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Il co-sleeping (dormire vicino ai genitori) e il bed-sharing (dormire nel lettone) sono argomenti controversi che fanno schierare spesso i genitori in 3 fazioni ben distinte: 1° schieramento: mio figlio dorme nel lettone… I genitori, in particolare le mamme, che non rinuncerebbero mai per nessun motivo alle coccole e al contatto diretto con i figli la notte nel lettone (in questo caso si parla di bed-sharing). Ecco l’esperienza delle mamme a proposito: “Io adoro dormire con i miei figli. Li respiro, li bacio e li abbraccio anche durante la notte. Sono certa, arriverà il momento in cui loro stessi, sentiranno l’esigenza di avere una loro intimità e da soli, andranno nella loro stanza. Non riesco proprio a pensare di farli dormire da soli” “Ho messo mia figlia di 4 anni da due sere nella sua cameretta da sola. Ha sempre dormito con me, prima nel lettone, fin dal giorno della sua nascita, poi nella stessa stanza in due letti separati. Pensavo facesse fatica ad accettare il cambiamento invece è andato tutto a meraviglia!” “Il nostro dorme in mezzo a noi e quando sarà pronto andrà… Ma i suoi abbracci e voglia di coccole ci mancheranno” 2° schieramento: mio figlio dorme vicino a me… Le mamme che scelgono il co-sleeping, quindi far dormire i figli nella loro stanza e in prossimità dei genitori con la culla attaccata al lettone o altre soluzioni simili. Ecco l’esperienza di un’altra mamma: “Abbiamo affiancato il lettino al letto togliendo la sponda e così abbiamo dormito tutti quanti. Poi verso i 5 anni un bel letto ad una piazza e mezzo in camera sua così c’è spazio per leggere insieme la sera o appisolarsi“ 3° schieramento: mio figlio deve abituarsi a dormire da solo nella sua stanza… I genitori che invece sostengono che i figli debbano dormire da subito da soli nella loro stanza. Sono assolutamente contrari al bed-sharing, quindi far dormire nel lettone i figli non solo nei primi mesi ma in generale a qualsiasi età, sono contrari anche al co-sleeping, cioè far dormire i figli vicino a loro, e contrari anche a farli dormire nella stessa stanza da letto (room-sharing). In questo caso le motivazioni sono varie, dal rischio di SIDS ai sostenitori del fatto che l’intimità di mamma e papà sarebbe compromessa dalla presenza dei figli nella stessa stanza, dalla scomodità di dormire insieme nel lettone alla paura che i figli prendano il “vizio” e non lascino la stanza dei genitori fino al… 25° anno 😊 E in tutte le sfumature intermedie degli schieramenti non dimentichiamo: gli antropologi che osservando diverse popolazioni nel mondo hanno scoperto che i bambini dormono da soli nella loro stanza solo in… occidente! (e già questa informazione dovrebbe farti riflettere) E i convinti sostenitori di metodi assurdi (che non considerano i sentimenti dei bambini) che prevedono non solo di far dormire i bambini da soli fin da neonati, ma addirittura che bisogna ignorare i loro pianti perché si devono abituare… Quindi dove bisogna far dormire i figli? È meglio il co-sleeping, il bed-sharing o ci sono altre soluzioni? NOTA: Prima di andare avanti ti segnalo che se sei già convinta/o che bisogna far dormire da soli i figli e che tutto il resto sono solo stupidaggini, puoi fermarti e passare a un altro articolo. Se invece vuoi saperne di più, ti suggerisco di aprire la mente ed evitare di chiuderti in pregiudizi e condizionamenti del passato. Anche se ti sembrerà strano il voler dormire vicino ai genitori per un bambino è sia istintivo che normale. Siamo noi che a causa di false credenze culturali siamo sommersi da mille dubbi e domande. Ecco cosa tratteremo in questo articolo: Perché i bambini vogliono dormire nel lettone con mamma e papà o vicino a loro? Cosa faccio se non voglio far dormire con me mio figlio nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? Come insegnare a dormire nel proprio letto? Quando passare dal lettone al lettino? Esiste un’età precisa? Esiste un modo per disabituare il bambino a dormire nel lettone? Perché i bambini a 5 anni, 6 anni, 7 anni o anche quando sono più grandi non vogliono andare a dormire da soli in cameretta? Dormire nel lettone o vicino a mamma e papà: partiamo da principio (e tuo figlio potrebbe aver ragione!) Per quanto ci crediamo evoluti e per quanto lo siamo, per certe cose rimaniamo pur sempre dei mammiferi e quindi sensibili al nostro istinto e alle leggi ancestrali che governano il nostro comportamento: se distrattamente ci scottiamo, allontaniamo d’istinto la mano, il giorno ci inquieta meno della notte, spesso ragioniamo “a pelle”, se qualcuno ci fa “buuu!!” di soprassalto noi ci spaventiamo. Allo stesso modo, caso mai si presentasse nella nostra casetta un predatore un poco affamato, se siamo anche solo un grado sotto di lui nella catena alimentare e siamo dei cuccioli, preferiamo che a dormire con noi ci sia sempre qualcuno. Anche le mamme di alcune popolazioni a cui è stato fatto osservare che in Occidente, nel grande territorio della “razza umana evoluta”, i bambini hanno una loro cameretta, diversa da quella di mamma e papà, e lì devono dormire (o almeno ci si sforza per farlo), hanno risposto: “Certo, che bella idea, ma almeno c’è qualche adulto che dorme con loro?”. Anche per la maggior parte delle mamme occidentali (statisticamente tutte quelle con cui mi sono confrontata) vale lo stesso. Pur seguendo il metodo del “dai un’occhiata e fuggi”, ingranando o scalando i secondi come fai con il cambio delle marce in auto quando vai a fare la spesa. Pur attratte forse dall’ingannevole semplicità con cui viene presentata questa opzione. Nonostante siano più facilmente prede dopo notti passate insonni, dopo “inspiegabili” risvegli e interminabili filippiche dai più anziani del branco sul fatto che prima o poi si devono abituare a dormire da soli, nonostante ciò, qualcosa le turba. Il mal di pancia è rimasto, anzi, generalmente aumentato e aggravato da un profondo senso di colpa e da un disagio lacerante nel vedere il proprio cucciolo solo, in preda ad un dolore profondo. La voglia di prenderlo in braccio è grande, sentendo questo impulso come il più naturale e il più efficace in quel momento. Oppure siamo stanche e stravolte, non abbiamo nessuna voglia di tenerlo con noi, siamo persino arrabbiate, eppure… eppure se diamo retta a questa reazione (e anche al nostro sano bisogno di riposare)… è come se una parte di noi si sentisse in colpa, in errore per aver pensato di lasciarlo di là e di vederlo così solo o in preda al pianto. E sì, perché da che mondo è mondo un bambino accolto, protetto e rassicurato, si calma senza perdere fiducia nell’adulto, rafforzando indirettamente la sua autostima e il suo coraggio. Se lasciato da solo a gestire le sue paure ancestrali, non avendo ancora sviluppato le capacità autonome per farlo (e non sono capacità che si “imparano” o si “insegnano”, bensì sono capacità innate che si sviluppano nel giusto tempo, proprio come il germoglio non esiste prima del seme o il frutto prima del fiore) il bambino teme per la sua sopravvivenza. Manifesta questo timore e vive un profondo disagio fatto di fragilità e paura che lo rende e lo renderà insicuro, oltre che poco fiducioso in mamma e papà che non sanno rispondere in modo efficace e naturale ad un suo bisogno innato. Quindi, facendo un baffo al detto, meglio in compagnia che da soli, soprattutto se si tratta di sonno notturno e di bambini. Ecco spiegato perché i bambini vogliono dormire nel lettone. Il co-sleeping o il bed-sharing non sono una moda o un’invenzione: è un bisogno emotivo di tuo figlio. E se mio figlio poi vuole dormire nel lettone o nella mia stanza per sempre? E se il co-sleeping va avanti fino a 18 anni? Quando saranno più grandi, di sicuro non dormiranno più nel vostro lettone o nella vostra stanza. Siamo una delle poche società al mondo che ha questa fissazione di far dormire i bambini da soli da subito, perché si devono abituare a dormire da soli. Non esiste in altre parti del mondo. Forse solo in una società come la nostra, dove abbiamo case tanto grandi e abbiamo tante stanze, pensiamo che sia educativo che i bambini dormano da soli. In verità non è tanto un fattore di educazione. Tendenzialmente i bambini, se finché sono piccoli hanno la possibilità di dormire con degli adulti e di sentirsi rassicurati nel passaggio notturno, diventano molto più sicuri nella loro crescita. Alla fine abbiamo questo retaggio: potrebbe arrivare il lupo, potrebbe arrivare un pericolo, l’addormentamento potrebbe essere un pericolo, perché di fatto si spegne tutto, si spegne anche la coscienza. Quindi noi non sappiamo cosa c’è dall’altra parte, abbiamo bisogno di rassicurazione, è normale avere bisogno della vicinanza di un genitore. Poi a 6 anni, 7 anni, magari anche 4 anni potrebbero già iniziare ad andare a dormire nella loro cameretta, ancor di più se c’è un fratello o una sorella che a volte rende la cosa più semplice… Perché i bambini che sono già grandicelli vogliono dormire vicino a mamma e papà? I 4 possibili motivi 1. Non ha dormito abbastanza con te Potrebbe essere perché da piccoli il co-sleeping è stato breve o non hanno dormito abbastanza con noi. Rimane una sorta di paura che fanno fatica a superare quindi, anche se hanno 7 anni, 8 o 9 anni hanno bisogno di recuperare quella fase. Se noi li “assecondiamo”, attivando una specie di regressione, facendo poi man mano una sorta di svezzamento, loro recuperano questo bisogno e riescono a dormire da soli più facilmente. 2. Paure e tensioni Un altro motivo potrebbe essere una sorta di stress, preoccupazioni, ansie, paure che magari accumulano durante il giorno. In questo caso la notte non riescono a rilassarsi per poter dormire serenamente. Dunque si svegliano di frequente con una sensazione di preoccupazione o di paura e vengono da noi o vogliono comunque il nostro contatto. 3. Gelosia in corso Altre volte lo fanno se magari hanno dei fratellini più piccoli che per qualche motivo anche loro vanno nel lettone da mamma e papà. Oppure i fratellini non vanno da mamma e papà però vince una sorta di gelosia nel grande: “Anche io voglio essere piccolo come mia sorella e mio fratello. Anche io voglio essere preso in braccio, coccolato come fai con lei o con lui di giorno. Prende ancora la tetta e io no… allora almeno di notte, quando lui sta dormendo beato, io mi infilo nel lettone. Voglio stare lì come un bimbo piccolo con te”. 4. Vuole il co-sleeping o il bed-sharing per stare con te! Altre volte i bambini vogliono dormire nel lettone perché di giorno non hanno la sensazione che trascorriamo abbastanza tempo di qualità insieme. Succede che proprio di sera, quando è ora di andare a dormire, si attivano. Sì, proprio in quel momento quando vi siete già messi il pigiama, quando i piatti sono tutti in lavastoviglie, quando i denti sono già lavati, quando tutte le luci sono già abbassate, voi siete pronte per la storia e loro invece: “giochiamo? No, io voglio montare la casa, voglio costruire… Mamma tira fuori i pennarelli, tira fuori i pennelli, facciamo questo, facciamo quest’altro” Finalmente vedono che c’è uno spazio vuoto nella vostra giornata, sentono che tutto sta rallentando e quindi danno spazio al “voglio stare con te! Stai con me, giochiamo, facciamo qualcosa insieme”. Se questa qualità di giorno a volte non c’è, cercano di recuperare la vicinanza con noi di sera e anche di notte nel lettone, hanno bisogno della nostra presenza e se non basta, si attivano quando trovano uno spazio di disponibilità che a loro pare adatto. Agendo nel tempo sulla motivazione, e facendo una sorta di “svezzamento”, magari accettando che per ora venga a fare capolino nel vostro lettore e rimanga lì per finire la notte con voi, poi pian piano, risolvendo la causa, lo porterete a dormire sempre più a lungo nel suo letto. E se non voglio farlo dormire con me nel lettone ma neanche lasciarlo da solo nella sua stanza? In questo caso la soluzione è il co-sleeping, quindi puoi attaccare la culla o il lettino al vostro lettone e sarai comunque vicina a tuo figlio. Negli anni ho visto un po’ di tutto come soluzione creativa per praticare il co-sleeping: per esempio stanze da letto un po’ piccole dove il lettone viene disposto in diagonale per far spazio al lettino del figlio, lettoni circondati da 3 lettini dei figli, uno vicino alla mamma, uno ai piedi del letto e uno vicino a papà, 2 letti matrimoniali uniti insieme, poi c’è la soluzione del futon circondato da cuscini, ecc… E quando succede il contrario e tuo figlio ti vuole nel suo letto? A volte capita che un bambino dorma nella sua cameretta, ma insieme alla mamma e non voglia