Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti.
Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.
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NON TI ASCOLTA, FA I "CAPRICCI", TI SFIDA O RI SIBELLA?
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Perché non spegne quando glielo dici? Perché devi ripeterlo mille volte? Se ti senti addosso la sensazione di impotenza e di incapacità quando si tratta di dire basta e far spegnere la Tv, Tablet, videogochi o gli strumenti tecnologici a tuo figlio? Scopri cosa puoi fare nella pratica per non metterti nei pasticci quando è ora di spegnere la tv o il videogioco.
Aiuto: sono alle prese con i capricci del mio bambino di 2 anni ed è ingestibile. Aiutami a risolvere i capricci di mio figlio di 3 anni! Ha solo 18 mesi e fa già troppi “capricci”! Non so più cosa fare! Cosa faccio quando i miei bambini sono capricciosi e disubbidienti?” Quando si tratta di “capricci” dei bambini a 1 anno o a 3 anni la richiesta delle mamme è sempre la stessa: “aiutami a gestire e calmare i “capricci” di mio figlio, subito!” Ecco perché ora voglio indicarti 3 linee guida fondamentali per comprendere la causa di qualsiasi tipo di comportamento etichettato come “capriccio”. Scopriamole insieme. Indicazione N°1 per calmare i “capricci” dei bambini: il nodo emotivo Non ha importanza se oggi tuo figlio fa i capricci a 18 mesi, 1 anno, 3 anni o 4 anni. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età non sono degli strumenti diabolici che si inventa per farti perdere tempo all’ultimo minuto o per farti andare su tutte le furie. Se davvero vuoi spegnere il fuoco dei comportamenti etichettati come “capricci” ci sono alcune cose che è importante sapere: la prima è che non sono un fuoco che va spento. Lo so che questo aspetto è davvero assurdo la prima volta che lo leggi. Eppure è davvero importante sapere che tuo figlio quando piange, quando ti implora, quando urla, quando fa quella cosa che definiamo come “lagna” ha un “problema” emotivo, che per lui è serio davvero. In verità quando un bambino fa “i capricci” li fa perché ha una difficoltà ma non sa come dirtelo, non nel senso che vuole mentirti o nascondertelo, nel senso che al momento non ha altri strumenti per dirtelo diversamente o per aiutarsi da solo. Quanto attirano la tua attenzione con il “capriccio” ricordati che hanno sempre un motivo vero da risolvere. Poi la manifestazione cambia in base all’età, per esempio i “capricci” dei bambini a 2 anni magari si manifesteranno con pianto e urla, i “capricci” dei bambini a 6 anni saranno accompagnati anche da rifiuto delle regole, episodi di nervosismo o brutte parole. Ecco ora vediamo con una nuova lente, a cui non avresti mai pensato, ma che hai bisogno di considerare da subito: tornare a considerare la dignità di tuo figlio. La dignità dei bambini Tuo figlio quando ti segnala un problema, ha una sua dignità. Significa che non ha bisogno di essere maltrattato, sgridato o preso a sberle soltanto perché ci dà fastidio e non sappiamo come gestire la situazione. Lui ti sta comunicando una difficoltà, quindi come genitore o insegnante, hai il dovere assoluto di andare lì vicino, guardarlo negli occhi e trasformarti nel suo Aiutante Magico. Sei lì per aiutarlo, lui ha bisogno di te, ha bisogno della tua calma; vai in soccorso, aiutalo, per esempio dicendo: 👉 “Qual è il problema? Mannaggia, ma quanto è difficile questa cosa per te?” 👉 “Questa mattina la maglia gialla proprio non ti piace… mi sa che è più sonno e voglia di coccole… mi spiace che sei così triste stamattina… Oppure sai benissimo che questi sono momenti in cui sta vuotando in sacco. Magari tuo figlio è “pieno” di qualcosa che è successo il giorno prima o due giorni prima. Ha accumulato tensione, rabbia o tristezza che pian piano hanno creato una pentola a pressione. Proprio come succede a noi adulti. Molto spesso i bambini fanno questi “capricci” perché vogliono attirare la nostra attenzione Sono stanchi, nervosi, non si sentono capiti e l’aiuto giusto che si aspettano è: 👉 “Cavoli! mamma ieri non è stata con te tutto il giorno e stamattina ti ha pure messo fretta per arrivare in orario. Dobbiamo arrivare in orario, è vero, però amore capisco che per te è così difficile, dobbiamo stare un po’ insieme. Vieni che ti abbraccio, vieni che ti do un bacio.” Se inizi a ragionare che essere genitore vuol dire anche diventare il suo Aiutante Magico, quindi davvero metterti a sua disposizione senza paura che non impari le regole e che non diventi un bambino educato, allora sei a buon punto e tutto diventa più semplice. I bambini nascono già positivi e pieni di fantastici ingredienti, solo con il tuo atteggiamento da imitare e la tua giusta disponibilità d’animo, possono crescere sereni e sviluppare tutto il bello di cui sono già ricchi. SII IL SUO AIUTANTE MAGICO: Impara a restituirgli la dignità che merita quando ti segnala una difficoltà attraverso il capriccio, perché non ha un’altra modalità di farlo. Vai e aiutalo, vai alla motivazione e accoglilo, sempre. E poi trova le soluzioni pratiche. Indicazione N° 2: la motivazione valida per gestire i “capricci” dei bambini a 1 anno, 2 anni, 3 anni I bambini di oggi hanno una sensibilità particolare e non si adattano e sottomettono facilmente. Fino all’ultimo continuano a comunicarti con il comportamento che noi etichettiamo come “capriccioso” o disubbidiente il problema o la difficoltà che sentono e che provano. Cercano di fartelo capire attraverso il “capriccio”, la lagna, la ribellione e l’opposizione. I “capricci” dei bambini a qualsiasi età, 2 anni o a 4 anni non sono mai capricci incomprensibili, infatti… non esistono! Noi genitori abbiamo bisogno di uscire dal “file mentale automatico” che il “capriccio” sia un capriccio, cioè quella cosa che non ha senso fare, che ci fa infuriare e uscire di testa, per esempio: “Ma perché sono le 8 meno 10, alle 8 chiudono il cancello di scuola e tu sei qua e non ti vuoi mettere le scarpe? Mi stai facendo le storie per una maglietta gialla, perché vuoi proprio quella verde? Che senso ha? Lo fai apposta! Sei testardo!” La verità è che non è un “capriccio”! I bambini che abbiano 18 mesi o 3 anni infatti non possono dirti: “mamma guarda sono stato male per questa cosa, sono triste perché ho perso il mio gioco preferito” “non mi dedichi abbastanza tempo” “sono arrabbiato con te perché mi hai messo in punizione” “non hai capito quello che io volevo fare” “mi arrabbio perché tu e