Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente?
Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
Perché i bambini e i ragazzi non restano concentrati a lungo e si distraggono facilmente?
Scopriamo come i bambini e i ragazzi di oggi apprendono.
NON TI ASCOLTA, FA I "CAPRICCI", TI SFIDA O RI SIBELLA?
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Quali sono i “sintomi” che ti fanno capire di essere un genitore insicuro e di non avere abbastanza fiducia in te stesso? Quali fattori hanno “demolito” la sicurezza e l’autostima che avevi da piccolo? Oggi quali sono le conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti un genitore insicuro e inadeguato? Ti scriviamo la soluzione a questi tre dilemmi per aiutarti a fare un passo in più verso lo stato di Genitore Stra-Felice. Scopri se se sei un genitore insicuro Vediamo di riassumere, in linea generale, i “sintomi” del genitore che non ha abbastanza fiducia in e stesso e con bassa autostima di sé: tendi a giudicarti, bacchettarti, lagnarti, paragonarti sei molto duro con te stesso, fai di tutto per metterti sempre in riga. Quando sei stanco e avresti bisogno di staccare o di divertirti, dici che non è il momento e che ci penserai poi a volte potresti essere con te stesso troppo permissivo: ti lasci andare, non reagisci, non trovi nuove strade e nuove soluzioni per toglierti dalle difficoltà secondo il tuo parere ci sono altri che sono sempre più fortunati o più bravi o più capaci o migliori di te ti prendi poca cura di te e dei tuoi spazi: dall’igiene del corpo a quello della casa, dalla cura per l’estetica della tua persona a quella per la tua casa (e qui non è una questione di tempo che non hai o di troppo tempo che ci vorrebbe…) può essere che tu dia molta importanza all’esterno e non all’interno: è molto più importante quello che pensano gli altri rispetto a quello che senti andar bene per te stesso. Quali cause hanno abbassato la tua autostima? L’autostima non è un qualcosa che si costruisce da zero ma qualcosa che è già nostro a pieno diritto fin dall’inizio: dunque quando l’abbiamo persa? Perché oggi siamo dei genitori insicuri? In verità non c’è una data precisa, o un evento particolare. Si tratta di tanti aspetti che riguardano la relazione tra noi bambini e gli adulti che nel tempo, poco alla volta, hanno generato il risultato, ovvero la disistima di noi stessi. Vediamone alcuni: Causa 1: Paragoni Ti paragonavano ai tuoi fratelli o sorelle o ai tuoi compagni di scuola, cugini, vicini di casa, figli di amici, ecc. (senza sapere ahimè che i paragoni umiliano e sviliscono) Causa 2: Ricatti e manipolazioni Pur di ottenere quello che volevano, tendevano senza rendersene conto a manipolarci e utilizzare ricatti: “se finisci tutto quello che hai nel piatto puoi mangiare il gelato” “solo se fai il bravo e mi aiuti ti lascio andare a giocare in cortile” “solo se finisci i compiti guardi i cartoni”. Causa 3: Senso di colpa Ti facevano sentire involontariamente in colpa quando ti accusavano di aver fatto male a un amichetto o a tuo fratello o a tua sorella (non sapevano di dover accogliere prima di tutto le tue emozioni e che se qualcosa era accaduto avevi i tuoi buoni motivi). Quando ti chiedevano di salutare o baciare qualcuno e tu non ne avevi nessuna intenzione, quando ti chiedevano di fare il bravo e tu non sapevi bene cosa volesse dire, volevi essere te stesso e quando ci provavi ti accorgevi che non sempre a mamma e papà piaceva e questo ti faceva sentire a disagio, dispiaciuto, sbagliato. Causa 4: Lasciami stare un attimo! Quando ti dicevano “adesso non ho tempo“, “adesso non posso“, “lasciami stare un attimo“, “poi vediamo, adesso non è il momento“, “no, non si può! Punto e basta!“. E mentre lo dicevano vedevi che si irritavano, si arrabbiavano, sbuffavano o giravano gli occhi al cielo, era come se li stessi disturbando, come se fossi un peso. Causa 5: Disistima dei genitori Quando i tuoi stessi genitori forse si disistimavano profondamente e anche tu hai assorbito e imitato involontariamente le loro ferite o i loro vuoti (ovviamente loro non hanno colpa perché a loro volta sono cresciuti con genitori con bassa autostima). Le 3 conseguenze nella relazione con tuo figlio se ti senti sfiduciato Se tu per primo hai difficoltà a stimarti e ti senti un genitore insicuro, con tutto quello che comporta, è praticamente automatico che tu lo faccia anche con tuo figlio. Magari in forma diversa, ma è comunque facile che tu abbia anche con lui lo stesso atteggiamento di fondo. Senza considerare il fatto che, poiché i bambini assorbono le abitudini e il modo di essere dei genitori, se in te alberga la disistima, può essere che anche tuo figlio adotterà questo modo di percepire se stesso, per assorbimento osmotico. C’è poi una prima grande conseguenza di fondo: tuo figlio si sentirà poco amato e poco accettato (“se non mi amano e non mi accettano loro che sono i miei pilastri, i miei punti di riferimento, le mie guide, quelli che ne sanno più di me, vuol dire che qualcosa di vero c’è di sicuro…”). Di conseguenza, cresce e diventa adulto convincendosi di questa storiella, considerando verità quello che è, invece, un errore mastodontico. Le conseguenze per lui sono le stesse che valgono oggi e che valevano in passato anche per te. Per quanto riguarda poi la relazione in sé, è probabile che: tra genitore e figlio si inneschino più facilmente lotte di potere, che si abbia difficoltà a comunicare e a farlo sul piano del cuore. il bambino, se non si sente accettato per quello che è, se fa fatica a manifestare le sue istanze e le sue volontà perché spesso ha la sensazione che vengano negate o giudicate, ha difficoltà a stimare gli adulti di riferimento, a sentirsi al sicuro e creare sintonia, fiducia e rispetto. a discapito della sua natura, diventa poco collaborativo, non parla con facilità di quello che prova e di quello che pensa. Da un lato sembra chiudersi in se stesso e dall’altro sembra diventare a volte sempre più richiedente, nel disperato tentativo di “recuperare”, di farsi accettare e amare per quello che è.
Non sono enormi, difficili o stratosferiche le cose che possono fare la differenza nella relazione con i nostri figli. La differenza la fanno alcune piccole cose che tutti possiamo fare. In questo video ti spiego come alleggerire “lo zaino” pesante che ci teniamo sulle spalle, colmo di tutto ciò che non serve, e come invece arricchire il cesto che teniamo davanti, tra le braccia, con ciò che ci è più utile per migliorare e rafforzare il rapporto con i figli. Ti sarà utile per tutte le volte in cui pensi di te stessa: “Non mi sento brava!” “Mi sento imbranata!” “Ogni cosa che faccio è sbagliata!”
