardano! Anche io voglio essere così carismatico! Forse per avere quella forza bisogna dire una parolaccia. E allora io dico la parolaccia!” In questo caso possiamo mettere in pratica la soluzione precedente, ma, allo stesso tempo, riflettere sul perché potrebbe non sentirsi all’altezza e fare il possibile per rimediare. Per approfondire l’argomento Autostima, puoi anche leggere questo articolo: Le 9 frasi che fanno sentire tuo figlio uno “sfigato” (e limitano l’autostima dei bambini) Motivo 3: il bambino dice parolacce per pungere… Altre volte il bambino ripete le parolacce perché sa che ci punge sul vivo. Ha capito che per noi va bene tutto, ma non le parolacce! Se le dice scattiamo sull’attenti! Ed ecco allora che pensa: “Perfetto! allora io comincio con la prima che ho sentito dire. La ripeto, la ripeto come un disco rotto perché, cara mamma, forse mi ami tanto, ma è anche vero che spesso mi sgridi. E’ anche vero che ogni tanto alzi la voce e urli. È anche vero che un sacco di volte mi dici di aspettare e che non hai tempo. E’ anche vero che quando io voglio stare con te invece corri e giri come una trottola e quando ti metti a giocare con me non hai tanta voglia, sei stanca, ti addormenti e non mi fai divertire. E quindi cosa devo fare? Io devo fare solo le cose belle per te? Se questa cosa ti dà fastidio, allora la faccio ancora di più!” Altre volte un bambino ha bisogno di attenzioni di qualità, perché magari siamo sempre di corsa, o perché, magari, quando è bravo e tranquillo noi ne approfittiamo per fare altro. Ha visto che, quando invece fa qualcosa che non va, le attenzioni sono su di lui e corriamo subito. Siamo super attente e, anche se per rimproverarlo, stiamo con lui, mezz’ora. O pur di fargli cambiare idea cominciamo a distrarlo prendendo un gioco o facendogli vedere cosa c’è fuori. Gli raccontiamo finalmente qualcosa. Ecco che il tasto per accendere le nostre attenzioni nei suoi confronti diventa la parolaccia. Se noi a monte iniziamo invece a dare attenzione di qualità, non avranno più bisogno di usare uno strumento come la parolaccia per attirare la nostra attenzione. Quindi, sintetizzando, bisogna trovare la motivazione e darci il tempo, con pazienza, di risolvere il motivo a monte. Solo in questo modo il bambino smetterà di dire parolacce, infatti non avrà più un motivo per dirle o ripeterle 😊 Se tuo figlio non ti ascolta e vuoi approfondire perché non accetta le tue regole, puoi leggere qui l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
I nostri ragazzi non sono ormai più bambini piccoli: come possiamo riuscire a trasmettere le regole ai figli adolescenti e a farle rispettare senza dover lottare e senza dover accendere fuochi inutili? Quando i figli diventano preadolescenti o sono adolescenti avremo a che fare anche con l’integrazione di abitudini più difficili come ad esempio: la forza di volontà per spegnere i videogiochi quando è ora la forza di volontà di impegnarti e di finire di studiare se l’indomani c’è un compito in classe o se non vuoi rimanere indietro la forza di volontà di riordinare la tua camera, rifare il letto anche se non hai voglia ed è una cosa noiosissima ecc Man mano che crescono i nostri figli hanno bisogno di parlare e a volte anche discutere delle regole. Ciò che possiamo fare è dunque “metterci a tavolino” insieme e parlare di ciò che va fatto perché, ad esempio a seconda della situazione: si viva in una casa ordinata e pulita lo studio è importante e abbiamo deciso che questo ciclo di studi si deve concludere, magari alla bene e meglio, ma va finito e quindi in qualche modo bisogna affrontare lo studio. se riteniamo che tu possa giocare con i videogiochi, ma non ad oltranza, non passerai tutta la notte sui videogiochi ecc Ci mettiamo insieme a tavolino o sul divano e ne parliamo, ne discutiamo insieme, troviamo insieme delle soluzioni. Un esempio: ragazzi ho bisogno che mi aiutiate tenere la casa ordinata! Ad esempio supponiamo che ci sia bisogno di integrare l’abitudine di aiutare in casa tenendola in ordine. Parleremo ai nostri ragazzi, anche già dagli otto-nove anni in su, quasi come se fossero adulti, perché in grado di ragionare sulle cose personalmente. Diremo ad esempio che da soli non riusciamo a fare tutto, parleremo delle nostre necessità, delle nostre motivazioni. Gli parleremo di che cosa ci sta a cuore, che cosa ci preoccupa, che cosa desideriamo da parte loro. Diremo che vogliamo ascoltarli, che vogliamo ascoltare tutto ciò che hanno da dire su quello che per loro non va, che non hanno voglia di fare o che non piace. È importante non alzare muri tra noi e loro. Aiutiamoli ad esplicitare ciò che pensano: “Dimmelo pure: riordinare ti fa schifo. Trovi inutile rifare il letto alla mattina se tanto poi alla sera lo devi disfare” Sono quindi da evitare quelle frasi del tipo: “È così, basta, non si discute. Mi devi rispettare perché sono tua madre”. Perché altrimenti li abbiamo persi. I nostri ragazzi sono delle menti intelligenti. Se non faccio sentire un ragazzo giudicato, se gli parlo riconoscendo la sua consapevolezza e la sua maturità per l’età che ha trattandolo come chi ha voglia di crescere e diventare responsabile, allora non si chiuderà completamente, non trasgredirà o cercherà comunque di dare una mano. Ecco cosa nel pratico potremo dire per esempio: “ Abbiamo un problema: non ce la faccio più a fare tutto. Ho piacere che la casa sia ordinata e che tutte le parti della casa siano ordinate, comprese la vostra camera, le vostre cose, i vostri armadi. E poi sinceramente (e so che voi questo discorso non volete sentirlo), ci tengo anche a trasmettervi questa buona abitudine. Perché poi comunque, quando tutto è ordinato, la mente lavora meglio. Il corpo lavora meglio. Però è veramente noiosissimo, riordinare neanche a me piace. È uno sforzo anche per me perché non mi piace. Preferirei mettermi a leggere. Odio mettere in ordine e preferirei andare a fare una passeggiata. Però dopo aver fatto ordine in effetti sto meglio. Avere invece la casa che è un caos e dover impiegare una giornata intera alla settimana o ogni quindici giorni per rivoluzionare tutto perché ormai dobbiamo calpestare la roba per passare non è possibile. Dobbiamo venirci incontro. Qua servono tutte le nostre energie da samurai perché dobbiamo trovare un punto d’incontro” A questo punto li ascolteremo oppure saremo noi direttamente a dire: “Lo so che fa schifo riordinare, che sembra una perdita di tempo considerando anche tutto quello che hai da studiare. In effetti é una paranoia galattica. Dobbiamo trovare un punto d’incontro. Facciamoci venire delle idee. Facciamo un po’ di brainstorming perché insieme dobbiamo aiutarci”. Per trovare una buona via di mezzo, anche in questa fase eviterei di partire a tutta velocità dicendo: “Allora se io tengo ordinata la mia camera da letto, anche tu devi tenere ordinata la tua camera da letto. Quando io faccio le pulizie, anche tu fai le pulizie. L’armadio deve essere sempre a posto. Devi essere responsabile delle tue cose, ecc…” Se siamo una squadra, probabilmente partirei… come se fossimo una squadra 😊 Comportiamoci come se avessimo davanti non i nostri figli adolescenti, ma delle amiche o degli amici adulti con cui farei squadra. Ecco che allora possiamo procedere in questo modo: “Cosa ti piace fare? A me piace meno fare questo e a te? In questo invece mi sento forte, tu dove ti senti forte? Perché magari uniamo le forze due volte alla settimana e ognuno fa qualcosa proprio in base a cosa decidiamo insieme. Io posso togliere la polvere e lavare per terra. Tu puoi piegare i vestiti e sistemare le cose nell’armadio, ecc.” O ancora, proprio puntando su ciò che più ci piace fare o non amiamo: “A me piace stirare e posso farlo per tutti. Tua sorella preferisce togliere