papà litigate” “sono triste perché ti sento triste e nervosa…” Facciamo fatica noi adulti a riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, figuriamoci un bambino di 4 anni! Pur di catturare la tua attenzione, usano il canale che più ti fa soffermare su di loro e, sperano, anche sul loro problema. Allora, prima di tutto non arrabbiarti e mettiti nei suoi panni. Guardalo negli occhi, fermati, sdrammatizza: 👉 “Davvero queste scarpe no? Mannaggia, ci saranno dei topini dentro? Fammi un po’ vedere… o vuoi che oggi facciamo cambio: io mi metto le tue e tu ti metti le mie?!” Quello che il genitore può fare per uscire dall’impasse è sempre cercare la vera motivazione Tuo figlio utilizza spesso come scusa la scarpa, la maglietta, la verdura che non vuole mangiare, la frutta che non gli piace, ma in verità le motivazioni che fanno scatenare il putiferio sono quasi sempre più profonde. Il primo modo per risolvere i “capricci” dei bambini è giocare d’anticipo. Non tanto nel momento di fuoco, che è solo un segnale, è solo la classica goccia che fa traboccare il vaso, ma andando a monte e cercando di capire: 1️⃣ come nella giornata, nella settimana, puoi dargli più tempo di qualità 2️⃣ se ci sono situazioni in cui puoi giocare di anticipo e puoi evitare di sgridarlo e punirlo 3️⃣ come puoi essere più calma o migliorare il clima familiare. Se come genitore riesci a fare questo passaggio, a modificare la tua routine frenetica per trovare del tempo speciale per lui, più tuo figlio si rilassa e inizia a viverti come l’AIUTANTE MAGICO emeglio è. Al posto di percepirti come una persona da cui nascondersi o pensare: 👉 “Devo dire una bugia alla mamma, perché quella cosa non la posso fare” oppure 👉 “Mamma sta arrivando, devo iniziare ad avere paura” potrà invece sapere che mamma e papà sono lì solo per lui, per sostenerlo e aiutarlo. Indicazione N° 3 per comprendere i “capricci” dei bambini: le regole C’è un aspetto che nella relazione genitore e figli fa scattare lotte, incomprensioni, urla e… “capricci”. Spesso ci porta a considerare i bambini come maleducati e disobbedienti! Si tratta del momento in cui vogliamo dare delle regole, trasmettere delle sane abitudini… che puntualmente i figli non ascoltano! Il problema da dove arriva? Noi siamo convinti che i bambini possano imparare una regola a forza di sentirsela ripetere. Quante volte diciamo “gliel’ho detto un milione di volte, eppure niente!”. La verità è che loro imparano osservando, imitando le abitudini da noi genitori o comunque dai loro adulti di riferimento Questa verità a volte ci fa paura. Ci rende responsabili dell’esempio che diamo, di come ci comportiamo nella nostra vita anche quando siamo senza i bambini. Ma allo stesso tempo è una grandissima fortuna! Perché se tu sei sereno del tuo modo di comportarti e costruisci una buona relazione con lui, il gioco è fatto. Non esiste un bambino al mondo che non guardi con occhi sognanti mamma e papà, che non li ami, che non li adori e dica: “mamma, voglio farlo anch’io”, “papà, voglio venire anche io con te. Voglio provare a guidare anche io la macchina, voglio anch’io svitare il tubo del lavandino”… Quindi una valida soluzione per prevenire i “capricci” e i litigi è comprendere come insegnare le regole a tuo figlio nella calma ed evitando di ripetere le stesse cose 120 volte. Tu resterai più calma e non perderai la pazienza e tuo figlio si fiderà di più di te perché si sentirà capito e ascoltato. Di conseguenza gli episodi in cui tu non lo capisci e lui si arrabbia con te saranno sempre meno frequenti. E con l’esperienza scoprirai che si tratti di “capricci” del tuo bambino a 18 mesi o capricci a 2 anni o a 3 anni scoprirai che la chiave è sempre considerare la sua vera motivazione. Mi auguro che queste 3 indicazioni ti siano di aiuto per comprendere sempre meglio il Libretto delle Istruzioni di tuo figlio.
Cosa puoi fare per limitare o eliminare per sempre tirate di capelli e litigi continui fra i tuoi figli? Che cosa prova emotivamente tuo figlio quando gli rubano i giocattoli? Questo video ti farà mettere nei suoi panni e dopo averlo visto non banalizzerai più il suo senso del possesso e le volte in cui dice È MIO! Lo faremo con la storia dello “scippo” della borsa al parco. Fatti anche tu due risate come le 200 persone che erano presenti in sala: GUARDA IL VIDEO
Sappiamo tutti che i tempi dello spannolinamento diurno non corrispondono a quelli dello spannolinamento notturno. E quindi capita che, quando festeggiamo perché finalmente nostro figlio non usa più il pannolino di giorno e sta diventando sempre più autonomo, iniziamo a preoccuparci per la notte: E per la notte adesso come faccio? Continuerà a fare la pipì senza rendersene conto? Quante volte dovrò svegliarlo perché non si bagni o non inzuppi le lenzuola? Finirà presto tutto questo? E un sacco di altri dubbi e paure… Per soffiarle via, vediamo insieme qualche suggerimento e qualche punto fermo che possa aiutarti a vivere anche questo secondo passaggio nella maniera più armonica possibile. Qualche punto fermo per uno spannolinamento notturno senza stress 1️⃣ È naturale che arrivi prima l’autonomia diurna rispetto a quella notturna. 2️⃣ Anche qui, non si tratta di qualcosa che potrai “insegnare” o “raccomandare” a tuo figlio. Infatti si tratta di una maturazione fisiologica che avverrà nel tempo e quindi la pazienza e l’attesa necessaria che tutto avvenga da sé sono i migliori strumenti di cui potrai equipaggiarti 3️⃣ Dovrà entrare in campo la regina “Pazienza” 4️⃣ Dovranno uscire dal campo le scomode sorellastre “Aspettative” So che questi 2 pilastri non ti sono sufficienti. Per questo affrontiamo adesso i principali aspetti concreti con i relativi suggerimenti che potranno esserti molto utili come linee guida da seguire nel momento in cui dovrai cimentarti nella pratica dello spannolinamento notturno. Come già avrai capito non si tratta di poter impostare un orologio biologico o di poter scegliere una data precisa. Non succederà che da una notte precisa in poi toglieremo per sempre il pannolino. Non succederà nemmeno che nostro figlio sarà magicamente autonomo, non bagnerà le lenzuola, andrà in bagno da solo senza interrompere il tuo sonno e poi tornerà a letto riaddormentandosi con facilità senza richiedere il tuo intervento. Non solo questa è fantasia, ma è naturale che avvenga piuttosto il contrario. Semplicemente perché non è questa la natura del bambino che, a differenza di quanto noi vorremmo, fa le cose per gradi e lentamente e a piccoli passi fa maturare il bambino e la fisiologia del suo corpo. 