Come si spiega che i bambini e i ragazzi spesso non vogliono fare i compiti, li odiano e non chiedono mai che ne vengano dati di più? Perchè tuo figlio non vuole studiare e non vuole leggere? Perché non amano stare seduti ad ascoltare l’insegnante e non mettono volontariamente prima la sveglia la mattina per approfondire le lezioni e per arrivare a scuola in anticipo? Nonostante tutta l’organizzazione scolastica con spiegazioni, compiti, interrogazioni e voti come è possibile che non sembrino MAI ABBASTANZA PREPARATI e, passato qualche mese, a volte anche solo qualche settimana, NON RICORDANO più quello che hanno imparato se non qualche piccolo dettaglio o un discorso vago e a grandi linee? I bambini e i ragazzi perdono così in fretta la passione per lo studio e la curiosità di imparare tanto che arrivati alle scuole superiori sono a volte fortemente demotivati, tristi o ribelli (e quasi sicuramente è successo anche a te). Ecco perchè arrivano nel tempo a rifiutare di fare i compiti a casa, non vogliono studiare e non hanno nessun interesse per lo studio e l’apprendimento. Questo fatto proprio non si spiega. E se proprio vogliamo ridercela un po’, ogni tanto, invece di ringraziarci per il tempo che dedichiamo loro all’interno degli istituti scolastici, ci rispondono con ingratitudine in questo modo: «L.F: giustifica l’assenza del 25/05/1999 con: mi sto preparando con largo anticipo alla fine del mondo»; «L’alunno D.L. giustifica l’assenza con: ha ceduto una diga in Puglia (siamo in Lombardia)»; «Per festeggiare la sufficienza in arte L.S. spara un fumogeno dalla finestra dell’aula»; «C. aizza i compagni a lanciare penne e gomme verso il sottoscritto»; «In classe volano patate e altri ortaggi»; «L’auto della professoressa di storia è bersaglio degli sputi di F.S.»; «L’allievo F. non è sensibile ai miei stimoli culturali»; «La classe dopo ripetuti richiami continua a simulare un insistente terremoto battendo i piedi sul pavimento»; «In classe si inneggia alla rivoluzione»; A volte, invece, gli alunni sembrano disperati e adottano comportamenti preoccupanti: «D.L. abbaia durante la lezione»; «T.U. butta il proprio banco e la sedia del suo compagno fuori dalla classe per motivi ignoti»; «B.D. peregrina senza meta per la classe»; «L’alunno F.M. ritorna dal bagno dopo 20 minuti dicendo che non lo trovava»; «C. disturba la lezione dando testate al muro»; «R.P. si autoestrae un dente nell’ora di Filosofia»; Altre volte ancora, proprio come i neonati che, per non sentire il troppo disagio, si adattano e cercano di compensare, ecco cosa fanno: «D. dice di andare in bagno: va a fumare e torna con cappuccino e brioches a fare colazione in classe»; «L’alunno M. persevera nel dirigere e nell’allestire cori dall’anda mento REP (i compagni lo seguono impedendo la prosecuzione della lezione)»; «L’alunno M.S. costruisce con impegno la sorpresa trovata dentro il cioccolato, che si è mangiato durante la spiegazione» * Tratto da www.notadisciplinare.it Perché tuo figlio arriva a odiare la scuola, non vuole fare i compiti (e perché gli insegnanti sono dei Santi) Vogliamo spezzare una lancia a favore di tutti gli insegnanti che, quotidianamente, si prodigano con tutto l’impegno possibile per fare e per dare il meglio. Chi mi conosce lo sa: li definisco spesso angeli e individui che meritano la “santità”, perché cercano tutti i giorni di fare il loro lavoro in condizioni che non solo sono contro Natura per il bambino, ma anche contro la natura dell’insegnante stesso. Quindi, se tuo figlio non vuole fare i compiti o andare a scuola è perché ci siamo adattati ad un sistema obsoleto e inefficiente che a volte rallenta l’apprendimento, che non considera i ritmi del bambino né le sue tappe di crescita, le sue passioni e i suoi talenti. Se da un lato non abbiamo colpe, dall’altro di certo possiamo e dobbiamo fare il possibile per: 1️⃣ Diventare coscienti di tutte le Idiozie che stanno negando alle future generazioni di manifestare la loro genialità; 2️⃣ Conoscere quello che la loro natura prevede nell’ambito dell’apprendimento; quali sono le modalità con cui i bambini imparano velocemente e divertendosi; come recuperare tempo indirizzandoci verso le potenzialità di ciascuno; 3️⃣ Fare delle scelte secondo coscienza che, una volta applicate, possano portare al cambiamento. Adesso andiamo a vedere quali sono questi schemi e queste false credenze a cui ci adattiamo. I 4 falsi miti sull’Apprendimento che ti riveleranno perchè non vuole studiare e si rifiuta di fare i compiti “Dimmi e io dimentico. Insegnami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo” Benjamin Franklin 1° Falso Mito: perchè odia la lettura e i compiti? I voti sono un buon metro di giudizio per far comprendere al bambino a che punto è, e per spronarlo a fare meglio. Riflessioni su scuola e compiti A cosa serve dare il voto a scuola? Le attuali modalità comunicative basate su minacce e note: potrebbero umiliare bambini e ragazzi? Non sei in grado di sapere da solo che cos’hai o che cosa ti manca, e te lo devi far dire da un altro. Potrebbe essere che si mettono da parte talenti e passioni e invece si segue solo la strada del: “sono io che ti valuto, sono io che decido per te sulla base di un mio metro di giudizio personale e insindacabile”… potrebbe impedire all’individuo di essere davvero autonomo? Da solo non puoi sapere, il tuo senso critico non basta e ti serve sempre qualcuno dall’esterno che ti dica come stanno le cose I voti, soprattutto se usati in un clima di paura, hanno come conseguenza deleteria il fatto di crescere i rappresentanti delle future generazioni SFIDUCIATI, a caccia del premio o TIMOROSI DELLA PUNIZIONE, schiavi del fare anziché padroni dell’essere. Quello che invece dobbiamo fare è smettere di utilizzare il voto come arma di potere e coltivare nel bambino un proprio senso di valutazione sincero, neutrale e trasparente. Dobbiamo impegnarci affinché ritorni in lui la voglia di imparare per il gusto di conoscere, di maturare, di acquisire competenze sempre più sofisticate per migliorare se stesso, la propria esistenza e quella degli altri. Se provi a metterti nei panni dei ragazzi, scopri che oggi vivono troppo spesso tra una profonda apatia e uno stress elevato. Hanno come unico sottofondo la preoccupazione del compito in classe, della valutazione, di sapere e di ricordare nel momento in cui si trovano davanti all’insegnante, di fare bene i compiti e di finire, perché altrimenti… Quando invece tutta quest’ansia non c’è, vivono una sorta di noiosa rassegnazione dove prendono a spizzichi e bocconi qualche cosa che arriva dall’adulto, senza essere più in grado di autoalimentare la propria curiosità e la propria capacità innata di imparare da soli. In un clima simile come si fa a non perdere la voglia di fare i compiti? Come si fa non odiare scuola e apprendimento? 2° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè i bambini si annoiano a scuola? La modalità accademica e frontale attuale va bene per insegnare. Riflessioni su scuola e compiti Ci sforziamo di tenere gruppi di 18, 20, 25 bambini o ragazzi attenti e partecipativi senza riuscirci con quotidiana regolarità, perché usiamo i modi sbagliati per intrattenerli e stimolarli. Non è vero che sono più stanchi il venerdì oppure all’ultima ora. O meglio, è vero che lo sono, ma semplicemente perché hanno accumulato ore (se non una settimana intera) di noia e frustrazione. I bambini non sono fatti per stare fermi immobili a imparare, in ascolto passivo di un individuo che parla, sciorinando tutta una serie di informazioni che poi dovranno ripetere, memorizzare e ricordare per sempre. NOI SIAMO FATTI PER IMPARARE DALL’ESPERIENZA DIRETTA. Impariamo meglio se possiamo muoverci coinvolgendo anche il nostro corpo mentre apprendiamo. Impariamo davvero se possiamo trovare in modo spontaneo le soluzioni, se ci è dato di rispondere ai perché della vita trovando le risposte dentro di noi, senza doverle assimilare preconfezionate e impacchettate. 3° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè bambini e ragazzi a volte che si sentono inadeguati, incapaci e inferiori? Bisogna potenziare le debolezze. Riflessioni su scuola e compiti I voti avvalorano la frase che hai appena letto. Perché dare i voti se non per sottolineare le carenze di chi il voto lo riceve? Non possiamo nasconderci dietro una foglia, negando che consideriamo un “tre” negativo e che suggeriamo di correre ai ripari. Non possiamo neppure negare che spendiamo soldi in ripetizioni per le materie in cui i nostri figli sono carenti e non, ad esempio, per potenziare gli ambiti in cui sono bravi, nei quali possono esprimere al massimo i loro talenti. È vero che bisogna sapere di tutto un po’, avere delle basi che ci permettano di comunicare con gli altri e di vivere nella società, ma se potessimo approfondire le materie che rappresentano le loro passioni, vedremmo più bambini felici nelle scuole. È uno spreco di tempo e di risorse insistere dalle Elementari alle Superiori nel potenziare i temi che non risuonano con le passioni degli alunni, per portare allo stesso livello tutte le loro conoscenze e per omologarli ai coetanei. Faremmo invece un’ottima cosa per le future generazioni e per la società tutta se spendessimo più tempo a VALORIZZARE le CAPACITÀ e i TALENTI SPECIFICI di ciascuno. Questo richiede organizzazione, tempo e fatica? Bene, diamoci da fare! Cosa stiamo aspettando? L’obiezione è invece la paura che le cose ci scappino di mano? O di perdere il controllo sul bambino o sul ragazzo perché noi adulti sappiamo cosa è bene per lui? In questo caso faremmo meglio a osservare la nostra mancanza di fiducia e risolverla, impegnando le nostre risorse per far sbocciare e splendere i meravigliosi e unici talenti che ciascuno di loro possiede. Tu come ti sentiresti se ti costringessero a passare i pomeriggi a fare cose che non sono nelle tue corde e che non ti appassionano? Allora perchè bambini e ragazzi devono passare ore e ore a ripetere temi che non accendono la loro creatività e la loro passione? Dietro il “non voglio fare i compiti e odio la scuola” come vedi c’è un modo sommerso da scoprire. 4° Falso Mito Sull’Apprendimento: perchè la scuola limita la creatività? I programmi attuali garantiscono un’istruzione adeguata. Riflessioni su scuola e compiti Una cosa che ci ha sempre fatto riflettere e, che ancora oggi non capiamo, è la seguente: perché studiamo gli Egizi e i Romani iniziando sempre dallo stesso punto (anche se con gli anni aumentano la complessità e la quantità delle informazioni), alle Elementari, alle Medie e poi alle Superiori? Che pizza! Risposta: è giusto cara Roberta, perché possiamo dimostrarvi che dopo un tot di anni i ragazzi non si ricordano nulla. Meglio non ribattere a questa affermazione: Se un bambino o un ragazzo non ricorda ciò che ha ascoltato in classe la responsabilità è solo nostra, che non abbiamo saputo APPASSIONARLI e fissare il RICORDO VIVIDO nella loro memoria. Nessuno di noi è uno smemorato. Ne è dimostrazione il fatto che ci basta guardare anche una sola volta un film ben fatto, che ci appassiona, per ricordarne per tutta la vita i tratti salienti, le battute principali e la sequenza delle scene. Se solo lo permettessimo, i nostri ragazzi farebbero la stessa cosa con la Storia, la Geografia, le Scienze, la Letteratura ecc. È vero che hanno bisogno delle basi, che il tempo è poco e che sono in tanti ma, anche in questo caso, è un problema di organizzazione e di gestione delle risorse, non certo di capacità dei nostri adulti del futuro. Tutto questo si può ottimizzare per lasciare spazio ad altro e, nel nostro sistema scolastico, c’è troppa POCA PRATICA rispetto alla mole di nozioni teoriche insegnate. E ancora: Perché per esempio nelle Medie o nelle Scuole superiori non si abbonda con lezioni sulla MATURITÀ PERSONALE, su come avviare un’IMPRESA, sulla COMUNICAZIONE, su come SUPERARE I PROPRI TIMORI, sulla gestione della propria AUTONOMIA AFFETTIVA, sui RAPPORTI CON GLI ALTRI, sull’ APPRENDIMENTO veloce, sulle tecniche di visualizzazione, sul come sviluppare un PIANO STRATEGICO per realizzare un proprio sogno ecc.? Perché alle Scuole elementari i bambini non passano la maggior parte del loro tempo a imparare giocando? (scoprirai più avanti che in questa fascia di età apprendono fisiologicamente e spontaneamente in questo modo). A giocare a fare i grandi imparando la teoria da situazioni che simulano la vita di tutti i giorni? (se ti sembrano cose strane devi sapere che in diverse