la polvere. A te piace passare l’aspirapolvere e lavare il pavimento e puoi fare quello”. Come fare per mantenere questi accordi? Ecco un esempio pratico: “Dato che non possiamo lasciare che da una volta all’altra questa casa diventi di nuovo il finimondo, ragazzi, che ne dite se ci aiutiamo a vicenda? Allora voi sapete benissimo in cosa io sono disordinata, giusto?” “Sì, mamma. Lasci tutta la roba fuori dai cassetti in bagno: i tuoi trucchi e le creme. Alla fine sei sempre di corsa e non le metti mai nell’armadietto. La sera non hai mai voglia di lavare i piatti, non li metti in lavastoviglie e alla fine è tutto poi da fare la mattina dopo, quando siamo di corsa. E poi non ti piace are il letto…ti dimentichi e non cambi le lenzuola tutte le settimane.” “Sì, tutto vero! Voi invece non mettete mai i libri in ordine. Tirate fuori la roba dall’armadio per vedere cosa vi volete mettere e poi non la ripiegate e non la rimettete dentro. Allora ci impegniamo ad aiutarci: io mi impegno a cambiare le lenzuola una volta alla settimana, a mettere i piatti in lavastoviglie la sera e a sistemare le mie creme e i miei trucchi ogni volta che li uso. Se per caso voi vedete che io mi dimentico, o magari tu Lucia, dopo un’ora, vai a fare la pipì e vedi che mi sono dimenticata di mettere via tutta la mia roba in bagno mi chiami. Ma non è che mi sgridi, dobbiamo aiutarci. Me lo dici gentilmente, mi chiedi magari se vuoi aiutarmi perché sono le prime volte e magari ancora non riesco da sola. E io faccio la stessa cosa con voi. Se mentre metto la roba nel cassetto vedo che c’è un gran caos, verrò da te e…. Lucaaaa sono andata di là e nel cassetto ho trovato qualcosa che non andava…c’è stata una rivoluzione nel cassetto! Che facciamo? Sono le prime volte.. Dai, lo facciamo insieme se non hai tempo o non hai voglia. Dai, avevamo deciso che questa era una sfida, lo fai in 5 minuti e poi ti aiuto io a studiare!” Regole adolescenti: ma come fanno ad imparare senza durezza e punizioni? Dopo aver letto questi consigli potresti pensare che in questo modo i tuoi figli non impareranno. Che tu sei cresciuta o cresciuto con la concezione che solo la durezza e la punizione possano aiutarli ad imparare e che questa modalità non sembri affatto rigorosa. Potresti pensare che in questo modo non integreranno mai la disciplina nella loro vita. Ma proviamo a fare un paragone con noi adulti, secondo me piuttosto calzante. Io, adulta, sono più disciplinata se qualcuno mi dà la frusta addosso per obbligarmi a fare le cose, oppure sono disciplinata se mi do degli stimoli, se mi motivo? Se qualcuno allo stesso tempo mi accoglie, mi dice “Guarda, lo so che è difficilissimo lavorare dodici-quattordici ore al giorno, eppure Roby in queste settimane ci devi dare dentro. Dai, magari alla sera ti cucino qualcosa di buono!” O magari con il mio dialogo interiore mi dico: “Dai, Roby, ce la fai. Sei bravissima. Guarda quante cose stai facendo. Stasera ti fai una bella doccia calda, poi ti rilassi.” Una modalità di questo tipo, più morbida, mi fa davvero essere una persona meno disciplinata? Mi fa trasgredire? Assolutamente no. Per i nostri ragazzi, che stanno crescendo, è la stessa cosa. Negli anni ho osservato che più do loro fiducia, più riconosco la loro consapevolezza, la voglia di impegnarsi, evitando di creare lotte di potere, e più loro dimostrano la voglia di darmi una mano. Trovo che con i ragazzi funzioni tantissimo il concetto di solidarietà, di squadra, di aiuto reciproco. Possiamo anche aiutarci disegnando ad esempio una mappa con tutte le nostre tappe della settimana e con i task di ognuno, in modo da avere tutto ben chiaro e in modo da poter segnare ciò che è stato fatto. Ci complimentiamo a vicenda, se abbiamo bisogno di una mano chiediamo agli altri di darci una mano: “mamma, oggi proprio non voglio, non ce la faccio: domani ho l’interrogazione di chimica e oggi mi toccherebbe la spolverata. Per piacere mi dai una mano? Oppure puoi farlo tu e in cambio io domani cambio le lenzuola per tutti perché tanto sarò tranquillo e avrò un sacco di tempo sabato per studiare”. Credo che questa sia la maniera più efficace per aiutare i nostri ragazzi a irrobustire la loro disciplina, imparare le regole, abituarsi a nuove abitudini, anche quando non hanno voglia, anche quando sono cose che non piacciono. Un altro esempio pratico: la disciplina nell’utilizzo dei videogiochi Possiamo applicare la stessa modalità per i videogiochi. Possiamo metterci anche in questo caso a tavolino e possiamo spiegare tutte le motivazioni per le quali non gradiamo. Spiegherò quindi tutte le mie motivazioni per cui non gradisco che stia troppo tempo a giocare con i videogiochi, il perché sinceramente non voglio e perché questa cosa mi preoccupa. Che la mia intenzione non è quella di privarlo dei videogiochi. Dirò secondo me che cos’è pericoloso e quale sia secondo me la maniera migliore per utilizzarli. Lui mi dirà la sua motivazione, cosa gli piace dei videogiochi e perché li usa. Mi dirà quando si accorge che si sta stancando, ma magari non ha la forza di smettere perché i suoi amici non stanno smettendo e si sentirebbe magari meno di loro. Mi racconta le sue difficoltà. Si definisce una regola di base di quanto si può stare, di come si deve stare, che se ha difficoltà a spegnere andrò io, lo aiuterò, parlerò io con i suoi amici. O troveremo insieme soluzioni come ad esempio portare gli amici anche qui a giocare ogni tanto, così potrò monitorare la situazione. Se ne parla insieme, sempre facendo leva sulla consapevolezza e sull’intelligenza che i ragazzi hanno quando crescono. Preadolescenti e adolescenti ribelli: cosa potrebbe non funzionare con le regole? Anche nella trasmissione delle regole, così come nella risoluzione dei conflitti, ci sono degli elementi che potrebbero vanificare o rendere meno efficace questo tipo di approccio. 1. Innanzitutto il “fattore abitudine”, soprattutto se siamo abituati ad arrabbiarci, a fare la morale, a essere molto duri. Per questo motivo all’inizio sarà forse un po’ complicato, trovare una via di mezzo tra l’essere ferma, ma avere questa modalità “morbida” in cui c’è una comunione di intenti si dialoga. È questione di abitudine: prova a non desistere, continua giorno per giorno ad allenarti, anche se le prime volte dovessi incontrare delle difficoltà. 2. Un’altra cosa che potrebbe succedere, è il fatto di non riuscire ad essere e rimanere così calmi. Magari ti viene subito il nervoso, ti arrabbi in generale, ti arrabbi con loro, ti viene da giudicarli come dei disordinati, dei maleducati. Senti di voler essere ascoltata e non ti senti abbastanza apprezzata da loro. Se così fosse, ti suggerisco allora di lavorare proprio su te stessa e sull’imparare a riuscire a rimanere più neutrale possibile. 3. Un’altra cosa che potrebbe vanificare un pochino i nostri intenti è, anche in questo caso, il fatto che con loro abbiamo faticato negli anni precedenti a costruire una relazione di fiducia. Se questa relazione di fiducia è venuta meno perché magari negli anni non li abbiamo mai ascoltati, di solito li rimproveravamo, usavamo le punizioni, le sgridate, ci sono conflitti legati alla gelosia tra fratelli o sorelle si sono sentiti trascurati da te si sono sentito giudicati in questi anni sei stata fredda e dura con loro o, al contrario, ti riconosco come un genitore troppo molle. non hanno fiducia in te. Allora è probabile che all’inizio tu debba dedicare qualche settimana o qualche mese a risanarla e ricostruirla e nel frattempo, puoi comunque iniziare a mettere in pratica questi suggerimenti proprio anche per aiutarti nel cercare di ricostruire un po’ alla volta, una relazione di fiducia. Puoi anche approfondire leggendo il nostro articolo: Conflitti Adolescenziali: da dove iniziare?