10 passi per togliere il pannolino di notte: E quindi: 1️⃣ Dopo aver tolto il pannolino di giorno, continua ad usarlo la notte. 2️⃣ Controlla il pannolino la mattina e riconosci come un buon momento di passaggio quello in cui trovi il pannolino quasi sempre asciutto o poco bagnato. 3️⃣ Evita di creare stress attorno a questo momento. Evita quindi di spiegare a tuo figlio perché dovrebbe smettere di fare la pipì di notte, o accorgersi dello stimolo e chiamarti, evita di dirgli che adesso è grande, ecc. 4️⃣ Soddisfa la sete di tuo figlio anche di sera ricordandoti di non esagerare (la sera) con cibi troppo salati o asciutti (che fanno venire molta sete). Non eccedere inoltre con bevande gassate o dolcificate, preferisci l’acqua e nella giusta quantità. 5️⃣ Per sicurezza, puoi portarlo a fare la pipì prima di dormire anche più di una volta (sempre senza assillarlo e senza stress). 6️⃣ Evita di svegliare tuo figlio di notte puntando l’orologio. In questo modo non stai favorendo la sua naturale maturazione e armonizzazione che, anche se più lenta e scostante rispetto a quello che tu immagini o vorresti, è pur sempre la più perfetta. 7️⃣ Quando arrivi al punto n.2 puoi passare alla mutandina (mutandina “vera” e non pannolino a mutandina). Se temi che il letto possa comunque bagnarsi ogni tanto (cosa del tutto normale che potrà succedere) puoi aiutarti con il punto 8 8️⃣ Dato che: non è detto che tu sia così disponibile e contenta di svegliarti di notte per cambiarlo dobbiamo evitare di far passare il messaggio di essere scontenti o disturbati dal fatto che nostro figlio ha fatto la pipì nel letto non possiamo neppure farlo sentire inadeguato ti suggerisco di rendere il momento dello spannolinamento notturno più semplice per te in questo modo: 👉 tieni sempre a portata di mano indumenti puliti per il cambio e se non vuoi andare in bagno anche salviette e asciugamani 👉 prepara il letto con doppie lenzuola in modo da ridurre i tempi di cambio. A partire dal basso disponi: materasso – coprimaterasso – lenzuolo – coprimaterasso – traversa plastificata – lenzuolo. Ti basterà togliere i primi tre strati per ritrovare già tutto asciutto e posizionato. 👉 Tieni anche a portata di mano un lenzuolo e una federa del cuscino puliti e una coperta pulita e asciutta. Sai bene che la pipì che scappa di notte raggiunge a volte punti impensabili che vanno anche oltre le leggi della fisica! 9️⃣ A costo di qualche lavatrice in più, non tornare indietro e una volta tolto il pannolino di notte non rimetterlo. Anche se ti sembra che la cosa stia andando un po’ per le lunghe. 🔟 Te lo ricordo: è indispensabile evitare di mettergli fretta, di colpevolizzarlo, di mostrarti scocciata o dispiaciuta… È una fase della vita che fa parte dell’esistenza di tuo figlio e non va condannata, anche se per te è preferibile non essere svegliata di notte. Ogni cosa ha il suo tempo e chi sceglie di essere genitore lo deve in qualche modo mettere in conto. Perchè lo spannolinamento è difficile? Capisco che il momento di eliminare il pannolino generi non solo preoccupazioni ma ansia, nervosismi e impazienza. Mi auguro che questo articolo ti rassicuri e ti fornisca nuovi spunti per alimentare il tuo istinto innato e la tua capacità di osservazione: sarà loro ad aiutarti a mettere in campo risorse davvero efficaci in queste fasi di passaggio di tuo figlio. Per approfondire il tema dello spannolinamento puoi leggere: Perchè lo spannolinamento è difficile? 5 step per iniziare senza problemi.
Vediamo come gestire al meglio i dispositivi tecnologici? Cosa puoi fare se tuo figlio vuole stare tutto il giorno attaccato a Tv e videogiochi?
Sono in tanti a considerare necessario (e doveroso) ricorrere a schiaffi ai bambini sul viso, alle sculacciate, a picchiare i bambini sulle mani. Sberle e sculacciate ogni tanto ci scappano e i motivi sono davvero vari. Per esempio tanti di noi sono cresciuti ricevendo magari qualche schiaffo o sculacciata e vivendo con genitori che urlavano ed esplodevano con episodi di rabbia. Per questo motivo si arriva a credere che sia l’unico modo per educare e per farsi ascoltare dai figli. Ma non è così. Ancora oggi i genitori si chiedono quando è necessario dare uno schiaffo a un figlio oppure non riescono a valutare sei gli schiaffi ai bambini sono diseducativi oppure inevitabili. Qualcuno di noi pensa davvero che sia uno strumento educativo efficace. Risolviamo tutti i dubbi con questo articolo, troverai anche degli esempi pratici. Perché i genitori ricorrono agli schiaffi con i bambini? La maggior parte delle volte sberle e sculaccioni scappano perché non riusciamo a farne a meno, non riusciamo a gestire quella tensione forte che ci sale dentro, quella rabbia che ci prende d’impulso, ed ecco che diamo la sberla, la sculacciata. Non si tratta di un gesto ragionato. È un modo istintivo che usiamo per scaricare la nostra tensione, la nostra rabbia. E ci giustifichiamo dicendo che lo facciamo perché non mi ascolta, non riesco a farmi ascoltare, non so che cosa altro fare… Se ti ascolti mentre dai la sculacciata, appena prima che ti venga il senso di colpa, è come se una parte di te si fosse svuotata di un pezzo scomodo, senti quasi un senso di calma. Sberle e sculacciate quindi servono soltanto a chi le dà, perché liberano, sono uno sfogo, si scarica quella tensione data dalla frustrazione della rabbia. Subito dopo inizia il loop del senso di colpa: “Mannaggia cosa ho fatto! Non dovevo farlo, mi dispiace”… Ti chiedo, davvero con il cuore in mano, di considerare che non servono, non sono una soluzione valida per l’educazione dei tuoi figli e non portano nulla di buono nella relazione con i bambini, anzi li danneggiano. Non si fa nemmeno sugli animali, giustamente, non si fa con una pianta e lo facciamo con dei bambini?! Abbiamo gli strumenti per educare e sono anche meno faticosi. Soluzioni per diventare adulti più equilibrati ce ne sono tante, per gestire la relazione con i nostri figli in maniera dignitosa e decisamente più fisiologica per tutti. Dare schiaffi ai bambini, sberle, punire, urlare, svalutare, sminuire, umiliare non è dignitoso: danneggia la sua dignità, ma danneggia anche la nostra dignità di adulti genitori. Non voglio però che tu ti senta in colpa, non è un’accusa. Capisco cha magari anche tu sei cresciuta fra una punizione, una sberla e una sculacciata e giustamente