Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente?
Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
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Molti genitori sono in difficoltà perché non riescono a calmare i figli quando sono nervosi o agitati, non sanno cosa fare quando il figlio è irrequieto, quando urla e non ascolta. In questo articolo ho riassunto 4 passi che seguo sempre e che ti aiuteranno a: Gestire il nervosismo dei bambini e dei ragazzi Sapere come calmare i bambini nervosi e agitati Come comportarsi con un bambino irrequieto e come contenere un bambino vivace Come facciamo ad aiutare nostro figlio e a dargli l’esempio di come si gestisce il proprio bagaglio dei sentimenti che prova? Per cominciare, l’accoglienza e l’esempio sono i 2 elementi che permetteranno a tuo figlio, da adulto (quando avrà la capacità di osservarsi e di auto-gestirsi), di essere in grado da solo di ascoltare e accogliere i suoi sentimenti senza che sfocino in rabbia senza sentirsi sbagliato o giudicato. Vediamo insieme di cosa si tratta. 4 step per calmare bambini nervosi e agitati a 1 anno, 2 anni, 3 anni, 4 anni… fino a 99 anni 😊 Ecco i 4 passi che puoi adattare in base all’età di tuo figlio: 1. Intervenire da Aiutante Magico ti aiuta (molto) a calmare tuo figlio Quando tuo figlio è nervoso o piange la prima cosa da fare è intervenire senza farlo sentire sbagliato, sia che abbia un momento di paura, un momento di tristezza, un momento di gelosia per il fratello, rabbia perché non vuole andare a scuola, nervoso perché gli abbiamo detto No per un altro gelato, è diventato irrequieto perchè non può avere un nuovo gioco subito, stanchezza, qualsiasi cosa… Interveniamo, stiamo con lui proprio da Aiutanti Magici trasmettendogli con la nostra presenza il messaggio: “Arrivo! Ci sono io, non c’è nulla di sbagliato in quello che stai provando, va tutto benissimo, non c’è nulla che tu non possa esprimere” Esempio: tuo figlio si arrabbia e piange perché non può andare dal suo amico a giocare. Come un vero aiutante magico arrivo e potrei dire: “Caspita!! Cos’è successo?” Magari tuo figlio risponde: “Sono triste perché mi hai detto che oggi pomeriggio non posso andare a giocare da Luca” Tu potresti calmarlo con: “Mannaggia! Lo so non possiamo andare a giocare da Luca. E’ una cosa bruttissima. Volevi stare tutto il pomeriggio a giocare” Il dialogo di accoglienza dovrebbe essere sincero, non deve essere imitato, finto, forzato; non funziona se ormai presa anche tu dalla rabbia pensi “lo faccio soltanto perché l’ha detto Roberta, perché così non stai a lamentarti tutto il pomeriggio”! Quindi deve essere veramente sentito, davvero come se fossimo il suo Aiutante Magico che vuole aiutarlo in quel momento. Prova a pensare come ti sentiresti tu se, dopo aver sognato di andare via per il weekend, il volo viene cancellato… di sicuro non la prendi bene. Per i bambini e i ragazzi è la stessa cosa. Immedesimarsi nella loro frustrazione, nel loro disagio ci aiuta ad essere sinceri e a capire davvero la loro reazione emotiva, anche se si sta arrabbiando, piange o ha una crisi di nervosismo e si agita. Indubbiamente è vero che le manifestazioni dei figli sono molto più eclatanti delle nostre perché sono bambini o ragazzi, ma vanno comprese e accolte se vogliamo imparare a gestire e calmare la rabbia e il nervoso dei nostri figli. Quindi accoglienza significa: intervieni in maniera neutrale, senza giudicare e accogli qualsiasi suo stato d’animo. Con calma e senza sgridare o urlare. Accogliere significa capire quello che sta provando, immedesimarsi e fargli sapere che sai quello che sta vivendo, proprio dicendogli che hai capito ed è normale essere tristi o arrabbiati perché non può fare una cosa che gli piace tanto. Se si tratta di un bambino nervoso o di un bambino agitato di 1 anno, 2 anni o 3 anni sarà diverso il modo e il tono, sarà in braccio e lo stringerai a te parlandogli dolcemente. Intervieni guardandolo negli occhi, senza giudicare, da Aiutante Magico, ascolta cosa sta provando e lo capisci, gli fai sentire che sei con lui e dalla sua parte con il cuore perché è proprio una cosa triste. 2. Evita il più possibile di sminuire il suo stato d’animo È molto importante imparare a evitare di banalizzare la situazione e sminuire tuo figlio, oppure cercando subito di trovare una soluzione per placare il problema e solo per farlo smettere. Ad esempio: “ti prometto che la prossima settimana andiamo” e tu sai già che non succederà. I figli, prima di tutto, che abbiano 2 anni o 6 anni hanno sempre bisogno dell’accoglienza di qualcuno che si metta nei loro panni, in modo che loro possano sentirsi capiti e compresi, per esempio: “La mamma ha capito. Ha capito come sto! Ha capito come mi sento. Sono in un paese amico, sono in un porto sicuro. Qualcuno ha capito cosa sto provando dentro”. Arrivare a far percepire questo ai nostri figli è importantissimo per risolvere e calmare nervosismo, agitazione, pianti, tristezza, frustrazione per quando non possono fare quello che vogliono. Per esempio è utile evitare di dire: “Non è niente. Asciugati le lacrime. I bambini belli non piangono, non fare la femminuccia” “Basta scenate. Non ti riconosco. Basta! Ho fatto quello che potevo, ti ho detto che potevamo andare da Luca, la mamma mi ha telefonato che dovevano andare via, cosa faccio? Mica posso andare a prendere Luca e riportarlo a casa. Dai, su, basta!!” “Dai, non è successo niente. Poi andiamo la prossima settimana, adesso vieni che andiamo a giocare, dai giochiamo io e te. Vuoi un gelato? Ti do una caramella eh… Fai un sorriso a mamma, sai che non mi piace quella faccia brutta quando piangi…” È normale che come genitori andiamo subito nel panico perché vogliamo subito risolvere, trovare una soluzione, placare e quindi facciamo come magari hanno fatto con noi: “Sù non è niente, dai! Ora smettila” L’accoglienza e la comprensione, a differenza di quello che ci hanno sempre inculcato, non creerà dei problemi di crescita nei bambini, anzi più li accogli e fai vedere loro come trovare soluzioni, più diventeranno delle persone equilibrate, nel senso che imparano ad ascoltare quello che provano, a gestire le loro emozioni e le situazioni in cui si arrabbiano. Infatti il coraggio e la forza d’animo di un bambino e di un ragazzo non viene fuori se lo sproni con toni duri, freddi e con rabbia come siamo stati abituati noi. Il risultato lo puoi infatti vedere negli adulti di oggi e delle passate generazioni: pieni di paure, arrabbiati con i genitori di origine, incapaci di gestire le loro emozioni e perennemente nervosi e insoddisfatti. Al contrario la forza d’animo, la determinazione, il coraggio dei figli si coltivano facendogli superare delle sfide, facendogli fare delle prove. E per i bambini e ragazzi le sfide sono l’affrontare cose quotidiane, insieme a te, mettendocela tutta: da quando banalmente ti aiutano a fare la pizza dall’inizio alla fine facendo una fatica nera, a quando fanno un puzzle da soli facendo una fatica nera, a quando imparano a scrivere la prima frase facendo una fatica nera. Queste sono le loro sfide… quando iniziano ad andare sulla bicicletta senza rotelle facendo una fatica pazzesca… quando da adolescenti fanno i primi lavoretti con il papà o con il nonno. La spiegazione del perché quella cosa non è avvenuta, del perché gli hai detto di No, del perché l’amichetto ha risposto male va sempre posticipata e lasciata come ultimo passo. 3° step per calmare bambini e ragazzi nervosi e agitati: trova una soluzione pratica Nel caso dell’esempio di andare a giocare da Luca potresti dire: “guarda, mannaggia, oggi non si può, che rabbia. È terribile, che notizia, proprio ora che pensavamo di giocare insieme e lei ha dovuto andare via, uffa” (in questo modo hai messo in pratica l’accoglienza, non hai sminuito, gli hai fatto capire che comprendi la situazione). Possibile soluzione: “ok dato che tu ci tenevi tanto a giocare con lui, fammi telefonare alla mamma e vediamo quando possiamo riorganizzare per andare da lui”. E quindi tra mamme ci si organizza trovando una reale e concreta alternativa (e lo facciamo davvero… non “poi chiamo e vediamo”… prendi la cosa davvero sul serio 😊). 4. La spiegazione arriva solo come quarto passaggio Quando hai bisogno di calmare un bambino nervoso, vivace di 4 anni o 5 anni o più che si chiede il perché (prima non è necessario spiegare il perché nel dettaglio), allora puoi spiegare: “La mamma di Luca doveva andare a fare una commissione e oggi non è possibile andare a casa a giocare con loro. Ma domani pomeriggio potete giocare insieme. Ora troviamo altri giochi che puoi fare”. Dopo l’accoglienza, con calma si trova una soluzione, ecco un altro esempio: “Dato che non possiamo andare da Luca fino a domani facciamoci venire in mente qualche bella idea. Che cosa possiamo fare? Cosa possiamo costruire? Possiamo cucinare qualcosa? Pensiamoci insieme”. Ma a quel punto non c’è più necessità di essere rassicurati, a tuo figlio fa piacere sapere il perché, ma non è più la necessità primaria. Svista che non calma tuo figlio e lo fa arrabbiare ancora di più Un grande svista involontaria che commettiamo tutti, perché non siamo abituati a farlo, è far diventare primo o secondo il quarto passaggio, partire subito con la spiegazione razionale ricorrendo a tanti “Perché… Perché… Perché… per cercare di convincere tuo figlio a calmarsi. Invece i primi 2 passi sono molto importanti e non dovrebbero essere saltati, non bisognerebbe sostituire l’accoglienza del sentimento, l’accoglienza dello stato d’animo cercando di farlo smettere subito. Ecco perché tuo figlio diventa irrequieto, nervoso, si agita, esplode con episodi di rabbia, nervosismo o crisi di pianto: meno di sente compreso/accolto con il passo 1 e 2 è più andrà avanti a non ascoltarti e non si calmerà. Solo seguendo la giusta sequenza tuo figlio imparerà a gestire il suo bagaglio motivo, in questo modo impara ad ascoltare i suoi sentimenti, ad accoglierli, a trovare delle soluzioni al di là della spiegazione. So bene che per noi adulti è difficile e non siamo abituati, infatti dovremmo iniziare a far così innanzitutto con noi. Il problema è che nessuno ha avuto questo comportamento con noi quando eravamo piccoli e quindi per la maggior parte di noi adulti è una nuova abilità da Aiutante Magico da apprendere. Quindi è normale che all’inizio possa sembrare una soluzione difficile da mettere in pratica. Ci siamo passati tutti! Ma con la pratica tutto si può imparare. Riepilogo per calmare figli nervosi, agitati, irrequieti, vivaci, “capricciosi” e che non ascoltano 1️⃣ Sii il suo Aiutante Magico Anche se siamo abituati a esplodere con sgridate e sguardi di ghiaccio quando tuo figlio è arrabbiato o nervoso intervieni, guardalo negli occhi e ascolta il suo stato d’animo, ascolta quello che ha da dirti. Anche se dovesse lamentarsi per cinque minuti o piangere, non avere fretta di spegnere il pianto, non avere fretta di dirgli “Basta! Smettila, fammi un sorriso”. Stai con lui e ascoltalo. Se piange o fa i capricci va bene, stai con lui con il cuore, hai capito quello che sta provando e glielo dici, glielo fai sentire con un abbraccio o con uno sguardo o con la comunicazione verbale. 2️⃣ Non sminuire Se per esempio tuo figlio ha rovinato i capelli di una bambola a tua figlia puoi dire: “Noo!! è proprio una cosa triste. Veramente ti ha rotto la bambola? Fammi vedere? Mmmmm… ha tagliato proprio tutti i capelli, come facciamo senza i capelli della bambola? Adesso dobbiamo risolvere… allora dei capelli nuovi non possiamo attaccarli… peccato” 3️⃣ Soluzione Potrebbe essere: “Allora, facciamo così, la prossima settimana devo tornare nel negozio e ne prendo un’altra simile che abbia i capelli così, intanto se vuoi continuare a giocare troviamo il modo di allungare i capelli per fare la coda e le trecce…” Oppure: “Allora, facciamo così… ho la soluzione per ripristinare l’acconciatura… vieni ti faccio vedere… prendiamo questi fili di lana e possiamo portarla dal parrucchiere per fare delle bellissime extensions… lo so che non è la stessa cosa… ma almeno si ritroverà con i capelli lunghi come prima e potrai continuare a pettinarglieli e legarli…” 4️⃣ Eventualmente fornisci una spiegazione: “Non l’ha fatto apposta. Era arrabbiato perché tu prima hai dato un calcio alla sua macchina e ora lui ha rovinato i capelli” A questo punto, la spiegazione diventa superflua grazie ai passi 1, 2 e 3 e tuo figlio potrebbe essersi già calmato. Ovviamente in questo articolo ti ho riportato 2 esempi che puoi adattare alla tua situazione e in base all’età di tuo figlio. La cosa importante è non arrivare subito con l’aspettativa che capisca e si calmi all’istante, ma di dargli la possibilità di vivere il suo disagio e accoglierlo. In questo modo tuo figlio si sente veramente ascoltato, se ovviamente tu sei sincera mentre lo dici, lo senti veramente, è come se tu gli dessi un contenitore in cui esprimere la sua frustrazione e la sua rabbia. Questi passi ti aiuteranno moltissimo a diminuire l’impeto delle crisi di nervoso e la manifestazione del malcontento e della tristezza. Mi auguro che questi 4 passi da Aiutante Magico ti siano utili per tutte le situazioni in cui i tuoi figli diventano nervosi, si arrabbiano o non ti ascoltano. Hanno già aiutato tantissime mamme e papà e vedrai con un po’ di pratica riuscirai a farlo anche tu.