realtà questa modalità di insegnamento è la normalità mentre noi spendiamo ore ed ore per le spiegazioni razionali che per bambini di 6-7 anni sono incomprensibili e noiose). Come apprendono i bambini e i ragazzi: le soluzioni se non vuole fare i compiti Tutti attraversiamo differenti fasi di crescita. In ogni fase sviluppiamo determinate competenze necessarie per diventare individui autonomi e in grado di realizzare le nostre passioni, manifestando così noi stessi e dando anche un contributo agli altri. Se non hai mai sentito parlare delle tre fasi della crescita, ti suggeriamo di approfondirle il prima possibile: non conoscere il “Libretto delle Istruzioni” significa non sapere quali siano i bisogni affettivi ed emotivi di tuo figlio nell’infanzia e nell’adolescenza. Infatti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, ogni fase ha le sue caratteristiche e, se le conosciamo e le applichiamo, possiamo superare numerose difficoltà che i bambini e i ragazzi incontrano sul loro cammino. Le fasce di età che vedremo tra poco sono schematiche per necessità di stesura. In verità, le varie fasi si susseguono in modo armonico maturando nel tempo, giorno dopo giorno, senza stacchi netti o cambiamenti repentini. Ora vediamo come si potrebbe prevenire l’odio per la scuola e per i compiti. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini da 0 a 5-6 anni Sperimentazione Assorbendo in modo incondizionato dall’ambiente Sfruttando la fantasia Sperimentando nella pratica le loro intuizioni Qualche spunto per la pratica da 0 a 5-6 anni In questi anni il bambino ha bisogno giocare, giocare e giocare ancora. Deve poter vivere nel suo mondo di fantasia dove tutto è possibile, perché questo è il modo naturale in cui sviluppare e strutturare un proprio bagaglio di supporto, l’ottimismo e la sfera delle possibilità. Se viene limitato o trattato come un adulto troppo presto, oppure ridicolizzato, questo bagaglio si alleggerisce a danno degli anni successivi. In più, giocare rappresenta per i bambini l’unico strumento valido per conoscere, per sperimentare e per “fare le prove”, per immedesimarsi e sperimentare la vita di adulto. Le modalità elettive con cui apprendono i bambini e i ragazzi dai 6-7 a 15 anni Attraverso le parole delle persone di cui si fidano e di cui hanno stima Iniziando a sviluppare la loro facoltà razionale e logica Riuscendo a comprendere una regola esposta a parole Qualche spunto per la pratica da 6-7 a 15 anni Permettiamo loro di imitare le lettere con il corpo e di viverne prima i suoni con filastrocche e canzoni. Solo successivamente, diamo loro la possibilità di riprodurre il carattere stilizzato sulla carta con la penna. Per la Matematica portiamo torte in classe da dividere, oggetti, semi e legumi da suddividere. Giochiamo al mercato, cuciniamo utilizzando le dosi degli ingredienti, usciamo a misurare tutto il misurabile (scalini, strade con i passi, altezze ecc.). Per lo studio della Storia facciamo teatrini e scenette con costumi e atti di vita quotidiana. Per esempio, per tutta una settimana o tutto un mese siamo Romani, Egizi, Greci. Le modalità elettive con cui apprendono i ragazzi da 15 a 20 anni Sviluppando un proprio senso critico Mettendo insieme e potenziando tutte le competenze dei tre cicli Qualche spunto per la pratica da 15 a 20 anni In questa fase, aumentando naturalmente le capacità dell’individuo, anche la posta in gioco si alza. Quindi può capitare che un certo numero di formule chimiche si debba per forza ripeterle per ricordarle, così come può succedere per alcuni articoli di Diritto privato. Se al ragazzo è stata data la possibilità di maturare le proprie capacità di apprendimento seguendo ad esempio le indicazioni descritte, non farà fatica a integrare questa parte del suo sviluppo mentale. Gli sarà quindi naturalmente più semplice “studiare e ripetere a memoria” qualora si dimostri necessario. Comunque, anche per le formule chimiche e per gli articoli di Diritto c’è una via breve per semplificarci la vita e, anche questa volta, la troviamo partendo dall’esperienza pratica. Vediamo brevemente qualche soluzione. Per le formule chimiche Si ricordano meglio se, laddove possibile, abbiamo prodotto in prima persona quella sostanza in laboratorio, con tutte le precauzioni del caso, ma pur sempre dal vivo e avendo partecipato attivamente all’esperimento. Altrimenti la formula che dobbiamo imparare resterà sempre anonima e, non trovando prima il suo spazio nel mondo delle sensazioni, non potrà trovare nemmeno quello nei cassetti della mente. Per il Diritto (con il potere delle immagini e delle storie) Che differenza potrebbe esserci se, anziché aprire il tomo alla pagina x, e iniziare a leggere e a ripetere, facessimo così? Il professore ci dice che siamo chiamati a risolvere un caso che da qualche tempo sta affrontando e dice alla classe: “Ragazzi ho una difficoltà e cerco la soluzione. Mio nonno mi ha lasciato in eredità un terreno a cui era molto affezionato. Io non ci ho mai badato più di tanto, perché insegnando ho altro da fare. Ieri ricevo una telefonata dal mio confinante il quale mi dice che il terreno non è mio ma suo. Secondo voi è possibile? (e aspettiamo le risposte dei ragazzi). Lui sostiene che essendo stato incolto per molto tempo ed essendo che lui doveva per forza tagliare l’erba per poter arrivare al suo appezzamento, questo mio terreno è da considerarsi suo di diritto. Secondo voi è possibile? E se così fosse, allora, ragazzi, come è possibile definire il concetto di proprietà? Secondo voi com’è possibile tutelare proprietari e confinanti?”. Il tutto guidandoli e avvicinandoli a quelli che sono i principi del Diritto e, solo alla fine aprire il libro di testo per confrontare gli articoli e impararli a memoria. Per loro sarà molto più facile perché potranno naturalmente associare alla regola il film di immagini che si sono creati immedesimandosi nella storia del professore. Inoltre, sarà anche più facile, perché l’insegnante fin da subito nel suo linguaggio avrà utilizzato tutti quei termini che i ragazzi ritroveranno poi nel testo: non saranno delle cose sconosciute da dover infilare in testa, ma concetti già ben chiari che necessitano soltanto di trovare il loro ordine e di essere fissati.