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Cosa succede ai conflitti quando i nostri figli e le nostre figlie crescono e diventano preadolescenti e adolescenti? Perché l’adolescenza è considerata un periodo difficile? Che fine fanno i capricci? Spariscono?… Magari!… Se chiediamo ai loro genitori di solito ci dicono che non spariscono affatto… anzi… peggiorano! Quando peggiorano, rischiano di trasformarsi in “mostri” ancora più terribili… le chiamiamo “lotte di potere” e ci danno grande affanno e preoccupazione. Se le cose non sono andate come speravamo, una volta cresciuti i nostri figli diventano ancora più strafottenti, sfrontati, si isolano, mentono, non si fidano di noi. Sembrano sprezzanti verso gli altri e il mondo intero, tormentati e spesso anche “maleducati”. Non siamo più davanti a un bambino che piange, o che vuole essere preso in braccio perché non vuole andare all’asilo, o perché non vuole mangiare. Non vediamo più un bambino che urla e strilla perché vuole un altro gelato. O ad una bambina che ci dice quanto siamo cattive perché non vogliamo prenderle la bambola che c’è in vetrina, ecc. Ci troviamo davanti un/una undicenne, dodicenne, tredicenne, quattordicenne, quindicenne o sedicenne e oltre che ci dice: “No, io questa roba oggi non la faccio” “Fattelo tu!” “Finiscila di rompere!” “Ma chi sei tu per dirmi cosa devo fare!” “Ti odio!” “Non avete mai fatto niente per me!” “Non capisci niente!” “Ma che vuoi?!… Vattene!” “Non ho bisogno di te” “Mi fate tutti schifo…” “E perché mai avrei dovuto dirtelo?!” “Faccio quello che mi pare… hai capito?!” Tutto questo ci fa molta più paura perché stanno crescendo, lo scenario che ci si prospetta davanti non è dei più rosei e pensiamo ad esempio: cosa succederà se va avanti così non è possibile ricucire le ho provate tutte senza successo potrebbe fare così anche fuori casa e chissà gli altri cosa penseranno potrebbe entrare in cattive compagnie potrebbe fare cose sconsiderate per punirci, ecc. C’è la nostra rabbia: per quanto si cerchi di portare pazienza, vederli così e assistere a certe loro risposte ci fa venire un diavolo per capello. Non è ammissibile ricevere questo trattamento dopo tutto quello che facciamo e abbiamo fatto per loro… sono davvero degli ingrati! Ma ci sono anche i nostri sensi di colpa: dove posso aver sbagliato? forse avrei dovuto stare di più con lui? forse saranno stati i troppi rimproveri? forse non gli ho dato la qualità di cui aveva bisogno? forse non ho mai capito quanto soffriva per la presenza del fratello? avrei dovuto fare di più, me ne sarei potuta accorgere prima, ecc. E poi c’è lo spazio del dolore: è doloroso vedere anni spesi ad amarli e sperare di avere con loro un rapporto meraviglioso e vederli crescere felici, sereni, soddisfatti e invece dover assistere a così tanta rabbia e incomprensione. So benissimo che se hai un figlio di questa età le preoccupazioni sono davvero tante e i dubbi ancora di più. Sono qui apposta per aiutarti a scioglierli e per farti vedere un po’ di luce al fondo del tunnel. Perché c’è una cosa importantissima che devi sapere: per quanto siano arrabbiati, per quanto facciano la voce grossa, per quanto sembrino strafottenti, per quanto cerchino di mostrarsi “già adulti” e autonomi, hanno in verità un grande bisogno di essere aiutati, sostenuti, capiti. Puoi osservarlo anche da te. Quante volte capita che con noi abbiano un cattivo rapporto, non vogliano mai un confronto o un suggerimento, siano scontrosi, con il muso sempre lungo e poi invece con altri adulti che conoscono al di fuori di casa (un insegnante, una zia, un nonno, l’allenatore sportivo, la mamma di un compagno, ecc…) si mostrino invece decisamente più docili, educati, con loro cercano un confronto, accettano i loro consigli, ridono e scherzano, apprezzano il tempo trascorso insieme, si fidano e si affidano? Ecco, la bella notizia che voglio darti prima che tu prosegua con la lettura e che anche se ci sono conflitti con i tuoi figli che stanno crescendo, anche se non sono più piccolini, puoi tornare a essere tu il loro “Aiutante Magico”. Puoi un po’ alla volta ricucire gli strappi e tornare ad avere con loro una relazione serena, di stima e di fiducia. Tutto quello che ti racconterò in questo articolo ha proprio questo scopo: Aiutarti a capire davvero cosa c’è dietro i comportamenti dei nostri figli quando non sono più bambini Cosa sono in verità le lotte di potere in preadolescenza e adolescenza Come interagire con loro in questi momenti Come recuperare la relazione anche se ci sono conflitti adolescenziali, incomprensioni e litigi ogni giorno Inizio a darti qualche strumento pratico per affrontare queste lotte di potere e litigate in adolescenza e poi ti dirò anche perché tutto quello che sto per dirti potrebbe non funzionare. Conflitti adolescenziali: lo “svitol” che scioglie le crisi Se è già da un po’ di tempo che assisti alla sua irrequietezza, ai suoi umori che cambiano, alle sue risposte sfrontate, alla sua rabbia, alla sua aggressività, ai suoi silenzi e pensi di averle provate già praticamente tutte ma senza risultato, credo ci siano alcune cose che devi sapere. Dopo un po’ di tempo è naturale che insieme alla nostra preoccupazione e alla nostra rabbia, si aggiunga anche una buona dose di frustrazione e delusione perché niente sembra funzionare. Crediamo di dover trovare quella soluzione in più che non abbiamo ancora testato e invece posso garantirti che la prima cosa da fare in questi casi è… fare meno. Ci sono degli ingredienti che vanno tolti il prima possibile e questi ingredienti sono: 1️⃣ La rabbia: arrabbiarci e iniziare anche noi ad urlare e inveire, non fa altro che mostrare loro la nostra debolezza e la nostra fragilità. Inoltre conferma loro che non sappiamo che altro fare se non urlare. 2️⃣ I giudizi: etichettarli come “maleducati, impossibili, ingrati, preoccupanti” non fa altro che cristallizzare tutto e bloccare qualsiasi possibilità di progresso. Senza queste etichette possiamo invece iniziare a dare un bel colpo di spugna e guardare ogni giorno noi e loro con occhi nuovi, cercando di filtrare e far emergere le possibilità, il bello e il buono che c’è in loro, le risorse utili da parte nostra e loro per poter iniziare a cambiare e ricostruire. 3️⃣ Le aspettative: inutile continuare a pensare a come le cose dovrebbero essere, rimpiangere perché così non sono, frustrarci perché il figlio o la figlia che abbiamo davanti non è uguale al bambino ideale che abbiamo in testa. Molto meglio basarci sulla realtà, su quello che abbiamo davanti realmente. Non parla? Bene, vediamo come posso rispettare il suo silenzio e nello stesso tempo fare qualcosa per riavvicinarmi. Urla ed è aggressivo con noi? Bene, posso provare a prendere in considerazione il suo dolore e il suo disagio e provare a intervenire diversamente anche se serve fermezza? Sì, insomma, come prima cosa serve un po’ di “svitol”. E cos’è che fa da “svitol” in questi casi? Io di solito lo chiamo effetto acqua. Sì perché mai come in questi momenti e davanti a queste difficoltà serve essere come l’acqua. L’acqua sa dove passare, scorre decisa eppure sempre dolce, non graffia eppure sa plasmare anche la roccia più dura, con pazienza, determinazione e costanza. Anche noi avremo bisogno di sfoderare queste doti e vedrai come in poco tempo i primi cambiamenti inizieranno a mostrarsi. I 3 ingredienti sciogli nodi nei conflitti adolescenziali Oltre a queste premesse che ti servono per preparare un buon terreno, per evitare che la tensione nell’aria si tagli con il coltello, che il muro tra voi sia troppo alto e spesso, ci sono poi di sicuro delle cose che potranno aiutarti nella pratica proprio quando queste lotte di potere ancora si accendono. Anche se può sembrarti strano, queste soluzioni sono molto simili paradossalmente a quelle che utilizziamo anche quando i nostri figli e le nostre figlie sono più piccoli/e… e funzionano! 😊 Primo: comprendi il suo punto di vista Per quanto possa sembrarti distante da come vivi e pensi tu alla tua età e dalla tua posizione, per quanto sia difficile a volte essere neutrali, occorre invece sfoderare le nostre doti di empatia e provare a infilarci nei loro panni: 👉 Se fossi tu quel bambino (perché poi alla fine sono ancora davvero un po’ bambini rispetto alla piena maturità dell’adulto…) che sta urlando con rabbia, cosa penseresti di te? Ti diresti che sei cattivo o ti chiederesti perché nessuno ti capisce e ti aiuta? Ti diresti che dovresti smetterla? o ti diresti che sei costretto ad urlare quello che hai dentro perché non senti ascolto e comprensione intorno a te? 