dormire da solo, come si può fare? In verità se per esempio da 4 anni tuo figlio dorme nella sua cameretta, ma ci dorme con te, per lui quella è sia la cameretta di mamma che la sua… Come tutti i bambini piccoli fatica a dormire da solo, ma questo come abbiamo visto è fisiologico. In questo caso l’aiutante magico ribalterebbe la situazione completamente. Anche con papà dormiamo tutti nella camera familiare, la camera matrimoniale. Mamma e papà dormono nel lettone, con il bambino a fianco magari in un lettino attaccato. Poi, a mano a mano che passano le settimane, sempre più distante, sempre più distante, finché poi potrà dormire da solo nella sua camera (sempre considerando eventuali motivazioni sottostanti che gli impediscono di dormire da solo, oltre all’abitudine che si è creata, e agendo su quelle). Ecco un’altra sfumatura relativa al perché i bambini non dormono nella loro cameretta da soli ma vogliono noi lì con loro: a volte è solo questione di come li abbiamo abituati fin dall’inizio. Come ho descritto sopra capita a volte, o sovente, che il bambino richieda così tanto le nostre attenzioni notturne, perché di giorno ha la sensazione di ricevere poche attenzioni da parte nostra. Magari siamo sfuggenti, siamo di corsa, siamo nervosi, siamo stanchi quindi lui pensa: “Mamma, almeno la notte stai vicino a me. Voglio sentire la tua presenza, da solo non ci voglio stare”. Altri motivi che spingono i bambini a preferire il lettone Se sei preoccupata perché tuo figlio ti chiede di dormire nel lettone e non vuole dormire assolutamente da solo nel suo lettino dobbiamo ricordarci sempre che i bambini hanno un’età anagrafica e un’età “affettiva”. Ed è l’età affettiva quella che conta, soprattutto quando si tratta di co-sleeping e di dormire nel letto con i genitori. Se tuo figlio per esempio, pur avendo 4 anni o 6 anni, non è ancora “maturato” abbastanza e dall’atteggiamento e dai bisogni ci dimostra che è affettivamente più piccolino, più lo assecondiamo, più a monte lo aiutiamo a riempire eventuali vuoti o mancanze del passato e più facilmente supererà questa fase. 1° soluzione: se a 5 anni non vuole dormire nel suo lettino… La soluzione è: continua a farlo dormire nel lettone o vicino a te con un lettino attaccato al tuo letto nel frattempo valuta la motivazione di fondo e agisci su quella non avere fretta e riduci le aspettative mostrati serena e sicura della scelta che stai facendo dopo aver agito per sciogliere l’eventuale motivazione, ricordati di attivare tu per prima un po’ alla volta questo “svezzamento” che lo porterà poi a dormire in camera sua a tempo debito nel frattempo fai in modo che la sua cameretta non sia un ambiente freddo e sconosciuto: andate a giocarci insieme, metti lì tutte le sue cose, frequentatela spesso di giorno e di sera, ecc. Non aspettare nemmeno che lui chieda. Dai per scontato che il tuo è il letto dove tuo figlio va a dormire quando è ora della nanna. (aspetta ad allarmarti… continua a leggere perché un senso c’è 😉). Non fare neanche il tentativo di chiedere: “Vuoi provare ad andare a dormire nel tuo lettino?” Sarai proprio tu a comprendere da lui e dalle circostanze quando potrai attivamente iniziare con questo “svezzamento” di cui ti scrivevo. Soprattutto è utile se c’è già la sua camera pronta e se lui in quella camera ci gioca spesso, se è una camera che viene vissuta e in cui trascorrete del tempo insieme. 2° soluzione: se vogliono dormire nel letto con i genitori, a volte non è pronto il “terreno” Come ti dicevo poco sopra, spesso i bambini vogliono dormire con i genitori perché la cameretta per loro è estranea, non è “la loro camera”. Magari sono pronti affettivamente, ma non ci vanno perché quella camera non la sentono come un pezzo di casa, non è il loro spazio. Magari non vanno mai nella cameretta perché è più bello giocare in salotto, in cucina vicino a mamma. O magari la cameretta è diventata una sorta di ripostiglio, ci si appoggia tutto quello che non ha un vero posto… La cosa migliore sarebbe iniziare a frequentarla e viverla prima del passaggio vero e proprio. Qualche mese prima si può iniziare a giocare insieme in camera, fare in modo che i vestiti siano negli armadi lì, che i giochi stiano lì in ordine, che lì ci siano pupazzi, pentolini, macchine, tappeti accoglienti… che mamma e papà trascorrano del tempo con i figli in questo spazio. Tutto quello che occorre è costruire familiarità tra la camera e il bambino. Quando sarà pronto, in quella cameretta dove ci si diverte, dove si sta bene, dove dormono i suoi orsetti, potrà dormire sereno nel lettino anche lui. Siamo davvero tutti pronti per il passaggio al lettino o alla cameretta? E a questo punto la vera domanda sarà: tu mamma sei pronta a lasciarlo andare di là nel suo lettino e concludere la fase di co-sleeping? Sei disposta a rinunciare alle notti insieme nel lettone? Te lo scrivo perché molto spesso anche noi abbiamo un ruolo centrale in tutto questo. E non solo perché da noi dipende il fatto di conoscere e comprendere i suoi bisogni, individuare le possibili motivazioni e agire su di esse, favorire la regressione se necessario, attivare uno “svezzamento”, ma anche perché i bambini sono molto sensibili rispetto a quanto sentiamo dentro di noi, lo assorbono e si comportano di conseguenza. Se noi per prime (e mi rivolgo in particolare alle mamme) siamo dispiaciute del fatto che stiano crescendo o possano crescere e quindi avere meno bisogno di noi… se siamo noi le prime a nutrirci di questo momento di condivisione, se siamo noi le prime a sentirci importanti, utili, essenziali e questo ci gratifica e ci fa sentire vive, se siamo noi le prime ad avere la sensazione che questo sia l’unico momento di vero amore che viviamo nella giornata, se abbiamo paura di vederlo crescere, se proviamo una sorta di dispiacere a pensarlo solo di là perché noi per prime nella vita patiamo la solitudine… Ecco che loro lo sentono e faranno più fatica a favorire un naturale passaggio di crescita che li porta spontaneamente ad essere sempre più autonomi. Perciò, se senti che anche per te a volte è così, goditi a pieno questi momenti e allo stesso tempo ricordati che puoi essere sia il suo aiutante magico. E quindi prenderti cura dei suoi bisogni sia che si tratti di assecondarli, di favorire una regressione o di favorire uno “svezzamento”, sia puoi essere il tuo aiutante magico e aiutare innanzitutto anche te per sentirti sempre più autonoma e matura, libera di soddisfare anche i tuoi bisogni o riempire i tuoi vuoti, senza che tutto questo debba dipendere da tuo figlio 😊 Del resto la vita di mamma e quella di papà non è tanto una strada segnata da rigide regole e codici esterni da seguire, quanto un meraviglioso viaggio in cui si alternano salite e discese. E il bello è tutto quello che impariamo in questo viaggio osservando e conoscendo meglio sia noi che i nostri figli, un viaggio dove si impara soprattutto ascoltando i principi del cuore e delle attitudini e bisogni naturali di tutti gli esseri umani, compresi i nostri cuccioli. Se vuoi, puoi approfondire questo argomento leggendo l’articolo Tuo figlio non dorme o si sveglia di notte? Scopri perché
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
In questo articolo sfatiamo un po’ di miti sul sonno dei bambini, sul perché fanno fatica ad addormentarsi e rispondiamo a queste 5 domande che preoccupano tanto mamma e papà: 1️⃣ Perché i bambini a volte non dormono? 2️⃣ Perché un bambino non si addormenta da solo? 3️⃣ Come puoi fare la sera per favorire il sonno di tuo figlio? Come aiutare il bambino a fare la nanna? 4️⃣ Perché i bambini piccoli non dormono per tutta la notte ma si risvegliano più volte? E’ normale se il bimbo si sveglia di notte? “Deve dormire da subito nella sua cameretta, altrimenti si vizia e a 20 anni te lo troverai ancora nel lettone!”. Quante volte l’abbiamo sentita? Personalmente, tantissime! C’è chi lo dice convinto e lo sostiene come un dogma. C’è chi lo dice abbassando lo sguardo, incespicando un po’ con le parole e con un po’ di titubanza, perché non ne è tanto sicuro. E magari ha paura di non riuscire a gestire un bimbo nel lettone e soprattutto il passaggio successivo dal lettone alla cameretta. Altri lo dicono forte e chiaro perché lo hanno sperimentato con i propri figli (anche se non ho mai visto nessun “amante del lettone” tenersi aggrappato a quel materasso anche a 20 anni). Falsi miti sul sonno Per esempio, ecco cosa mi è capitato a grandi linee di leggere e di sentire: In fatto di sonno bisogna parlare di educazione al sonno, perché è importante insegnare al bambino a dormire bene. Il bambino deve poter sperimentare le sue capacità di autorilassamento. Solo educandolo correttamente diventerà un adulto in grado di calmarsi in autonomia Bisogna dire al bambino che deve dormire nel suo letto, spiegando le motivazioni. È vero che è bellissimo dormire tra le braccia di mamma e papà. Ma il bambino deve essere educato fin da piccolo al fatto che ce la può fare da solo. Lasciatelo nella sua camera e all’inizio piangerà, urlerà, vi vorrà con lui. Voi rimanete sulla vostra posizione, affacciatevi ma non toccatelo, ditegli che lo amate ma che deve imparare a dormire da solo. Nel giro di pochi giorni sarete una famiglia felice. Quella di dormire nel lettone e del co-sleeping è una abitudine malsana. Se riesci a non cedere alla tentazione di portarlo nel lettone, bene, continua così. Allunga i tempi tra una volta e l’altra in cui ti avvicini al lettino una volta che ha iniziato a piangere. Restando vicino al bambino non lo stai aiutando, portagli piuttosto un po’ di latte o un biscotto. Entro l’anno il bambino deve dormire da solo. Dormire nella stessa stanza di mamma e papà è pericoloso perché il bambino respira l’anidride carbonica che tu emetti, quindi anche la culla deve stare a giusta distanza dal letto. Inoltre dietro il co-sleeping si cela il pericolo del surriscaldamento. Dato che il lettone è tanto desiderato dai bambini deve diventare una cosa che si conquista e al massimo un’eccezione. Se lo addormenti in braccio, non ne vorrà sapere di dormire in altri modi e tu diventerai sua schiava. La prima domanda è: davvero la natura ha considerato il sonno una cosa da imparare? Davvero l’abitudine al sonno può essere considerata una “nozione da apprendere”? Non ti sembra alquanto assurdo e improbabile? Tutti da che mondo è mondo, grandi e piccini, se ci sappiamo ascoltare e ci rendiamo conto di essere stanchi, andiamo a letto e ci addormentiamo. Quando non è così semplice, o abbiamo problemi di insonnia oppure sappiamo che dietro c’è lo zampino di qualche situazione, preoccupazione, arrabbiatura. Per i bambini è ancora più immediato: soprattutto se molto piccoli, vivendo in relazione costante con il presente, li possiamo vedere spesso crollare tra le braccia di mamma e papà oppure sul seggiolone. Anche per loro, se ci sono tensioni, paure o disagi, il momento dell’addormentamento può risultare difficoltoso e anche loro possono avere un sonno disarmonico. Più avanti scoprirai cosa si può fare in questi casi. Ma intanto iniziamo a scardinare qualche falsa credenza. Vediamo cosa davvero la natura dei bambini richiede per il sonno e come funziona davvero il sonno dei bambini. Ritmo sonno veglia: quando risvegli e sonno profondo danzano insieme Tutti i bambini nascono con una concezione dello spazio/tempo molto differente, per fortuna, da quella di noi adulti. Non conoscono l’ora e gli orologi e hanno una idea dello spazio che incorona la mamma come perno. Insomma, se tuo figlio fosse un compasso, avrebbe la sua mamma come sistema fissante. Lui, se fosse la mina, con il passare dei mesi, crescendo, traccerebbe cerchi concentrici di raggio sempre più ampio, distanziandosi e differenziandosi a piccoli passi. Che cos’è allora che determina un bioritmo armonico nel bambino? In lui è vivo fin dal primo momento un ritmo che gestisce la sua crescita e che è in perfetto accordo con i ritmi della natura, che vanno e vengono come delle onde, con dei picchi verso l’alto e dei picchi verso il basso. Questo movimento ondulatorio non appartiene solo alla natura dei bambini ma alla natura tutta. Seguono questo ritmo le stagioni, il giorno e la notte, il sonno e la veglia, le onde del mare, il dondolio del vai e vieni tra le braccia di mamma o di papà quando ci culla, il nostro battito cardiaco. Probabilmente, una volta “arrivato” sulla terra, il battito cardiaco è proprio la prima cosa che il bambino sente, con cui inizia a convivere, da cui si lascia cullare e guidare. È un ritmo che lo rassicura e che scandisce i suoi momenti uterini e continua a guidarlo anche dopo