Stai per scoprire i reali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio. Anche se ti può suonare strano sì, ti confermo che ci sono reali vantaggi! Ma come ogni cosa nella vita abbiamo sia aspetti positivi che negativi dei videogiochi da considerare. Lo sapevi che i sondaggi rivelano che l’81% dei genitori ha una paura bestiale delle conseguenze negative che la tecnologia possono avere sui figli? Queste paure spesso non consentono a noi adulti di considerare più oggettivamente i reali vantaggi dei videogiochi e ci portano invece a considerare molto di più gli aspetti negativi della tecnologia. In particolare le principali paure emerse sono: 1️⃣ Paura che il figlio diventi dipendente e non riesca più a staccarsi dai monitor e da internet. 2️⃣ Paura che acceda a contenuti non adatti, pornografia e pedofilia. 3️⃣ Paura che il figlio perda il senso della realtà e che non riesca più a distinguere il mondo reale dal mondo virtuale. 4️⃣ Paura che perda interesse per altre attività più salutari come giocare con gli altri coetanei o attività all’aria aperta. 5️⃣ Paura che si ammali e che i dispositivi influenzino negativamente la sua salute, il suo cervello, la sua creatività e la sua fantasia. L’aspetto singolare è che nonostante questi timori, il 30% dei bambini va online già a 3-4 anni. Tra i 5 e i 7 anni naviga su internet l’87% dei bambini! E come ben sai fin da subito subiscono un’attrazione fatale verso gli schermi… Ma perché noi adulti facciamo così tanta fatica a comprendere e ad accettare questo naturale innamoramento dei bambini per la tecnologia? E soprattutto esistono reali vantaggi sull’utilizzo dei videogiochi per tuo figlio? Videogames pro e contro: 2 motivi principali per cui ignoriamo i vantaggi legati a videogiochi e tecnologia 1️⃣ Siamo cresciuti con libri di carta, bidoni di inchiostro, tomi di enciclopedie ingombranti e pesanti: è ovvio che stare al passo con tutte le novità tecnologiche degli ultimi anni sia stata una grande fatica. Fino al 1982 la parola Internet non esisteva. Facebook è nato nel 2004 e YouTube nel 2005! 2️⃣ Il tuo cervello è meno flessibile rispetto a quello di tuo figlio. I bambini si adattano con estrema facilità ai cambiamenti e alla tecnologia superveloce e riescono a seguire più cose insieme, noi invece siamo dei bradipi e svolgiamo a fatica una sola attività alla volta. La paura non ti aiuterà ad accompagnare tuo figlio a comprendere come usare la tecnologia a proprio vantaggio e per evitarne i rischi e i pericoli, sociali e di salute. Sarebbe utile invece avere a disposizione una linea di conoscenza dei pro e dei contro della tecnologia. Così come tuo figlio ha bisogno che tu gli trasferisca limiti, regole e sane abitudini per la vita in generale, è necessario che lo educhi a un USO CONSAPEVOLE di Computer, TV, Internet, Social Network, Videogiochi, Tablet e Smartphone. Ecco le difficoltà principali in cui si ritrovano oggi i genitori quando devono gestire i dispositivi tecnologici: Tendono a proibire l’uso dei video giochi e dei dispositivi digitali ma… le cose vietate sono quelle che tuo figlio tende a fare di più. Soprattutto di nascosto. Proprio come a volte tendevi a fare tu da piccolo. La paura dell’ignoto, dello sconosciuto e delle conseguenze sulla salute formano eserciti di mamme che portano avanti la loro furiosa battaglia anti-tecnologia e anti-videogiochi. E hanno ragione!In fondo nessuno ha mai spiegato loro i veri vantaggi e svantaggi della tecnologia. Hanno un tremenda e giustificata paura che i figli diventino dipendenti dagli schermi e non sanno come prevenire né risolvere questo pericolo. Sono spaventati da internet e i suoi contenuti non adatti, la pornografia, la violenza e la pedofilia. Non sanno bene come gestire il tempo che i figli trascorrono di fronte agli schermi: se vietano troppo incominciano litigi e capricci, se concedono di più si sentono in colpa e temono conseguenze per la salute. Si preoccupano della quantità di tempo dedicata alla ricezione passiva di immagini, soprattutto della TV, ritenuta molto più passiva rispetto a computer e video giochi. Non hanno una soluzione per evitare e prevenire alienazione, asocialità e mancanza di comunicazione con i figli. Temono i disturbi dell’apprendimento e la diminuzione di curiosità, fantasia e creatività. Fanno fatica a togliere o limitare i video giochi o il tablet se poi i compagni lo usano. Sono preoccupati per la possibilità che i figli perdano la voglia di imparare tramite i libri e attività concrete e materiali. La vera verità che ti aiuterà a valutare meglio gli aspetti positivi e negativi dei videogiochi Il mondo digitale è qui per restare, sarà sempre più presente nelle nostre vite e con lui devi in qualche modo interagire. Il tuo compito di adulto è comprendere quali sono i vantaggi e gli svantaggi e agire di conseguenza. Vietare o rifiutare rigidamente una situazione non sempre è l’approccio più conveniente e si rischia di non comprendere come trarne vantaggio, soprattutto per tuo figlio che crescerà e lavorerà in un mondo sempre più connesso, digitale, veloce e interattivo! Infatti la tecnologia possiede anche enormi vantaggi. I 5 principali vantaggi dei videogiochi per tuo figlio Ti elenco i 5 PRINCIPALI VANTAGGI dei videogiochi usati in modo CONSAPEVOLE, con i giusti limiti e le GIUSTE CONOSCENZE del genitore: 1️⃣ Collaborazione Digitale. I bambini e i ragazzi tendono a collaborare e cooperare tramite la tecnologia. Mentre noi temiamo l’asocialità e la mancanza di interazione per loro la comunicazione è normale che avvenga anche sul web e tramite i social network. 2️⃣ Scambio e Aiuto. I bambini e i ragazzi non solo interagiscono, si aiutano e collaborano: di fronte alla tecnologia si supportano, si scambiano consigli ed esperienze e litigano meno!! 3️⃣ I giochi aiutano (tantissimo) l’Apprendimento. I video giochi di strategia e di avventura sono ottimi ed efficaci per l’apprendimento a scuola e a casa (più degli attuali metodi di insegnamento razionali che non considerano le vie più fisiologiche di apprendimento dei bambini). Bisogna solo togliere la paura che siano dannosi, sapere come non creare dipendenza e animare il gruppo di studenti alternando carta e libri con supporti multimediali e interattivi. 4️⃣ I Giochi affinano la capacità di Risolvere i Problemi. Il video gioco Minecraft e altri simili di strategia stimolano l’intelligenza digitale (che i bambini hanno già naturalmente), la capacità di risolvere i problemi e di formulare ipotesi. E lo fanno allo stesso modo delle modalità di apprendimento più classiche ma che si basano sulla vera natura del bambino e sulla sua innata capacità di apprendimento (oggi non succede). Sì, queste capacità sono le stesse che i ragazzi useranno nella vita reale e saranno molto più veloci e capaci di noi nel trovare soluzioni alternative ai grandi problemi del mondo!! 5️⃣ Per i bambini e i ragazzi digitali scrivere con il computer è molto più semplice che scrivere a mano. Se opportunamente guidati i bambini alternano la scrittura (e il disegno) sul computer a quella sulla carta e con i colori con fluidità e naturalezza (e senza giudicarne uno valido e l’altro meno come facciamo noi adulti!). La tecnologia può aiutare tuo figlio a esprimere il suo innato potenziale. Ma solo il tuo SUPPORTO e la tua PRESENZA possono renderla UTILE e PRODUTTIVA ed evitarne tutti gli aspetti negativi. Come genitore puoi portare la tecnologia dalla tua parte per coltivare l’abilità digitale e di apprendimento velocissima che tuo figlio possiede (e che rende a volte la scuola terribilmente noiosa e lenta). L’unica via che ti può “salvare” è sapere come utilizzarla a vostro favore e valutare al meglio i reali vantaggi e svantaggi dei videogiochi. Perché, se da un lato è vero che esistono aspetti negativi e che bisogna dare delle regole sin da subito a tuo figlio, dall’altro, come hai scoperto, esistono aspetti positivi dei videogiochi che sono molto importanti.