👉 Se fossi quel bambino, giudicheresti la tua rabbia? o diresti che è del tutto lecita considerando i motivi che ti spingono ad avercela con i tuoi? 👉 Se fossi tu quel bambino, se conoscendo più o meno i motivi che lo spingono a comportarsi in questo modo, che adulto vorresti al tuo fianco? Cosa potrebbe o dovrebbe fare per te questo adulto? Di solito le risposte sono diverse, nuove, lontano da quello che finora abbiamo messo in pratica. Ti invito a prendere in considerazione queste risposte sincere perché sono utilissime e servono ad indicarti la via, la nuova direzione. Se ti metti dalla sua parte infatti ti sarà molto più facile sapere cosa fare e in particolare saprai meglio come accoglierlo (il nostro secondo ingrediente) Secondo: accogli i suoi sentimenti La cosa migliore che puoi fare in questi momenti è: Intervieni con calma Aspetta un attimo prima di arrabbiarti Aspetta un attimo prima di dire la tua, prima di partire con una lunga filippica o un rimprovero E piuttosto: accoglilo. Cosa vuol dire accoglierlo? Vuol dire avvicinarci in qualità di “Aiutante Magico” e mostrarci comprensivi rispetto a quello che sta provando in quel momento e alle sue motivazioni. È vero, non dovrebbe reagire così. È vero, è sbagliato urlare, dire parolacce ed essere aggressivi… glielo spiegheremo con il tempo e gli daremo alternative ma nel frattempo possiamo dire per esempio: “Mannaggia. Hai tutta questa rabbia e tutto questo nervoso. Eh, ci credo. Guarda, fermiamo tutto. Dimmi cosa sta succedendo” “è vero… la tua reazione non è delle migliori ma capisco bene tutta questa rabbia… è bruttissimo desiderare tanto questa cosa e sentire questo muro da parte nostra… fermati un attimo, ti spiego e vediamo che alternative ci sono…” “mi spiace molto che tu sia così arrabbiato, ti capisco benissimo, con tua sorella sempre tra i piedi non riesci mai ad avere un attimo di libertà e hai sempre la sensazione che teniamo le sue parti e non le tue, che non la rimproveriamo abbastanza…” Forse stai pensando che dovrebbero già essere in grado a questa età di saper gestire quello che provano dentro e non esplodere o sapere come ci si comporta con gli altri. Eppure non sempre è così e se ci pensi spesso e volentieri non è così nemmeno per noi adulti. Se non lo sanno fare e si arrabbiano con noi è perché questi strumenti ancora non li hanno integrati, non hanno mai imparato a farlo. Quindi bisogna ricominciare da capo, partire da zero e fargli vedere come si fa mettendoci dalla loro parte. Dunque cerchiamo di evitare la classica lotta di potere, dove il genitore pretende di essere in una posizione giusta e di poter dire al figlio: “io sono qui e ho ragione e tu fai quello che dico io. Tu sei lì e non hai ragione, non sei grado di ascoltarmi e fai solo delle storie”. Possiamo invece metterci nei panni di nostro figlio, chiederci perché sia così arrabbiato o frustrato, o come mai ci stia rispondendo con un “No” così eclatante. Forse ci tiene davvero tanto a fare quella cosa e possiamo chiedergli di parlarne prendendo in considerazione il suo stato d’animo. Ad esempio: “Parliamone: Dimmi qual è il problema…ok, non hai voglia di aiutare papà a svuotare la cantina” Possiamo capire come lo fa sentire questa cosa, possiamo prendere in considerazione il suo stato d’animo ed esplicitarlo: “Terribile, stavi giocando e adesso bisogna andare a svuotare la cantina. Una vera pizza! Certo…Smontare la cantina con papà…Assurdo. È bruttissimo, lo so amore”. Ascoltiamo la sua motivazione e accogliamo il suo disappunto: “Hai ragione. Ma chi avrebbe voglia?! Soltanto che va fatto. Dobbiamo farlo per forza. Adesso insieme troviamo una soluzione”. A questa età la soluzione potete anche trovarla insieme: “Dammi delle alternative. Quando potresti riprendere la partita? Potremmo chiedere a papà se magari si può posticipare un quarto d’ora. Così intanto puoi finire questo livello del videogioco? Troviamo una soluzione insieme.” Terzo: le redini di ferro Se da un lato ancora di più in questi anni diventa fondamentale essere accoglienti e fare l’effetto acqua, dall’altro lato diventa altrettanto vitale sfoderare tutta la fermezza necessaria. Sempre a proposito di acqua, è un po’ come quando usiamo la metafora degli argini. Per quanto questi giovani ragazzi e ragazze ci sembrino dei fiumi in piena bisognosi di tanta libertà e autonomia, se lasciati totalmente a briglia sciolta rischiano di perdersi ancora di più e di sentirsi ancora più smarriti. Proprio come l’acqua senza argini si disperde o fa disastri. Quindi, hanno bisogno di un adulto (meglio ancora se siamo noi genitori) che possa guidarli. Che sappia dire per loro i no che non sanno dire o dirsi, essere fermi su quella disciplina che ancora non hanno integrato. La fermezza a noi adulti spesso fa paura, abbiamo paura di non saperla reggere. Temiamo che aumenti l’intensità dei conflitti, che ci mostri come cattivi, ma dimentichiamo che la vera fermezza non è rigidità, non è rabbia, non è intolleranza. Possiamo essere fermi e dire di no anche senza arrabbiarci, anche con il sorriso. E l’accoglienza ci aiuta molto a equilibrare la dose di fermezza necessaria e farla accettare agli occhi dei nostri figli. Crisi adolescenziali: 2 elementi che quasi tutti ignorano Come ti dicevo all’inizio, potrebbe succedere però che tutto questo non ti dia i risultati sperati. Anche se metterai in pratica filo e per segno questi 3 ingredienti, se non dovessero funzionare ti suggerisco vivamente di prendere in considerazione questi due motivi principali che ti ho già citato ma che vale la gioia di ripetere… talmente sono importanti! Se tuo figlio (o tua figlia) adolescente / preadolescente ti aggredisce verbalmente, ti manca di rispetto o non rispetta le regole in casa è utile di prendere in considerazione 2 motivi principali che posso scatenare i temuti conflitti adolescenziali. 1. I giudizi e le aspettative È necessario che tuo figlio non si senta giudicato o attaccato. Se tu non sei neutrale e pur cercando di essere accogliente, calma e sorridente, dentro di te (anche se cerchi di nasconderlo) sta partendo il giudizio, o lo stai considerando inadeguato, o maleducato e inizi ad avere pensieri come: “Possibile? Sempre con sta Play. Deve imparare a darsi da fare. Deve imparare che ci sono delle regole da rispettare. Cosa gli costa mollare un attimo sto joystick e andare un attimo col papà?!”, allora non funzionerà. Con le parole potrai essere comprensiva, neutrale e tutto quello che vuoi, ma se dentro non lo sarai veramente, lui/lei lo sentirà. Entrerà in opposizione perché dentro di lui/lei penserà: “Possibile? Possibile che nessuno capisca mai come sto io? Che non capiscano quanto è importante per me e finire questa partita? Possibile che non capiscono che è normale non avere voglia?” Quindi ti aiuterai tantissimo se nel tempo, un passo alla volta, farai il possibile per evitare giudizi, etichette e aspettative di troppo. 2. La relazione di fiducia Il secondo elemento a causa del quale potrebbero non funzionare i suggerimenti è la relazione di fiducia. Spesso viviamo le crisi adolescenziali e i conflitti con i figli adolescenti come se ci svegliassimo un mattino e… all’improvviso il cielo è nero e si stagliano in cielo un sacco di lampi e tuoni rimbombano paurosamente. Il tutto senza segnali premonitori… nessuno se lo poteva aspettare. Anche con le lotte di potere che viviamo con i nostri figli, diciamo che arrivano come fulmini a ciel sereno, mai più ce lo saremmo aspettati e diamo la colpa all’età, agli ormoni, al momento, agli amici, alle influenze della società o direttamente a loro che sono cambiati e non sono più gli angioletti di prima o semplicemente stanno sfoderando la loro vera natura. E ci dimentichiamo di tirare in ballo due “cose”: noi e la relazione che abbiamo con loro. In questa occasione voglio in particolare concentrarmi sulla relazione. Su quel legame che abbiamo costruito negli anni fin da quando loro erano neonati, fin da quando li portavamo in grembo. Te lo dico perché le vere cause della loro crisi attuale non sono da cercare tra le fila di oggi o di ieri o dell’altro mese. Sono da ritrovare andando a spulciare ben prima, negli anni precedenti quando le cose hanno iniziato a vacillare senza che noi ce ne accorgessimo. Senza che potessimo pensare che quello che stavamo facendo potesse poi portare anni dopo a queste conseguenze. Se non si è creato un clima di fiducia, la loro diffidenza, la loro indifferenza nei nostri confronti esplode in questi