la nascita. Questo movimento ondulatorio non è appannaggio esclusivo del giorno ma accompagna anche le notti del bambino. Dunque, è del tutto normale che più lui è piccino e più la notte sia fatta di sonno e di risvegli che si susseguono l’uno dopo l’altro. A mano a mano che il bambino cresce, i momenti di sonno e di veglia si avvicinano sempre più a quelli dell’adulto. Quindi, come capita di non dormire più di giorno, salvo magari un piccolo sonnellino pomeridiano, ecco che si dorme tutta la notte con il movimento ondulatorio. Questo sarà caratterizzato da un sonno con vari gradi di intensità, ma che non necessariamente comportano un risveglio. Accade, dunque, come durante la giornata, in cui fisiologicamente alterniamo momenti in cui siamo carichi di energia a momenti in cui rallentiamo. Sappiamo che può essere difficile immedesimarsi in quanto descritto, perché oggi i nostri ritmi naturali sono piuttosto alterati. Il bambino alla nascita non ha ancora avuto modo di alterare il suo ritmo ed ecco che di notte si risveglia e si riaddormenta molto frequentemente. A seconda del bambino possiamo assistere a risvegli brevi, dove il nostro cucciolo forse non apre neppure gli occhi. Magari si gira, si rigira, fa qualche movimento, parlotta un pochino e si riaddormenta. In questo ultimo caso mamma e papà possono anche naturalmente non accorgersene, e per questo dicono che il loro bambino dorme filato tutta la notte. Oppure si risveglia richiedendo il seno o chiedendo di essere cullato, consolato e basta una mano, una coccola e il bimbo si riaddormenta facilmente. Non sempre è così. A volte questi risvegli notturni preoccupano mamma e papà perché il bambino sembra agitato e turbato, piange e pare che nulla possa consolarlo. In questo caso riprendere il sonno risulta difficoltoso, da del filo da torcere. Perché succede? Bambini che non vogliono dormire, ritmo e risvegli notturni: ecco 2 motivi per cui non si addormentano facilmente Motivo n° 1 Il ritmo quotidiano non segue il ritmo naturale del bambino Se non conosciamo a fondo i bisogni del bambino, è normale pensare come prima cosa al fatto che mangi, che sia pulito, che non pianga, che cresca bene e trascurare invece il suo bisogno innato di essere a contatto con il ritmo della natura. Questo ritmo è per lui indispensabile per essere rassicurato, per trovare un suo senso di orientamento istintivo. Con esso può rivivere un clima familiare come quello che ricorda l’utero materno e trarne beneficio. Se non badiamo a questo aspetto, per esempio, possiamo non far caso al suo bisogno di riposare dopo aver fatto la poppata, oppure dopo aver corso tutta la mattina al parco. Possiamo credere che sia innocuo trascorrere la serata con la televisione accesa oppure, banalmente, trascorrere l’ora che anticipa il sonno a farci il solletico e a correre. Il ritmo interiore e vitale del bambino viene invece agevolato e non alterato, se quello esteriore legato alla sua quotidianità lo ricalca il più possibile. Ecco che possiamo dunque, a seconda delle età, alternare momenti di sonno e di veglia anche di giorno (quando il bambino è neonato non vale la frase “ma non ha sonno” in quanto segue d’istinto questa ritmicità e, se non accade, è per noi un campanello d’allarme ad indicarci che qualche tensione non lo rende sereno). Possiamo quindi alternare momenti di gioco frenetico a momenti di attività più tranquille, dopo cena possiamo abbassare le luci, abbassare la voce e predisporci per il rito della nanna evitando di “agitare” l’ambiente. Motivo n° 2 I genitori non conoscono come “funziona” il sonno del bambino, si preoccupano e si innervosiscono per i risvegli notturni Senza conoscere il ritmo fisiologico del sonno è normale aspettarsi determinate cose quando invece tuo figlio ne manifesta altre. È possibile che lui, non dormendo di notte, stia manifestando comunque delle parti di se stesso. Noi invece crediamo che la normalità per lui sia dormire tutta la notte. Vorremmo dormire tutta la notte anche noi come prima che lui arrivasse. Pensando che non sia normale, iniziamo a temere per lui, ad agitarci perché non capiamo che cos’ha che non va. Da qui l’incomprensione: iniziamo a cercare di mettere in atto soluzioni per un problema che non c’è. Iniziamo a preoccuparci per i risvegli notturni che sono un problema che non esiste. Diamo la responsabilità al bambino che non dorme 8 ore di fila… Così, invece di accoglierlo in un ambiente armonico possiamo correre il rischio di farlo sentire incompreso, aumentando le sue paure e la sensazione di non poter essere sostenuto e accolto nei suoi bisogni primari. Questo aspetto non va mai sottovalutato perché il bambino non è un adulto e non vive come tale. Noi adulti “sopportiamo” e “ce ne facciamo una ragione” o risolviamo le sfide quando ce le troviamo davanti. Il bambino invece, in quanto tale, non ha ancora la capacità di farlo e sa che la sua sopravvivenza dipende totalmente dalle attenzioni efficaci e dallo stato d’animo dei genitori. Come favorire il sonno nei bambini: la ninna nanna inizia fuori dal letto Non ti preoccupare, non dovrai iniziare a canticchiare “ninna nanna, ninna oohh” già all’imbrunire o mentre mastichi l’ultimo boccone di cena che, di solito, se hai un figlio “piccolo”, si sarà molto probabilmente raffreddato. Niente di tutto questo, ma una cosa sì: dopo l’ultimo boccone di cena e magari anche al primo imbrunire, pensare che di lì a poco o tra qualche ora (dipende dall’età di tuo figlio e dalla stagione) tuo figlio andrà a nanna, può rivelarsi davvero un ottimo inizio. E sai perché? Come ti anticipavamo poco sopra, molto dipende dall’influenza che il ritmo della giornata ha su tuo figlio: se di sera il suo ritmo viene inavvertitamente alterato, sarà per lui più difficile riuscire a scaricare l’energia accumulata durante il giorno. Di conseguenza, pur ninnandolo, pur spegnendo la luce, pur canticchiando tutto il nostro repertorio canoro, rimarrà acceso come una bella lampadina e farà fatica ad addormentarsi. Quindi, l’ideale è che tu possa agevolare e favorire il suo sonno iniziando a rallentare il ritmo, diciamo, a partire dal dopo cena. Per esempio: preferendo giochi tranquilli (disegno, costruzioni, bambole, ecc.) evitando di aumentare l’energia con giochi come nascondino e fare il solletico abbassando le luci evitando il caos (fretta, indecisione, discussioni, nervosismo di mamma e papà, ecc.) Inoltre è ideale dare valore al rito che può coinvolgere il momento della nanna. Anche il rito che si ripete sempre uguale di sera in sera, dà al bambino un riferimento che è per lui sinonimo di sicurezza e che contribuisce a dare valore al suo ritmo interiore. Per rito intendiamo per esempio la fiaba, piuttosto che la canzoncina, oppure il bagno, il pigiama, le coccole e poi la luce spenta: il modo che ogni nucleo familiare trova per agevolare il momento del passaggio armonico dalla veglia al sonno.
Sappiamo tutti che i tempi dello spannolinamento diurno non corrispondono a quelli dello spannolinamento notturno. E quindi capita che, quando festeggiamo perché finalmente nostro figlio non usa più il pannolino di giorno e sta diventando sempre più autonomo, iniziamo a preoccuparci per la notte: E per la notte adesso come faccio? Continuerà a fare la pipì senza rendersene conto? Quante volte dovrò svegliarlo perché non si bagni o non inzuppi le lenzuola? Finirà presto tutto questo? E un sacco di altri dubbi e paure… Per soffiarle via, vediamo insieme qualche suggerimento e qualche punto fermo che possa aiutarti a vivere anche questo secondo passaggio nella maniera più armonica possibile. Qualche punto fermo per uno spannolinamento notturno senza stress 1️⃣ È naturale che arrivi prima l’autonomia diurna rispetto a quella notturna. 2️⃣ Anche qui, non si tratta di qualcosa che potrai “insegnare” o “raccomandare” a tuo figlio. Infatti si tratta di una maturazione fisiologica che avverrà nel tempo e quindi la pazienza e l’attesa necessaria che tutto avvenga da sé sono i migliori strumenti di cui potrai equipaggiarti 3️⃣ Dovrà entrare in campo la regina “Pazienza” 4️⃣ Dovranno uscire dal campo le scomode sorellastre “Aspettative” So che questi 2 pilastri non ti sono sufficienti. Per questo affrontiamo adesso i principali aspetti concreti con i relativi suggerimenti che potranno esserti molto utili come linee guida da seguire nel momento in cui dovrai cimentarti nella pratica dello spannolinamento notturno. Come già avrai capito non si tratta di poter impostare un orologio biologico o di poter scegliere una data precisa. Non succederà che da una notte precisa in poi toglieremo per sempre il pannolino. Non succederà nemmeno che nostro figlio sarà magicamente autonomo, non bagnerà le lenzuola, andrà in bagno da solo senza interrompere il tuo sonno e poi tornerà a letto riaddormentandosi con facilità senza richiedere il tuo intervento. Non solo questa è fantasia, ma è naturale che avvenga piuttosto il contrario. Semplicemente perché non è questa la natura del bambino che, a differenza di quanto noi vorremmo, fa le cose per gradi e lentamente e a piccoli passi fa maturare il bambino e la fisiologia del suo corpo. 10 passi per togliere il pannolino di notte: E quindi: 1️⃣ Dopo aver tolto il pannolino di giorno, continua ad usarlo la notte. 2️⃣ Controlla il pannolino la mattina e riconosci come un buon momento di passaggio quello in cui trovi il pannolino quasi sempre asciutto o poco bagnato. 3️⃣ Evita di creare stress attorno a questo momento. Evita quindi di spiegare a tuo figlio perché dovrebbe smettere di fare la pipì di notte, o accorgersi dello stimolo e chiamarti, evita di dirgli che adesso è grande, ecc. 4️⃣ Soddisfa la sete di tuo figlio anche di sera ricordandoti di non esagerare (la sera) con cibi troppo salati o asciutti (che fanno venire molta sete). Non eccedere inoltre con bevande gassate o dolcificate, preferisci l’acqua e nella giusta quantità. 5️⃣ Per sicurezza, puoi portarlo a fare la pipì prima di dormire anche più di una volta (sempre senza assillarlo e senza stress). 6️⃣ Evita di svegliare tuo figlio di notte puntando l’orologio. In questo modo non stai favorendo la sua naturale maturazione e armonizzazione che, anche se più lenta e scostante rispetto a quello che tu immagini o vorresti, è pur sempre la più perfetta. 7️⃣ Quando arrivi al punto n.2 puoi passare alla mutandina (mutandina “vera” e non pannolino a mutandina). Se temi che il letto possa comunque bagnarsi ogni tanto (cosa del tutto normale che potrà succedere) puoi aiutarti con il punto 8 8️⃣ Dato che: non è detto che tu sia così disponibile e contenta di svegliarti di notte per cambiarlo dobbiamo evitare di far passare il messaggio di essere scontenti o disturbati dal fatto che nostro figlio ha fatto la pipì nel letto non possiamo neppure farlo sentire inadeguato ti suggerisco di rendere il momento dello spannolinamento notturno più semplice per te in questo modo: 👉 tieni sempre a portata di mano indumenti puliti per il cambio e se non vuoi andare in bagno anche salviette e asciugamani 👉 prepara il letto con doppie lenzuola in modo da ridurre i tempi di cambio. A partire dal basso disponi: materasso – coprimaterasso – lenzuolo – coprimaterasso – traversa plastificata – lenzuolo. Ti basterà togliere i primi tre strati per ritrovare già tutto asciutto e posizionato. 👉 Tieni anche a portata di mano un lenzuolo e una federa del cuscino puliti e una coperta pulita e asciutta. Sai bene che la pipì che scappa di notte raggiunge a volte punti impensabili che vanno anche oltre le leggi della fisica! 9️⃣ A costo di qualche lavatrice in più, non tornare indietro e una volta tolto il pannolino di notte non rimetterlo. Anche se ti sembra che la cosa stia andando un po’ per le lunghe. 🔟 Te lo ricordo: è indispensabile evitare di mettergli fretta, di colpevolizzarlo, di mostrarti scocciata o dispiaciuta… È una fase della vita che fa parte dell’esistenza di tuo figlio e non va condannata, anche se per te è preferibile non essere svegliata di notte. Ogni cosa ha il suo tempo e chi sceglie di essere genitore lo deve in qualche modo mettere in conto. Perchè lo spannolinamento è difficile? Capisco che il momento di eliminare il pannolino generi non solo preoccupazioni ma ansia, nervosismi e impazienza. Mi auguro che questo articolo ti rassicuri e ti fornisca nuovi spunti per alimentare il tuo istinto innato e la tua capacità di osservazione: sarà loro ad aiutarti a mettere in campo risorse davvero efficaci in queste fasi di passaggio di tuo figlio. Per approfondire il tema dello spannolinamento puoi leggere: Perchè lo spannolinamento è difficile? 5 step per iniziare senza problemi.