Dire di No a un bambino è inevitabile così come è necessario dare un limite o indicare che una determinata attività non si può fare. Solo che può capitare che tuo figlio non accetti i tuoi “No”, magari si arrabbia o piange quando gli spieghi che non può fare un determinata cosa. Ma esiste un modo per dire di no e per farsi ubbidire evitando crisi di rabbia, urla e pianti? Scopri i 3 passi da seguire in questo articolo. Primo passo: come dire “No” ai bambini? Come primo passo possiamo chiederci: “come mai mio figlio ha questa reazione davanti ai miei “No”? Forse perché questi “No” non sono efficaci? Forse sbagliamo la modalità in cui li comunichiamo? Potremmo quindi valutare il modo in cui gli diciamo di No. Forse non veniamo ascoltati perché lo diciamo in modo troppo aggressivo o troppo duro e secco. Un “No” può essere infatti essere comunicato con fermezza ma senza nervosismi, guardando il bambino negli occhi e utilizzando la dolcezza e l’empatia. Secondo passo: usa l’empatia e lascia da parte le spiegazioni Ad un bambino di 2, 3, 4 anni (ma anche di tutte le età), le spiegazioni interessano pochissimo. In particolare un bambino così piccolo non ha una grande capacità di ricordare le regole del “perché no” o “perché sì”. Dunque, perché davanti a un “No” si arrabbia così tanto? Perché un bambino, più che sapere il perché non va fatta una cosa, in verità in quel momento vorrebbe in particolare essere accolto, essere capito. Vorrebbe sapere che al suo fianco ha un Aiutante Magico, cioè la sua mamma o il suo papà, ad accompagnarlo a diventare grande e che è anche lì per fargli da contenitore rispetto al suo disappunto e alla sua rabbia. Un esempio concreto: mio figlio vuole arrampicarsi sull’armadio! Pensiamo ad una situazione in cui un bambino vuole arrampicarsi sull’armadio ma non è possibile perché non è ancora fissato al muro o perché abbiamo semplicemente deciso che i bambini non devono arrampicarsi sugli armadi perché è potenzialmente troppo pericoloso. Come reagirà davanti a un “No” un bambino di quell’età, nel pieno del periodo dell’esplorazione e dell’allenamento di tutti i suoi sensi e che vuole trovare tutte le risposte alle sue curiosità? Rimarrà frustrato, deluso, arrabbiato come lo rimarremmo noi adulti davanti ad un “No” verso qualcosa a cui teniamo tantissimo. Lo so che ti viene spontaneo pensare: “se non si arrampica su quell’armadio troverà qualcos’altro!” Magari invece per tuo figlio è importante fare quel tipo di esperienza o soddisfare quel tipo di curiosità. La prima cosa che puoi fare, dopo avergli detto di no, sarà quindi accogliere il suo disappunto. Dunque, quando comincia a piangere e a dire cosa come: “mamma sei cattiva! Io lo voglio fare lo stesso!” cosa facciamo? E’ utile attivare la nostra parte comprensiva e far passare questo messaggio per comunicare a tuo figlio che sei il suo tuo Aiutante Magico, che sei lì per aiutarlo, che hai capito il suo motivo e che sai come si sente. Possiamo allora dirgli: Mannaggia amore! Non ci possiamo arrampicare! Ma perché possiamo arrampicare!?!? Mancano le viti dietro! Lo so, è una cosa proprio terribile, perché tu volevi provare ad arrivare fino in cima! Certo, hai visto che i primi due piedi ci stanno e volevi provare. Magari ti avrei anche aiutato. Adesso non possiamo proprio farlo, non si può fare, è pericoloso perché mancano le viti dietro. Terzo passo: trova una soluzione Dopo averlo accolto, possiamo passare al trovare una soluzione. Nel caso dell’armadio ad esempio possiamo dire: Allora adesso diciamo al papà o al nonno che ci vengano a fissare il mobile al muro. Intanto, se quello che volevi era arrampicarti, proviamo a cercare qualcos’altro su cui ci possiamo arrampicare. Vediamo un po’…ad esempio potremmo arrampicarci sul divano, oppure potremmo mettere insieme queste due sedie contro il muro e poi proviamo ad arrampicarci così, oppure ancora potremmo provare ad andare a cercare degli altri ripiani….vediamo se in cucina o in camere se c’è qualcosa che fa per noi… Alcune volte sarà necessario cercare delle alternative e modi per fargli fare l’esperienza. Comunque agendo in questo modo facilmente non arriverete magari nemmeno ad arrampicarvi da altre parti, a me è successo tantissime volte. Nel momento in cui il bambino si sentirà accolto infatti penserà: Ok, mi hai capito, non mi hai sgridato. Hai capito la mia frustrazione, mi hai accolto e mi hai anche fatto vedere come si fa. Mi hai dato un insegnamento, ora io mi sento più tranquillo perché tu mi hai capito. Mi hai tranquillizzato e posso quindi anche accettare di fare altro. Ecco perché questo è il modo meno faticoso per dire di no ai bambini: si sentono capiti e non hanno bisogno di arrabbiarsi o di urlare per comunicarci il loro disappunto. Dare limiti e “No” ai bambini: i 3 step in sintesi 1️⃣ Riflettiamo su come diciamo il “No”: se siamo pazienti, o se siamo già un po’ nervosi perché magari ci portiamo dietro il bagaglio della giornata, ecc. 2️⃣ Prima di spiegare il perché abbiamo detto no (se proprio vogliamo spiegarlo) è fondamentale subito inserire l’accoglienza. Infatti è utilissimo accogliere e fare da contenitore al suo bagaglio, far vedere che siamo con lui. Fargli capire che abbiamo perfettamente capito che cosa sta provando e cosa voleva fare e che non è sbagliato quello che voleva fare. Un’accoglienza pura e sincera da aiutante magico. Se vuoi approfondire come affrontare questo step puoi anche leggere Smettila di piangere! Come calmare le crisi di pianto dei bambini e dei neonati 3️⃣ Troviamo poi, se necessario, come nell’esempio dell’armadio, una soluzione pratica. Puoi trovare ulteriori approfondimenti leggendo l’articolo Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no