non sai fare diversamente o non lo fai apposta. Capisco che non siamo abituati ad agire con un altro approccio, che non siamo in grado di gestire il nostro bagaglio emotivo perché nessuno ci ha insegnato, è così per tutti. Ma date le soluzioni alternative esistenti, lo possiamo fare per noi e per i nostri figli, possiamo creare insieme una generazione di adulti che non usa più questi strumenti. Ce la possiamo fare, un po’ alla volta. Schiaffi ai bambini: come facciamo a sostituire la sberla e la sculacciata? Innanzitutto è necessario tenere a bada e riuscire a gestire la nostra rabbia. La sculacciata, la punizione e le sberle che diamo a un bambino, sono frutto della nostra rabbia e del nervoso che non riusciamo a controllare. E’ necessario iniziare ad agire a monte, prima di arrivare alla reazione, all’esplosione di rabbia. Ecco due inviti che ti faccio: 1. Gestisci la rabbia. E’ necessario arriva a gestire sempre meglio i tuoi stati emotivi in modo da non arrivare a dover esplodere. 2. Preveniamo la rabbia Un’altra cosa utile è l’invito a riorganizzare la tua quotidianità e la tua routine giornaliera, viaggiare per priorità, perché a volte arriviamo talmente esausti, già sul punto di esplodere dai nostri figli che poi saltiamo in aria per la goccia che fa traboccare il vaso. Nessuno ci ha insegnato a calibrare le nostre energie durante la giornata, a come non stancarci troppo e dobbiamo farlo perché altrimenti quando arriviamo dai bambini, loro diventano dei capri espiatori. Arrabbiarsi non serve a niente e questo incide sulla relazione con i figli. Da Aiutante Magico è necessario avvicinarci ai figli e cercare di comprendere il problema 👉 Per esempio puoi fermarti a riflettere: “Perché mio figlio è aggressivo con me? Mi sta dicendo che non vuole fare una cosa?” “Ha preso un brutto voto a scuola, non ha riordinato dopo che gliel’ho detto dieci volte. Come mai? Come mai è successo questo?” 👉 Oppure ha picchiato sua sorella. Riflessione: è vero che non si fa, ma lui per primo sa che non si fa, allora devo andare ad aiutarlo a sanare questa ferita per cui si sente meno della sorella. Quindi a monte cerco di riuscire a risolvere questa situazione tra di loro. 👉 Altra situazione: ha portato a casa un brutto voto. Allora cosa serve dare uno schiaffo a tuo figlio, sgridarlo e arrabbiarsi? Cerchiamo invece di capire come mai è successo. Cerchiamo la causa e chiediamoci: che cosa non ha capito? È andato in affanno perché gli faceva paura la verifica? O aveva paura di non farla abbastanza bene e il cervello è andato in tilt? Cerchi di capire il motivo e ne parli con tuo figlio. 👉 Altro esempio: tuo figlio ti risponde male, in maniera aggressiva. Riflessione: siccome sai che non è cattivo o maleducato, forse ha una difficoltà? In questo periodo ha accumulato troppo nervoso o è stanco? Sta imitando me perché anch’io quando ho qualche problema mi arrabbio, alzo la voce? Anche in questo caso dare uno schiaffo al bambino risolverebbe la situazione? Non risolve il motivo per cui tuo figlio si comporta in un certo modo. E’ utile invece risolvere la vera causa. Per esempio se oggi ti risponde male perché è stanco, la soluzione potrebbe essere andare a dormire. L’indomani organizzerai meglio la giornata in modo che non si arrivi cotti (e nervosi) alla sera. Se è arrabbiato, aggressivo e risponde male perché è geloso della sorella o perché hai tu un modo sbagliato di dire di no allora è molto più utile andare a risolvere queste cause e intanto non entrare in una lotta di potere con lui. Troviamo la soluzione sia a monte che immediata, cioè non mi arrabbio ora e risolvo il problema che ci ha portato qui, come un vero Aiutante Magico. Quando noi perdiamo la calma, urliamo, comunichiamo ai figli che siamo deboli, fragili Infatti più l’adulto è violento e più è debole, è un adulto che non sa gestire i suoi sentimenti, che si sente fragile o insicuro tanto da credere di doversi arrabbiare o di dover fare la voce grossa per mostrare la sua autorevolezza. Quando urliamo o ci arrabbiamo siamo deboli e in difficoltà, non siamo calmi e fermi, presenti, non diamo l’idea di un adulto da ascoltare, che può essere la sua guida. Se è la prima volta che leggi queste cose so benissimo che puoi considerarle assurde. Ma prova a pensare a questo: secondo te chi è più stabile ed equilibrato: un adulto che esplode di rabbia, perde la pazienza e sa solo urlare e punire sfogando la sua frustrazione sui figli o sugli altri oppure un adulto che di fronte alle difficoltà riesce a mantenere la calma, la lucidità e sa come agire nell’immediato per risolvere la situazione? Fa male a tutti sentirsi dire queste cose, ma da qualche parte dobbiamo partire. Magari i bambini ascoltano e ubbidiscono se li congeliamo con una sberla o una sculacciata: ma lo fanno per paura o perché si fidano di noi? Ma veramente vogliamo che i nostri figli ci ascoltino per paura? Io preferirei che un bambino mi segua perché mi stima, perché ho creato una buona relazione con lui, perché sa che si può fidare e affidare. Non serve generare paura nel bambino, l’esperienza dimostra che non si ottiene niente di buono nella relazione con i figli. Vuoi saperne di più su come evitare schiaffi e sculacciate? Leggi l’articolo: Punizioni Bambini: soluzioni concrete per Educare senza Punire
Ci sono ingredienti che possono rendere meno difficile l’inserimento quando i nostri figli devono varcare la porta della scuola elementare. In questo articolo ho inserito i 5 passi per: favorire il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria evitare pianti e crisi a scuola, l’ansia da prima elementare e l’ansia prima di entrare in classe come comportarsi con i bambini con l’arrivo della prima elementare sapere perchè a volte i bambini non vogliono andare a scuola scoprire il perchè a volte i figli già alle elementari non vogliono fare i compiti Con l’arrivo della prima elementare la situazione rispetto al precedente inserimento è un po’ diversa perché, molto probabilmente, nostro figlio ha già alle spalle qualche anno di esperienza scolastica, gli anni della scuola dell’infanzia e, crescendo, ha anche una diversa capacità di gestire le novità o di vivere i cambiamenti o di esprimere eventuali disagi: Inizia a ragionare sulle cose, inizia a essere sempre più consapevole dei suoi sentimenti, di quello che prova e che sente. È molto più consapevole a sei/sette anni delle relazioni che vive con gli altri rispetto a quando aveva qualche mese e doveva andare al nido Come possiamo prepararci per aiutarli in modo che il passaggio dalla scuola materna alla scuola primaria sia il più armonico possibile? Passaggio alla scuola primaria: come gestire al meglio l’inserimento ed evitare difficoltà Vediamo i 5 passi che possono aiutarti con tuo figlio o tua figlia. 