anni: non si confidano, non hanno voglia di rispondere in modo costruttivo “guarda mamma, io non ho voglia di andare ad aiutare papà adesso: come possiamo fare?” Non hanno nemmeno voglia di essere collaborativi con noi o di farci dei favori, perché, dal loro punto di vista, è da un po’ di anni che si sentono ormai non capiti. Si sentono etichettati come sbagliati, o maleducati, come quelli che rispondono male. O magari quelli che trattano male la sorella, non aiutano, non studiano abbastanza e non portano voti sufficientemente alti a casa. Quindi, sintetizzando, l’invito che ti faccio qualora non dovesse funzionare, è proprio di accendere questi due “campanellini di allarme”, osservarti e valutare quanto sono infiammati e pulsanti. Se dovessi accorgerti che in effetti in passato ci sono state delle falle, delle ferite non rimarginate, non disperare e non sentirti in colpa. Giustamente nessuno ti ha mai detto prima cosa potevi fare per evitarlo. E hai fatto tutto il possibile per gli strumenti che avevi in mano e per quello che potevi dare in quel momento. Sii fiduciosa perché puoi dare un bel colpo di spugna al passato e ripartire da zero. O meglio… da più tre o anche quattro o cinque, perché adesso hai nuovi spunti e strumenti pratici che possono aiutarti a riprendere in mano le fila del vostro rapporto e come prima cosa ripristinare una relazione di fiducia. Come si fa a ricostruire una relazione di fiducia con un figlio adolescente che sembra ormai logora? Sono tante le cose che possiamo fare e in questa occasione. Inizio a dirtene alcune e molte di quelle che abbiamo già detto sono proprio utili per questo fine: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Cerca un po’ alla volta di ridurre i giudizi, le etichette, le aspettative nei suoi confronti 3️⃣ Ritorna a prendere in considerazione i suoi punti di forza, la fiducia nelle sue capacità di capire anche il tuo punto di vista e di ridimensionare un po’ alla volta il suo atteggiamento per imparare a dire le cose in modo diverso 4️⃣ Quando intervieni, prima di attaccare a tua volta, prima di avere fretta di esporre il tuo punto di vista e le tue preoccupazioni, prova a metterti nei suoi panni e accogli il suo punto di vista 5️⃣ Ricorda che hanno bisogno di sentire al loro fianco adulti maturi che sappiano essere fermi e coerenti, a fare la parte più scomoda che è la più difficile ma anche la più necessaria 6️⃣ Favorisci il dialogo tra di voi, che all’inizio sarà magari più superficiale, saprà mettere da parte gli argomenti scomodi che fino a ieri sono stati fonte di conflitto. Chiacchierate delle sue passioni, dei suoi sogni e ci sarà poi tempo in questo clima più disteso affrontare le difficoltà e le incomprensioni 7️⃣ Ricordati anche soprattutto di ascoltare. Ascoltare in maniera autentica e sentita, senza fretta. Proprio come vorresti essere ascoltata tu quando vuoi dire il tuo punto di vista, quando hai qualcosa da raccontare, qualcosa da tirare fuori o per cui sfogarti 😊 Puoi approfondire questi argomenti e trovare spunti pratici leggendo l’articolo: Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
Sei alle prese ogni giorno con 2 o più figli che litigano sempre? Se li lasci un momento da soli tuo figlio picchia la sorella o esplodono gelosie, si azzuffano e si fanno male? In questo articolo ti descriverò passo passo come comportarti mentre i tuoi figli si scontrano, urlano e diventano aggressivi. Quando due bambini litigano e uno è tuo figlio e l’altro no, può sembrare più semplice perché, di fatto, accadono tendenzialmente 2 cose: 👉 Scena n°1 Ti metti dalla parte di tuo figlio: lo accogli, lasci che l’altro bambino sia gestito dall’adulto che è con lui e finisce lì (“a ciascuno il suo…”) 👉 Scena n°2 Rimproveri tuo figlio: per perbenismo ti metti dalla parte dell’altro bambino facendo la figura del genitore altruista. Succede la maggior parte delle volte anche se è la soluzione più sbagliata… Tuo figlio rimane mortificato, tu hai fatto bella figura con il genitore dell’altro bambino e finisce lì. Ma come gestire i litigi quando i bambini sono entrambi i tuoi? Come fai a prendere le parti di entrambi i tuoi figli? Come si fa a garantire ad entrambi gli stessi diritti in qualità, la stessa comprensione e lo stesso sostegno? Per di più nello stesso momento? Come si fa a togliere il gioco a uno per darlo all’altro? È un’ingiustizia… Sono tutti e due tuoi figli! Avere figli che si picchiano, sono aggressivi, sono gelosi e che litigano è un classico in quasi tutte le famiglie. Sono eventi quotidiani che che esasperano entrambe le parti e che peggiorano l’umore in famiglia. Vediamo adesso cosa puoi fare da oggi per risolvere i conflitti velocemente e per far sì che nel tempo non se ne creino di nuovi. I miei figli litigano: 3 punti fermi da conoscere Per prima cosa voglio marchiare a fuoco, imprimere nella roccia 3 punti fermi: 1️⃣ È naturale che due fratelli o sorelle litighino tra di loro e che si contendano le attenzioni di mamma e papà 2️⃣ Non è una questione vitale il dover amare per forza il proprio fratello (o sorella)e il doverci andare d’accordo per forza. È un peso, una responsabilità, troppo grande soprattutto per i bambini piccoli 3️⃣ Più i bambini vengono trattati come figli unici e meglio stanno e più riescono a giocare, passare del tempo, collaborare con i propri fratelli (questo passo è la base di partenza se i tuoi figli litigano sempre) Questo non vuol dire che non bisogna fare il secondo, il terzo, il quarto figlio. Vuol dire che bisogna sapere a cosa si va incontro e agire di conseguenza dando a ciascun figlio le dovute attenzioni. È più difficile? Sì è sicuramente più difficile ma non impossibile. L’importante è metterlo in conto fin da subito: quando decidiamo di allargare la famiglia evitando di considerare una certezza che giocheranno insieme e non ci saranno gelosie da risolvere. Se non si conoscono queste dinamiche fin da subito è normale sentirsi frustrati perché non si sanno gestire più bambini nello stesso tempo e si finisce per delegare la responsabilità a loro: “sono terribili, non mi ascoltano, non ci sono più i bambini di una volta, ma a chi assomigli!” Fratelli che si picchiano: come gestire il litigio iniziato quando non c’eri Vediamo adesso quello che puoi fare quando la battaglia sanguinosa è già iniziata mentre tu eri in un’altra stanza. Di solito succede che inizi a sentire delle lagne, delle urla, il rumore di una manata che finisce su una guancia, il rumore di giochi che si spiaccicano per terra, “ahi!”, “smettila!”, “adesso chiamo la mamma!”, ecc. Tu alzi rassegnata gli occhi al cielo, lasci perdere quello che stai facendo e corri da loro, sbuffi, metti i pugni sui fianchi, li guardi di storto, e chiedi cosa è successo e chi ha cominciato… Ognuno di loro dice la sua, tu dici “poverino” a chi le ha prese e “sgridi” chi ha causato il pasticcio, gli dici che non si fa, magari lo metti in castigo o gli dai una sberla, preso dal nervosismo ritiri i giocattoli e li separi uno da una parte e uno dall’altra. Fino a quando? Chi può dirlo… a volte la pace dura per tutto il pomeriggio, per tutta la sera, a volte invece solo il tempo di tornare a fare quello che stavi facendo prima di essere interrotto. E si ricomincia da capo. Ecco il primo suggerimento che, lo so, potrebbe farti trasalire, o farti venire la febbre, o farti alzare di scatto oppure anche farti imprecare contro di me perché sono una pazza. Ti chiedo di aspettare un attimo prima di giudicare e di prendere in considerazione l’utilità delle soluzioni, anche se queste vanno contro corrente. Quando due fratelli litigano tra di loro, evita di pensare che il tuo intervento possa essere superfluo, soprattutto nel momento in cui la situazione sta degenerando e il carico emotivo sta diventando per loro eccessivo (uno di loro piange, alza le mani, butta le cose per terra, urla, chiede l’aiuto di un adulto, ecc.). 