Pensiamo che i figli ci debbano rispettare per il semplice fatto che siamo i loro genitori. Perché noi siamo gli adulti, perché ci siamo passati prima di loro e abbiamo già vissuto queste cose. Ci devono rispettare e si devono fidare di noi perché noi parliamo ed è legge quello che diciamo. In verità la fiducia non è uno stato di diritto, ma è un qualcosa che il genitore si deve conquistare. Vediamo insieme cosa puoi fare per guadagnarti la sua fiducia. Come conquistare la fiducia dei figli in 7 passi 1- Rispetta i bisogni di crescita di tuo figlio Anche a costo di andare contro alla tradizione e alla cultura del paese in cui vivi o della famiglia di origine da cui provieni o delle persone che ti hanno cresciuta, rispettare i bisogni vuol dire che, se un bambino ha la necessità di dormire con mamma e papà per i primi tempi o i primi anni di vita, bisogna farlo, anche se ci hanno sempre insegnato che così LO VIZI. Se i bambini hanno bisogno di accoglimento, di contatto fisico, vanno presi in braccio, stretti, avvolti dalle nostre braccia, anche a costo di “viziarli” (tra l’altro i vizi non esistono). I NO vanno detti con fermezza, ma accompagnati anche da empatia e amore. È necessario dimenticarsi che fino all’altro ieri ci hanno insegnato che “ci vuole polso! Devi essere duro. Deve capire, deve smetterla. Lascialo piangere…” Prima ti liberi da questi “credo” e prima tuo figlio imparerà, anzi apprezzerà e si fiderà sempre di più di te. 2- Impara a restare calma Più ti aiuterai a restare calma, a gestire le situazioni guadando il lato positivo e cercando di trovare una soluzione efficace serenamente, e più tuo figlio saprà di potersi fidare di te. Perché più tu sei una persona che riesce a gestire i propri stati d’animo, riesce a gestire la rabbia anche nelle situazioni più difficili, più impari ad essere il suo Aiutante Magico e sei a disposizione per aiutarlo a superare le difficoltà è più “punti” e fiducia guadagnerai nei suoi confronti. 3- Giudizi e umiliazioni non aiutano Non umiliare tuo figlio con punizioni e sgridate, con i paragoni perché credi che sia più opportuno un altro atteggiamento, che dica cose diverse, che sia un bambino diverso e che faccia proprio come quello con cui lo paragoni, magari un compagno, uno che passa per strada, un fratello o anche soltanto il “bambino ideale” che hai in testa… È perfetto così com’è! A nessuno piace essere paragonato! 🙂 4- Lascia che sperimenti le sue idee Per i bambini è importantissimo provare e imparare attraverso la pratica, le esperienze, i tentativi. E se facendo per caso sbaglia, inciampa, si rompe qualcosa, gli puoi dare la possibilità di rimediare, invece di accusarlo, punirlo e sgridarlo come spesso hanno fatto i nostri genitori con noi inibendo il nostro desiderio di sperimentare. Puoi sdrammatizzare dicendo: “AH capperi! È successo un guaio! Come possiamo rimediare?” E poi aiutarlo a risolvere senza farlo sentire sbagliato. L’unico vero antidoto all’errore, lo sai anche tu, non è la sgridata, non è la punizione, ma è semplicemente dare, a bambini e ragazzi, la possibilità di rimediare per imparare dall’errore. Tu come ti sentiresti al suo posto? Per approfondire leggi l’articolo Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 5- Ascoltalo Ascolta le sue motivazioni, quello che prova, sempre, senza giudicarlo, senza sminuirlo, con disponibilità ad accogliere i suoi sentimenti e le sue emozioni, a credere in quello che sta provando, senza dirgli che è sbagliato, senza dirgli che deve essere coraggioso, che non deve fare così e che non deve piangere. Abituati ad accogliere i suoi stati d’animo, qualsiasi essi siano. 6- Dire di no e dare limiti, ma con calma Come genitore sai dire di NO quando è ora e soprattutto sai farlo nel modo corretto, rispettando i bisogni di tuo figlio. Il NO è fermo e non diventa Sì (altrimenti sei incoerente). E pur essendo detto con fermezza e sicurezza tutte le volte in cui è necessario dire no, è un NO sereno che si affianca anche alla nostra capacità di essere empatici con la reazione di nostro figlio e di accogliere il suo dispiacere o il suo stato d’animo del momento. È naturale che un bambino o un ragazzo possa non accettare il tuo No o avere delle resistenze se proprio la voleva fare quella cosa particolare. Chiediti se il No che stai per dire serve e, se poi lo dici, sostienilo e accogli tuo figlio con amore. Puoi scoprire come aiutare tuo figlio a rispettare le regole e i tuoi no leggendo questo articolo: Tuo figlio non ascolta? Scopri perché non accetta le regole e i tuoi no 7- Sfodera la fiducia in te stessa Se credi in te, in quello che pensi, credi in quello che provi, ti accogli e non ti giudichi, dai tu un ottimo esempio che anche lui potrà seguire da subito. Se ti senti un genitore insicuro, puoi approfondire leggendo l’articolo Le 5 cause che ti fanno sentire un genitore insicuro (la prima da piccolo ti umiliava)
Come togliere il ciuccio (di giorno e di notte) e sapere quando farlo è uno degli argomenti più richiesti dai genitori. Ecco perchè in questo articolo trovi i 4 passi completi per eliminare il ciuccio di giorno e di notte rispettando i bisogni di tuo figlio 🙂 Le indicazioni sono valide se tuo figlio ha 1 anno, 18 mesi, 2 anni, 3 o più anni. C’è chi sostiene l’utilizzo del ciuccio sempre e comunque ed è convinta che senza ciuccio non si possa gestire un bambino piccolo. Ci sono mamme che invece sostengono che senza ciuccio i figli si gestiscono benissimo e di conseguenza non si sono mai ritrovate a dover capire come e quando toglierlo. Sì, hai letto bene sopra, anche se sembra per molti una tappa quasi obbligatoria e scontata, ci sono mamme che non hanno mai utilizzato il ciuccio. Oltre alla scelta iniziale di usare o meno il ciuccio poi ci sono diversi dubbi e dilemmi che ogni mamma si trova a dover risolvere, per esempio in molte vorrebbero sapere: Quando togliere il ciuccio? Esiste un’età giusta