1. Il vissuto degli anni precedenti con l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia Può sembrare strano, ma anche in questo caso i buoni semi con i figli le mettiamo negli anni precedenti. Se per esempio: 1️⃣ abbiamo rispettato i suoi bisogni di bambino 2️⃣ se abbiamo evitato di anticipare i tempi e dirgli a due anni “sei grande, sei grande, sei grande” 3️⃣ se abbiamo rispettato il suo bisogno infantile dei primi anni di stare con noi, di giocare molto, di vivere in maniera spensierata allora è molto probabile che abbia strutturato quella forza interiore necessaria per affrontare questa fase della vita, questo passaggio importante alla scuola elementare. Se negli anni precedenti abbiamo scelto per nostro figlio un ambiente giusto per lui alla scuola materna abbiamo la probabilità che questo passaggio sia ancora più semplice perché non avrà un vissuto difficile alle spalle, come può essere un’esperienza alla materna andata malissimo, problemi con i compagni, problemi con gli insegnanti. L’ideale è che non si sia creata la situazione per cui non voleva andare a scuola e noi lo abbiamo portato ugualmente senza accoglierlo e senza risolvere il motivo. E magari rincarando la dose dicendo “è quello il tuo lavoro, ci devi andare”. Oppure, per esempio, non aiutano molto le realtà di scuola primaria/materna molto scolarizzate. Magari devono stare già seduti come a scuola per parecchio tempo rispetto a quello che il loro fisico la loro mente può sostenere e sopportare. Magari devono fare lavori di prescrittura che spesso sono anche impegnativi e noiosi per bambini di quell’età. Forse potrebbero essere fatti giochi diversi per avvicinarli alla scrittura più dinamici, più creativi… In questi casi si arriva a settembre, se non addirittura già nell’estate prima della prima elementare, che i bambini sono esasperati e ovviamente (e anche giustamente) ti dicono: La scuola non voglio più vederla nemmeno in cartolina! Le scelte che facciamo qualche anno prima e cosa ha vissuto tuo figlio quindi già preparano il terreno per l’inserimento nella scuola primaria. 2. La scelta della scuola elementare Anche qui vale come per il nido e come per la scuola materna: scegliamo quando possibile la scuola in maniera accurata. Oggi la scuola ha tante difficoltà, andrebbe un pochino ristrutturata, ma nonostante questo, tra le varie scelte che abbiamo davanti, possiamo cercare di individuare quella che risponde di più ai bisogni del bambino, quella che è più vicina alla natura del bambino. Magari una scuola non troppo affollata, non troppo grande. Cerchiamo di andare a parlare con gli insegnanti: anche se cambiano di anno in anno, magari possiamo fare riferimento alla direttrice che probabilmente non cambierà, o al direttore didattico. Possiamo ad esempio: frequentare la scuola l’anno precedente, andare a visitarla, informarci sui piani didattici indagare su come affrontano le difficoltà, come cercano di aggregare la classe e di far fare amicizia tra i compagni. porre domande per sapere se danno i voti o no e con quale criterio se la scuola ha delle linee guida che segue quali orari vengono fatti se c’è il giardino o un bosco vicino, quali attività fisiche vengono fatte se quando ha voglia di fare pipì può andare a fare pipì o no… Quindi cerchiamo di capire come funziona. Se possibile, cerchiamo di pianificare per quanto è possibile anche questa scelta. Non stanchiamoci di andare a cercare scuole che magari sono nel paese vicino, sono nell’altro quartiere, che ci richiedono una sveglia di qualche minuto prima per fare un pezzo in più in macchina, ma che poi possono dare molto di più ai nostri figli. Non dobbiamo avere paura di queste cose, perché poi i bambini a scuola devono passare tanti anni e se da subito ne ricevono una prima bella impressione, questo aiuterà tantissimo. 3. Entusiasmo e preparazione prima dell’inserimento alla scuola elementare Ci sono anche altre cose che possiamo fare, in questa fase, per far amare la scuola ai nostri figli. Innanzitutto evitare il più possibile il terrorismo, per esempio frasi come: “è il tuo lavoro, è il tuo lavoro, devi andare a fare il bravo. Devi ascoltare, devi devi devi…” È chiaro che un bambino è bene che sia educato, è bene che sia rispettoso nei confronti degli insegnanti, ovviamente, solo che il modo in cui noi accompagniamo questo passaggio deve essere il più possibile felice e sereno. Mamma e papà per primi, con sincerità, dovrebbero avere l’acquolina in bocca trasmettendo la passione per l’arrivo della scuola elementare, trasmettendo con le loro storie e racconti il messaggio: Finalmente andrai a scuola. Imparerai a leggere. Imparerai a scrivere come mamma e papà. Finalmente imparerai un sacco di cose su dove viviamo, su come vivono le piante, su come vivono gli animali. Fantastico. Scoprirai cose nuove meravigliose. Le operazioni, la geometria, i disegni… Farai un sacco di cose bellissime. Sono felicissima. Non vedo l’ora!! Solo così possiamo farla venire anche a loro. Anche per la scelta dello zaino, il portapenne, il materiale scolastico è utile creare l’angolo a casa dove possiamo mettere i libri e i quaderni comodi, insieme. Ricordo quando andavo alle elementari. Il momento di foderare i libri, di acquistare il necessario era un momento mistico perché era un momento di grande valore. Era quasi il momento più religioso dell’anno, perché bisognava preparare tutto il materiale attraverso il quale io avrei imparato. Dedicavo un pomeriggio intero, insieme a mio padrino, a foderare i quaderni e libri, a misurare con il righello in modo che la copertina stesse perfettamente tutto l’anno e non si sfaldasse dopo due mesi. E facevo tutto con una precisione maniacale perché quel libro e quei quaderni erano fondamentali. La cartella è vero che doveva piacermi, ma non era importante se era quella della pubblicità o se era quella che aveva il mio amico, o l’altro mio amico ancora, o se era del mio supereroe preferito. Era importante che sostenesse tutto il peso della mia cultura, era importante che una volta piena fosse comoda sulle mie spalle. Credo che noi queste cose, questi valori, li abbiamo persi di vista, li abbiamo un po’ dimenticati e, presi dalla fretta, facciamo fatica a creare questo alone di meraviglia attorno all’apprendimento, che invece serve. 