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Come evitare i pericoli in casa per i bambini? Come possiamo prevenire gli incidenti domestici? In questo articolo scoprirai: 👉come evitare che tuo figlio tocchi cose pericolose tramite il ruolo del “Genitore Cuscinetto” 👉come soddisfare la curiosità dei bambini evitando incidenti domestici e di ripetere in continuazione “Non si tocca!” Per cominciare potremmo chiederci se davvero i bambini non possano mai toccare nulla di pericoloso e soprattutto come mai arrivano a farsi del male quando si aggirano tra cose pericolose. Come mettere in sicurezza la casa e prevenire gli incidenti domestici In linea generale, infatti, o si tolgono tutte le cose pericolose oppure, laddove non è possibile evitarlo sarebbe opportuno che rigidamente un adulto fosse sempre vicino al bambino e attento a qualsiasi suo movimento che potrebbe comprometterne la sicurezza. Detto questo, vediamo insieme 7 suggerimenti che possono aiutarti nella sicurezza in casa per bambini. 1. Evita di spaventarlo Molto spesso se noi stessi ci preoccupiamo o ci spaventiamo, contribuiamo a modificare in automatico le sensazioni del bambino che a sua volta di spaventa. Se il bambino si accorge che anche noi, poiché spaventati, non abbiamo la situazione sotto controllo, per lui tutto inizia a vacillare e la mancanza di un riferimento gli attiva la paura, lo fa vacillare con la possibile conseguenza di non riuscire a gestire la situazione. Non dimenticare che sei sempre tu il riferimento di tuo figlio. Laddove le sue risorse interiori non gli permettono ancora di avere in controllo su tutto (perché troppo piccolo) ecco che lui sfrutta spontaneamente le tue capacità di gestire la situazione. Se ti spaventi o se lo spaventi è peggio. Meglio che tu possa agire di anticipo e prevenire, come vedremo tra un attimo. 2. Evita di minacciarlo “Guai a te se tocchi”, “guai a te se ti avvicini”, “guarda che ti bruci!”, “guarda che ti tagli!” sono frasi che non aiutano. A te sembrerà di aver fatto il tuo dovere di adulto e di esserti tolto un peso dalla coscienza (“io gliel’avevo detto…”), ma in verità per tuo figlio non funziona. Te lo dico perché la curiosità di tuo figlio, il suo bisogno di sperimentare e la sua necessità di verificare le intuizioni che produce interiormente, sono più forti di qualsiasi avvisaglia. Non appena ti girerai o cambierai stanza lui correrà, anche di nascosto, a soddisfare il suo bisogno, correndo il rischio di farsi male davvero. Inoltre le azioni vietate ai bambini con rabbia e toni duri sono quelle che poi farà a tutti i costi, anche di nascosto, generando un profondo conflitto con l’autorità (funziona anche per noi adulti). 3. Previeni la tentazione e il pericolo facendo da mediatore (con il cuscinetto!) Con tutto ciò che incuriosisce il bambino ma è pericoloso è bene che ci sia sempre un adulto a fare da cuscinetto tra il bambino e l’oggetto. Se la pentola brucia te la faccio toccare a mano a mano che si scalda. Se il coltello taglia ti faccio vedere il suo effetto su una carota o passo il mio dito e il tuo sulla punta per farti sentire che è appuntita e tagliente Se è bello dondolarsi sulla sedia ti tengo forte e accompagnando la sedia all’indietro ti faccio provare la sensazione del vuoto e quello che potrebbe succedere (evitando di giocarci e riderci su, altrimenti il bambino per giocare vorrà ripeterlo anche quando è solo). Perché funziona? Questa modalità del “genitore cuscinetto” funziona perché tutti i bambini hanno un innato senso del pericolo, non sono stupidi e sanno che il coltello taglia, che il fuoco brucia. Quando accadono grandi o piccoli incidenti, spesso sono comprensibili non solo per la distrazione dell’adulto (ci mancherebbe) ma anche perché il bambino non è stato preparato così come ti abbiamo mostrato alla pericolosità di una certa cosa. Quante volte vediamo i bambini prendere e giocare con i coltelli per imitare gli adulti, ignari della loro pericolosità? 4. Aumenta se necessario i momenti in cui giochi e interagisci con lui Sembra banale sottolinearlo ma lo zelo non è mai troppo in questi casi: più tuo figlio ha la possibilità di giocare con te, di stare con te o sotto la tutela di un altro adulto e meno rischi si corrono. Il tempo è poco, lo sappiamo, tu non sei una batteria con energie infinite, lo sappiamo, ma con un po’ di buona volontà è possibile per tutti gestire meglio le proprie risorse, il proprio tempo, e collaborare con conoscenti, amici e parenti per avere un supporto, a volte anche a costo zero. 5. Non pretendere che giochi da solo troppo presto Sarebbe comodo avere figli di qualsiasi età che si intrattengono da soli per ore con lo stesso gioco, che non corrono, che non urlano, che non si fanno male. Sarebbe comodo ma completamente assurdo e innaturale! Tutti i bambini hanno il diritto di seguire la loro creatività, di annoiarsi, di cambiare attività anche spesso seguendo il loro gusto, hanno il diritto di sudare, di correre, di cadere, di sbucciarsi le ginocchia e di rialzarsi, di fare un capitombolo giù dal divano o di sbattere contro uno spigolo… Che sarà mai! A tutti noi è capitato e siamo ancora qui, illesi e più forti di prima. Tutti i bambini hanno il diritto di godere di questa libertà e nello stesso tempo hanno il diritto di non essere abbandonati o trascurati, più sono piccoli e più hanno bisogno dell’interazione con il genitore o con un adulto, hanno bisogno di essere supportati e seguiti. È bene creare un sano equilibrio tra queste due sponde opposte. 6. Lascia che ti osservi anche quando fai cose “pericolose” Lo aiuterai a osservarti e a imitarti mentre ti destreggi lungo le scale, con i coltelli, a non sporgerti troppo dal balcone, ad attraversare come si deve la strada, a togliere le pentole dal fuoco con le presine, ecc. I bambini assorbono e imitano le azioni che mamma e papà compiono tutti i giorni a patto che possano assistere ai genitori mentre vivono la loro vita quotidiana. 7. Evita di sostituire il martello con un pettine ma piuttosto domandati perché vuole il martello? Esempio: perché è così incuriosito dal martello? Togliergli di mano il martello, dargli un vecchio pettine e dirgli di giocare con quello non gli permette di soddisfare la sua curiosità. Lui ha preso il martello perché era lì a portata di mano, perché lo incuriosiva, perché gli serviva, ecc. Se voleva il pettine avrebbe cercato quello o te lo avrebbe chiesto. Quindi meglio tenere a priori il martello (e altri oggetti molto pericolosi) molto alla larga oppure, come detto in precedenza, fargli vedere in pratica a che cosa serve e per esempio facendolo cadere su una noce per dargli modo di comprenderne la pericolosità (ecco di nuovo il ruolo del genitore cuscinetto). Buona mediazione!
A volte i bambini picchiano la mamma, lanciano oggetti, mordono, tirano calci, urlano, sono aggressivi a scuola verso compagni, insegnanti, verso le cose… Prima di capire COSA fare, è fondamentale capire PERCHÈ i bambini arrivano a essere aggressivi a casa, a scuola o con gli amichetti. Ci sono molti motivi che sviluppano tensione, rabbia e aggressività e forse molti di questi non te li aspetti nemmeno. Capita che ci siano genitori che mi dicono: “io sono dolcissimo con mio figlio, non faccio nulla di estremo, cerco di prenderlo per le buone. In casa nessuno picchia, nessuno alza le mani, eppure lui…” Spesso i bambini quando sono molto piccoli e cominciano a picchiare, a tirar calci o a innervosirsi hanno l’esempio di adulti di riferimento che, senza rendersene conto, alzano la voce, spaventano: “Basta! Ti ho detto smettila. No eh! Dammi sta roba. Basta adesso!” “No fermo! Smettila!” Oppure sbattono le porte quando sono arrabbiati, strattonano le cose, sbattono le ante degli armadietti, ecc. Risposte di questo tipo, banali e comuni, bastano per generare nel bambino tensioni e paure che necessariamente ha bisogno di scaricare all’esterno. Soprattutto nella prima infanzia quando i bambini non hanno ancora dimestichezza con le proprie emozioni e con la capacità di verbalizzarle o farsi aiutare da un adulto a gestirle. Possono esprimersi solo con quello che conoscono, il pianto e il corpo. Nel momento di gioia, tranquillità e serenità abbracciano, sorridono, ballano, ma quando il corpo è carico di tensione allora picchiano, urlano e tirano calci. Bambini che rompono tutto, graffiano, picchiano i genitori: ecco 5 motivi che scatenano l’aggressività 1. Si arrabbia perché non sa ancora esprimere il suo problema La tensione si accumula anche quando i genitori non se ne rendono conto. A volte i bambini semplicemente sono contrariati, si irritano per un atteggiamento di qualche altro bambino, magari gli viene sottratto un gioco che stanno usando o non vogliono giocare con un amichetto insistente… magari sono stati presi in giro o papà e mamma non l’hanno capito, insistono perché non faccia qualcosa che lo incuriosisce molto… Il bambino si irrita, è piccolo, non sa ancora esprimere il suo problema a parole, la sua difficoltà e chiedere aiuto, lo fa col corpo, lo fa con quella che noi chiamiamo “aggressività”. 2. I bambini diventano aggressivi per la tensione che accumulano Un altro motivo è l’accumulo di tensione “specchio”. Anche se sembra un concetto marziano, davvero i bambini assorbono dall’ambiente circostante. Se mamma e papà sono in tensione, sono stressati, si lamentano, se si trattengono ma sbatterebbero volentieri tutto se solo potessero… Se cercano di essere una maschera di porcellana bella sorridente, ma dentro bollono, sono una pentola a pressione che sta per scoppiare, il bambino lo sente e assorbe questa tensione che necessariamente, prima o poi, deve sfogare. È sufficiente qualsiasi evento, anche quello più inaspettato, per farlo saltare con un capriccio, un calcio o un morso. 3. Il bambino diventa aggressivo perché difende il suo spazio Altre volte i bambini hanno bisogno di difendere il loro territorio. Tengono molto ai loro giochi, tengono molto a mamma e papà, tengono molto ai loro spazi che per loro sono una sicurezza, una garanzia del mondo con il quale possono interagire, del fatto che loro esistono, che possono interagire toccando, sperimentando… Nel momento in cui sentono vacillare il predominio su questo territorio perché qualcuno gli prende il gioco, perché papà o mamma dicono “Basta! Adesso tutte queste cose non le tocchi più” hanno bisogno di difendersi o di esprimere la delusione. Se noi genitori non sappiamo mediare e gestire al meglio la situazione includendo anche l’emotività di nostro figlio, è molto probabile che lui reagisca con l’aggressività. 4. Non ha limiti Una causa paradossale dell’aggressività nei bambini è la mancanza di confini. Quando un bambino sente di avere di fronte un genitore insicuro, un genitore che non sa scegliere, magari fragile, va in confusione. I bambini hanno bisogno di tanto, tanto amore ma, allo stesso tempo, hanno anche bisogno di fermezza, di sentire di avere davanti un genitore che sa decidere, che sa dire di no in modo adeguato. Oggi la maggior parte degli adulti è fragile. Non sappiamo prendere delle decisioni, non sappiamo dire NO senza rabbia, senza urlare con equilibrio e fermezza, non sappiamo non cambiare idea. Spesso mamma e papà delegano la decisione al bambino in merito a scelte della quotidianità che sono di competenza dell’adulto: “Andiamo adesso? Andiamo dopo? Vuoi mangiare? Cambiamo il pannolino? I compiti, boh? Li facciamo adesso? Forse preferisci andare prima di là, forse… ma… non lo so…” Questa forma di insicurezza è una grande fonte di stress per i bambini. Loro hanno bisogno di sentire tutta la forza interiore del genitore. Se manca si sentono destabilizzati, impauriti e spesso reagiscono proprio con l’aggressività. 5. Bambini aggressivi a scuola e con altri bambini Capita spesso di assistere a bambini che diventano aggressivi o aumentano la loro aggressività quando inizia la scuola dell’infanzia. Devono stare otto ore attenti, seduti, concentrati, ad ascoltare senza avere la possibilità di esprimersi, a fare esercizi magari noiosi e ripetitivi. I bambini, ad un certo punto, sentono di dover esplodere, di doversi ribellare. E lo fanno manifestando un comportamento aggressivo. 4 soluzioni per l’aggressività e la rabbia dei bambini Che cosa fare? Prima di tutto osserva la tua quotidianità, osserva la tua interiorità, osserva il rapporto che hai con tuo figlio. Magari la motivazione è una di quelle elencate sopra. 1. Osserva il tuo atteggiamento Non te ne rendi conto e forse accumuli stress, tensione, con tuo figlio sei molto dolce ma dentro sei un vulcano che sta per eruttare e tuo figlio lo sente. A volte non te ne accorgi e sei stanca, frustrata, non ce la fai più, sei alla fine della giornata, ti scappa la pazienza o ti scappa la piccola sberla, lo strattoni dalla maglietta anche se non volevi farlo. Hai un atteggiamento duro, scontroso, ti arrabbi, alzi la voce… tutto questo serve ad alimentare le frustrazioni di tuo figlio. Cerca di mantenere la CALMA prima di tutto. Come? Distraiti, prenditi degli spazi per te, dedicati qualche minuto nella giornata, ricomincia da qualcosa che ti piace, ma fai il possibile per ricaricare le batterie e per riposarti. Non possiamo essere calmi e pazienti con i nostri figli se non ci riposiamo e non pensiamo anche a noi e al nostro benessere. Ogni mamma sa benissimo per esperienza che nei giorni in cui è più serena e riposata riesce a gestire meglio qualsiasi situazione con i figli, “capricci” compresi! 