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre Passo 1: sei i tuoi figli litigano e si azzuffano renditi disponibile Quando i tuoi figli litigano intervieni, mettiti a disposizione, prendi tu in mano la situazione perché, se fossero davvero in grado di gestire la situazione, il loro territorio e le loro cose, la loro emotività e nello stesso tempo anche il rapporto con l’altro, non arriverebbero a tanto. Se ci arrivano è perché non hanno ancora la maturità per farlo. Passo 2: Trova tu la soluzione Prendendo in mano la situazione è importante che sia tu a fornire la soluzione ideale per entrambi, che sia tu a mostrarti risoluto, non arrabbiato, equilibrato, sicuro di quello che stai facendo, senza ledere l’emotività di nessuno. Così i tuoi figli si sentiranno finalmente rassicurati. Di solito in questi casi è bene comprendere le ragioni di entrambi (lo vediamo tra poco) e poi trovare per esempio un gioco che possa fare l’uno da solo e un altro gioco che possa fare l’altro da solo (almeno finché non si calmano le acque). Oppure farti aiutare a risistemare il campo di battaglia e poi farli venire con te e fare qualcosa tutti insieme (il fatto che ci sia un adulto a mediare tra i loro bisogni, a dare a entrambi le giuste attenzioni, a gestire i tempi e i modi del gioco è il primo strumento utilissimo affinché non si creino lotte di potere tra fratelli). Passo 3 – Comprendi le ragioni di entrambi quando i tuoi figli litigano Questo è il suggerimento più importante e quello più contro corrente quando i figli litigano un giorno sì e l’altro anche! Quando accorri sul campo di battaglia è naturale che tu possa e voglia soccorrere chi dei due “le ha prese”, chi sta piangendo a squarcia gola, chi si è visto il giocattolo essere miseramente distrutto dal nemico, chi si ritrova senza una ciocca di capelli. È quindi naturale che tu ti possa abbassare sulle ginocchia e mettere una mano sulla schiena al bambino “ferito”, avvicinarlo a te, porgergli un fazzoletto e cercare di consolarlo. Questo è naturale, ci viene spontaneo ed è bene farlo. Ma c’è un pezzettino in più che tutti dimentichiamo. L’altro contendente dov’è? Cosa sta vivendo? Cosa ha vissuto prima di sentirsi spinto a rompere il gioco del fratello? Di solito, accecati dal senso di ingiustizia, premiamo la vittima e rinneghiamo e puniamo l’assalitore. Ma siamo proprio certi che quest’azione funzioni e che risolva il litigio fra fratelli o sorelle? Ecco perché insiste sempre sulla motivazione profonda del bambino. Bene, anche nel caso delle liti tra fratelli la situazione non cambia. Infatti se il figlio “cattivo” (ai tuoi occhi di giudice imparziale), quello che alla fine ha picchiato, rotto, fatto del male, offeso, non avesse avuto un motivo valido e profondo per agire così, credi davvero che si sarebbe accanito con tanta foga contro un suo simile? Posso garantirti che la risposta è no. Il bambino è un “animale” pacifico che reagisce solo se provocato o solo se non riesce a contenere le emozioni che lo stanno annegando. Quando i bambini picchiano un altro bambino, gli fanno un dispetto o altro, lo fanno per difendersi, per liberare una forte emozione (come fai tu, lo abbiamo visto, quando lo punisci o alzi la voce, quando invece alla tua età dovresti aver imparato a essere più neutrale), perché si sono sentiti offesi, violati, perché hanno visto il loro territorio minacciato, perché hanno avuto paura, perché si sono sentiti prevaricati, ecc… Quindi se davvero vuoi risolvere nel migliore dei modi il conflitto che si è acceso tra i tuoi figli: Passo 4 – Rivolgiti con amore a chi ha scatenato la lite, accogliendo le sue ragioni, perché è lui il più ferito Puoi consolare la vittima ma sentiti obbligato a sostenere chi dei due ha acceso la lite, chi, in teoria, dovrebbe essere “sgridato o punito”. Avvicinati a lui, guardalo negli occhi e con tono amorevole puoi dirgli per esempio: “Amore, che cosa è successo! Mannaggia, deve proprio averti fatto arrabbiare tanto se sei arrivato a tirargli uno schiaffone!” “Dimmi cosa è successo, ti capisco, forse non hai proprio potuto farne a meno… io sono qui per aiutarti, per risolvere la situazione… adesso ti aiuto, non ti preoccupare”. Inutile perdere tempo in filippiche perché tanto i bambini sanno già che “non si fa”, sanno che gli altri non si picchiano, sanno che non si dicono parolacce, sanno che anche i giochi si rispettano. Soltanto che, se al loro volta non si sentono rispettati, se si sentono feriti e perdono il controllo della situazione. Capita (anche a loro) esattamente quello che succede a te quando perdi la pazienza, quando inizi ad urlare, quando li punisci, quando li ricatti, quando ti arrabbi, ecc. Cosa fai? Ti metti in punizione e vorresti una sberla da qualcuno? Ti dici che sei un bambino cattivo? Grazie! Lo sai benissimo che non si fa! Capisci l’empasse e vai avanti dicendoti che sai che non dovevi farlo ma ti è scappato, come se non potessi farne a meno. L’esatta fotocopia di quello che sta provando tuo figlio. Anche per lui dovrebbero valere le stesse regole e quindi comprensione, amore, azioni di soccorso e soluzione. E non dimenticare che: i tuoi figli restano comunque figli unici. Non pretendere che giochino insieme per forza, non dare per scontato che vadano d’accordo, che si guardino l’uno con l’altro. Non è detto che l’uno sia nato per non far sentire solo l’altro, anzi. Forse anche tu hai fratelli o sorelle e non sempre siete andati d’accordo, chissà quante volte non ti è venuto spontaneo considerarlo come una cellula dei tuoi stessi genitori, come un intruso, come un pezzo in più, anche se oggi siete adulti e tutto va bene. Passo 5 – Tempo esclusivo per i figli: quando litigano abbi cura di riservare momenti esclusivi Il tempo esclusivo è il modo migliore per ridurre nel tempo le lotte e i litigi. È fondamentale riservare durante la giornata o durante la settimana dei momenti esclusivi che ciascuno di loro possa trascorrere da solo con mamma o con papà oppure anche con un altro adulto (nonni, tata, vicina di casa, amici, ecc.). Ti faccio qualche esempio pratico: mentre uno è con mamma a cucinare, l’altro è con papà a giocare o a fare la doccia, mentre uno è casa con mamma l’altro è dalla nonna (e poi si farà cambio il giorno o la settimana successiva), mentre uno e a nuoto, l’altro è con papà, mentre uno dorme l’altro gioca con mamma, ecc. Più momenti intensi esclusivi vivono e più sentono appagati (riempiendo il loro bicchiere emotivo di attenzioni e coccole che non devono spartire con il fratello/sorella), riuscendo a sostenere molto meglio i momenti da trascorrere insieme ai fratelli (anzi, spesso si creano poi spontaneamente situazioni in cui vogliono giocare serenamente insieme e trovano anche da soli le soluzioni ai piccoli conflitti). Ecco come uscire fuori dal vortice dei figli che litigano 🙂 Se vuoi approfondire come aumentare la qualità del tempo leggi qui: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Mio figlio non condivide i giochi: è un bambino egoista? Averti suggerito come risolvere le liti tra i fratelli, ci dà la possibilità di aprire una parentesi per parlarti di tutte quelle situazioni in cui tuo figlio non vuole prestare i suoi giochi agli amichetti o in cui inizia a dire che tutto è suo. Bene, voglio anche in questo caso rassicurarti sul fatto che tuo figlio non è un egoista. È naturale che viva la sua sana fase di egocentrismo e che possa esprimere quello che sente. Anche in questo caso ti suggerisco di comprenderlo dicendogli che sai che il gioco è suo e che lui ha ragione a essere arrabbiato per un qualcosa che gli è stato per esempio tolto di mano. Solitamente anche solo questo passaggio è sufficiente per calmarlo. Se ci sono gli adulti di riferimento per “l’altro contendente” puoi: delegare a loro la gestione del loro figli e tu restituire il giocattolo al legittimo proprietario. Quando si tratta di giochi comuni come lo scivolo al parco oppure i giocattoli della scuola materna (che sono di fatto di tutti), ti suggerisco: 1. di mediare con pazienza e dolcezza 2. e soprattutto dare sempre uno spazio prioritario ad accogliere il sentimento del bambino per esempio dicendo “sì, hai ragione a volerlo tutto per te…” Da ricordare per risolvere i litigi fra i tuoi figli La maggioranza dei genitori cerca a tutti i costi di far andare d’accordo i figli, in modo che giochino insieme e che si vogliano bene. Se i tuoi figli litigano abbiamo visto perchè bisogna uscire il prima possibile da questo effetto valanga che spesso peggiora solo i litigi e le gelosie fra fratelli e sorelle. Quindi da oggi: 👉ricordati di non pretendere che i tuoi figli vadano per forza d’accordo e che giochino insieme! 👉puoi intervenire per sedare il conflitto agendo direttamente sulla causa che ha scatenato il litigio e senza causare ulteriori malumori (i 4 passi di questo articolo). 👉riserva momenti esclusivi per i tuoi figli quando possibile. 👉i figli egosti… non esistono! Non è una colpa odiare la sorella: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle? Scopri qui tutti i dettagli delle cause che portano i tuoi figli a essere gelosi e a litigare in questo articolo: come nasce la gelosia tra fratelli e sorelle?