4. Il rispetto delle regole non può essere appreso in un giorno Ancora un altro aspetto, che può aiutare te, tuo figlio e le insegnanti, è il rispetto delle regole. Gli insegnanti, con tutte le difficoltà del caso, fanno di tutto e ancora di più per far andare bene le cose, ma sicuro trovano difficoltà nel momento in cui hanno un bambino di sette/sei anni in classe che fa fatica a rispettare le regole. Ma un bambino di questa età non impara a rispettare le regole, a rispettare gli altri, a chiedere e a comunicare, il giorno in cui fa il suo ingresso nella prima elementare. L’atteggiamento verso le regole, il rispetto degli adulti, il fatto di saper stare con gli altri è un qualcosa che noi costruiamo negli anni precedenti, in famiglia. Perché il saper stare con i propri compagni, riuscire a gestire qualche presa in giro, avere magari il coraggio di dire all’insegnante “non ho capito, mi sto annoiando, questo è difficile” è anche legato all’esempio che ha ricevuto un bambino negli anni precedenti. Se ho fiducia in me non ho paura di chiedere “non ho capito”, mi sono fidato di mamma e papà che mi portano qui e sanno che è l’ambiente giusto per me. Ho avuto la fortuna di trovare un insegnante particolarmente empatica, non ho paura, appena ho una difficoltà dico: “mi hanno preso in giro. Non ho capito. Guarda che mi sto annoiando”. Se vuoi approfondire come gestire le regole puoi leggere l’articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 5. Attenzione ai primi giorni È utile cercare di tenere le antenne dritte per captare cosa succede nei primi tempi durante e dopo i primi giorni di inserimento. Non dobbiamo aver paura di chiedere di poter parlare con l’insegnante nella prima settimana, perché io devo sapere subito come aggiustare il tiro, dove intervenire da casa. Se possibile evitiamo di aspettare che i problemi si ingigantiscano e di arrivare alla fine del primo anno, a metà del primo anno o in seconda elementare. A quel punto non saprò più come risolvere l’odio di mio figlio per la scuola o il fatto che l’abbiano preso come elemento disturbante della classe. O non saprò come trovare una soluzione al fatto che non riescano a togliersi dalla mente l’idea che mia figlia per tutto l’anno precedente, tutte le volte che aveva un problema non chiedeva, si chiudeva in sé stessa. Se forse avessimo letto tutti insieme i segnali dei bambini, se ci fossimo coordinati, mio figlio compreso, magari avremmo potuto risolvere subito all’inizio, cogliendolo proprio dal suo sguardo, dal suo umore, da quello che ci dice, come stava andando la situazione. Se costruiamo, con i nostri figli, una buona relazione, quando i bambini non si sentono ascoltati, se la maestra è stata nervosa, vengono a casa e ce lo dicono “guardate che c’è qualcosa che non va”. Allora noi possiamo intervenire, non per insultare l’insegnante e fare il genitore rompiscatole o dirle che non sa fare il suo lavoro, ci mancherebbe. Ma è un nostro diritto poter andare dall’insegnante e dire: “guarda, per fortuna mia figlia è venuta a casa e mi ha detto di questa difficoltà. Lo voglio segnalare perché, avendo il programma da mandare avanti, altri bambini, magari mia figlia parla poco, viene a casa e me ne parla. Magari insieme possiamo trovare la situazione. Cosa posso dirle io da casa? Quando succede noi le rispondiamo così, magari puoi farlo anche qua a scuola”. Con il dialogo e una buona comunicazione, si trovano le soluzioni. L’invito è: attenzione alle prime settimane, ai primi giorni. Perché è molto più semplice poter aggiustare le piccole cose che non vanno in questo momento, in queste prime battute. E poi, quando i figli sono piccoli, è importante iniziare a pensare che quello che facciamo oggi fa da base ai suoi anni in futuro. E anche il rapporto con la scuola, che avrà da qui a qualche anno, si può pensare e costruire prima che inizi. Prevenire è sempre meglio, anche per l’inserimento alla prima elementare È sempre meglio intervenire subito che non dover poi correre ai ripari, sperando che qualcuno risolva le cose per noi, quando magari poi i problemi si sono già ingigantiti perché sono passati mesi o perché è già passato tutto l’anno. A questo punto posso solo augurarti un buon inserimento alle elementari. Spero che questi suggerimenti ti siano di aiuto per trasmettere la passione e l’amore per l’apprendimento che purtroppo i bambini e i ragazzi a volte perdono. Se vuoi saperne di più sul perchè a volte i bambini non vogliono studiare, non vogliono leggere oppure perchè si arriva anche a odiare la scuola puoi leggere: Tuo figlio odia i compiti e la scuola? Forse ha un buon motivo…
Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente? Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
Cosa fare quando un bambino a casa lancia gli oggetti, urla, picchia e alza le mani? Per quale motivo si comporta in modo aggressivo con te o con un altro bambino? Spesso i bambini iniziano da piccoli ad avere questo tipo di reazioni fisiche ed esplosive e ad essere maneschi. In questo articolo ti spiego il perché e come può comportarsi un genitore in queste situazioni. Perché mio figlio lancia gli oggetti, urla sempre o mi picchia? In genere i bambini iniziano a reagire lanciando le cose, picchiando, urlando o rompendo oggetti quando sono piccoli, ad esempio anche intorno all’anno e mezzo. Il motivo è che non hanno ancora la capacità di comunicarci cosa sentono, quali emozioni stanno provando. Naturalmente sarebbe bello e semplice se loro ci dicessero: “Tranquilla, voglio dirti solo che sono in crisi. Siediti. Siediti sul divano serena e tranquilla. Ti ho preparato anche una tisana. Ti devo dire che sono incavolato nero. Avrei voglia di spaccare tutto in questa casa. Perché non stai mai con me? Ho bisogno di stare più tempo con te. E poi odio mia sorella. Vorrei eliminarla dalla nostra famiglia e non posso farla fuori.” I bambini, ovviamente, non hanno la capacità di esprimere il loro stato d’animo in questo modo perché sono ancora troppo piccoli. Cosa fanno allora? Si esprimono fisicamente: piangendo, urlando, picchiando, facendo quelli che noi chiamiamo “capricci”, ma che non sono capricci. Si esprimono anche lanciando le cose: la prima cosa che trovano la lanciano. Perché? Perché non essendo ancora grandi, non sono in grado di razionalizzare come noi. Noi adulti