2. Attenzione al ritmo Osserva la giornata, la settimana e fai attenzione ai ritmi troppo frenetici. I genitori che non sanno gestire al meglio l’organizzazione familiare e vanno continuamente in confusione, dimenticano le cose, si lamentano, sono nel caos perenne, passano involontariamente questo stress ai figli. Trova il modo di rendere fluida la scaletta delle cose da fare, degli impegni di ognuno, fai sì che il ritmo rispetti i tempi di tutti i familiari. Anche il ritmo della giornata è le cose da fare sono riferimenti importantissimi per il bambino, perché gli danno serenità e tranquillità. In questa nuova organizzazione è necessario far attenzione a un buon tempo per coltivare la relazione con tuo figlio: ascoltarlo, accoglierlo, dargli il tempo per sperimentare e sostenerlo, raccontare, dargli il tempo di sbagliare e rimediare, il tempo per le coccole, il tempo per gestire i tuoi no e i suoi no. Quando succede qualcosa o fa un capriccio cerca di non partire subito con “NO smettila!”, cerca di comprendere cos’è successo. Guardalo negli occhi, prenditi del tempo per giocare con lui in modo che si senta rassicurato, accolto e considerato. 3. La qualità dell’ascolto Quando ascolti tuo figlio, quando sei disponibile, quando riesci a essere ferma senza delegare le scelte, focalizzati sui suoi bisogni, concentrati su di LUI. Prova prima a ragionare sui mille NO che ti partono per qualsiasi cosa: “Non andare lì. Aspetta! Adesso no. Dobbiamo farlo dopo, sempre dopo, e continuamente dopo” Prova a pensare se di quei mille no qualcuno puoi non dirlo. Magari scopri che solo 200 sono NO utili e gli altri sono solo freni. I bambini diventano aggressivi quando sentono limitata la loro creatività, la possibilità di esprimersi, la possibilità di essere se stessi. Allora cercare di dosare questo atteggiamento, di fargli capire che anche se il tuo è un No, hai comunque compreso molto bene la sua motivazione, sei con lui, sei empatico… Questo lo rassicura tantissimo e lo aiuta a gestire meglio la sua interiorità. 4. Il contenitore fisico Le punizioni e le sgridate alla lunga con tuo figlio non funzionano. I bambini aggressivi puniti o sgridati possono solo peggiorare il loro stato d’animo. Il contenitore fisico è la vera alternativa. L’abbraccio, la coccola, la stretta amorevole, il tocco, il contatto visivo, la carezza, la calma interiore che tu genitore puoi trasmettere a tuo figlio sono perle. Ora che hai queste soluzioni non ti resta che mettere in pratica. So benissimo che non è sempre semplice all’inizio, ci vuole tempo, ma la buona notizia è che la perseveranza fa miracoli! Da ricordare: l’aggressività dei bambini è una “ribellione” che ha bisogno di essere sfogata e accolta Come hai già letto un bambino che morde, alza le mani ai genitori o lancia gli oggetti è un bambino che ha bisogno di liberarsi di uno stato d’animo “scomodo”. C’è qualcosa che vuole comunicare, una difficoltà che non riesce a risolvere, delle emozioni forti che non riesce a scaricare se non con il corpo o verbalmente. Non ha imparato un’altra modalità e quindi si esprime con quelli che noi definiamo atteggiamenti aggressivi. I bambini hanno bisogno di sentirsi compresi nei loro bisogni. Non hanno bisogno di essere attaccati a loro volta. Ti faccio l’esempio del fuoco e dell’acqua. Se davanti a un bambino aggressivo (il fuoco) mettiamo altro fuoco otteniamo semplicemente un fuoco più grande, se mettiamo della benzina anche, anzi peggio. Se noi, vicino a questo fuoco, mettiamo dell’acqua neutrale, limpida e pulita il fuoco non può fare altro che spegnersi. Ti suggerisco di ricordare questa metafora proprio nei momenti in cui dovrai affrontare un episodio di aggressività di tuo figlio. I bambini aggressivi spesso si ribellano a qualcosa che sta loro molto stretto Non solo regole e limiti (che ovviamente sono necessari), ma anche qualche No detto malamente, magari un atteggiamento repressivo dell’adulto, un modello educativo molto rigido fatto di troppe punizioni, troppi no, troppe sgridate, troppe alzate di voce, troppi “Stai fermo! Quello non farlo, lì non andare” La parola aggressività è un’etichetta, ma nella realtà è solo la manifestazione di un bisogno. È sempre un segnale di una richiesta di aiuto da parte dei bambini. Forse stiamo sottoponendo nostro figlio alla frequentazione di un ambiente, scolastico, familiare o altro, che non gli permette di manifestare sé stesso. Infatti per natura i bambini non sono né ribelli, né aggressivi. Sicuramente c’è il bambino che ama di più muoversi, correre, il bambino che ha un tono di voce più alto, il bambino che ama mettere in disordine, differente rispetto a un bambino che fa le cose con più calma, più lentamente, magari non ha bisogno di mettere tutto in disordine per giocare, magari crea in un altro modo, in un modo che noi definiamo più tranquillo, più sereno. Si tratta semplicemente di nature differenti, di talenti differenti. Quando assistiamo all’aggressività, alla rabbia, all’ira, allo sfogo, abbiamo sempre uno stato d’animo non espresso, qualcosa che in un bimbo non è stato compreso, una ribellione che ha bisogno di essere sfogata e accolta. Spero che questa visione ti aiuti a comprendere sempre meglio il Libretto delle istruzioni di tuo figlio e come puoi aiutarlo nei suoi momenti di difficoltà in cui ha bisogno di te. Ha bisogno di un Aiutante Magico. Quindi, di sicuro non dobbiamo favorire le risposte aggressive o fare finta di nulla perché esprimono un bisogno, ma è utile, oltre alla fermezza necessaria in questi momenti, osservare la motivazione, risolverla a monte e ricordarci di accogliere il loro disagio invece di giudicarli. Per approfondire la causa dei comportamenti di tuo figlio puoi leggere: Perché i capricci di tuo figlio non sono comportamenti isterici e inspiegabili?.
Sulle punizioni ai figli, che si tratti di punizioni a bambini di 4 anni o di un adolescente ci sono un sacco di dubbi che girano nella testa dei genitori. Da un lato ci sono i sostenitori delle punizioni, dei musi duri e toni di ghiaccio che vogliono sapere: Che punizioni dare ai bambini? Quanto deve durare un castigo? Quando punire i figli? Quando si può iniziare a sgridare un bambino e dare la punizione? Quali sono le punizioni educative in adolescenza? Dall’altra sponda abbiamo mamme e papà che invece mettono in dubbio la valenza educativa delle punizioni per i bambini e i ragazzi e si chiedono: E’ possibile educare senza punire? Come farsi ascoltare senza urlare, punire e ricorrere ai ricatti? Stai per scoprire che esistono le soluzioni per risolvere la causa che ha portato tuo figlio o tua figlia a comportarsi in un certo modo e… …che la punizione non è necessaria per educare, anzi, devi sapere che non solo è la via più faticosa per te ma crea nel tempo anche una distanza fra te e i tuoi figli. E se le punizioni per i bambini e i ragazzi non fossero educative? Si parte dal principio secondo il quale se hai sbagliato io ti posso punire facendoti soffrire… Ti chiudo al buio in una stanza, ti metto nella sedia della riflessione, ti umilio davanti ai compagni, ti faccio fare una figuraccia, ti tolgo i cartoni, ti tolgo il videogioco, ti tolgo il tuo gioco preferito, ti tolgo il pomeriggio con il tuo amichetto… Si presuppone che con queste conseguenze il bambino o il ragazzo capisca che così non si deve comportare, perché altrimenti non ottiene qualcosa a cui tiene o si sentirà umiliato, ecc… Un giorno hanno deciso di provare a usare questo sistema con gli animali: tu vuoi andare a prendere il mangiare, se fai quel percorso suoni il campanello, fai la giravolta, alzi la gamba, fai la pipì allora hai il premietto e hai la pappa buona, altrimenti se fai il percorso al contrario, giri dall’altra parte, fai la pipì con l’altra gamba prendi la scossa… niente pappa e vediamo se così ti convinco a fare quello che dico io. È un po’ la filosofia che risiede nella nostra testa quando decidiamo consapevolmente che la punizione è giusta, quindi la usiamo come metodo educativo. In verità questo discorso si equipara alle sberle… non servono e l’esperienza lo conferma. Ma veramente pensiamo che i figli di oggi siano così insensibili, sottomessi, poco intelligenti, per cui possa funzionare un approccio basato sulle punizioni, sulle privazioni e sulla paura? Il problema è che la punizione non è assolutamente educativa. So che magari stai pensando: “Non è vero, quando lo punisco sta buono e fa quello che dico io, quindi funziona…” Forse tuo figlio si sottometterà anche in quel momento, ti dirà anche di sì, accetterà anche l’umiliazione, ma fa quello che vuoi tu per paura… Bisogna sapere che tutte queste soluzioni lo fanno rinsecchire, lo fanno sentire sminuito, svalutato, non crederà più in se stesso, oltre il fatto che con il tempo smetterà di credere in te, di fidarsi, comincerà a mentire, a non ascoltare… Se noi vogliamo il suo bene, la sua crescita nella maniera più fisiologica possibile, possiamo scegliere di non usare le punizioni con i figli, dato che le alternative oggi le abbiamo. Ecco perché amo moltissimo l’idea dell’Aiutante Magico. Abbiamo fatto nascere i nostri figli, abbiamo scelto di curarci di loro e ora dobbiamo accompagnarli come delle guide fedeli, degli Aiutanti Magici, perché a volte bisogna fare delle magie per de-condizionarci da tutta la vecchia cultura sull’educazione dei bambini che ci è propinata dalle generazioni che ci hanno cresciuto. Come educare i figli senza ricorrere alle punizioni Cosa possiamo fare per non punire e riuscire comunque a educare e far capire ai figli che cosa si può fare e cosa non si può fare? Quando un bambino ha un certo atteggiamento o fa un errore qualsiasi, ecco quali sono le azioni da fare, sempre le solite: non ci arrabbiamo, andiamo in aiuto, cerchiamo di capire cos’è successo. Riflettiamo un attimo: > Qual è il motivo per cui è successa questa cosa? > Sei arrabbiato? Sei stanco? Senti che nessuno ti sta guardando in questo momento? > Stai richiedendo attenzione? Sei geloso? > Non sei capace, non hai più voglia, non hai capito qual è il motivo? Io ti aiuto! Esempio 1 evitare la punizione ai bambini: picchia la sorella Tuo figlio ha picchiato la sorella e noi tuoniamo: “Basta per una settimana non guardi i cartoni!!” Purtroppo ti puoi arrabbiare quanto vuoi ma serve a niente. Perché non risolvi la causa con una sgridata e una punizione. E’ molto più utile chiedersi: come mai ha picchiato la sorella? Forse bisogna migliorare il tempo di qualità che trascorro con lui? E’ necessario tornare a farlo sentire amato? Allora cerco in questo mese di avere questo obiettivo, mi organizzo per far sì che il nostro tempo prezioso insieme aumenti di quantità e qualità. Quindi lo guarderai di più negli occhi, gli darai attenzioni esclusive, cercherai sempre di dare attenzioni mentre guardi anche la sorella. Avrai tutte le accortezze per risolvere piano piano la causa. Nel frattempo, sul momento, quando intervieni perché ha appena picchiato la sorella puoi abbassarti e dire: “Cos’è successo amore? Mamma mia, che sberla che le hai tirato! Devi essere proprio bene ben arrabbiato. E lo so che sai che non si picchia … Adesso le chiediamo scusa. “Lo so che eri tanto arrabbiato. La prossima volta vieni da me e me lo dici perché ti ha preso il gioco… Adesso risolviamo la situazione del gioco e poi la prossima volta non ti preoccupare, vieni da me, mi chiedi aiuto” La prossima volta, o magari dopo due o tre arriverà a chiamare “mamma vieni perché mi ha fatto questo” e si comincia così, pian piano. Ecco che è necessario educare e non punire. (Per saperne di più su come risolvere i litigi fra i tuoi figli puoi leggere: Smettetela di litigare! I 4 passi per risolvere i litigi fra i tuoi figli.) I bambini non sono cattivi e non sono nemmeno aggressivi di natura, i bambini fanno così perché reagiscono, come reagiremmo anche noi se non avessimo imparato a gestire il nostro bagaglio emotivo… È possibile evitare le punizioni per i figli che non studiano o hanno preso un brutto voto a scuola? Vediamo le possibili soluzioni con il prossimo esempio. Esempio 2 per educare senza punire: ha preso un brutto voto a scuola Invece di tuonare con un: “Allora basta, adesso per una settimana non usi il tablet!” proviamo a ragionare da fuori, estraniamoci come se fossimo un extraterrestre e chiediamoci: “Ma a cosa serve se gli urlo? Ha preso un brutto voto a scuola perché si è agitato? Ha preso un brutto voto a scuola perché ha paura delle verifiche? Forse ha preso un brutto voto a scuola perché non ha studiato o perché non ha capito? Sta vivendo un periodo in cui è più nervoso? Cosa è cambiato da quando ha smesso di prendere buoni voti?” Allora per evitare la punizione a un bambino o a un ragazzo entriamo nella modalità dell’Aiutante Magico e possiamo chiedere: “Cosa è successo? Avevi studiato ma non abbastanza? Cosa posso fare per aiutarti a recuperare questa lacuna in matematica? Che cos’è che non ha capito? È difficile il ragionamento? Allora ti aiuto io, troviamo insieme un sistema per capire meglio il ragionamento…” Magari è una questione di agitazione? Magari non crede abbastanza in sé stesso… allora dovrò fare tutta una serie di azioni per farlo sentire più sicuro. Ovviamente questi sono solo esempi che potrai adattare in base all’età di tuo figlio. Per educare senza punizioni mira alla causa… Come vedi mentre le soluzioni cercano di mirare alla causa e sul perché nostro figlio è in difficoltà la punizione invece serve soltanto per creare una distanza tra noi e i nostri figli. Le soluzioni ci sono, anche se richiedono un pochino di attenzione per essere messe in pratica e diventare automatiche, vale veramente la gioia di mettersi in gioco. E io sono qui per aiutarti a farlo 😉