Vediamo come gestire al meglio i dispositivi tecnologici? Cosa puoi fare se tuo figlio vuole stare tutto il giorno attaccato a Tv e videogiochi?
Con figli a casa disordinati la vera sfida spesso è restare in piedi fra macchinine nel soggiorno, bamboline in giro, calzini e magliette ovunque, vecchi disegni accartocciati per le stanze… La vera domanda è: ma quando impareranno a essere ordinati?! In verità nell’ordine e nel pulito il bambino ci sta bene. Ordine fuori è per lui, come per gli adulti, ordine anche nella propria interiorità con tutti i vantaggi che questo comporta. Anche se può sembrare strano tutti i bambini nascono tendenzialmente amanti dell’ordine e della pulizia. Anche quelli che oggi ti sembrano disordinati! Soltanto che nel loro cammino possono succedere delle cose che li deviano e lasciano morire in loro questa attitudine naturale. Perchè bambini e ragazzi diventano disordinati? Solitamente le motivazioni principali sono 3: 1️⃣ Esempio ricevuto: a volte i bambini disordinati hanno entrambi o uno dei due genitori un po’ disordinato. 2️⃣ Opposizione: se tuo figlio per qualche motivo è arrabbiato con te e se tu all’ordine ci tieni, è probabile che utilizzi il disordine per attirare la tua attenzione sul suo disagio emotivo. In questo caso è utile, come sempre, andare all’origine del suo disagio e risolvere quello come primo obiettivo. 3️⃣ Energia repressa: i bambini che portano in corpo carichi di energia non espressa possono diventare nervosi, scontrosi, confusionari e distratti. Questo aspetto si può riversare anche sull’ordine dei loro giochi, della cameretta, dei vestiti, dei quaderni, ecc. In questo caso è utile porre attenzione alle loro attività giornaliere e settimanali assicurandosi di: 👉 permettere loro di potersi esprimere di più (correre, giocare all’aperto, non sentirsi troppo limitati in quello che vogliono fare o sperimentare) 👉 gestire al meglio il ritmo della giornata, prevedendo anche momenti di tranquillità e di riposo (oggi molti bambini non sanno più come godere del silenzio, dell’assenza di movimento, della serenità, d’animo, dell’attesa). 5 indicazioni per insegnare l’ordine a tuo figlio Oltre a questi dettagli, ecco comunque qualche suggerimento pratico per aiutare tuo figlio a essere spontaneamente più ordinato (se oggi questo è per voi un problema): 1. Se i tuoi figli si rifiutano di riordinare inizia con l’esempio Fai in modo che tuo figlio ti osservi mentre metti in ordine, mentre sparecchi, mentre sistemi la cucina, il salotto, la cameretta. Fai il possibile per fare queste cose con gioia sincera, senza sbuffare, trovandone sempre il lato positivo, organizzandoti meglio per non stancarti o dover fare di corsa. Solo così tuo figlio potrà imitandoti non farsi un’idea negativa del riordinare o del “non rimandare se puoi farlo adesso”. 2. Come insegnare l’ordine: fatelo insieme Più tuo figlio è vicino agli zero anni e più è impossibile pretendere che metta in ordine da solo. Se tuo figlio si sta avvicinando ai 7-8 anni o se li ha superati ma continua a non essere autonomo su questo aspetto, è probabile che non lo abbia assimilato negli anni precedenti e quindi bisogna “tornare indietro”. Riordinate insieme finché non noti che tuo figlio inizia a prendere iniziativa autonoma. Vedrai che spontaneamente inizierà a fare delle cose da solo. Per esempio incomincerà a svestirsi e mettere i vestiti sporchi nel cesto in bagno anziché lasciarli per terra, piuttosto che togliersi le scarpe e metterle nella scarpiera invece di lasciarle sparse sul tappeto in salotto, o altro. I tempi sono differenti da bambino a bambino… tu intanto non mollare! 3. Fatelo giocando (e divertitevi mentre riordinate i giochi) Se riordinate insieme pensando che sia noioso, se lo fate con un senso del dovere pesante e asfissiante, come è possibile che il bambino si appassioni e riordinare diventi per lui una piacevole abitudine? Quindi ti suggeriamo di farlo anche giocando. Per esempio potete improvvisarvi dei pirati o dei corsari che rassettano la nave. Potete giocare a fare Cenerentola, pulire e poi andare al ballo. Potete giocare a fare le formiche che meticolose e puntigliose mettono in sesto il loro formicaio, ecc. I risultati sono stupefacenti e ci si diverte un sacco! 4. Superati i primi anni inizia a dare piccole assunzioni di responsabilità Nella maniera descritta in precedenza tuo figlio può abituarsi spontaneamente a riordinare. Comunque, una volta superata i primi 6-7 anni, quando lui stesso diventa più consapevole di se stesso e si attiva in lui il bisogno di essere più autonomo, puoi iniziare a delegargli nel corso degli anni sempre maggiori responsabilità. Per esempio puoi iniziare con : 👉 l’accudimento di un animale domestico 👉 portare fuori la spazzatura 👉 mettere le proprie stoviglie nel lavandino una volta finito il pasto (lo devono fare anche gli adulti) 👉 essere autonomo nella gestione della cartella, ecc. 5. Prevenzione per figli disordinati: fai in modo che possa fidarsi di te! Seguendo sempre di più uno stile educativo che segua davvero al meglio la natura di tuo figlio, sarà più facile per tuo figlio stimarti in qualità di genitore. Se tuo figlio ti stima, se si sente amato e accolto da te, non vorrà fare altro che poterti imitare e, nel caso dell’ordine, se tu sei una persona pulita, precisa e ordinata, tuo figlio lo sarà altrettanto. Dal diario di Roberta: secondo V. i giocattoli non sono mai in disordine! (la soluzione dello svezzamento) Ora ti racconterò una storia per chiarire come puoi mettere in pratica i suggerimenti quando hai in casa un figlio disordinato. Come per il discorso igiene, anche per l’ordine io e V. abbiamo punti di vista differenti. Per me ordine esteriore è sinonimo di ordine interiore e l’uno aiuta l’altro, riordinare se ti impegni è una cosa veloce e il risultato appaga. Per lui invece riordinare non ha senso: perché perdere tempo a tirare dentro e fuori se tanto con quei giocattoli ci giochi tutti i giorni? È inutile perdere tempo nel riordinare se quel tempo lo puoi utilizzare per giocare fino all’ultimo. Se il disordine è sul tappeto del salotto, dove soggiornano gli ospiti, secondo lui basta che le persone scavalchino i giochi che sono per terra per arrivare al divano. E se anche lì ci fossero giochi è sufficiente spostarli o evitare di sedersi. Il bello di avere figli disordinati e che amano giocare 24 ore su 24! Anche io in verità non sono proprio maniaca dell’ordine, ma giusto quel minimo per non inciampare, per non perdere oggetti, per non impiegare mezza giornata quando bisogna ritirare davvero. Preferisco almeno alla sera ritirare tutto nei vari cesti o cassetti appositi. Che fare dunque se davanti alla richiesta di riordinare le risposte di V. sono sempre le solite? Per esempio: “Dopo”, “Adesso non ancora”, “devo finire”, “non ho voglia”, “nooooo, ti pregoooo!”, ecc. Bè, riordinare bisogna riordinare e anche imparare a farlo come abitudine lo ritengo importante. Come fare? Nell’unico modo che credo sia davvero efficace a breve e a lungo termine, quello che rispetta anche la sua natura, oltre che raggiungere il risultato desiderato (fare ordine). Come convincere i figli a mettere in ordine con lo svezzamento Ecco che con santa pazienza, giorno dopo giorno, ho messo in campo una sorta di svezzamento. Ho iniziato con pazienza da lontano, riordinando io con lui che mi aiutava in qualcosa. In questo modo V. ha potuto osservarmi per qualche giorno e vedere che in fondo era una cosa veloce, che non era faticoso e che si poteva fare giocando e sorridendo. A quel punto iniziava a mostrarsi più disponibile e allora gli ho detto che lo avremmo fatto insieme, un po’ a ciascuno, suddividendoci i compiti. All’inizio per me le cose più pesanti e difficili e per lui il contrario. Per esempio io portavo di là i giochi ingombranti mentre lui rimetteva insieme i fogli da disegno e li infilava sotto la tv a 20 centimetri di distanza. Nei giorni successivi ho lentamente invertito la rotta fino ad arrivare a una equa distribuzione dei compiti. V. quasi non se ne è reso conto, o meglio, se ne è reso conto ma in questo modo non è stato né traumatico né pesante. Un po’ come quando vai in palestra. Se all’inizio non esageri, puoi aumentare la complessità degli esercizi senza rendertene conto. Se invece passi per esempio da 1 serie di addominali a 10 serie, non vorrai mai più entrare in una palestra in vita tua! Dunque, abbiamo continuato così per qualche giorno finché ho iniziato a invertire la rotta “a mio favore”, ovvero più giochi da ritirare per lui e meno per me. Dopo qualche tempo la situazione era la seguente: V. non ritirava ancora i giochi se io non glielo chiedevo o non glielo ricordavo e non lo faceva da solo, ma abbiamo raggiunto un ottimo risultato. Infatti, nelle ultime settimane, mi bastava dire che bisognava ritirare e che io sarei stata con lui per vederlo alzarsi e iniziare a ritirare tutti i giochi portando a termine il compito. Nel frattempo io stavo con lui, magari mettendo via qualche pennarello e supportandolo per indicargli dove andava messa la roba. Con il trascorrere del tempo è diventato indolore per lui mettere in ordine grazie all’esempio che ha avuto, come ha visto tante volte fare a me (senza arrabbiarmi o ricorrere a ricatti e minacce) e come abbiamo fatto tante volte insieme giocando, ridendo, scherzando. Anche se può sembrarti impossibile oggi raggiungere questo risultato e pensi che tuo figlio sia un disordinato cronico e che non riuscirai mai a insegnargli ad essere ordinato ti suggerisco di riflettere sulla vostra relazione, se il suo rifiuto a riordinare sia legato a qualcosa che non ha funzionato in passato fra di voi. Puoi cominciare leggendo Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate).