quando sentiamo che stiamo per esplodere cosa facciamo? Ci fermiamo, ci ascoltiamo, ci parliamo e ci chiediamo per quale motivo stiamo per esplodere. Cerchiamo di accoglierci, farci un attimo le coccole e troviamo una soluzione. Gestiamo il nostro bagaglio emotivo per non esplodere. Spesso non siamo in grado di fare tutto questo nemmeno noi, figuriamoci un bambino piccolo. I bambini cosa sentono? I bambini sentono un tumulto dentro, un qualcosa dentro che li ha fatti arrabbiare o che li ha impauriti. La loro “pentola a pressione” diventa sempre più sotto pressione: questo insieme di sensazioni cresce e sale sempre più finché scoppiano. E allora ecco che rompono, lanciano gli oggetti, urlano o comunque possono diventare aggressivi. Oppure davanti ad un nostro no, magari detto in maniera un po’ brusca, loro non riescono a fermarsi e a dirci con calma: “perché mi stai dicendo di no? Guarda che io vorrei fare quella cosa perché…” Non avendo ancora una capacità di dialogo così fine ce lo fanno capire con il comportamento, con la rabbia, sfogandosi in questo modo. Non stanno facendo i maleducati, hanno solo il bisogno di esprimersi, di dirci quello che sta succedendo e lo fanno nell’unico modo che per ora conoscono. Hanno bisogno, piano piano nel tempo, di trovare e di assorbire un’alternativa dal nostro esempio. Allora in questi casi che cosa possiamo fare in pratica? Come comportarsi con un bambino che lancia le cose, alza le mani o urla Durante questi momenti di aggressività, rabbia ed esplosione, tentare di spiegare che non si fa serve a poco. Come prima cosa possiamo sicuramente intervenire con fermezza. Se hanno un oggetto pericoloso in mano o se stanno rompendo qualcosa non è necessario stare ad aspettare che si facciano male o lo rompano. Interveniamo: che sia per tirarlo indietro e allontanarlo, che sia per prendere l’oggetto dalle sue mani o che sia per tenergli le braccia in maniera sicura e ferma. Possiamo agire fisicamente con fermezza senza essere arrabbiati e dire ad esempio, mentre lo stiamo tenendo: “Amore Mannaggia cosa è successo! Sei arrabbiatissimo e questo non si può lanciare!” Magari lui nel frattempo si sta dimenando e sei riuscita ad abbracciarlo o a tenerlo perché non si faccia male. Molto diverso è intervenire in questo modo mentre dentro siamo arrabbiati, magari stringerlo e dire con tono duro: “Basta! Ho detto basta!!! Non devi fare così! Quante volte ti ho detto che non devi tirare quella roba! Ti fai male! Ma non vedi che ti fai male?!” In entrambi i casi fermiamo il bambino fisicamente prima che lanci un oggetto o un gioco, ma con il secondo modo si spaventerà, non si sentirà capito e avrà paura della nostra reazione. Nel primo caso invece magari si ribellerà, ma noi saremo sicuri, fermi, tranquilli e continueremo a tenerlo. Se lui dovrà ancora sfogarsi ed esplodere allora esploderà oppure vedendoci calmi si calmerà subito anche lui. Se vuoi approfondire l’argomento puoi anche leggere questo articolo: Smettila di Urlare! Come calmare bambini Nervosi e Agitati È esploso, ha picchiato me o la sorella: capire le motivazioni di tuo figlio Quando i bambini sono piccoli è difficile che ci dicano a parole che cos’hanno, cosa provano. Possiamo però allenare la nostra capacità di osservazione, diventare un po’ dei piccoli Sherlock Holmes e affinare il nostro intuito. Possiamo ad esempio osservare e farci un po’ di domande come: “ok, allora quando fa così si è arrabbiato con la sorella” “Forse è stanco? Ha fame? Si sta annoiando?” “Non sono stata con lui. E già due volte che mi gira intorno e tre volte che gli dico che non ho tempo. Oggi sono nervosa e me lo aspetto che tra un po’ esploderà anche lui” Un bambino potrebbe non capire tutte le nostre parole, ma al cuore gli arriverà quello che vogliamo dirgli, il nostro discorso, il nostro dialogo interiore. Un bambino sente se viene capito, compreso. Anche se i bambini sono piccoli, quando in modo sinceramente dispiaciuto gli diciamo “amore… mannaggia, la mamma oggi non è stata con te”, loro sentono che abbiamo capito. È quel linguaggio tra adulto e bambino, tra genitore e figlio, tra mamma e bimbo, che fa sì che loro sentano che li stiamo ascoltando e non li stiamo rimproverando. Magari piangerà dieci o venti minuti oppure si fermerà subito, ma l’importante è che noi possiamo essere fermi nel dire ciò che non si fa ma anche pronti a comunicare: “capisco perché l’hai fatto, te lo dico e troviamo una soluzione”. Inizialmente sarà necessario agire in questo modo cinquanta, cento volte o fino a quando ce ne sarà bisogno. Gradualmente si abituerà a chiamarvi, a non dover per forza esplodere lanciando oggetti o mordendo e picchiando, anche grazie al fatto che, allenandoci, noi riusciremo ad arrivare un po’ in anticipo, cioè intuire qual è la difficoltà e risolvere prima che la situazione degeneri. Ad esempio vi sarà magari già capitato di notare quando vostro figlio è stanco e vi sarete detti: “se non lo porto a dormire tra dieci minuti qua esplode il maremoto! Perché ha già cominciato a lagnarsi un po’, ad andare di là e ha tirato due volte un calcio a sua sorella… ha fatto un dispetto, lo vedo dagli occhi: è stanco. Se adesso non lo porto a dormire esplode e poi fino a mezzanotte non riuscirò a farlo dormire perché sarà una crisi dietro l’altra”. Gelosia: mio figlio ha picchiato la sorella! A volte capita che siano i più piccoli ad arrabbiarsi con i fratelli più grandi, ma la maggior parte delle volte sono i più grandi che ce l’hanno con i piccoli e che li vedono un po’ come degli intrusi. Noi chiamiamo questa reazione “gelosia” ma, in verità, il loro è un sentimento più che giustificato e spesso i primogeniti si sentono un po’ espropriati del loro territorio. E non è perché sono egoisti, ma perché questo territorio per i nostri figli è fatto dell’amore di mamma e papà e delle loro sicurezze. Ecco che allora si ritrovano a pensare: “Finché c’ero solo io, avevo tutto l’amore e tutte le attenzioni per me. Adesso che è arrivato un altro, o un’altra (o un altro ancora) questo terreno si ridurrà? Dovrò dividerlo per due, o per tre? Ma poi perché ne hanno voluto un altro? Io forse non andavo bene? Forse non sono bastato. Allora lei è meglio di me, certo che io sono arrabbiato con lei. Tutte le volte che la guardo penso che lei sia migliore di me.” È un fattore naturale, i bambini vivono queste sensazioni. Non possiamo spiegare o chieder loro di non farlo. Ciò che possiamo fare è dimostrare attraverso