In effetti i bambini a volte reagiscono rompendo oggetti, rompendo i giochi, graffiano, mordono, tirando pugni e calci, strappando i capelli… Gli adolescenti invece magari sbattono le cose, urlano, ci mandano a quel paese, spaccano la porta chiudendola malamente e insultandoci. Vorrei iniziare rassicurandoti perché sono diventata la regina di queste situazioni 😉 Quando avevo i bambini in affido, al loro arrivo la maggior parte delle volte erano bambini che picchiavano, mi mordevano, mordevano gli altri, rompevano i giochi dalla rabbia, non avevano rispetto per le cose. Arrivavamo a dover cambiare o aggiustare nell’arco di quindici giorni giochi, sedie, tende, ecc. Ovviamente i tuoi figli non vivono le situazioni drammatiche che vivevano questi bambini. Ma voglio farti questo esempio innanzitutto per dirti che ho la soluzione. Queste situazioni le ho vissute e dovute gestire moltissime volte anche io. Inoltre vorrei dirti che in qualche maniera sono reazioni spontanee che i bambini o gli adolescenti possono avere, soprattutto se nessuno ha fatto veder loro, insegnato o trasmesso con il proprio esempio come fare a gestire il proprio bagaglio emotivo. Se ci pensi, a volte nemmeno noi adulti sappiamo farlo. In fondo, quante volte ci è capitato che magari ci tratteniamo dal mordere, ma non sappiamo trattenerci dal mollargli uno sberla o strattonarli? O dallo sbattere le porte o buttare malamente le cose nel lavandino quando siamo nervosi? Ecco allora i 5 passi da seguire se tuo figlio è a volte rompe tutto come giochi o oggetti in casa, diventa aggressivo, prepotente, o ti sembra esagerato e addirittura violento. 1. Eliminiamo le “etichette” Come prima cosa possiamo eliminare le etichette: tuo figlio non è cattivo, non lo hai educato male, né è nato per farti…”girare le scatole” o per darti dei problemi. Se i nostri figli, bambini o ragazzi che siano, sono ancora sotto la nostra guida si comportano in questo modo, è perché hanno un motivo valido per farlo. Infatti, se a un bambino dagli zero ai 6-7 anni nessuno ha insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, relativo a: sensazioni di paura frustrazione e rabbia sensazione di non sentirsi amato abbastanza da mamma e papà sensazione di non aver capito impressione di aver subito un torto delusione percezione di sentirsi “meno” (bravo, importante, all’altezza ecc) di qualcuno accade che il bambino accumula, accumula, come una pentola a pressione e alla fine il suo modo di reagire sarà quello di esplodere. Reagisce attaccando, “esplode” fisicamente con il corpo. Avrà bisogno di liberare tutta questa tensione che sente dentro, con delle reazioni fisiche, direi… istintive… con il corpo perché non sa farlo in altro modo. O non ha ancora l’età e la capacità per ascoltarsi, riflettere su quello che sente, per accogliersi (in verità è una competenza che spesso non abbiamo acquisito neanche noi adulti), per venire da noi e spiegarci a parole cosa sente dentro per essere poi confortato e aiutato. Oppure, avrebbe l’età per farlo, ma non succede perché nessuno nel tempo gli ha mostrato come si fa. Per i bambini e i ragazzi è necessario che siano mamma e papà o gli adulto che si occupano di loro a farlo per primi, a dare l’esempio, e a mostrare come si fa durante questi primi momenti di frustrazione o disagio. Altrimenti non imparano. Ecco perché se a un ragazzo di sedici anni nessuno ha mai insegnato a gestire il suo bagaglio emotivo, continuerà a reagire con rabbia, con stizza, con violenza: anche se ho sedici anni non cambia nulla. Ciò che cambierà rispetto a un bambino piccolo sarà l’intensità della reazione. Eliminiamo dunque queste etichette: tuo figlio non è cattivo, non ce l’ha con te, non ha modi maleducati. È il suo modo di reagire perché non ha altri strumenti. 2. Con i figli che rompono i giochi, mordono, graffiano arrabbiarsi e urlare… non serve a nulla Davanti una reazione aggressiva cosa è meglio evitare? Se ci arrabbiamo e cominciamo anche noi a sfogarci in quel modo, diventiamo come lui, ci mettiamo al suo livello, diventiamo anche noi dei bambini senza strumenti. Ma noi siamo le guide, noi siamo gli Aiutanti Magici, siamo gli adulti maturi e quindi abbiamo bisogno di imparare a mantenere la calma, mantenere la fermezza in quei momenti. E a questo proposito, se ne sentiamo il bisogno o la necessità, è utile per tutti noi incamminarci per acquisire più fiducia e più sicurezza in noi stessi. Sono da evitare quindi urla, minacce, durezza, punizioni e frasi come: “Se fai ancora così ti tolgo questo!” “Questo non mi piace. Guarda che se fai così non sei più mio figlio. Non ti voglio più bene!” Tutti i bambini reagirebbero in maniera più serena se avessero una alternativa. E invece: 1) Se hanno visto noi comportarci in questo modo (con rabbia, nervosismo, alzando la voce, minacciando, ecc.) tanto o poco che sia stato, rischiano di credere che è così che ci si comporta, si reagisce così, è normale così e quindi lo faccio anche io perché così mi stanno insegnando da come si comportano loro. 2) Se non hanno avuto un esempio, se non vedono noi gestire il nostro bagaglio emotivo in maniera serena e matura, se non mostriamo loro come fare, non assorbono questa abitudine. Il mondo dei bambini non ha doppia morale. Le cose che valgono per loro devono valere anche per noi. Ecco un esempio (estremo): Quando un bambino vive la violenza in casa, quindi magari assiste a un padre, un nonno, uno zio violento o una mamma anche violenta con crisi isteriche, spesso è molto probabile che quel bambino, avendo vissuto solo quel modo di esprimersi, di fare le cose, dia per scontato che possa essere giusto e corretto essere così violenti. Quindi nella vita si comporterà in questo modo spontaneamente. Riportando questo concetto nelle realtà (per fortuna) totalmente ridimensionate e naturali che viviamo in casa nostra, allora possiamo chiederci: “Che tipo di esempio diamo?” Il nostro esempio, anche solo in minima parte, potrebbe essere un po’ aggressivo? Alziamo la voce, siamo nervosi, sbattiamo anche solo ogni tanto le cose?” Una volta esplorate queste possibilità possiamo fare sì che non capiti più, in modo da poter dare davvero un esempio sereno ai nostri figli. 3. Ci sarà una motivazione se un bambino rompe tutto, morde o graffia? Abbiamo bisogno di andare sotto la superficie, di comprendere come mai un bambino si comporta in modo aggressivo. Perché solo in questo modo possiamo risolvere davvero e solo così possiamo essere il suo Aiutante Magico e aiutarlo. La natura dei bambini è una natura buona, pacifica e collaborativa, ma ricordiamoci che siamo anche noi dei mammiferi. Quindi, quando il bambino si sente attaccato, se non sa come altro fare, si difende con il corpo, si difende verbalmente, si difende aggredendo, alzando le mani contro la minaccia, alzando la voce, cercando di provocare fisicamente. O accade anche soltanto quando il suo vaso è pieno, quando si sente una pentola a pressione che dopo aver accumulato ha bisogno di esplodere… e non c’è ragionamento che tenga. Lo fa perché non ha alternative. Allora noi che cosa possiamo fare? Noi possiamo innanzitutto comprendere i motivi per cui sta succedendo. Ti faccio qualche esempio: 1) Aggredisce il fratello perché a monte c’è un problema di gelosia, si sente inferiore, non amato. Quindi a monte dovremo agire su questa difficoltà. 2) Se reagisce ai nostri no e alle nostre regole, è probabile che sia perché non gliele stiamo dando nella maniera migliore possibile per lui e per noi. 3) Può darsi che percepisca molto la nostra rabbia, il nostro giudizio nei suoi confronti. Magari pensiamo “ma io non mi arrabbio e dico le parole di Roberta!”, ma dentro ribolliamo e nella testa ci rimbombano solo pensieri come: “che barba… basta! sempre la solita storia, sei sempre il solito!”. E se nei momenti “esplosivi” non riesci ad individuare la motivazione? Come facciamo a capire la motivazione proprio in quel momento, in cui magari siamo già in difficoltà? Se mentre il nostro bambino reagisce con rabbia o ti sta picchiando o tenta di rompere i giochi e non riusciamo a capire subito le motivazioni alla base del suo comportamento, possiamo farlo a posteriori, perché capisco che possa essere difficile imparare a farlo subito in quegli attimi più intensi. Proviamo quindi solo dopo a farci domande, a osservare queste motivazioni e a vedere la situazione con una visione d’insieme: allenandoci, la volta successiva saremo più pronti, più preparati e ci verrà sempre più automatico cogliere la motivazione da subito. Alla fine le motivazioni che fanno arrabbiare i bambini non sono così tante. Ad esempio può essere stanco, o magari geloso della sorella, oppure sta assorbendo il nervosismo che si vive in casa, oppure noi abbiamo lo stesso tipo di reazioni, oppure ancora reagisce al modo in cui gli abbiamo detto di no, o semplicemente appunto ha bisogno di imparare come si fa in un altro modo quando ci si sente così. Cerchiamo, allenandoci, di individuare le motivazioni e a riconoscerle nelle situazioni in cui si manifestano e capiremo che alla fine ruotano sempre intorno ad alcune situazioni. Tutto questo ci permetterà di prevenire reazioni così violente. Come facciamo a prevenire una reazione esplosiva? Per prevenire è utile imparare a osservare i figli un pochino meglio. Perché un bambino può avere questo scatto che lo trasforma da dottor Jekyll a mister Hyde, così dal niente? Se noi impariamo a essere presenti nella relazione che abbiamo con loro, a osservarli, guardarli negli occhi, riusciremo a notare come cambia il loro sguardo a seconda se cominciano ad avere sonno, o ad esser annoiati, o ad essere arrabbiati perché qualcosa nel gioco non sta funzionando, o se cominciano a cambiare umore perché una mossa della sorella gli sta togliendo il sole dal viso. Sono tutte piccole cose che noi possiamo notare. Magari ha tirato come un pazzo tutto il giorno, non ha dormito al pomeriggio o ha dormito male stanotte. O sono due, tre volte che gli dico di continuo “no” per qualcosa e glielo dico malamente: devo aspettarmi che prima o poi scoppi in qualche modo. Noi abbiamo sempre modo attraverso l’osservazione di cogliere questi segnali. Anche questo fa parte del nostro allenamento. È utile allenarsi con calma perché questo ci aiuta a intervenire ben prima che il vaso sia pieno e che scoppi con una reazione aggressiva. Come prevenire e attivare i radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio Ad esempio, mi capita di vedere a volte bambini che cominciano ad avere sonno già due ore prima. Si nota il bambino che sbadiglia, sbadiglia ancora, diventa insofferente, non ha più voglia di fare niente, “questo non va bene…quello non va bene…”. Oppure si nota che si sta annoiando e si sta spegnendo, perché non c’è un adulto che sta giocando con lui per fargli vedere una alternativa di come quel gioco può essere ancora consumato. Poi ad un certo punto il bambino esplode perché la mamma non riesce ad aprire subito la carta della merenda. “Roberta, ma…è scoppiato per la carta della merenda! Capisci… la carta della merenda!!!” No, non è per la carta della merenda, sono le due o quattro ore prima, sono le cose che è da stamattina che succedono, solo che nessuno le ha viste. Non le abbiamo viste perché semplicemente non siamo abituati a guardarle. Ma da ora puoi “allenarti” a vederle e notarle. Ed ecco come prevenire: già ore fa, minuti fa, osservandolo potevamo cogliere questi cambiamenti dai suoi occhi, dal suo atteggiamento. In anticipo potevamo quindi intervenire, magari chiacchierare e portarlo con noi, fargli delle coccole, sorridergli, parlargli con amore o portarlo a nanna, o risolvere la dinamica con la sorella, gestire meglio il litigio con la sorella o il fratello. Quindi per prevenire bisogna attivare i nostri radar per intervenire molto prima di arrivare all’esplosione di tuo figlio. 