“Le bugie non si dicono!” “Le bugie hanno le gambe corte, fai attenzione!” “Guarda che se non mi dici la verità divento poi cattiva/o!” “Guarda che io so sempre se mi stai mentendo!” Quante volte hai sentito dire queste frasi quando eri bambina o bambino? Io le ho sentite spesso e… devo dirti la verità 😉… altrettanto spesso ho detto delle bugie ai miei genitori o all’insegnante o ai miei nonni. In particolare ricordo molto bene come ad un certo punto, forse intorno agli 11-12 anni iniziai proprio a mentire anche per gioco. Da un lato iniziavo ad essere proprio un po’ arrabbiata con la mia famiglia e usavo le bugie come ripicca. Dall’altro lato c’è da dire che riconoscevo la mia bravura nel dirle e decisi che poteva diventare anche un gioco: quante e come riuscivo a dirle e per quanto tempo riuscivo a reggere il gioco ricordandomi qual era la bugia, con tutto quello che le ruotava intorno e tutte le cose che dovevo ricordare di dire al posto della verità. Mamma mia!… Se ci penso!… Oggi naturalmente riconosco sia che le bugie non si dicono e che abbiamo bisogno di insegnare ai nostri figli a non farlo, sia che i bambini hanno sempre un motivo per cui lo fanno e che tendenzialmente questi motivi sono validi e significativi. È importante evitare fin da subito di pensare che i bambini dicano le bugie perché sono cattivi o perché sono maleducati o irrispettosi. Assolutamente non è così. Nessun bambino nasce cattivo, maleducato e irrispettoso. Le cose più utili che possiamo fare in prima battuta sono: 1️⃣ Accorgercene e prenderne atto 2️⃣ Evitare di arrabbiarci e umiliarli 3️⃣ Correre ai ripari prendendoci il tempo necessario per osservare come mai sta succedendo 4️⃣ Avere la pazienza di invertire la rotta un po’ alla volta (come ti racconterò poco più avanti) Uno dei punti più importanti è di sicuro soffermarci innanzitutto sulla motivazione. Qual è la vera motivazione che spinge nostro figlio o nostra figlia a dirci una o più bugie? Inizio a farti qualche esempio così che possa esserti utile per iniziare a osservare cosa sta succedendo o cosa è successo negli ultimi tempi e cogliere il perché: Forse è un modo per attirare l’attenzione perché si sente trascurato/a o vuole emergere rispetto ai fratelli e alle sorelle. Magari perché non passiamo abbastanza tempo con lui/lei o questo tempo non è di qualità. Forse è un modo per punirci: “tu ti arrabbi con me, mi punisci, sei dura/o nei miei confronti. Ho visto che quando ti racconto una bugia ti dà molto fastidio… bene… continuo a farlo e a provocarti“. In particolar modo quando dico le bugie finalmente mi consideri: “è vero, mi sgridi, mi rimproveri, ti arrabbi, mi inveisci contro… ma almeno mi sento considerato/a… allora continuo“. Forse è una reazione ai nostri tanti no, alle nostre punizioni, alle nostre sgridate. Per esempio se tendiamo a dire tanti no senza considerare le loro motivazioni, senza accogliere il loro disappunto. Oppure se tendiamo a rimproverarli o bloccarli appena dicono o fanno qualcosa che a noi non piace o diverso da quello che ci aspettiamo. Forse è questione di sicurezza in se stessi, autostima, o timore di deluderci. Per esempio quando dicono di avere anche loro qualcosa che gli amici hanno anche se non è vero. Quando dicono di sapere cose che in verità non sanno o dicono di aver capito anche se non è così pur di non mostrare la loro difficoltà, ecc. Forse hanno timore della nostra reazione aggressiva o timore di non venire compresi. Ad esempio quando mangiano qualcosa di nascosto e ci dicono che non è vero. O quando hanno ricevuto un rimprovero a scuola e non ce lo dicono. O quando magari hanno fatto uno sgambetto alla sorella o al fratello e ci dicono che non è vero. Forse sta imitando compagni o compagne di scuola che dicono bugie e la cosa sembra farli diventare più “furbi” di tutti gli altri “…allora lo faccio anche io“. Per curiosità: cosa succede se provo a dire una bugia così come ho visto fare dal mio compagno di scuola, da mia mamma, da mio papà, da mio fratello (se lo fa lui posso di certo farlo anche io), ecc.? Individuare la o le possibili motivazioni è fondamentale perché così possiamo intervenire nel tempo, con costanza, un passo alla volta, direttamente sulla causa. Se è questione di insicurezza agire per aiutarlo/a a ritrovarla, se è questione di attenzioni gliele daremo, ecc. So già che forse ti stai chiedendo: “Ok, ma nel momento in cui mi sta dicendo una bugia o appena lo scopro che faccio? Cosa gli dico? Come mi comporto?” Benissimo, ecco cosa puoi fare: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Puoi fargli sapere in maniera serena, senza accuse o minacce o rimproveri, che hai capito o sai bene che si tratta di una bugia: “Secondo me questa è una bugia…”, oppure “Scommetto che non è vero…”, oppure “Mmmhhh… mi sa che non è così”. Ricordati che sei il suo aiutante magico e quindi non si tratta di “beccarlo” o di chi ha ragione. Sei dalla sua parte e vuoi solo comunicargli tranquillamente che sai la verità 3️⃣ Poi, a seconda dell’età, avremo un tono diverso, diremo parole diverse. Ma l’obiettivo sarà quello di esplicitargli che cosa è successo, domandargli come mai o dirgli come mai può essere successo e dirgli come fare la prossima volta per evitare che si ripetano bugie, dato che sono inutili. Ti faccio un paio di esempi. Se è piccolino e ha preso una caramella dal contenitore, l’ha messa in bocca, ne ha presa una seconda e l’ha messa in tasca, ne ha presa una terza e l’ha nascosta sotto il cuscino dopo che gli avevi detto “basta caramelle, ne hai già mangiata una oggi”, puoi: 1️⃣ Dirgli che sai che delle caramelle gli sono proprio scivolate addosso e una è finita in bocca, un’altra forse è scivolata in tasca e un’altra ancora forse è scappata in cameretta. 2️⃣ Gli dici che la prossima volta può dirti che forse non hai capito e che lui ha davvero tantissima voglia di mangiarsi altre caramelle perché… “sono trooooppo buoneeeee!” Lo so che me ne avevi chiesta un’altra e alla seconda ti dico sempre di no, non avevo capito che ti piacessero così tanto. Adesso che lo so e me lo hai detto, allora tutte le volte in cui sarà possibile ne mangerai una più. Te ne procuro di quelle che non fanno troppo male ,così puoi mangiarne una dopo pranzo e anche una a merenda. Vedi che non ti rimprovero, quindi se ti capita di volerne un’altra dimmelo e se si può te la do subito volentieri, altrimenti la prendiamo già e la teniamo da parte per dopo quando si potrà mangiare”. 3️⃣ In questo caso conta molto questo atteggiamento disponibile a comprendere il suo punto di vista e mostrargli sinceramente che vogliamo davvero venirgli incontro. 4️⃣ Poi sarà importante andare a comprendere se è questione di troppi no secchi e intransigenti da parte nostra. O se lo fa perché ha particolare bisogno di dolci. Cercheremo di comprendere come mai, o se lo fa per attirare la nostra attenzione, ecc. e agiremo con pazienza sulla motivazione. 5️⃣ Nel frattempo, in questo caso, potremo per esempio procurarci delle caramelle naturali senza troppi zuccheri e senza zuccheri o coloranti o ingredienti artificiali. In uqesto modo potremo essere un po’ più di manica larga ogni tanto. Oppure, cosa che piace tantissimo ai bambini, possiamo fare insieme delle caramelle naturali, conservarle con cura e man mano educarli al fatto che se ne può mangiare qualcuna in più ma c’è un numero che non va superato, che non se ne possono mangiare troppe e che subito dopo vanno lavati i denti. Possiamo aiutarli con pazienza a creare questa abitudine e a comprenderne il senso (ricordati però sempre di agire sulla motivazione altrimenti queste soluzioni potrebbero dimostrarsi inutili). Quindi il segreto è dare il limite e le regole che crediamo più corrette senza necessità di minacciare o urlare, cercare di comprendere la motivazione (e nel frattempo trovare alternative più salutari). Se vuoi approfondire questo argomento, puoi leggere questi articoli: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire Quando poi i nostri figli crescono, capita spesso di temere ancora di più le loro bugie. Cosa puoi fare se per esempio scopri o sei venuta a sapere che tuo figlio o tua figlia di nascosto ha provato o iniziato a fumare? 1️⃣ Evitando arrabbiature, minacce e filippiche, come per il primo caso possiamo intanto far sapere che lo sappiamo o che lo abbiamo capito e che sappiamo di non sbagliare. Con serenità possiamo dire per esempio: “Allora anche tu alle prime esperienze con le sigarette? Che effetto ti ha fatto? Come ti sembra? Soddisfatta la curiosità?… Ci tenevo a dirti che lo so, che non ho intenzione di rimproverarti e che ho piacere di raccontarti la mia esperienza in proposito e quello che penso” 2️⃣ Possiamo trovare un momento con calma sia per ascoltare lei/lui e le sue impressioni o quello che vorrà raccontarti (che all’inizio potrebbe non essere la verità o solo una parte della verità) e sia per raccontare serenamente quello che pensiamo in proposito (se per esempio siamo dei fumatori pentiti, se anche noi abbiamo provato a fumare e a che età, cosa pensavamo allora e cosa pensiamo oggi, i pericoli futuri nel fare questa scelta, raccontare loro perché giovani e adulti si rifugiano in questo tipo di esperienze o hanno bisogno di questi palliativi, ecc…) 3️⃣ Dato che il rimprovero non c’è, possiamo chiedere loro di essere sinceri e chiedere loro di poter mettere delle regole e dei paletti fermi se magari ci rispondono che non hanno intenzione di smettere. Per esempio regole che possano aiutarli a non esagerare, a limitare i danni più possibile, ecc. Naturalmente questi sono solo esempi perché sarai poi tu a trovare le argomentazioni giuste o a decidere che cosa fare, perché potrebbe essere che ti dica che ha solo provato e non ha intenzione di proseguire ma temeva il rimprovero o si vergognava. Potrebbe dirti che vorrebbe smettere ma non riesce e chiede il tuo aiuto dato che vede che sei serena/o a riguardo. Potrebbe innervosirsi e dirti che sono fatti suoi, ecc. 4️⃣ Come ti scrivevo sopra, anche in questo caso è importante cogliere la motivazione su ampia scala per sapere come intervenire. Per esempio: forse lo fa come forma di ripicca e ribellione nei nostri confronti perché la relazione tra noi non è idilliaca? Forse sono cattive compagnie quelle che frequenta?Forse vuole sentirsi come gli altri ed è quindi questione di autostima? Sta magari davvero solo provando e so che finirà tutto nel giro di poco? Forse compensa qualcosa di affettivo che gli manca dentro? Ecc. Se i nostri figli sono più grandi come in quest’ultimo caso, è probabile che servano più tempo e pazienza per riottenere la loro fiducia e ripristinare una buona relazione mettendo da parte cattive abitudini che magari hanno costellato gli anni precedenti ma di sicuro vale la gioia procedere 😊 In ogni caso, piccoli o grandi che siano, ti invito a non demordere, seguire i passi che ti ho indicato senza fretta e senza demoralizzarti. Sono certa che potrai accogliere anche tu nella tua famiglia i semi della sincerità e della trasparenza.