Presi come siamo dalla nostra frenetica routine quotidiana, abbiamo spesso l’impressione che le giornate scivolino via senza che la lista delle cose da fare si accorci, o senza che riusciamo davvero a goderci i nostri figli! Ma come possiamo migliorare la qualità del tempo dedicato ai figli? Vediamo oggi 4 soluzioni. 1. Non hai tempo per tuo figlio? Soluzione: inverti le priorità Quando torni a casa dal lavoro, magari hai già la testa in cucina: “Che cosa preparo? Quando finisco le faccende domestiche? Quando faccio la lavatrice? Suggerimento: non lasciare il tempo con i figli in coda alla lista! Scardina il meccanismo del “prima il dovere e poi il piacere”: basta poco per farli sentire coccolati e ascoltati. Quando arrivi in casa, fai in modo che il tuo primo pensiero siano loro: “Amore, sono a casa! Non vedevo l’ora di tornare per giocare un po’ con te!” Basta una partita a carte, un gioco da tavolo, prendere un tè con le bambole o una gara di macchinine: anche se pensi di perdere del tempo, in realtà lo stai guadagnando! Perché in questo modo si sentiranno appagati e vi lasceranno più tempo dopo da dedicare alle faccende di casa. Prova e vedrai quanto tempo guadagnerai. 2. Tempo di qualità o quantità con i figli? Soluzione: ritorna bambino Per i bambini e i ragazzi non conta tanto quanto tempo trascorri con loro, ma COME. Se trascorrete insieme anche un intero pomeriggio, ma non li ascolti perché ha la testa altrove o guardi sempre il cellulare, quel tempo non vale molto. Prenditi invece anche solo mezz’ora da dedicare in maniera immersiva ed esclusiva a tuo figlio: stacca il cervello dalle cose da fare e spegni il cellulare. Goditi il gioco e prova a tornare bambino! Si tratta di semplici accorgimenti per instaurare una routine familiare che non dimentichi i momenti piacevoli da passare in compagnia dei figli, chiudendo fuori il mondo e facendo iniziare il gioco! 3. Non lo capisci? Soluzione: mettilo sempre al primo posto Tuo figlio ha bisogno di sentirsi sempre in qualche modo “visto, considerato”. Ha bisogno di sentire che noi siamo interessati a quello che lui fa, a quello che lui dice, che noi lo consideriamo. Ci sono 3 passi che possono aiutarti a migliorare la qualità del tempo che trascorrerete insieme e per farlo sentire al primo posto! Passo 1: occhi Una delle cose migliori che puoi fare è guardarlo negli occhi quando parla. Fermarti un secondo, guardalo negli occhi e ascolta quello che ha da dire. Anche nella tua situazione lavorativa classica, se parli con un collega e lui intanto fa altro, ti senti considerato? Forse non molto? Se lui ti parla mentre fa altro non riesce a connettersi davvero con te, a guardarti negli occhi, ad essere concentrato su di te e sull’emotività che ti accompagna. Non può capire: “Secondo me questa cosa non ti è piaciuta tanto. Ti stai un po’ arrabbiando. Forse ti dà fastidio, ma non me lo stai dicendo”. Senza lo sguardo non si colgono queste cose. E con i bambini è uguale. Spesso noi genitori ci lamentiamo: “Non riesco a capire che cosa prova” Ecco perché. Perché non lo guardiamo abbastanza. Nel momento in cui lo guardi un po’ di più, lo osservi, fai qualche domanda in più guardando che faccia fa, la luce che ha negli occhi, come si muove, che cosa dice… Allora vedrai che diventa tutto più facile. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e guardare tuo figlio gli permette di sentirsi amato, accolto, di sentire che lui esiste e che esiste per l’amore di mamma e papà, il vero motore e l’alimento che lui desidera di più. Passo 2: abbassati Abbassati alla sua altezza ogni volta che ti è possibile quando vuoi comunicargli qualcosa. Passo 3: sentimenti Chiedigli spesso come si sente: si sentirà ascoltato e imparerà a sua volta ad entrare in contatto e a riconoscere i suoi sentimenti. Quando rientra da scuola o dalla scuola materna, per esempio, evita di chiedergli: “Come è andata?” (lui si proietta nel fare e nella performance) e chiedigli piuttosto: “Come ti senti? Come sei stato stamattina a scuola?” (si sente messo al primo posto e sente che per mamma e papà è importante innanzitutto lui come individuo e non per quello che fa) 4. Trascorro poco tempo con mio figlio! Soluzione: Organizza esperienze di (estrema) qualità Sarebbe molto comodo avere figli che “dove li metti stanno”, e sappiamo benissimo che il tempo è sempre poco. Ma… quando possibile possiamo giocarci la carta della sperimentazione senza limiti. Infatti i bambini e i ragazzi, per imparare, per crescere, per scoprire come risolvere i problemi quando saranno grandi, per avere fiducia e stima in se stessi, hanno bisogno di fare, di sperimentare, di sporcare e di sbagliare. Non ti preoccupare solo del riordino: poi metteranno a posto, perché tu gli dai l’esempio. Se tu sei ordinato, loro saranno ordinati, se non hai conflitti e lotte di potere con loro, ti seguiranno e se tu pulisci, loro puliranno… I bambini hanno bisogno di sperimentare! Cogli l’invito e prova a non metterli di fronte a una classica lezione da apprendere a memoria e ripetere fino alla noia, prova a metterli davanti a un’esperienza. 👉 Organizza esperienze nuove: portali per esempio in un weekend di viaggio, magari in una fattoria a vedere gli animali, dove sia possibile toccare le bestiole, accarezzare i cuccioli, provare a dar loro da mangiare… 👉 Fagli vivere delle esperienze sensoriali che scatenino in loro la voglia di farti delle domande, di sentirti rispondere ai loro perché, di trovare loro per primi delle risposte. I bambini e i ragazzi non sono dei vasi vuoti. Sono pieni di sapere e il loro nutrimento è dato dall’esperienza, vedere il mondo, toccare con mano. 👉 Quando gli proponi un giocattolo, prova a sostituire un artefatto perfetto, un bambolotto o macchinina che fanno tutto da sé, con dei materiali con cui tuo figlio possa costruire, creare, strappare, incollare, ricucire… Questo sarà un vero insegnamento per la sua vita da adulto. Sperimentando in prima persona impara, già da piccolo, l’unica verità importante: ognuno può plasmare la propria vita. Quindi raggiungere i sogni è possibile, creare, fare delle domande, trovare le risposte dentro di sé…
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
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