4. Cosa fare nel momento in cui bambino diventa aggressivo, esplode di rabbia o rompe gli oggetti? Se non abbiamo agito a monte e fatto il lavoro di osservazione di cui ti ho parlato, inciamperemo in queste esplosioni dei nostri figli. Ma cosa fare proprio in quei momenti? Interveniamo Come prima cosa interveniamo, quindi non lasciamolo da solo, perché anche se ci manda via, anche se ci picchia, ci attacca, ci morde o graffia, se tenta di rompere o lanciare gli oggetti in verità ha bisogno di aiuto. Ha veramente bisogno che in quel momento l’Aiutante Magico ci sia per aiutarlo. Se c’è bisogno, fermiamolo fisicamente. Bisogna fermarlo perché magari sta facendo del male a te o a se stesso, a qualcun altro o sta rompendo le cose, o rischia di farsi male. Molto spesso con il contenimento esploderà ancora più forte: 1) O perché finalmente sente qualcuno che è lì pronto ad aiutarlo e sente di poter liberare tutto lo sfogo e quindi inizierà magari a piangere e a singhiozzare forte e poi si calmerà 2) Oppure perché sente che il tuo non è un contenimento autentico ma lo stai fermando o bloccando solo perché vuoi che smetta. Non è l’atteggiamento giusto e farà di tutto per liberarsi, per allontanarti e rifiutare il tuo aiuto. Proprio per questo il tipo di presa che utilizzeremo non sarà una presa nervosa, stizzosa o di rabbia. Sarà una presa puramente ferma, magari dovremo usare una certa forza per allontanare la sua mano, per abbracciarlo, per aprire una ad una le sue dita che stringono qualcosa o qualcuno, ma dentro non saremo arrabbiati. Saremo forti, ma non arrabbiati proprio come quando giochi al tiro alla fune e tiri la corda: non c’è rabbia ma usi semplicemente la forza. In queste situazioni il principio è lo stesso. Molti mi dicono: “ma io non ce la faccio. Lui è più forte di me!” Se stiamo parlando di un ventenne alto un metro e novanta certo, lo capisco. Ma nel caso di un bambino di due, tre, sette, dieci, dodici anni il problema non è che è più forte di te o non ce la fai. Il problema spesso è che abbiamo paura. Abbiamo paura della sua reazione, o di non farcela, o di non essere capaci di sostenere e gestire questa aggressività. Tu sei l’adulto e volendo hai tutte le capacità per fermarlo, contenerlo senza innervosirti. Accogliamolo, abituandolo ad avere fiducia in noi Mentre sei lì che eviti che si faccia male contenendolo, puoi iniziare a parlargli a trasmettergli accoglienza ed empatia. Ad esempio possiamo dire, già mentre lo teniamo con fermezza da subito: “Amore… Mamma mia, sei tanto arrabbiato. Cos’è successo? Io lo so che cosa è successo, sai? Adesso sfogati. Lo so, amore mio, lo so. Dopo poi lo vediamo e risolviamo… adesso piangi pure… Sei tanto arrabbiato amore mio, lo so.” Se non accetta e scappa, se non si sta facendo male, lascia pure che scappi ma vagli comunque dietro. Magari stai a distanza, ma non quella distanza di chi ha paura. Quella distanza di chi sente e capisce quale debba essere il confine tra di voi. Ma intanto sei lì con la tua presenza, non lo stai giudicando e lo stai accogliendo. Molto spesso, quando si contengono i bambini, ad un certo punto senti proprio che loro rincarano la dose e spingono più forte, cercano di morderti in tutti i modi, mentre tu continui a fermarli perché non si facciano male o non facciano male. Come ti dicevo, esplodono perché sentono che tu non li stai giudicando e possono tirare fuori tutto ciò che hanno da tirare fuori. A questo punto, se tu continui ad essere tranquilla e serena, in genere succedono due cose: 1. O si calma singhiozzando piano o spegnando piano piano il pianto 2. O esplode tirando fuori tutto quello che deve esplodere. Poi comincia a piangere in modo diverso, con un pianto di sentimento che non è più il pianto della rabbia. È come un’onda e tu in questo modo ci sei stata dentro. Lo hai accolto, lo hai assistito, sei stata con lui nella curva che doveva arrivare a un picco per poi riscendere. Una volta fatto questo, il bambino si tranquillizza o si dimentica, comincia a giocare oppure è il momento in cui c’è bisogno di fare il passo successivo: risolvere. 5. Risolviamo “Allora adesso ce lo diciamo cosa era successo? Stavi giocando con i Lego. Lui è arrivato lì apposta. Ti ha dato un calcio sulla stazione della polizia. Amore… Vieni con me. Adesso glielo andiamo a dire e piano piano la ricostruiamo insieme. La facciamo bella com’era prima. Vieni, amore mio.” Se il bambino inizia a vedere questo da noi diventerà ogni volta più aggressivo perché noi non l’abbiamo picchiato o non lo abbiamo punito? No, i bambini sono per natura buoni. Loro lo sanno che non si rompono i giochi, non si morde, non si picchia e infatti non lo farebbero. Ma è l’unica cosa istintiva che riescono a fare in quel momento per liberare il malessere, il dolore che provano dentro. Allora se noi facciamo in questo modo, gli facciamo vedere che non li giudichiamo, che siamo davvero i loro Aiutanti Magici, che accogliamo senza giudizi, senza aspettative e poi risolviamo, possiamo iniziare a dire loro: “Amore, la prossima volta vieni a dirlo alla mamma. Qualsiasi cosa sia successo, vedi che mamma non ti sgrida. Non è successo niente. Mamma, lo capisce e ti da una mano. Perché quando stai così male, amore, quando ci sono le cose che ti fanno arrabbiare così tanto e che ti fanno tanto male come si fa da soli? Non si può! Si chiede aiuto a mamma. Si viene da papà e si chiede aiuto.” In questo modo ecco che educhiamo i nostri figli alla fiducia verso di noi. Tempo due, tre, quattro volte o il tempo che sarà necessario (ma non è moltissimo, te lo posso garantire) invece di scoppiare si metterà a piangere, verrà da noi e ci dirà che cosa è successo e ci chiederà di andare a vedere cosa è successo. Nel frattempo iniziamo ad osservare, a cogliere la motivazione e a risolvere prima che queste esplosioni avvengano. Riassumendo i suggerimenti sono: 1. Nessuna etichetta: tuo figlio non è mai cattivo 2. “Allenarsi” a cogliere la motivazione anche a posteriori e abituarci ad osservarlo 3. Intervenire per risolvere, fermarlo, contenerlo in modo che non si faccia male: in questo modo facciamo sì che possa sentire la nostra presenza ferma, non arrabbiata, sicura di noi. 4. Lasciamo che si sfoghi, se è necessario, mentre lo accogliamo. Abituiamolo ad avere fiducia in noi e ad esprimersi anche man mano con le parole. 5. Risolviamo con una soluzione concreta, rimediamo Magari tuo figlio non riuscirà a farlo da subito se ha solo due anni ma, usando la perseveranza vedrai che pian piano negli anni, crescendo, imparerà a esprimersi invece che accumulare e poi esplodere. Iniziare da oggi a prendere dimestichezza con i 5 passi di questo articolo: è così che stai mettendo i semi perché questi episodi in cui tuo bambino comincia a rompere tutto quello che trova in casa, ti morde o diventa aggressivo siano nel tempo sempre meno numerosi. Se vuoi approfondire questi argomenti puoi anche leggere questi articoli: Bambini che lanciano oggetti e urlano: ecco cosa fare Come aiutare i bambini a gestire le emozioni (senza reprimerle) Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche
Cosa puoi fare per limitare o eliminare per sempre tirate di capelli e litigi continui fra i tuoi figli? Che cosa prova emotivamente tuo figlio quando gli rubano i giocattoli? Questo video ti farà mettere nei suoi panni e dopo averlo visto non banalizzerai più il suo senso del possesso e le volte in cui dice È MIO! Lo faremo con la storia dello “scippo” della borsa al parco. Fatti anche tu due risate come le 200 persone che erano presenti in sala: GUARDA IL VIDEO
Quali sono i “sintomi” che ti fanno capire di essere un genitore insicuro e di non avere abbastanza fiducia in te stesso? Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Oggi quali sono le conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti un genitore insicuro e inadeguato? Ti scriviamo la soluzione a questi tre dilemmi per aiutarti a fare un passo in più verso lo stato di Genitore Stra-Felice. Scopri se se sei un genitore insicuro Vediamo di riassumere, in linea generale, i “sintomi” del genitore che non ha abbastanza fiducia in e stesso e con bassa autostima di sé: tendi a giudicarti, bacchettarti, lagnarti, paragonarti sei molto duro con te stesso, fai di tutto per metterti sempre in riga. Quando sei stanco e avresti bisogno di staccare o di divertirti, dici che non è il momento e che ci penserai poi a volte potresti essere con te stesso troppo permissivo: ti lasci andare, non reagisci, non trovi nuove strade e nuove soluzioni per toglierti dalle difficoltà secondo il tuo parere ci sono altri che sono sempre più fortunati o più bravi o più capaci o migliori di te ti prendi poca cura di te e dei tuoi spazi: dall’igiene del corpo a quello della casa, dalla cura per l’estetica della tua persona a quella per la tua casa (e qui non è una questione di tempo che non hai o di troppo tempo che ci vorrebbe…) può essere che tu dia molta importanza all’esterno e non all’interno: è molto più importante quello che pensano gli altri rispetto a quello che senti andar bene per te stesso. Quali cause hanno abbassato la tua autostima? L’autostima non è un qualcosa che si costruisce da zero ma qualcosa che è già nostro a pieno diritto fin dall’inizio: dunque quando l’abbiamo persa? Perché oggi siamo dei genitori insicuri? In verità non c’è una data precisa, o un evento particolare. Si tratta di tanti aspetti che riguardano la relazione tra noi bambini e gli adulti che nel tempo, poco alla volta, hanno generato il risultato, ovvero la disistima di noi stessi. Vediamone alcuni: Causa 1: Paragoni Ti paragonavano ai tuoi fratelli o sorelle o ai tuoi compagni di scuola, cugini, vicini di casa, figli di amici, ecc. (senza sapere ahimè che i paragoni umiliano e sviliscono) Causa 2: Ricatti e manipolazioni Pur di ottenere quello che volevano, tendevano senza rendersene conto a manipolarci e utilizzare ricatti: “se finisci tutto quello che hai nel piatto puoi mangiare il gelato” “solo se fai il bravo e mi aiuti ti lascio andare a giocare in cortile” “solo se finisci i compiti guardi i cartoni”. Causa 3: Senso di colpa Ti facevano sentire involontariamente in colpa quando ti accusavano di aver fatto male a un amichetto o a tuo fratello o a tua sorella (non sapevano di dover accogliere prima di tutto le tue emozioni e che se qualcosa era accaduto avevi i tuoi buoni motivi). Quando ti chiedevano di salutare o baciare qualcuno e tu non ne avevi nessuna intenzione, quando ti chiedevano di fare il bravo e tu non sapevi bene cosa volesse dire, volevi essere te stesso e quando ci provavi ti accorgevi che non sempre a mamma e papà piaceva e questo ti faceva sentire a disagio, dispiaciuto, sbagliato. Causa 4: Lasciami stare un attimo! Quando ti dicevano “adesso non ho tempo“, “adesso non posso“, “lasciami stare un attimo“, “poi vediamo, adesso non è il momento“, “no, non si può! Punto e basta!“. E mentre lo dicevano vedevi che si irritavano, si arrabbiavano, sbuffavano o giravano gli occhi al cielo, era come se li stessi disturbando, come se fossi un peso. Causa 5: Disistima dei genitori Quando i tuoi stessi genitori forse si disistimavano profondamente e anche tu hai assorbito e imitato involontariamente le loro ferite o i loro vuoti (ovviamente loro non hanno colpa perché a loro volta sono cresciuti con genitori con bassa autostima). Le 3 conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti sfiduciato Se tu per primo hai difficoltà a stimarti e ti senti un genitore insicuro, con tutto quello che comporta, è praticamente automatico che tu lo faccia anche con tuo figlio. Magari in forma diversa, ma è comunque facile che tu abbia anche con lui lo stesso atteggiamento di fondo. Senza considerare il fatto che, poiché i bambini assorbono le abitudini e il modo di essere dei genitori, se in te alberga la disistima, può essere che anche tuo figlio adotterà questo modo di percepire se stesso, per assorbimento osmotico. C’è poi una prima grande conseguenza di fondo: tuo figlio si sentirà poco amato e poco accettato (“se non mi amano e non mi accettano loro che sono i miei pilastri, i miei punti di riferimento, le mie guide, quelli che ne sanno più di me, vuol dire che qualcosa di vero c’è di sicuro…”). Di conseguenza, cresce e diventa adulto convincendosi di questa storiella, considerando verità quello che è, invece, un errore mastodontico. Le conseguenze per lui sono le stesse che valgono oggi e che valevano in passato anche per te. Per quanto riguarda poi la relazione in sé, è probabile che: tra genitore e figlio si inneschino più facilmente lotte di potere, che si abbia difficoltà a comunicare e a farlo sul piano del cuore. il bambino, se non si sente accettato per quello che è, se fa fatica a manifestare le sue istanze e le sue volontà perché spesso ha la sensazione che vengano negate o giudicate, ha difficoltà a stimare gli adulti di riferimento, a sentirsi al sicuro e creare sintonia, fiducia e rispetto. a discapito della sua natura, diventa poco collaborativo, non parla con facilità di quello che prova e di quello che pensa. Da un lato sembra chiudersi in se stesso e dall’altro sembra diventare a volte sempre più richiedente, nel disperato tentativo di “recuperare”, di farsi accettare e amare per quello che è.