Ogni genitore vorrebbe che le gelosie e i litigi tra fratelli e/o sorelle non avvenissero mai! Siamo abituati per cultura, e lo vorremmo anche, che i nostri figli si amassero, che andassero d’accordo e giocassero insieme. E invece ci ritroviamo spesso con fratelli o sorelle che si picchiano, fratelli che si odiano, continui litigi e tirate di capelli tra sorelle, gelosia tra sorelle che non si sopportano e non giocano insieme, quando sono un po’ più grandi fratelli e sorelle che non si parlano e si ignorano… Di solito partiamo con questa tiritera: “mamma mia, non pensavo fosse così difficile avere due figli. Non ho tempo abbastanza per dedicarmi ad entrambi. Vorrei stare di più con loro, fare di più… Almeno che loro si facciano compagnia! O che almeno non mi facciamo impazzire quando arrivo a casa, con tutto quello che ho da fare” Cosa possiamo fare quindi se i nostri figli sono gelosi e non vanno d’accordo (e magari se le danno anche di santa ragione)? Vediamo insieme in questo articolo: Come affrontare e gestire la gelosia del primogenito? Come mai i fratelli e le sorelle arrivano a odiarsi? Quali sono le cause? Perché i fratelli litigano e sono gelosi uno dell’altro? Come comportarsi in pratica con i figli che litigano e che sono gelosi? Come prevenire l’aggressività fra fratelli Soluzione 1 per gelosia del primogenito: entriamo nella testa di tuo figlio… Ecco un altro modo di vedere, opposto a tutto ciò che abbiamo imparato o sentito dire… mettiamoci nei panni del primogenito! Questa è la cosa migliore che possiamo fare, immergerci nei naturali pensieri che frullano nella mente del nostro primo figlio o prima figlia. Lui o lei era nel suo mondo dorato, con una mamma e un papà, et voilà, arriva la sorellina (o fratellino). La cosa che principalmente pensa è: “evidentemente non sono bastato” “perché farne ancora una, se c’ero già io? Forse non vado abbastanza bene” I bambini vivono per essere amati da mamma e papà e per raggiungere questo loro obiettivo naturale, all’inizio, sarebbero disposti a fare di tutto pur di soddisfarli. Quindi nel primo figlio la prima cosa che scatta è: “io non sono bastato”, “se mamma ti coccola, sorride prima a te, ti prende sempre in braccio, allora vuol davvero dire che veramente tu hai più di me, tu vali più di me” E di conseguenza può arrivare a non accettare il fratellino o sorellina. Questo pensiero si accentua soprattutto se sono piccoli, nei primi 4-5 anni. L’altro pensiero che lo turba è il dover condividere mamma e papà: “perché mamma deve fare le coccole anche a te? Se per tutto questo tempo è stata MIA mamma e lui è stato MIO papà, perché ti devono prendere in braccio? Loro due sono miei, sono una mia proprietà!” Ed ecco che proprio non ce la fa, è un impulso irrefrenabile, un bisogno che non riesce a controllare: comincia a dar fastidio alla sorellina/al fratellino, non vuole che tocchi i suoi giochi, non lo vorrebbe in casa, lo picchia o comincia a essere geloso… Questo atteggiamento, che noi genitori non sopportiamo e non comprendiamo o definiamo “capricci”, in verità aiuta il primogenito a sfogare quello che sente dentro. Le parole non bastano, sono troppo piccoli per capirlo, non ce la fanno, e il disagio che provano è troppo forte. Servono i fatti! E ora vediamo anche come farlo in pratica. Soluzione 2 per gelosia fra fratelli e sorelle: non pretendere che i tuoi figli vadano per forza d’accordo Il primo modo più efficace per venire incontro ai sentimenti feriti dei nostri figli è quello di non pretendere che vadano per forza d’accordo. So che può sembrarti forte quello che scrivo, ma se non si parte da questo punto essenziale non possiamo passare al passo successivo, ovvero quello di lasciare che ciascuno dei nostri figli possa sentirsi figlio unico. Anche se noi diamo a entrambi o comunque a tutti i nostri figli in generale (se sono più di due) lo stesso amore, le stesse attenzioni, anche se abbiamo lo stesso riguardo, è possibile che loro non percepiscano la stessa cosa. E poi non saremmo forse del tutto sinceri se negassimo il fatto che magari uno dei nostri figli in particolare ci fa da specchio più dell’altro. Forse ha dei modi che, non sappiamo perché, ci irritano di più e quindi facciamo più fatica a gestirli e a tollerarli. Soluzione 3: risolvi i litigi con il tempo esclusivo per i figli Un suggerimento, in assoluto il più efficace, è riorganizzarsi per dedicare del tempo esclusivo e di qualità al primogenito da solo con te. Più si dedica tempo a questa coccola, più nostro figlio si rilassa, più torna a sentirsi amato (anche se tu ovviamente lo ami sempre e comunque). La sua esigenza è capire dall’atteggiamento di mamma e papà, e non dalle parole, che è amato come prima, più di prima e allo stesso identico modo. Non sarebbe sufficiente neanche rassicurarlo con “ma certo che ti voglio bene quanto a lei, anzi, anche sempre di più”, le parole non hanno l’effetto delle azioni. È necessario dimostrarlo con tue azioni concrete. Per esempio: Prendetelo con voi, o magari una volta da solo con mamma e una con papà, portatelo due ore a giocare insieme nel parco o a mangiare un gelato. Oppure papà prende la sorellina e mamma può stare a casa con lui tutto un pomeriggio o tutta una giornata a giocare, a stare insieme. Ecco che il tuo primogenito comincia a rilassarsi e fare il piano di attenzioni, a ricordare quel tempo dorato in cui c’era solo lui. Fa il pieno di attenzioni, di cure speciali di mamma o di papà, qualcosa solo per lui, proprio quello di cui ha sentito la mancanza. Più noi genitori capiamo l’importanza di rassicurare i bambini attraverso il tempo e le azioni, più loro hanno delle risorse interiori per tollerare la presenza della sorella e del fratello. Naturalmente questo non significa che i nostri figli debbano per forza rimanere figli unici e non significa neppure che alla nascita del fratellino o della sorellina le cose debbano per forza andare male e sia necessario correre ai ripari. 5 aspetti importanti da ricordare per prevenire gelosie e litigi fra fratelli Tutto questo significa soltanto che è importante: 1️⃣ sapere che il primogenito non lo fa apposta ad essere contrario all’arrivo del fratellino o della sorellina 2️⃣ imparare a comprendere il suo disagio e accoglierlo senza giudicarlo 3️⃣ comprendere che questa possibile reazione è del tutto naturale 4️⃣ sapere che con conferme concrete, passando ai fatti, potremo essere molto più rassicuranti di mille parole 5️⃣ ricordarci che le soluzioni più efficaci per prevenire gelosie, litigi e aggressività fra i figli sono il tempo di qualità, confermargli quanto amore e attenzioni abbiamo per loro prima che le chiedano, sapere che abbiamo le forze e le capacità per occuparci benissimo di entrambi senza che ne patiscano Sviste e “assurdità” che non fanno parte del mondo dei bambini e che peggiorano le liti e le gelosie Ci hanno abituati a vedere la fraternità in maniera distorta e questi che seguono ne sono degli esempi che non ti aiutano a gestire la situazione: 1️⃣ “Arriva il fratellino, finalmente non sarai più solo!” 2️⃣ Convincetelo dell’assoluto vantaggio che un fratellino può dargli, ha solo bisogno di tempo per adattarsi 3️⃣ Lasciate che il primogenito possa prendersi cura del secondo così che si instauri un buon rapporto 4️⃣ È nel litigio che nasce il confronto, litigando affermano la loro personalità e si preparano per le relazioni future e a instaurare relazioni positive 5️⃣ I bambini sono in grado di risolvere il conflitto da sé 6️⃣ Prendete le difese solo se avete assistito dall’inizio e sapete di chi è la responsabilità 7️⃣ “Io vado di là, voi parlatene e trovate una soluzione” 8️⃣ Se la competizione viene vissuta come confronto positivo, può rivelarsi costruttiva 9️⃣ Le liti tra fratelli disturbano tutta la famiglia e magari anche i vicini. Il vostro compito non deve essere quello di impedirgli di litigare, quanto quello di evitare che mettano a soqquadro la casa, oltre che evitare di farsi male. 🔟 Intervenite magari quando si saranno calmati Che cosa ci chiede invece il Libretto delle Istruzioni? Ci chiede innanzitutto di rispettare il suo bisogno di unicità e di comprendere il suo disagio profondo senza fermarci all’apparenza. Ecco un riepilogo di cosa possiamo fare, dunque, per metterci dalla sua parte ed essere efficaci nel nostro ruolo di genitori di più figli: Facciamo sentire ciascuno dei nostri figli come figlio unico: dedichiamo del tempo esclusivo per entrambi sia con mamma che con papà. In questo modo potranno fare il pieno di attenzioni di cui hanno bisogno soprattutto nei primi anni. In caso di liti, consoliamo gli afflitti ma dedichiamo la nostra immediata attenzione a chi il conflitto lo ha innescato, perché è lui che in verità si è sentito ferito. Se così non fosse stato, non avrebbe dovuto scaricare la sua frustrazione generando la litigata. PEr i dettagli leggi qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Osserviamoci e facciamo di tutto per essere neutrali nei loro confronti. Evitiamo i paragoni. Evitiamo di pretendere che seguano l’uno le orme dell’altro o che abbiano gli stessi interessi. Riferiamoci a loro chiamandoli con il proprio nome anziché “bambini fate questo”, “bimbi si esce”, ecc. Vuoi scoprire passo passo nella pratica cosa fare per risolvere i litigi e gelosie fra fratelli o sorelle? Leggi la guida completa qui: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli
So benissimo che il titolo i capricci non esistono ti fa passare la voglia di leggere e magari stai pensando: “esistono eccome! vieni a casa mia e ti faccio vedere quelli di mio figlio!” Ti chiedo solo un po’ di pazienza e di provare a mettere da parte le convinzioni che hai avuto finora nel leggere questo articolo e vedrai che una spiegazione valida potrebbe esistere. Tra tutte le piccole e grandi magagne quotidiane che danno del filo da torcere a mamma e papà, i capricci, le crisi di rabbia, le crisi di pianto o le crisi definite “isteriche” sono spesso molto rinomati perché: 1️⃣ Non si sa perché i bambini li facciano. Quando vogliamo darci una spiegazione accampiamo delle motivazioni ipotetiche come “sono sciocchi capricci”, “vuole farmi arrabbiare”, “saranno i terribili 2 anni”… 2️⃣ Infastidiscono l’occhio e il cuore dei genitori 3️⃣ Preoccupa e irrita il fatto di non sapere come risolvere la crisi di rabbia o di pianto e far tornare la situazione alla normalità Insomma, sono quelle cose che, a lungo andare, gli adulti proprio fanno fatica a sopportare. I capricci sono tante cose, una diversa dall’altra, sempre unici con sfumature differenti di volta in volta. Arrivano di soppiatto quando meno te lo aspetti e possono apparentemente scatenarsi per qualsiasi motivo, non sappiamo bene da cosa dipendano e sono terribilmente imprevedibili. Ma c’è una cosa davvero importante da sapere: i capricci non sono “capricci”… e non esistono Il dizionario online Hoepli ci dice che i capricci sono: Voglia bizzarra, insolita, improvvisa, generalmente effimera. Idea bizzarra e ostinata, comportamento irragionevole e arbitrario. Evento, fenomeno inusitato, incomprensibile. Dato che queste manifestazioni del bambino non le sappiamo comprendere con il tempo abbiamo imparato a definirli “capricci”. Proprio come se fossero comportamenti bizzarri, insoliti, improvvisi, fugaci e passeggeri, ma anche ostinati, irragionevoli. Discutibili e non autorizzati. Incomprensibili. E questo è il vero guaio! Solo perché questi comportamenti per noi sono incomprensibili e ingestibili e sono diventati capricci, non vuol dire che lo siano davvero. E infatti non sono tali per niente. Tutti i comportamenti dei bambini che noi cataloghiamo distrattamente come capricci sono sempre manifestazioni di un disagio e un tentativo di comunicare una difficoltà che non sanno esprimere a parole. Se i bambini e i ragazzi sapessero esprimere tutto a parole, stai pur certo che lo farebbero! Il guaio è che troppo spesso confondiamo i bambini per dei piccoli adulti e crediamo che come noi siamo bravi a recitare e a manipolare lo siano anche loro e quindi inscenino delle sceneggiate e dei brillanti teatrini. Ma i bambini non sono così, se sentono bianco esprimono bianco, se sentono nero esprimono nero. Quindi, quando piangono, quando puntano i piedi, quando si buttano per terra, quando chiedono insistentemente qualcosa non stanno recitando affatto. Ecco perchè i capricci dei bambini non esistono. Hanno sempre dunque un ottimo motivo e la nostra difficoltà in qualità di adulti sta proprio nel comprendere cosa si cela dietro e cosa nostro figlio sta cercando di dirci. Matteo torna da scuola e fa i “capricci”: vuole solo la pasta bianca Per esempio Matteo una mattina si sveglia e non trova più in camera il suo giochino preferito, è arrabbiato e si porta dietro quel nodo di tristezza. Ecco che magari, tornato da scuola con il “suo bagaglio di emozioni” in ebollizione non risolte, manifesta sintomi esterni come il rifiuto di sedersi al suo posto a tavola e pretende la pasta bianca mentre tu hai già messo il sugo rosso in tutti i piatti… Se consideri solo il suo comportamento esterno, è evidente che per te sta facendo un “capriccio” e magari pensi che una semplice alzata di voce o un castigo possa essere la soluzione. Se invece ti metti nei suoi panni, scopri che è solo arrabbiato e, non avendo ancora la capacità di raccontare i suoi sentimenti a parole, esprime con comportamenti esterni, che noi chiamiamo capricci, il suo disagio. Ecco la causa! Come comportarsi con i bambini “capricciosi”? 5 soluzioni per crisi di rabbia, crisi di pianto o crisi isteriche Vediamo ora 5 indicazioni pratiche che possono da subito aiutarti a comprendere i comportamenti “capricciosi” dei tuoi figli. 1️⃣ Avvicinati a tuo figlio rendendoti disponibile ad ascoltarlo prima di accampare giudizi avventati 2️⃣ Evita il tono accusatorio, chiedi in modo neutrale e con calma che cosa è successo, senza utilizzare le solite frasi “cosa hai combinato?” “ma perché adesso devi fare così?” (l’accusa lo fa sentire incompreso e si chiude ancora di più) 3️⃣ Ascoltalo attentamente guardandolo negli occhi e prendendo seriamente per valido tutto quello che ti dice, senza pensare che siano scuse o che ti stia dicendo delle bugie (ricordati che ha sempre un valido motivo) 4️⃣ Vai oltre le sue parole: lascia che il tuo intuito faccia la sua parte e indipendentemente dal racconto del bambino che può rispecchiare oppure no il suo vero stato d’animo, cerca di coglierlo comunque, individuando il sentimento che c’è dietro. Potrebbe essere che tuo figlio si senta solo, non ascoltato, poco guardato, oppure che abbia bisogno di coccole, della tua presenza totale, oppure che davvero abbia fame, sonno, o abbia paura, o si sia arrabbiato per qualcosa. 5️⃣ Rassicuralo e aiutalo nella pratica a risolvere la situazione: per esempio se ti dice che è arrabbiato perché ha perso il giochino preferito, gli puoi dire: “amore, hai ragione, non trovi il gioco e questo ti rende triste, andiamo subito in cameretta e andiamo a caccia del gioco, vedrai che lo troviamo”. E se non lo trovate? Anche qui trova una soluzione pratica, per esempio, lo rassicuri e gli dici che nel pomeriggio potete uscire insieme e comprarne un altro, oppure che ti impegnerai a cercarlo per bene nei prossimi giorni anche a casa dei nonni o a scuola. Quale sarà il risultato? Si sentirà compreso perché hai perfettamente intuito cosa lo rendeva triste, non lo hai colpevolizzato e hai trovato delle soluzioni e, aiutandolo nella pratica, si calmerà e questo incrementerà il suo grado di fiducia nei tuoi confronti, perché è consapevole che mamma e papà sono in grado di comprenderlo e aiutarlo. La fiducia e la stima costruita attraverso queste piccole ma grandi azioni sarà fondamentale per tutte le tappe successive di crescita. I 3 ostacoli che mettono in difficoltà i genitori… anche se i capricci non esistono! Le difficoltà principali sono in tutto 3, scopriamole insieme. 👉 Il primo ostacolo Il primo ostacolo è la grande difficoltà a riconoscere il reale bisogno del bambino e a non confonderlo con un “capriccio” o con una crisi senza un motivo valido. La maggior parte delle volte risulta paradossalmente più facile etichettare il comportamento del bambino come “capriccioso” e delegare a lui la responsabilità, piuttosto che vedere la nostra e dover fare nell’immediato qualcosa di efficace. 👉 Il secondo ostacolo Non sapere come fare a risolvere la situazione nella pratica. 👉 Il terzo ostacolo Tendiamo a voler risolvere la crisi con l’obiettivo di far calmare le acque, di tornare a una sorta di normalità, di non avere troppi gratta capi da gestire e di far star bene il bambino (ovvero: che non pianga, non urli, non imprechi, sia sereno, ascolti e dia pochi problemi, così vuol dire che sta bene). In verità se il bambino si sente libero di manifestare un problema o un’emozione interiore vuol dire che sta benissimo. Molto meglio di bambini che si sentono costretti per sopravvivenza ad assecondare i genitori e si adattano ai loro schemi pur di essere amati. L’obiettivo principale deve essere invece quello di andare a fondo del sentimento di nostro figlio, di individuare la motivazione profonda, agire su quella, trovando la soluzione ottimale per il bambino e non per noi. Meglio arginare e fermare i capricci o è meglio comprenderli e accoglierli? (10 dubbi risolti) Ora che abbiamo chiarito perchè i capricci non esistono qui sotto trovi le risposte ad alcune domande frequenti sul tema “capricci”. 1. Perchè i bambini fanno i “capricci”? In questo articolo approfondisco cosa sono davvero i comportamenti che noi adulti etichettiamo come “capricciosi”. Troverai anche esempi pratici come: Spegnere la Tv con urla e minacce o spegnerla senza capricci? E se mio figlio di 2 anni chiede sempre la cioccolata? L’Anticipo del Bisogno (ovvero si prevengono e risolvono i capricci dei bambini, le crisi di rabbia o le crisi isteriche) LEGGILO QUI: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili (e come puoi risolverli senza urla o sgridate) 2. Cosa sono i terribili 2 anni? Quando finisce questa fase? La maggioranza delle mamme si chiede quando inizia e quando finisce la fase dei terribili 2 anni dei bambini (o dei terribili 3) e quanto dura questo periodo. Scoprirai che la soluzione non è mai focalizzarsi su una fase definita terribile a 2, 3 o 4 anni di tuo figlio… LEGGILO QUI: E se i terribili 2 anni non esistessero? E i terribili 3 anni? 3. Mio figlio non mi ascolta e non accetta le regole: cosa posso fare? Spesso i conflitti con i figli, i “capricci” e lotte di potere sono causate dalla difficoltà a farsi ascoltare, far accettare un limite o un no. Scopri perché tuo figlio non collabora, non accetta i tuoi No o non rispetta le tue regole. LEGGILO QUI: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 4. Come calmare l’aggressività nei bambini e nei ragazzi? A volte bambini arrabbiati e molto nervosi possono diventare aggressivi e arrivare a rompere oggetti, graffiare, mordere o picchiare i genitori. Scopri i 5 motivi che scatenano l’aggressività e le 4 soluzioni per gestire gli episodi di la rabbia dei bambini. LEGGILO QUI: Smettila di essere aggressivo! 5 motivi che scatenano l’aggressività dei bambini con i genitori e a scuola 5. Capricci tra fratelli per gelosia: come gestisco le liti e le gelosie tra fratelli? Scopri come gestire il litigio fra i tuoi figli iniziato quando non c’eri, 4 passi per risolvere (e 1 per prevenire) se i tuoi figli litigano sempre. LEGGILO QUI: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli 6. Le punizioni per i figli sono utili o sono dannose? La punizione è l’arma più inefficace per risolvere “capricci”, lotte di potere, episodi di nervosismo, gelosie e litigi dei figli. LEGGILO QUI: La punizione è la via più efficace per reprimere tuo figlio (e che disintegra la sua fiducia nei tuoi confronti) 7. Quale libro posso leggere per risolvere i capricci di mio figlio? Puoi iniziare dal libro “Smettila di fare i capricci” (edizioni Mondadori): come risolvere i capricci di tuo figlio senza urla e sgridate, anche se pensi di averle già provate tutte. Troverai tutti i dettagli e i casi pratici che ti confermeranno che i capricci non esistono. 8. Come gestire i capricci dei bambini di 1 anno? Cosa fare con figli capricciosi e disubbidienti a 4 anni? Ci sono 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di “capriccio” di tuo figlio: 1. il nodo emotivo, 2. la vera motivazione e 3. le regole. Non ha importanza se oggi tuo figlio ha 2 anni, 6 anni o 8 anni. I principi da seguire sono sempre gli stessi. LEGGILO QUI: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli) 9. Come insegnare l’ordine ai bambini? Se ogni giorno riordinare i giochi genere lotte infinite e tuo figlio si rifiuta di collaborare puoi ricorrere alla tecnica dello “svezzamento”. LEGGILO QUI: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento 10. Cosa posso fare quando mio figlio ha una crisi di pianto o una crisi di rabbia? Scopri come aiutare i tuoi figli quando sono molto più nervosi, “capricciosi” o rompono i giochi: LEGGILO QUI: Come sgonfiare “crisi” e nervoso di tuo figlio