la relazione e la qualità del tempo che passiamo con loro che non è così. A volte non basta neanche dire “Io ti voglio bene, vi voglio bene allo stesso modo”. I figli hanno bisogno di vederlo nella pratica. È grazie a questo che i bambini saranno meno aggressivi, che arriveranno a non lanciare oggetti o eviteranno di urlare e arrabbiarsi, se questo è il vero motivo. Ecco qui sotto qualche altro esempio. È arrivato il momento di cambiare il pannolino alla piccola o di tenerla in braccio Ad esempio, ti stai alzando per andare a cambiare il pannolino alla piccola mentre il grande sta giocando. Un conto è dire: “Ma sì, ci metto un attimo, io voglio bene anche a te” un altro conto è dimostrare che ti ricordi di lui, guardarlo negli occhi e prima che mostri dispiacere dirgli per esempio: “Amore, io vado di là a cambiare il pannolino, se non vuoi stare qui da solo, vieni anche tu di là nel frattempo, prendi i due pupazzetti così continuiamo a giocare…” Oppure: “Devo cambiare tua sorella… ma mica voglio perdermi la costruzione di questo bellissimo castello!… Vado un attimo di là a prendere il cambio e torno… la cambio mentre sono qui con te così non mi perdo nemmeno un pezzettino di questa opera d’arte!” Oppure ancora hai in braccio la sorella più piccola, magari ti siedi perché non riesci a tenerli tutti e due in braccio e puoi dire: “Vuoi venire in braccio anche tu? Guarda che c’è lo spazio! Vieni in un braccio anche tu! Certo che posso prendere anche te. Mi devo solo sedere e posso prendere anche te”. Magari se non lo aveste fatto ve lo avrebbero chiesto e si sarebbero arrabbiati. Ma se lo anticipi loro avranno la certezza, potranno pensare “allora ti sei ricordata anche di me! Allora sì che mi vuoi bene! No, continuo a giocare. Non ho bisogno che prendi in braccio anche me” Hanno dunque bisogno di conferme nella pratica. Litigi tra fratelli: il grande ha picchiato la piccola Quando litigano dico sempre di intervenire e di non sgridare nessuno, di non cercare il colpevole. Infatti cercare il colpevole non serve perché spesso “il colpevole”, cioè chi ha iniziato, è il più ferito dei due, perché è quello che a monte si è sentito minacciato. Quando una piange e l’altro l’ha colpita andrò da tutti e due, mi avvicinerò a quella che piange per consolarla, ma allo stesso tempo chiederò all’altro: “mamma mia amore! per tirarle così forte i capelli deve avertela fatta grossa. Mannaggia questa sorellina che stava proprio giocando lì dove volevi giocare tu e lei si è messa in mezzo. Lo so che ogni tanto ti dà fastidio e non la supporti” Se vuoi approfondire cosa fare in caso di gelosie e litigi tra fratelli, puoi leggere anche l’articolo: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli Per fare un paragone, che senso avrebbe sgridare noi adulti perché mangiamo troppi dolci? Se il vero problema è che compensiamo con i dolci un bisogno affettivo, stanchezza o frustrazione, non sarebbe meglio avere qualcuno che ci aiuti a risolvere questa frustrazione, dato che magari i dolci fanno male? Per un bambino è uguale. Siccome non si picchia, non si morde, non si lanciano oggetti e ci sono altri modi per esprimersi da imparare nel tempo, non serve il rimprovero, ma avrà bisogno di vedere come si fa. E allora gli farò vedere come si fa, accoglierò entrambi, non lo colpevolizzerò perché so qual è il problema e quindi a monte ci lavorerò, dando del tempo di qualità, dandogli quello che gli serve per riprendersi le sue sicurezze e risolvendo. Nella pratica, se il problema era che la piccola si è messa dove voleva giocare il grande, vedrò se riesco a spostare lei, se no si troverà un’alternativa insieme, medierò tra loro due e vedrò cosa si può fare per risolvere. Il bambino si abituerà a capire che non lo state rimproverando, non si sentirà sgridato ma capito e dopo un po’ di volte che farete così avrà la certezza del fatto che è avvenuto un cambiamento. A quel punto potrete dirgli: “Vedi, quando succede così, prima di arrabbiarti vieni da me. Quando senti che comincia a venirti il nervoso, vieni da mamma o da papà e ce lo dici. Noi risolviamo. Arrivo prima che scoppino le scintille. Non ce n’è bisogno, basta che tu venga da me e me lo dici.” Inizieranno a venirvi a chiamare perché hanno capito che non siete un pericolo, ma che siete un aiuto, siete il loro aiutante magico. Inizialmente verrà a dirvelo, poi, man mano che crescerà negli anni, imparerà a fare lui quello che avete fatto voi. Imparerà a fare un bel respiro, a calmarsi, a parlare con se stesso e trovare una soluzione. Questo passaggio non avviene subito ma avviene con gli anni, però in questo modo si possono mettere da subito le basi per non avere ogni momento un litigio esplosivo da gestire. Gli esempi di questo articolo ti saranno utili per evitare con il tempo che tuo figlio lanci gli oggetti, arrivi ad urlare o diventare aggressivo con te o con la sorella, il fratello o altri bambini. Se vuoi approfondire il tema della gestione delle emozioni dei tuoi figli, puoi leggere questo articolo: Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle)
Molti genitori si lamentano dei nonni perchè tendono a essere troppo lassivi con i nipoti. La suocera fa mangiare troppe caramelle (proprio quelle con lo zucchero bianco!), magari non seguono la linea educativa di mamma e papà, danno poche regole, oppure fanno le cose di nascosto! Altre volte permettono troppa televisione o sgridano e puniscono anche quando mamma e papà non lo fanno… Se da un lato i nonni possono diventare un formidabile sostegno per la famiglia, a volte i rapporti con loro diventano roventi e sfociano in conflitti e malintesi (spesso anche dovuti a situazioni del passato ancora irrisolte). Ora stai per scoprire: La verità sull’imprinting e sull’influenza dei nonni che quasi tutti ignorano L’asso nella manica per gestire e risolvere i litigi con i nonni La domanda chiave per non arrabbiarsi (e frenare la voglia di tirare il collo a tuo suocera) Come mediare al meglio nella varie situazioni Come evitare di far sentire in colpa i nonni (e buttare legna sul fuoco del conflitto già acceso) Scopri tutto nel breve video e diventa il miglior esempio di armonia per i tuoi figli (perché alla fine, che tu ci creda o no, che ti piaccia o no, è il tuo esempio quello che loro assorbono). GUARDA IL VIDEO E DIVENTA IL MIGLIOR ESEMPIO DI ARMONIA PER TUO FIGLIO 🙂
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
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