Come possiamo gestire gli stati d’animo dei nostri figli e cosa possiamo fare quando piangono o sono arrabbiati? E soprattutto come possiamo renderli autonomi nel tempo e in grado di gestire da soli le loro emozioni? Mamme e papà spesso si impegnano per cambiare al più presto lo stato d’animo dei figli, per ripristinare una sorta di normalità, come se quando il bambino piange, si arrabbia, è triste o ha paura, non andasse bene, fosse “scomodo”. È normale puntare al benessere dei figli, è importante che stiano bene e che siano allegri, ma dobbiamo tenere conto che non sono dei robot e, in quanto esseri umani vivi, vivono gli stati d’animo come noi, che abbiamo dei giorni in cui siamo tristi, dei giorni in cui qualcosa non va, giorni in cui siamo un po’ sfiduciati, giorni in cui siamo stanchi o siamo delusi… Probabilmente siamo molto preoccupati perché noi per primi abbiamo difficoltà a gestire questi momenti con noi stessi, di solito ci buttiamo giù credendo che essere arrabbiati o tristi o delusi non vada bene. Oppure ci costringiamo a stare su di morale e ci auto-rimproveriamo con il nostro dialogo interiore dicendoci per esempio: “dai!! non è successo niente. Forza, continua a lavorare, continua a fare quell’altro…non ti lamentare sempre!” senza riuscire a gestire questo bagaglio emotivo. Quando i nostri figli vivono le loro emozioni siamo preoccupati per loro perché temiamo che entrino nel nostro stesso vortice. Esprimere i propri sentimenti e le emozioni è naturale e va bene In verità vivere ed esprimere i propri sentimenti, qualsiasi essi siano, esprimere il proprio stato d’animo è assolutamente naturale, assolutamente fisiologico ed è anche normale che non si viva sempre nell’entusiasmo, non si stia sempre nella gioia. Perché fa parte della vita di tutti avere dei momenti di stanchezza, di vivere un momento di frustrazione, delusione, dolore, paura, capita e riguarda anche i bambini. Capita che si arrabbino per un gioco rotto, perché non vogliono andare a scuola, capita che si sentano male perché hanno litigato con un amico, ecc. È all’ordine del giorno che i bambini esprimano il loro stato d’animo e non sempre questo stato corrisponde alla gioia. Voglio darti gli strumenti per gestire al meglio gli stati d’animo dei bambini, senza l’affanno di doverli privare di queste esperienze, cercando di fare di tutto perché non si arrabbino o non siano tristi, fare di tutto perché non provino dolore. Questi “umori” fanno parte della vita. È importante che i genitori non vivano la paura che i figli si trovino nello stesso loro dramma quando non stanno bene. Primo punto fermo è che i bambini sono esseri umani, provano sentimenti, vivono degli stati d’animo che comunicano. Per fortuna i bambini non sono ancora arrivati ad essere come noi adulti che soffochiamo o neghiamo quello che sentiamo dentro. Noi tendiamo a soffocare e a dire a noi stessi: “allora? sei stanco? vai avanti lo stesso a lavorare. Sei triste? Dai, non importa, non è successo niente, tieni duro. Sei arrabbiato? Daiiii smettila. Vai avanti lo stesso” Oppure fingiamo e cerchiamo di non piangere perché crediamo che il pianto sia sinonimo di debolezza. Poi dentro magari abbiamo una bomba atomica che sta per esplodere, eppure andiamo a lavorare, andiamo davanti agli altri con il sorriso posticcio: “Tutto bene! Tutto bene, grazie!” e dentro invece vorremmo spaccare tutto. I bambini, per fortuna, questi filtri non li hanno. Quello che sentono lo manifestano per istinto, poi hanno bisogno di un adulto che accolga e abbracci questo stato d’animo, e che gli dia l’esempio di come è possibile gestire al meglio questo bagaglio emotivo, anche come esempio per quando sarà grande e farà da solo. Come si fa a gestire le emozioni dei bambini? Il punto importante da ricordare: è naturale che i bambini provino degli stati d’animo, qualsiasi tipo di stato d’animo, ed è anche naturale che li esprimano fin da subito, fin da quando nascono. Quando non sanno ancora parlare, lo fanno con un sorriso, lo fanno con l’espressione del viso, pacifica, godereccia, oppure se non stanno bene o c’è un problema, avranno un’altra espressione del viso, esprimeranno altro con la voce, piangendo, urlando o dimenandosi con il corpo. Man mano che crescono e iniziano a parlare lo fanno anche con le parole e con un’altra fisicità: magari danno uno spintone, dicono “mamma cattiva”, cercano di tirarti un calcio sulla gamba, pestano i piedi per terra, urlano, piangono, ripetono delle parolacce che diciamo noi quando siamo nervosi, esprimono insulti che magari sentono da adulti che hanno attorno o fanno le stesse nostre espressioni di quando siamo delusi, tristi e stanchi ed entriamo in una fase di vittimismo. Quindi per fortuna i bambini si esprimono, manifestano ciò che provano dentro, senza reprimersi o trattenersi. Questa è una caratteristica bellissima, che noi ogni tanto perdiamo o dimentichiamo perché ci giudichiamo. È un po’ come se ci costringessimo ad essere sempre perfetti, sempre degli autonomi, quando in verità la perfezione, quella che abbiamo in mente, non esiste, perché fa parte della nostra perfezione anche piangere, essere stanchi, essere delusi, avere paura ed esprimerlo, viverlo… Fa tutto parte del nostro bagaglio di vita, di chi è in viaggio, di chi è in cammino, di chi vive delle esperienze che portano ad avere delle sensazioni. Per i bambini è uguale. Il nostro dovere è evitare di negare loro la possibilità di esprimere i loro sentimenti, di esprimere il loro stato d’animo qualsiasi essi siano. Tuo figlio ha bisogno di esprimere quello che prova e quello che tu puoi fare è dargli la possibilità di esprimersi con il corpo, con le parole, con le sue espressioni. Per approfondire Se vuoi sapere come fare nella pratica, come gestire la rabbia o il pianto dei bambini? Cosa fare quando i bambini sono nervosi? Leggi questi articoli: Rabbia bambini: 4 passi per gestire crisi di Rabbia e crisi Isteriche Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati
L’inserimento dei figli al nido o alla scuola dell’infanzia è un momento delicato e spesso anche difficile per i bambini e per i genitori. I bambini a volte fanno i “capricci” (che capricci non sono), piangono, non vogliono andare a scuola… La mamma spesso si sente in colpa perché è “costretta” a lasciare il figlio per andare a lavorare e questi sentimenti di certo non aiutano a vivere serenamente la fase di distacco. Ma perché le spiegazioni razionali non calmano tuo figlio che non vuole andare al nido o alla scuola dell’infanzia? Perché non si calma anche se gli spieghi che devi andare a lavorare? E c’è un modo per farlo sentire accolto e per disinnescare i tanto temuti “capricci” (che capricci non sono)? A volte ci sono delle preoccupazioni che assalgono la mamma che, se non affrontate e sciolte, fanno diventare l’inserimento al nido o a scuola fonte di pianti, tensione e nervosismo per entrambi. Come risolverle? Scopri tutto in questo articolo. Perché l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia è difficile? Per cominciare possiamo dire che se siamo mamme dispiace a noi per prime lasciare nostro figlio al nido o a scuola, non è semplice emotivamente andare via a vederlo che piange, lasciarlo alle insegnanti… I tanti dubbi e timori irrisolti sull’inserimento e su quello che succederà a nostro figlio al nido o alla scuola materna di sicuro non aiutano la fase del distacco. Per esempio è normale chiedersi: Cosa faccio se mio figlio piange al nido? Quando si fa l’inserimento all’asilo e come evito imprevisti? Come affrontare l’inserimento alla scuola materna? Quanto dura l’inserimento al nido e come facilitarlo? Cosa faccio se non voglio lasciarlo con le educatrici e con le insegnanti? Come si risolve l’attaccamento alla mamma? Asilo a 2 anni: si o no? Molte mamme mi chiedono se è giusto mandare al nido i bambini così piccoli oppure se è meglio di no, mi chiedono come risolvere la situazione se, per necessità, li devono mandare “per forza” e non hanno alternative. Come rendere semplice l’inserimento al nido, alla scuola materna e come far sì che i bambini vadano tranquillamente Innanzitutto quando arriva il momento dell’inserimento i bambini sono ancora piccoli per uscire dal nido familiare e trascorrere tante ore con altri bambini e in un ambiente che non è subito così famigliare. Sappiamo già in partenza che non ci può essere la qualità di relazione che potremmo avere se un bambino potesse stare con la mamma o con papà, con i nonni oppure con una tata tutta per sé, nella sua famiglia. Infatti con pochi adulti che in tutto il tempo della giornata devono comunque essere presenti il più possibile per tutti i bimbi, assecondare la fase dei primi anni del “è tutto mio!” di ogni singolo bambino, e seguire i loro bisogni affettivi è difficile riuscirci con una qualità elevata. Purtroppo però oggi il nido spesso è una necessità, quindi ben venga la possibilità di avere queste strutture a disposizione. Quindi come fare quando siamo costretti a rivolgerci a queste strutture? Allora come si può rimediare e come evitare un inserimento difficile per tutti? 1. Previeni e gioca d’anticipo Il momento migliore è, per esempio, a casa la sera e/o durante il fine settimana. Tuo figlio durante l’inserimento al nido o a scuola avrà bisogno di più attenzioni, di essere accolto di più, di essere più coccolato o molto spesso di arrivare ad avere la possibilità di scaricare la tensione accumulata durante la giornata facendo qualche “capriccio”, dicendo qualche no, piangendo, rifiutandosi di mangiare… L’importante è sapere che la motivazione potrebbe derivare da questo distacco giornaliero. Se accogli tuo figlio, non lo rimproveri, ma semplicemente lo accogli e gli permetti di sfogarsi, lo coccoli molto, cerchi di anticipare i suoi bisogni, allora in automatico riesci a soddisfare quel piccolo buco che si è creato con il distacco e permetti che la situazione non diventi intollerabile o difficile da gestire. Se vuoi approfondire come gestire i “capricci” dei bambini, puoi leggere anche l’articolo: Guida Bimbiveri ai capricci. 2. Evita le spiegazioni: tuo figlio non le comprende e non aiuta a calmarlo Oltre a questo, una volta presa coscienza del fatto che il tuo bambino deve andare al nido e ti trovi tutte le mattine con lui che piange, ti invito a evitare di dare spiegazioni. È quello che d’istinto ci viene spontaneo, il nostro bimbo piange e noi: “dai che mamma torna presto, non fare così. Guarda c’è la maestra. Ma che bello questo gioco! Guarda che sono arrivati gli amichetti! Eh dai che ieri poi ti sei divertito, che la maestra mi ha detto che poi hai smesso di piangere…” Un bambino così piccino non è in grado di comprendere motivazioni razionali. L’ideale è anticipare la sua reazione accogliendo la sua emozione e facendolo sentire compreso. Non aver paura di tenerlo in braccio e dire: “Oooh questo bimbo piange. Eh hai ragione, amore, non vuoi andare. È brutto stare senza mamma, non ti piace vero? Piangi amore, sfogati, la mamma torna presto, viene a prenderti e giochiamo insieme, ma adesso piangi se hai voglia di piangere. Lo so che per te è un momento difficile”. Questo lo aiuterà a sentirsi compreso e quando finirà di piangere, sfogherà, tirerà fuori tutto quello che c’è dentro di lui, e poi inizierà a giocare. Questo è un bene perché il pianto è sempre una valvola di sfogo importante per i bambini. 