Aiuto: sono alle prese con i capricci del mio bambino di 2 anni ed è ingestibile. Aiutami a risolvere i capricci di mio figlio di 3 anni! Ha solo 18 mesi e fa già troppi “capricci”! Non so più cosa fare! Cosa faccio quando i miei bambini sono capricciosi e disubbidienti?” Quando si tratta di “capricci” dei bambini a 1 anno o a 3 anni la richiesta delle mamme è sempre la stessa: “aiutami a gestire e calmare i “capricci” di mio figlio, subito!” Ecco perché ora voglio indicarti 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di comportamento etichettato come “capriccio”. Scopriamole insieme. Indicazione N°1 per calmare i “capricci” dei bambini: il nodo emotivo Non ha importanza se oggi tuo figlio fa i capricci a 18 mesi, 1 anno, 3 anni o 4 anni. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età non sono degli strumenti diabolici che si inventa per farti perdere tempo all’ultimo minuto o per farti andare su tutte le furie. Se davvero vuoi spegnere il fuoco dei comportamenti etichettati come “capricci” ci sono alcune cose che è importante sapere: la prima è che non sono un fuoco che va spento. Lo so che questo aspetto è davvero assurdo la prima volta che lo leggi. Eppure è davvero importante sapere che tuo figlio quando piange, quando ti implora, quando urla, quando fa quella cosa che definiamo come “lagna” ha un “problema” emotivo, che per lui è serio davvero. In verità quando un bambino fa “i capricci” li fa perché ha una difficoltà ma non sa come dirtelo, non nel senso che vuole mentirti o nascondertelo, nel senso che al momento non ha altri strumenti per dirtelo diversamente o per aiutarsi da solo. Quanto attirano la tua attenzione con il “capriccio” ricordati che hanno sempre un motivo vero da risolvere. Poi la manifestazione cambia in base all’età, per esempio i “capricci” dei bambini a 2 anni magari si manifesteranno con pianto e urla, i “capricci” dei bambini a 6 anni saranno accompagnati anche da rifiuto delle regole, episodi di nervosismo o brutte parole. Ecco ora vediamo con una nuova lente, a cui non avresti mai pensato, ma che hai bisogno di considerare da subito: tornare a considerare la dignità di tuo figlio. La dignità dei bambini Tuo figlio quando ti segnala un problema, ha una sua dignità. Significa che non ha bisogno di essere maltrattato, sgridato o preso a sberle soltanto perché ci dà fastidio e non sappiamo come gestire la situazione. Lui ti sta comunicando una difficoltà, quindi come genitore o insegnante, hai il dovere assoluto di andare lì vicino, guardarlo negli occhi e trasformarti nel suo Aiutante Magico. Sei lì per aiutarlo, lui ha bisogno di te, ha bisogno della tua calma; vai in soccorso, aiutalo, per esempio dicendo: 👉 “Qual è il problema? Mannaggia, ma quanto è difficile questa cosa per te?” 👉 “Questa mattina la maglia gialla proprio non ti piace… mi sa che è più sonno e voglia di coccole… mi spiace che sei così triste stamattina… Oppure sai benissimo che questi sono momenti in cui sta vuotando in sacco. Magari tuo figlio è “pieno” di qualcosa che è successo il giorno prima o due giorni prima. Ha accumulato tensione, rabbia o tristezza che pian piano hanno creato una pentola a pressione. Proprio come succede a noi adulti. Molto spesso i bambini fanno questi “capricci” perché vogliono attirare la nostra attenzione Sono stanchi, nervosi, non si sentono capiti e l’aiuto giusto che si aspettano è: 👉 “Cavoli! mamma ieri non è stata con te tutto il giorno e stamattina ti ha pure messo fretta per arrivare in orario. Dobbiamo arrivare in orario, è vero, però amore capisco che per te è così difficile, dobbiamo stare un po’ insieme. Vieni che ti abbraccio, vieni che ti do un bacio.” Se inizi a ragionare che essere genitore vuol dire anche diventare il suo Aiutante Magico, quindi davvero metterti a sua disposizione senza paura che non impari le regole e che non diventi un bambino educato, allora sei a buon punto e tutto diventa più semplice. I bambini nascono già positivi e pieni di fantastici ingredienti, solo con il tuo atteggiamento da imitare e la tua giusta disponibilità d’animo, possono crescere sereni e sviluppare tutto il bello di cui sono già ricchi. SII IL SUO AIUTANTE MAGICO: Impara a restituirgli la dignità che merita quando ti segnala una difficoltà attraverso il capriccio, perché non ha un’altra modalità di farlo. Vai e aiutalo, vai alla motivazione e accoglilo, sempre. E poi trova le soluzioni pratiche. Indicazione N° 2: la motivazione valida per gestire i “capricci” dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni I bambini di oggi hanno una sensibilità particolare e non si adattano e sottomettono facilmente. Fino all’ultimo continuano a comunicarti con il comportamento che noi etichettiamo come “capriccioso” o disubbidiente il problema o la difficoltà che sentono e che provano. Cercano di fartelo capire attraverso il “capriccio”, la lagna, la ribellione e l’opposizione. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età, 2 anni o a 4 anni non sono mai capricci incomprensibili, infatti… non esistono! Noi genitori abbiamo bisogno di uscire dal “file mentale automatico” che il “capriccio” sia un capriccio, cioè quella cosa che non ha senso fare, che ci fa infuriare e uscire di testa, per esempio: “Ma perché sono le 8 meno 10, alle 8 chiudono il cancello di scuola e tu sei qua e non ti vuoi mettere le scarpe? Mi stai facendo le storie per una maglietta gialla, perché vuoi proprio quella verde? Che senso ha? Lo fai apposta! Sei testardo!” La verità è che non è un “capriccio”! I bambini che abbiano 18 mesi o 3 anni infatti non possono dirti: “mamma guarda sono stato male per questa cosa, sono triste perché ho perso il mio gioco preferito” “non mi dedichi abbastanza tempo” “sono arrabbiato con te perché mi hai messo in punizione” “non hai capito quello che io volevo fare” “mi arrabbio perché tu e papà litigate” “sono triste perché ti sento triste e nervosa…” Facciamo fatica noi adulti a riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, figuriamoci un bambino di 4 anni! Pur di catturare la tua attenzione, usano il canale che più ti fa soffermare su di loro e, sperano, anche sul loro problema. Allora, prima di tutto non arrabbiarti e mettiti nei suoi panni. Guardalo negli occhi, fermati, sdrammatizza: 👉 “Davvero queste scarpe no? Mannaggia, ci saranno dei topini dentro? Fammi un po’ vedere… o vuoi che oggi facciamo cambio: io mi metto le tue e tu ti metti le mie?!” Quello che il genitore può fare per uscire dall’impasse è sempre cercare la vera motivazione Tuo figlio utilizza spesso come scusa la scarpa, la maglietta, la verdura che non vuole mangiare, la frutta che non gli piace, ma in verità le motivazioni che fanno scatenare il putiferio sono quasi sempre più profonde. Il primo modo per risolvere i “capricci” dei bambini è giocare d’anticipo. Non tanto nel momento di fuoco, che è solo un segnale, è solo la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma andando a monte e cercando di capire: 1️⃣ come nella giornata, nella settimana, puoi dargli più tempo di qualità 2️⃣ se ci sono situazioni in cui puoi giocare di anticipo e puoi evitare di sgridarlo e punirlo 3️⃣ come puoi essere più calma o migliorare il clima familiare. Se come genitore riesci a fare questo passaggio, a modificare la tua routine frenetica per trovare del tempo speciale per lui, più tuo figlio si rilassa e inizia a viverti come l’AIUTANTE MAGICO emeglio è. Al posto di percepirti come una persona da cui nascondersi o pensare: 👉 “Devo dire una bugia alla mamma, perché quella cosa non la posso fare” oppure 👉 “Mamma sta arrivando, devo iniziare ad avere paura” potrà invece sapere che mamma e papà sono lì solo per lui, per sostenerlo e aiutarlo. Indicazione N° 3 per comprendere i “capricci” dei bambini: le regole C’è un aspetto che nella relazione genitore e figli fa scattare lotte, incomprensioni, urla e… “capricci”. Spesso ci porta a considerare i bambini come maleducati e disobbedienti! Si tratta del momento in cui vogliamo dare delle regole, trasmettere delle sane abitudini… che puntualmente i figli non ascoltano! Il problema da dove arriva? Noi siamo convinti che i bambini possano imparare una regola a forza di sentirsela ripetere. Quante volte diciamo “gliel’ho detto un milione di volte, eppure niente!”. La verità è che loro imparano osservando, imitando le abitudini da noi genitori o comunque dai loro adulti di riferimento Questa verità a volte ci fa paura. Ci rende responsabili dell’esempio che diamo, di come ci comportiamo nella nostra vita anche quando siamo senza i bambini. Ma allo stesso tempo è una grandissima fortuna! Perché se tu sei sereno del tuo modo di comportarti e costruisci una buona relazione con lui, il gioco è fatto. Non esiste un bambino al mondo che non guardi con occhi sognanti mamma e papà, che non li ami, che non li adori e dica: “mamma, voglio farlo anch’io”, “papà, voglio venire anche io con te. Voglio provare a guidare anche io la macchina, voglio anch’io svitare il tubo del lavandino”… Quindi una valida soluzione per prevenire i “capricci” e i litigi è comprendere come insegnare le regole a tuo figlio nella calma ed evitando di ripetere le stesse cose 120 volte. Tu resterai più calma e non perderai la pazienza e tuo figlio si fiderà di più di te perché si sentirà capito e ascoltato. Di conseguenza gli episodi in cui tu non lo capisci e lui si arrabbia con te saranno sempre meno frequenti. E con l’esperienza scoprirai che si tratti di “capricci” del tuo bambino a 18 mesi o capricci a 2 anni o a 3 anni scoprirai che la chiave è sempre considerare la sua vera motivazione. Mi auguro che queste 3 indicazioni ti siano di aiuto per comprendere sempre meglio il Libretto delle Istruzioni di tuo figlio.