3. Come sta la mamma e cosa prova in merito all’inserimento del figlio? Oltre a questi suggerimenti, c’è un terzo molto più importante dei primi due: l’età in cui tuo figlio va al nido è un’età molto precoce, un’età in cui inevitabilmente i suoi sentimenti e le sue emozioni sono ancora in completa e totale sintonia/simbiosi con i sentimenti e le emozioni della sua mamma. Quindi, a volte, quando i bambini piccoli hanno un atteggiamento per cui sfogano delle tensioni emotive, piangono, si ribellano, fanno i “capricci”, non dormono, non mangiano, l’ideale è sempre che la mamma si chieda come si sente, per esempio: “Come mi sento e come sto vivendo questo momento di inserimento e di cambiamento?” È possibile che il bambino assorba le nostre emozioni cerchi, in qualche modo, di esprimerli con il pianto. Ecco perché vale la gioia fermarsi e cercare di guardare che cosa c’è dentro di noi. Se questo è il tuo caso, ti invito a prendere uno spazio di tempo per chiederti: “Come mi sento io sapendo che devo mandare mio figlio all’asilo? Voglio o non voglio? È una necessità ma preferirei tenerlo a casa? Soffro tantissimo nel vederlo piangere? Sono io che dentro di me, se potessi, piangerei perché non voglio lasciarlo al nido?” Oppure ecco altri esempi che potrebbero riguardarti: “non voglio andare a lavorare perché il lavoro che faccio non mi piace? È andata bene durante il periodo dell’allattamento, durante il periodo della maternità, adesso devo tornare ma per me è un dramma perché non mi piace quello che faccio.” “E se le maestre dell’asilo non sono abbastanza brave? E se sente la mia mancanza o se lui mi manca? Ma se le maestre della scuola materna non lo conoscono e non sanno assecondare i suoi bisogni, non lo sanno capire come lo posso capire io? Se fosse troppo il tempo che sta fuori casa?…” Queste spesso sono le motivazioni che in te potrebbero rimanere latenti, che non ti concedi di provare e che potrebbero renderti l’inserimento difficile da affrontare. In questo caso è importante prendersi uno spazio serale con calma, prendere carta e penna e sentirti libera di scrivere su un foglio tutte queste emozioni che stai provando, senza giudicarsi, ma anzi lasciando libero sfogo a questa tua parte interiore che comunque soffre, che ha delle difficoltà, che ha delle emozioni profonde da esprimere. Questo ti aiuterà innanzitutto nel trovare la vera motivazione del problema. E, soprattutto, il fatto di poter scaricare queste motivazioni senza giudizio ti renderà più serena, più tranquilla e di conseguenza renderà più tranquillo anche il tuo bambino. 4. Un ultimo piccolo suggerimento pratico per favorire l’inserimento al nido o alla scuola dell’infanzia Lascia un oggetto tuo nello zainetto del tuo bimbo e tu prendi qualcosa di suo. Magari il bavagliolo della sera prima, una maglietta da lavare che ha ancora il suo profumo. Portala con te durante il giorno, durante la tua attività lavorativa e vedrai che ti sarà utile per non sentire troppo la sua mancanza. E poi fai di tutto per recuperare il tempo perduto: più gli darai attenzioni alla sera, durante il fine settimana e più sarà facile evitare di sentirti in colpa perché lo lasci tante ore da solo 😊 Per approfondire questo tema puoi leggere: Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo Spero che questi suggerimenti ti aiutino a vivere al meglio la delicata fase dell’inserimento di tuo figlio al nido o alla scuola dell’infanzia.
Cosa succede ai conflitti quando i nostri figli e le nostre figlie crescono e diventano preadolescenti e adolescenti? Perché l’adolescenza è considerata un periodo difficile? Che fine fanno i capricci? Spariscono?… Magari!… Se chiediamo ai loro genitori di solito ci dicono che non spariscono affatto… anzi… peggiorano! Quando peggiorano, rischiano di trasformarsi in “mostri” ancora più terribili… le chiamiamo “lotte di potere” e ci danno grande affanno e preoccupazione. Se le cose non sono andate come speravamo, una volta cresciuti i nostri figli diventano ancora più strafottenti, sfrontati, si isolano, mentono, non si fidano di noi. Sembrano sprezzanti verso gli altri e il mondo intero, tormentati e spesso anche “maleducati”. Non siamo più davanti a un bambino che piange, o che vuole essere preso in braccio perché non vuole andare all’asilo, o perché non vuole mangiare. Non vediamo più un bambino che urla e strilla perché vuole un altro gelato. O ad una bambina che ci dice quanto siamo cattive perché non vogliamo prenderle la bambola che c’è in vetrina, ecc. Ci troviamo davanti un/una undicenne, dodicenne, tredicenne, quattordicenne, quindicenne o sedicenne e oltre che ci dice: “No, io questa roba oggi non la faccio” “Fattelo tu!” “Finiscila di rompere!” “Ma chi sei tu per dirmi cosa devo fare!” “Ti odio!” “Non avete mai fatto niente per me!” “Non capisci niente!” “Ma che vuoi?!… Vattene!” “Non ho bisogno di te” “Mi fate tutti schifo…” “E perché mai avrei dovuto dirtelo?!” “Faccio quello che mi pare… hai capito?!” Tutto questo ci fa molta più paura perché stanno crescendo, lo scenario che ci si prospetta davanti non è dei più rosei e pensiamo ad esempio: cosa succederà se va avanti così non è possibile ricucire le ho provate tutte senza successo potrebbe fare così anche fuori casa e chissà gli altri cosa penseranno potrebbe entrare in cattive compagnie potrebbe fare cose sconsiderate per punirci, ecc. C’è la nostra rabbia: per quanto si cerchi di portare pazienza, vederli così e assistere a certe loro risposte ci fa venire un diavolo per capello. Non è ammissibile ricevere questo trattamento dopo tutto quello che facciamo e abbiamo fatto per loro… sono davvero degli ingrati! Ma ci sono anche i nostri sensi di colpa: dove posso aver sbagliato? forse avrei dovuto stare di più con lui? forse saranno stati i troppi rimproveri? forse non gli ho dato la qualità di cui aveva bisogno? forse non ho mai capito quanto soffriva per la presenza del fratello? avrei dovuto fare di più, me ne sarei potuta accorgere prima, ecc. E poi c’è lo spazio del dolore: è doloroso vedere anni spesi ad amarli e sperare di avere con loro un rapporto meraviglioso e vederli crescere felici, sereni, soddisfatti e invece dover assistere a così tanta rabbia e incomprensione. So benissimo che se hai un figlio di questa età le preoccupazioni sono davvero tante e i dubbi ancora di più. Sono qui apposta per aiutarti a scioglierli e per farti vedere un po’ di luce al fondo del tunnel. Perché c’è una cosa importantissima che devi sapere: per quanto siano arrabbiati, per quanto facciano la voce grossa, per quanto sembrino strafottenti, per quanto cerchino di mostrarsi “già adulti” e autonomi, hanno in verità un grande bisogno di essere aiutati, sostenuti, capiti. Puoi osservarlo anche da te. Quante volte capita che con noi abbiano un cattivo rapporto, non vogliano mai un confronto o un suggerimento, siano scontrosi, con il muso sempre lungo e poi invece con altri adulti che conoscono al di fuori di casa (un insegnante, una zia, un nonno, l’allenatore sportivo, la mamma di un compagno, ecc…) si mostrino invece decisamente più docili, educati, con loro cercano un confronto, accettano i loro consigli, ridono e scherzano, apprezzano il tempo trascorso insieme, si fidano e si affidano? Ecco, la bella notizia che voglio darti prima che tu prosegua con la lettura e che anche se ci sono conflitti con i tuoi figli che stanno crescendo, anche se non sono più piccolini, puoi tornare a essere tu il loro “Aiutante Magico”. Puoi un po’ alla volta ricucire gli strappi e tornare ad avere con loro una relazione serena, di stima e di fiducia. Tutto quello che ti racconterò in questo articolo ha proprio questo scopo: Aiutarti a capire davvero cosa c’è dietro i comportamenti dei nostri figli quando non sono più bambini Cosa sono in verità le lotte di potere in preadolescenza e adolescenza Come interagire con loro in questi momenti Come recuperare la relazione anche se ci sono conflitti adolescenziali, incomprensioni e litigi ogni giorno Inizio a darti qualche strumento pratico per affrontare queste lotte di potere e litigate in adolescenza e poi ti dirò anche perché tutto quello che sto per dirti potrebbe non funzionare. Conflitti adolescenziali: lo “svitol” che scioglie le crisi Se è già da un po’ di tempo che assisti alla sua irrequietezza, ai suoi umori che cambiano, alle sue risposte sfrontate, alla sua rabbia, alla sua aggressività, ai suoi silenzi e pensi di averle provate già praticamente tutte ma senza risultato, credo ci siano alcune cose che devi sapere. Dopo un po’ di tempo è naturale che insieme alla nostra preoccupazione e alla nostra rabbia, si aggiunga anche una buona dose di frustrazione e delusione perché niente sembra funzionare. Crediamo di dover trovare quella soluzione in più che non abbiamo ancora testato e invece posso garantirti che la prima cosa da fare in questi casi è… fare meno. Ci sono degli ingredienti che vanno tolti il prima possibile e questi ingredienti sono: 1️⃣ La rabbia: arrabbiarci e iniziare anche noi ad urlare e inveire, non fa altro che mostrare loro la nostra debolezza e la nostra fragilità. Inoltre conferma loro che non sappiamo che altro fare se non urlare. 2️⃣ I giudizi: etichettarli come “maleducati, impossibili, ingrati, preoccupanti” non fa altro che cristallizzare tutto e bloccare qualsiasi possibilità di progresso. Senza queste etichette possiamo invece iniziare a dare un bel colpo di spugna e guardare ogni giorno noi e loro con occhi nuovi, cercando di filtrare e far emergere le possibilità, il bello e il buono che c’è in loro, le risorse utili da parte nostra e loro per poter iniziare a cambiare e ricostruire. 3️⃣ Le aspettative: inutile continuare a pensare a come le cose dovrebbero essere, rimpiangere perché così non sono, frustrarci perché il figlio o la figlia che abbiamo davanti non è uguale al bambino ideale che abbiamo in testa. Molto meglio basarci sulla realtà, su quello che abbiamo davanti realmente. Non parla? Bene, vediamo come posso rispettare il suo silenzio e nello stesso tempo fare qualcosa per riavvicinarmi. Urla ed è aggressivo con noi? Bene, posso provare a prendere in considerazione il suo dolore e il suo disagio e provare a intervenire diversamente anche se serve fermezza? Sì, insomma, come prima cosa serve un po’ di “svitol”. E cos’è che fa da “svitol” in questi casi? Io di solito lo chiamo effetto acqua. Sì perché mai come in questi momenti e davanti a queste difficoltà serve essere come l’acqua. L’acqua sa dove passare, scorre decisa eppure sempre dolce, non graffia eppure sa plasmare anche la roccia più dura, con pazienza, determinazione e costanza. Anche noi avremo bisogno di sfoderare queste doti e vedrai come in poco tempo i primi cambiamenti inizieranno a mostrarsi. I 3 ingredienti sciogli nodi nei conflitti adolescenziali Oltre a queste premesse che ti servono per preparare un buon terreno, per evitare che la tensione nell’aria si tagli con il coltello, che il muro tra voi sia troppo alto e spesso, ci sono poi di sicuro delle cose che potranno aiutarti nella pratica proprio quando queste lotte di potere ancora si accendono. Anche se può sembrarti strano, queste soluzioni sono molto simili paradossalmente a quelle che utilizziamo anche quando i nostri figli e le nostre figlie sono più piccoli/e… e funzionano! 😊 Primo: comprendi il suo punto di vista Per quanto possa sembrarti distante da come vivi e pensi tu alla tua età e dalla tua posizione, per quanto sia difficile a volte essere neutrali, occorre invece sfoderare le nostre doti di empatia e provare a infilarci nei loro panni: 👉 Se fossi tu quel bambino (perché poi alla fine sono ancora davvero un po’ bambini rispetto alla piena maturità dell’adulto…) che sta urlando con rabbia, cosa penseresti di te? Ti diresti che sei cattivo o ti chiederesti perché nessuno ti capisce e ti aiuta? Ti diresti che dovresti smetterla? o ti diresti che sei costretto ad urlare quello che hai dentro perché non senti ascolto e comprensione intorno a te? 