Questo articolo non vuole convincerti di nulla in merito al tema rovente della punizione dei bambini e dei ragazzi. Non è un mio interesse indottrinare le persone e convincerle di qualcosa. Voglio solo condividere con te le riflessioni sulla punizione che ho fatto tramite l’esperienza a contatto con bambini ritenuti difficili, disadattati, capricciosi, violenti e che mi hanno permesso di recuperare la loro fiducia nei confronti degli adulti. Sono le stesse riflessioni che hanno fatto negli ultimi anni migliaia di famiglie italiane che, spinti dalla lettura dei libri, hanno cambiato il modo di considerare i vizi, i capricci dei propri figli e che, giorno dopo giorno, hanno consentito loro di costruire una relazione di fiducia, di stima e di complicità totale con i propri figli. La grande illusione delle punizioni: oggi punisci e domani raccogli rabbia e rancore Le punizioni sui bambini sembrano funzionare alla grande per risolvere una situazione nell’immediato. La maggior parte dei bambini si cristallizza davanti a un urlo ben piazzato, si congela davanti all’umiliazione di essere messo all’angolo o di allontanarsi dalla stanza o dal gruppo di compagni, si deprime e si addolora (per usare un eufemismo) vedendo il proprio genitore infuriato, infastidito o deluso. Ma a lungo termine cosa comportano? Sappiamo tutti molto bene come, appena girato lo sguardo, il bambino sembri dimenticare la punizione o l’urlo o la minaccia e sia pronto per tornare all’occorrenza a rifare l’azione per cui era stato sgridato o punito. Come se si dimenticasse, come se di punizione in punizione diventasse sempre più immune (bene, vuol dire che il suo sistema di difesa funziona alla perfezione!). E quindi, ogni volta è tutto da rifare con grande rammarico e fatica da parte di mamma e papà. Vediamo ora cosa con tuo figlio potrebbe non funzionare e che lo porta, con il tempo, a non fidarsi di te e a ribellarsi. La punizione è l’arma più inefficace per risolvere capricci, lotte di potere, gelosie e litigi dei bambini Ti sarà capitato probabilmente di dover ricorrere alle punizioni, anche se di base ti definisci contrario al loro utilizzo. Le hai provate tutte, sei stanco, non sai più cosa fare ed ecco che ti senti pervadere da una forza più grande di te, che non riesci a controllare e che “ti fa scappare” la tanto odiata punizione… 👉 “Adesso basta, vai di là e non esci finché non ti chiamo io!” 👉 “Finiscila! Adesso spengo e per una settimana niente televisione!” 👉 “Stop! Adesso ti siedi qui, stai fermo e zitto finché non mi chiedi scusa!” 👉 “Smettila! Questo gioco adesso te lo ritiro e te lo scordi! Salutalo perché non lo vedrai più” 👉 “Adesso ti metto in castigo: vai di là e metti a posto tutti i giochi mentre tua sorella finisce di guardare i cartoni!” 👉 “Più niente dolci/tv/gioco preferito/partita di calcio/coccole finché non lo decido io!” Aaaahhhh……!!!!! Lo sporco lavoro della punizione con i figli Non si sa perché, ma una cosa così innaturale come la punizione lascia in chi la infligge una sorta di soddisfazione, una sensazione di rilassamento… Siamo dei mostri? Niente affatto! La punizione sui bambini e sui ragazzi fa il suo “sporco” lavoro. Fa quello per cui è nata: aiuta l’artefice a liberarsi da un’emozione negativa (rabbia, nervosismo, impazienza…). Hai mai notato che, anche se ti dispiace, dopo che l’hai fatto tiri un sospiro di sollievo? Ti senti alleggerito? La punizione serve unicamente a chi la infligge per sfogare la tensione emotiva, per scaricare la rabbia, per avere la sensazione di avere tutto sotto controllo così da soffocare e negare la vera emozione sottostante (il disagio per non saper gestire il figlio, il nervosismo, la rabbia, la paura di essere prevaricati, il fastidio di sentirsi dire di no, di non essere ascoltati, ecc.). La punizione non ha nulla a che fare con il bene del bambino. Non è mai per lui una lezione da cui può imparare qualcosa (non è vero, una cosa la impara bene: assorbe questo comportamento e di conseguenza userà lui le punizioni nel relazionarsi con gli altri, compreso te!!!) Perchè? Quello che stiamo per scriverti all’inizio ti sembrerà romantico, troppo sdolcinato. Ti sembreranno giustificazioni che vengono da un altro pianeta, dal paese delle meraviglie e che non possono valere o essere efficaci con i nostri bimbi di oggi che invece sono “tosti”, ne sanno una più del diavolo, non si arrendono mai, non riesci a farli ragionare, ecc. Invece, vogliamo che tu le legga e che abbia la possibilità ancora una volta di allontanarti in fretta dall’idea che i bambini siano degli adulti (soltanto un po’ più bassi e con meno competenze) e che ragionino come loro. Per fortuna i bambini, anche se ti sembrano “tosti” (è un atteggiamento difensivo che assumono in automatico per proteggersi e preservare la loro natura) mantengono il loro animo sensibile, dolce e docile, aperto (se ne hanno la possibilità) e amano le maniere dolci (dolce non vuol dire “molle”). Le punizioni costituiscono uni scossone emotivo e insegnano a tuo figlio che, a sua volta, da grande potrà punire anche lui (compreso te!) Tuo figlio ti percepisce come un riferimento, l’unico, il più importante. Da te vuole amore, comprensione, aiuto, protezione. Se tu, invece di capirlo (andando sempre alla sua motivazione profonda), di aiutarlo a risolvere la sua difficoltà, di non giudicarlo, lo punisci, per lui è uno scossone a livello emotivo. Non stiamo esagerando. Sappiamo che forse per te i traumi violenti sono altri, per esempio una brutta caduta, un lutto, un grande spavento, una grave violenza e che la punizione non può essere annoverata in questo elenco. Ti diciamo dal più profondo del cuore che non è così: la punizione rappresenta un evento negativo per il bambino e può essere evitato. Hai mai provato a distanziarti per un attimo dalla tua rabbia, dal tuo fastidio subito dopo aver punito tuo figlio per fermarti e guardarlo? Cosa vedi? Hai mai provato a guardarlo negli occhi mentre lo fai? Forse ti è sembrato ma non lo hai fatto veramente. Perché, se così fosse, vedresti nei suoi occhi la paura, l’umiliazione e in certi casi la disperazione. Sentiresti una morsa al petto così forte, riceveresti uno schiaffo morale così lacerante che ci penseresti davvero più di una decina di volte all’occasione successiva, prima di ferire i suoi sentimenti. Quello che voglio fare in questo articolo è proprio aiutarti a conoscere la sua natura e a darti le giuste soluzioni così che tu possa avere dei buoni strumenti per sostituire gli atteggiamenti ereditati dai tuoi genitori. Non sentirti in colpa se fino a ieri le punizioni erano il tuo pezzo forte. Annulliamo il tuo senso di colpa Non hai di fatto responsabilità: non sapevi cos’altro fare e magari anche tu da piccino sei stato vittima di punizioni più o meno dure. È normale che, anche se ti sembra un paradosso, se non ci badiamo, in caso di difficoltà mettiamo proprio in campo le risorse che abbiamo appreso (anche se subite) durante la nostra infanzia. E i nostri genitori e loro volta hanno subito lo stesso trattamento (e spesso anche peggiore!) dai loro genitori. In più possiamo dirti che, se tuo figlio si trova in questa fascia di età e se inizi oggi a mettere in pratica un modo più ideale di affrontare le difficoltà, non porterà con se delle conseguenze e le eventuali conseguenze affettive saranno rimarginate dal tuo nuovo atteggiamento. La punizione costringe tuo figlio a perdere i suoi riferimenti, lo fa sentire solo, abbandonato, tradito. Le persone che lui ama non lo capiscono, perdono il controllo e pensa: “di chi mi posso fidare?” Tuo figlio resta allibito e confuso davanti alla punizione Dato che tuo figlio sa come vorrebbe che tu risolvessi i suoi problemi o lo aiutassi (peccato che non abbia ancora sviluppato quella capacità razionale di analisi che gli permette di darti dei suggerimenti a parole su cosa gli serve), davanti alla punizione non comprende perché lo stai facendo. Pensa che tu sia impazzito, pensa che ti stai confondendo… …ecco il suo punto di vista… 👉 “ma cosa fa? Aiuto! Non l’ho fatto apposta e invece di aiutarmi fa così?” 👉 “davvero non ho voglia di spegnere la tv, mi sta facendo compagnia, poi mi sento solo, non riesco a staccarmi, è più forte di me, perché non lo capisce e invece di aiutarmi si sta arrabbiando?” 👉 “Non sopporto che mia sorella tocchi i miei giochi, non ce la faccio a non scaricare la mia rabbia su di lei! Perché tu non mi capisci?!” Più tuo figlio è piccolo, meno ha la capacità di comprendere i suoi atti e più resta confuso. Il messaggio che riceve è del tutto contraddittorio: “ricevo aggressività, giudizio e intolleranza da chi dovrebbe amarmi, aiutarmi e proteggermi”. Proprio le persone per le quali si dovrebbe essere sempre speciali, fanno capire che si è sbagliati, cattivi, inadeguati. Come si può tenere alta l’autostima del bambino? Come può fare affidamento sulle sue capacità, se mamma e papà sono i primi che non ci credono? Le punizioni inibiscono il desiderio di sperimentare e quindi di apprendere Siamo noi per primi, anche se involontariamente, a causare loro una limitazione. Corriamo a comprare un sacco di giocattoli all’avanguardia e fatti per “l’apprendimento” perché imparino più in fretta e poi li “limitiamo” la maggior parte delle volte in cui iniziano a fare delle scoperte, a soddisfare la loro curiosità e le loro intuizioni (il modo migliore e più veloce perché possano imparare). I nostri “no” ogni 3×2, le nostre occhiatacce, la nostra rabbia, i nostri indici alzati, sono tutti freni che si accendono in automatico e che gli lanciano il segnale: “non va bene, sei sbagliato, non puoi crescere come vuoi, non puoi usare le tue risorse interiori su cui pensavi di poter fare affidamento”. La punizione spinge tuo figlio a raccontare bugie e a fare le cose di nascosto Nonostante la punizione, dato che non va a risolvere la motivazione dell’azione, l’impulso per il bambino a fare una determinata cosa resta sempre più forte. Se tuo figlio aveva bisogno di scoprire il funzionamento di qualcosa, se voleva verificare una sua intuizione o soddisfare un desiderio stai pur certo che anche di nascosto cercherà di farlo. È più forte di lui. Davanti ai desideri, ai bisogni, ai sentimenti e alla forza della vita che lo spinge a crescere, imparare e sperimentare non c’è nulla che tenga. Inoltre ricorda sempre che le cose vietate sono quelle che si tendono a fare di più (e vale anche per noi adulti!) I modi duri e colpevolizzanti creano disagi emotivi. Per i motivi che già abbiamo anticipato, la punizione insieme a un tono duro, un messaggio comunicativo (verbale o non verbale) colpevolizzante, genera in tuo figlio tristezza, senso di inadeguatezza e non si sente compreso. Più si sente sbagliato e non amato, più la sua autostima decresce, aumenta il senso di debolezza che fa aumentare l’ansia e le paure. Queste situazioni si accumuleranno negli anni e peggioreranno sempre di più la vostra relazione fino a sfociare nelle tanto temute ribellioni adolescenziali e in relazioni conflittuali fra genitori e figli. Ecco perchè poi si arriva a litigare per delle “sciocchezze”, nel senso che la pentola a pressione interiore è così piena che basta un piccolo evento (la goccia che fa traboccare il vaso) per scatenare rabbia e litigi con i figli. Inoltre i tuoi figli apprenderanno che la punizione si può usare e la useranno per relazionarsi anche con te. Punizione, giudizio e disapprovazione inducono i bambini all’aggressività Cosa succede se metti a bollire l’acqua per la pasta in una pentola troppo piccola? Anche se metti il coperchio, nel momento del bollore, straborderà comunque, sporcando tutto il piano cottura e a volte spegnendo addirittura la fiamma del gas. Cosa succede quando l’uomo cerca di far deviare i fiumi dove vuole lui o cerca di rubare terreno al loro letto per costruire abitazioni? Il fiume, prima o poi, se lo riprende originando quelle che noi chiamiamo catastrofi. Cosa succede se tieni un animale in gabbia per troppo tempo? Anche se noi siamo umani, i principi di natura sono alla fine semplici e uguali per tutti. Anche i bambini hanno bisogno di contenimento, di sapere come fare le cose, ma se le indicazioni che ricevono sono strette o non adatte, prima o poi anche loro scoppiano! Un bambino aggressivo è un bambino che forse non viene compreso in modo adeguato, che viene eccessivamente limitato. Oppure è un bambino che ha al suo fianco esempi di aggressività, nervosismo e intolleranza (adulti di riferimento che alzano la voce, che criticano, che si lamentano, che hanno scatti di rabbia, che perdono la pazienza). Meglio tirarsi su le maniche e con calma correre ai ripari, piuttosto che trovare delle giustificazioni: “ma come fai a non arrabbiarti?” “e va bè, ma capita a tutti ogni tanto”, “ma tu non conosci mio figlio/tu non sai com’è disastrata la mia vita” “e va beh ma che sarà mai”, ecc. Se vuoi approfondire come le punizioni si possono evitare perchè dietro un comportamento di tuo figlio c’è senza una valida motivazione puoi leggere: Capricci dei Bambini: se li ignori si moltiplicano (Guida Bimbiveri) Le 7 riflessioni (sincere e scomode) che dovremmo fare tutti noi adulti 1️⃣ Come ti sentivi quando ti punivano? 2️⃣ Come ti sentivi quando avevi bisogno di sostegno, di essere compreso e accolto e invece arrivavano ceffoni, urla e punizioni? 3️⃣ La punizione risolveva la tua tristezza? 4️⃣ Che considerazione hai oggi per chi, quando eri bambino, ti puniva ignorando i tuoi sentimenti senza chiederti come stavi e di cosa avevi bisogno? 5️⃣ Quanta fiducia e stima avevi negli adulti che ti punivano? 6️⃣ Se tu oggi venissi punito e sgridato (anche davanti ai tuoi colleghi) per ogni svista sul lavoro come ti sentiresti? 7️⃣ Che cosa vedi dentro gli occhi di tuo figlio mentre lo sgridi e lo punisci? Domanda finale da appendere al frigorifero In questo momento, se io fossi al posto di mio figlio, come mi sentirei? Per approfondire Tuo figlio non ascolta e non sai come gestire i capricci? Leggi questo articolo: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
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