👉 Se fossi quel bambino, giudicheresti la tua rabbia? o diresti che è del tutto lecita considerando i motivi che ti spingono ad avercela con i tuoi? 👉 Se fossi tu quel bambino, se conoscendo più o meno i motivi che lo spingono a comportarsi in questo modo, che adulto vorresti al tuo fianco? Cosa potrebbe o dovrebbe fare per te questo adulto? Di solito le risposte sono diverse, nuove, lontano da quello che finora abbiamo messo in pratica. Ti invito a prendere in considerazione queste risposte sincere perché sono utilissime e servono ad indicarti la via, la nuova direzione. Se ti metti dalla sua parte infatti ti sarà molto più facile sapere cosa fare e in particolare saprai meglio come accoglierlo (il nostro secondo ingrediente) Secondo: accogli i suoi sentimenti La cosa migliore che puoi fare in questi momenti è: Intervieni con calma Aspetta un attimo prima di arrabbiarti Aspetta un attimo prima di dire la tua, prima di partire con una lunga filippica o un rimprovero E piuttosto: accoglilo. Cosa vuol dire accoglierlo? Vuol dire avvicinarci in qualità di “Aiutante Magico” e mostrarci comprensivi rispetto a quello che sta provando in quel momento e alle sue motivazioni. È vero, non dovrebbe reagire così. È vero, è sbagliato urlare, dire parolacce ed essere aggressivi… glielo spiegheremo con il tempo e gli daremo alternative ma nel frattempo possiamo dire per esempio: “Mannaggia. Hai tutta questa rabbia e tutto questo nervoso. Eh, ci credo. Guarda, fermiamo tutto. Dimmi cosa sta succedendo” “è vero… la tua reazione non è delle migliori ma capisco bene tutta questa rabbia… è bruttissimo desiderare tanto questa cosa e sentire questo muro da parte nostra… fermati un attimo, ti spiego e vediamo che alternative ci sono…” “mi spiace molto che tu sia così arrabbiato, ti capisco benissimo, con tua sorella sempre tra i piedi non riesci mai ad avere un attimo di libertà e hai sempre la sensazione che teniamo le sue parti e non le tue, che non la rimproveriamo abbastanza…” Forse stai pensando che dovrebbero già essere in grado a questa età di saper gestire quello che provano dentro e non esplodere o sapere come ci si comporta con gli altri. Eppure non sempre è così e se ci pensi spesso e volentieri non è così nemmeno per noi adulti. Se non lo sanno fare e si arrabbiano con noi è perché questi strumenti ancora non li hanno integrati, non hanno mai imparato a farlo. Quindi bisogna ricominciare da capo, partire da zero e fargli vedere come si fa mettendoci dalla loro parte. Dunque cerchiamo di evitare la classica lotta di potere, dove il genitore pretende di essere in una posizione giusta e di poter dire al figlio: “io sono qui e ho ragione e tu fai quello che dico io. Tu sei lì e non hai ragione, non sei grado di ascoltarmi e fai solo delle storie”. Possiamo invece metterci nei panni di nostro figlio, chiederci perché sia così arrabbiato o frustrato, o come mai ci stia rispondendo con un “No” così eclatante. Forse ci tiene davvero tanto a fare quella cosa e possiamo chiedergli di parlarne prendendo in considerazione il suo stato d’animo. Ad esempio: “Parliamone: Dimmi qual è il problema…ok, non hai voglia di aiutare papà a svuotare la cantina” Possiamo capire come lo fa sentire questa cosa, possiamo prendere in considerazione il suo stato d’animo ed esplicitarlo: “Terribile, stavi giocando e adesso bisogna andare a svuotare la cantina. Una vera pizza! Certo…Smontare la cantina con papà…Assurdo. È bruttissimo, lo so amore”. Ascoltiamo la sua motivazione e accogliamo il suo disappunto: “Hai ragione. Ma chi avrebbe voglia?! Soltanto che va fatto. Dobbiamo farlo per forza. Adesso insieme troviamo una soluzione”. A questa età la soluzione potete anche trovarla insieme: “Dammi delle alternative. Quando potresti riprendere la partita? Potremmo chiedere a papà se magari si può posticipare un quarto d’ora. Così intanto puoi finire questo livello del videogioco? Troviamo una soluzione insieme.” Terzo: le redini di ferro Se da un lato ancora di più in questi anni diventa fondamentale essere accoglienti e fare l’effetto acqua, dall’altro lato diventa altrettanto vitale sfoderare tutta la fermezza necessaria. Sempre a proposito di acqua, è un po’ come quando usiamo la metafora degli argini. Per quanto questi giovani ragazzi e ragazze ci sembrino dei fiumi in piena bisognosi di tanta libertà e autonomia, se lasciati totalmente a briglia sciolta rischiano di perdersi ancora di più e di sentirsi ancora più smarriti. Proprio come l’acqua senza argini si disperde o fa disastri. Quindi, hanno bisogno di un adulto (meglio ancora se siamo noi genitori) che possa guidarli. Che sappia dire per loro i no che non sanno dire o dirsi, essere fermi su quella disciplina che ancora non hanno integrato. La fermezza a noi adulti spesso fa paura, abbiamo paura di non saperla reggere. Temiamo che aumenti l’intensità dei conflitti, che ci mostri come cattivi, ma dimentichiamo che la vera fermezza non è rigidità, non è rabbia, non è intolleranza. Possiamo essere fermi e dire di no anche senza arrabbiarci, anche con il sorriso. E l’accoglienza ci aiuta molto a equilibrare la dose di fermezza necessaria e farla accettare agli occhi dei nostri figli. Crisi adolescenziali: 2 elementi che quasi tutti ignorano Come ti dicevo all’inizio, potrebbe succedere però che tutto questo non ti dia i risultati sperati. Anche se metterai in pratica filo e per segno questi 3 ingredienti, se non dovessero funzionare ti suggerisco vivamente di prendere in considerazione questi due motivi principali che ti ho già citato ma che vale la gioia di ripetere… talmente sono importanti! Se tuo figlio (o tua figlia) adolescente / preadolescente ti aggredisce verbalmente, ti manca di rispetto o non rispetta le regole in casa è utile di prendere in considerazione 2 motivi principali che posso scatenare i temuti conflitti adolescenziali. 1. I giudizi e le aspettative È necessario che tuo figlio non si senta giudicato o attaccato. Se tu non sei neutrale e pur cercando di essere accogliente, calma e sorridente, dentro di te (anche se cerchi di nasconderlo) sta partendo il giudizio, o lo stai considerando inadeguato, o maleducato e inizi ad avere pensieri come: “Possibile? Sempre con sta Play. Deve imparare a darsi da fare. Deve imparare che ci sono delle regole da rispettare. Cosa gli costa mollare un attimo sto joystick e andare un attimo col papà?!”, allora non funzionerà. Con le parole potrai essere comprensiva, neutrale e tutto quello che vuoi, ma se dentro non lo sarai veramente, lui/lei lo sentirà. Entrerà in opposizione perché dentro di lui/lei penserà: “Possibile? Possibile che nessuno capisca mai come sto io? Che non capiscano quanto è importante per me e finire questa partita? Possibile che non capiscono che è normale non avere voglia?” Quindi ti aiuterai tantissimo se nel tempo, un passo alla volta, farai il possibile per evitare giudizi, etichette e aspettative di troppo. 2. La relazione di fiducia Il secondo elemento a causa del quale potrebbero non funzionare i suggerimenti è la relazione di fiducia. Spesso viviamo le crisi adolescenziali e i conflitti con i figli adolescenti come se ci svegliassimo un mattino e… all’improvviso il cielo è nero e si stagliano in cielo un sacco di lampi e tuoni rimbombano paurosamente. Il tutto senza segnali premonitori… nessuno se lo poteva aspettare. Anche con le lotte di potere che viviamo con i nostri figli, diciamo che arrivano come fulmini a ciel sereno, mai più ce lo saremmo aspettati e diamo la colpa all’età, agli ormoni, al momento, agli amici, alle influenze della società o direttamente a loro che sono cambiati e non sono più gli angioletti di prima o semplicemente stanno sfoderando la loro vera natura. E ci dimentichiamo di tirare in ballo due “cose”: noi e la relazione che abbiamo con loro. In questa occasione voglio in particolare concentrarmi sulla relazione. Su quel legame che abbiamo costruito negli anni fin da quando loro erano neonati, fin da quando li portavamo in grembo. Te lo dico perché le vere cause della loro crisi attuale non sono da cercare tra le fila di oggi o di ieri o dell’altro mese. Sono da ritrovare andando a spulciare ben prima, negli anni precedenti quando le cose hanno iniziato a vacillare senza che noi ce ne accorgessimo. Senza che potessimo pensare che quello che stavamo facendo potesse poi portare anni dopo a queste conseguenze. Se non si è creato un clima di fiducia, la loro diffidenza, la loro indifferenza nei nostri confronti esplode in questi anni: non si confidano, non hanno voglia di rispondere in modo costruttivo “guarda mamma, io non ho voglia di andare ad aiutare papà adesso: come possiamo fare?” Non hanno nemmeno voglia di essere collaborativi con noi o di farci dei favori, perché, dal loro punto di vista, è da un po’ di anni che si sentono ormai non capiti. Si sentono etichettati come sbagliati, o maleducati, come quelli che rispondono male. O magari quelli che trattano male la sorella, non aiutano, non studiano abbastanza e non portano voti sufficientemente alti a casa. Quindi, sintetizzando, l’invito che ti faccio qualora non dovesse funzionare, è proprio di accendere questi due “campanellini di allarme”, osservarti e valutare quanto sono infiammati e pulsanti. Se dovessi accorgerti che in effetti in passato ci sono state delle falle, delle ferite non rimarginate, non disperare e non sentirti in colpa. Giustamente nessuno ti ha mai detto prima cosa potevi fare per evitarlo. E hai fatto tutto il possibile per gli strumenti che avevi in mano e per quello che potevi dare in quel momento. Sii fiduciosa perché puoi dare un bel colpo di spugna al passato e ripartire da zero. O meglio… da più tre o anche quattro o cinque, perché adesso hai nuovi spunti e strumenti pratici che possono aiutarti a riprendere in mano le fila del vostro rapporto e come prima cosa ripristinare una relazione di fiducia. Come si fa a ricostruire una relazione di fiducia con un figlio adolescente che sembra ormai logora? Sono tante le cose che possiamo fare e in questa occasione. Inizio a dirtene alcune e molte di quelle che abbiamo già detto sono proprio utili per questo fine: 1️⃣ Evita di arrabbiarti 2️⃣ Cerca un po’ alla volta di ridurre i giudizi, le etichette, le aspettative nei suoi confronti 3️⃣ Ritorna a prendere in considerazione i suoi punti di forza, la fiducia nelle sue capacità di capire anche il tuo punto di vista e di ridimensionare un po’ alla volta il suo atteggiamento per imparare a dire le cose in modo diverso 4️⃣ Quando intervieni, prima di attaccare a tua volta, prima di avere fretta di esporre il tuo punto di vista e le tue preoccupazioni, prova a metterti nei suoi panni e accogli il suo punto di vista 5️⃣ Ricorda che hanno bisogno di sentire al loro fianco adulti maturi che sappiano essere fermi e coerenti, a fare la parte più scomoda che è la più difficile ma anche la più necessaria 6️⃣ Favorisci il dialogo tra di voi, che all’inizio sarà magari più superficiale, saprà mettere da parte gli argomenti scomodi che fino a ieri sono stati fonte di conflitto. Chiacchierate delle sue passioni, dei suoi sogni e ci sarà poi tempo in questo clima più disteso affrontare le difficoltà e le incomprensioni 7️⃣ Ricordati anche soprattutto di ascoltare. Ascoltare in maniera autentica e sentita, senza fretta. Proprio come vorresti essere ascoltata tu quando vuoi dire il tuo punto di vista, quando hai qualcosa da raccontare, qualcosa da tirare fuori o per cui sfogarti 😊 Puoi approfondire questi argomenti e trovare spunti pratici leggendo l’articolo: Come trasmettere le regole a ragazzi e adolescenti?
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