e più corretta per eliminarlo? Ci sono modi più corretti per togliere il ciuccio senza traumi e senza crisi? Quanto dura la crisi di astinenza da ciuccio? E come si risolve? Quanto ci mette un bimbo ad abituarsi senza ciuccio? In quanto tempo lo dimenticherà e non lo chiederà più? Ci sono modi per addormentare i bambini senza ciuccio? Perché i bambini vogliono il ciuccio e continuano a chiederlo? E poi ci sono anche altri elementi che ci confondono, per esempio tutti i modi possibili che trovi in giro e che a volte aumentano solo l’ansia su come si dovrebbe togliere il ciuccio: dal tagliarlo/romperlo al farlo sparire improvvisamente dalla casa, dal dargli un sapore cattivo in modo da convincere il bambino a non usarlo più al fare finta di perderlo. Per fortuna esistono suggerimenti che prendono in considerazione lo stato d’animo di tuo figlio, che non prevedono di prenderlo in giro e soprattutto che aiutano a tranquillizzare te, il vero ago della bilancia in ogni relazione mamma-bambino. In questo articolo troverai i suggerimenti: 1️⃣ per preparare te stessa e il tuo bambino ad affrontare questo delicato passo se sei agli inizi della tua maternità 2️⃣ per sapere cosa fare passo passo se tuo figlio è già un pochino più grande e pensi sia arrivato il momento di togliere l’amato ciuccio 3️⃣ come gestire le reazioni di tuo figlio nella fase di passaggio mentre togli il ciuccio Ovviamente le informazioni di questo articolo sono presentate solo a scopo informativo. Chiedi sempre il parere del tuo medico/specialista riguardo qualsiasi indicazione specifica sulla tua situazione. Per qualsiasi dubbio o domanda è sempre necessario contattare il proprio pediatra di fiducia. Partiamo dal principio: se devi ancora diventare mamma o sei agli inizi ecco cosa devi sapere sul ciuccio Se devi ancora diventare mamma o papà o se sei proprio agli inizi della tua avventura di genitore puoi prendere in considerazione l’alternativa di fare a meno del ciuccio. So che ti sembra un suggerimento un po’ strano, eppure anche se il ciuccio per molti è ritenuto una tappa quasi obbligata devi sapere che ci sono tantissime mamme che non hanno mai usato il ciuccio con i figli. Ti scrivo queste parole non perché, per partito preso, io ho deciso che non volevo usare il ciuccio con i bambini. Sei perfettamente in grado di risolvere qualsiasi difficoltà tuo figlio abbia in qualsiasi momento Il motivo è che, osservando la natura dei bambini e osservando anche la dinamica del ciuccio, quindi cercando di capire come mai esistesse questo strumento, sono arrivata alla conclusione che tutto quello che di fatto fa il ciuccio lo possiamo fare noi. Oltre all’allattamento, ci sono le nostre braccia ad accoglierlo, contenerlo e consolarlo quando sta piangendo e a rassicurarlo quando ha paura. Quando sta piangendo ci sono le nostre parole e il tono della nostra voce, il nostro cuore per accoglierlo e calmarlo (oltre che le nostre azioni concrete che possono risolvere i motivi per cui piange). Ha le nostre coccole che lo accompagnano al sonno e lo fanno addormentare. Se piange perché ha fame possiamo dargli da mangiare. Quando piange perché ha caldo possiamo svestirlo, se ha freddo possiamo coprirlo di più. Se piange perché c’è stato un rumore forte, o perché è arrabbiato, o va consolato per qualche motivo, lo possiamo fare noi con la relazione che abbiamo con lui. Non abbiamo bisogno di usare il ciuccio per tamponare o spegnere il pianto, che non è altro che la manifestazione di un’esigenza o di un problema che sente di avere in quel momento. Quindi, se sei agli inizi e pensi di poter considerare il fatto che il ciuccio non sia così utile, puoi tranquillamente farne a meno e puntare invece molto sulla relazione che hai con lui. Sii consapevole del fatto che hai tutte le carte in regola per dare a tuo figlio tutto quello di cui ha bisogno e che sei perfettamente in grado di risolvere qualsiasi difficoltà lui abbia in qualsiasi momento. Se già lo utilizzi ecco la guida completa: come togliere il ciuccio, di giorno e di notte, in 4 passi (+ come gestire le “crisi”) Se invece utilizzi il ciuccio da mesi o anni e magari ti stai chiedendo quale sia il momento migliore per toglierlo, o se sei nella fase in cui ti stai dicendo “forse è ora di iniziare a togliere il ciuccio perché ho paura che poi diventi troppo tardi” ecco come puoi fare. Quand’è il momento migliore per togliere il ciuccio? Proprio rispetto a tutto quello che ti ho detto finora, il momento migliore è quando vuoi e, magari, appena puoi. Perché? Perché più i bambini crescono e più fortificano le abitudini che hanno iniziato ad apprendere. I bambini sono molto legati alle loro abitudini e il fatto di costruirle dentro di loro li aiuta a trovare dei punti di riferimento. Pensa ad esempio alla routine della mattina che si ripete sempre uguale: sveglia, pipì, lavarsi, vestirsi, colazione, lavarsi i denti, uscire. Quando magari la routine per qualche motivo cambia, ad esempio scendete subito a fare colazione senza che tu l’abbia vestito prima, ti guarda stranito come per dire “ma no, dobbiamo prima vestirci, abbiamo sempre fatto così!”. La routine e le abitudini che si ripetono giorno pressoché uguali dopo giorno sono una sicurezza per i bambini e li aiutano ad imparare. Ma che cosa c’entra questo con il ciuccio? Perché così come man mano che i bimbi crescono e diventano più consapevoli di queste abitudini, tanto da seguirle spesso in autonomia, la stessa cosa vale per il ciuccio: in automatico lo cercano e, mano a mano che crescono, se lo mettono anche da soli. L’abitudine si sta fortificando e il bambino pensa: “Per consolarmi, per rilassarmi, per confortarmi mamma e papà mi hanno sempre dato il ciuccio. Questo significa che è quello il modo che usano gli adulti per consolare, coccolare e rassicurare i bambini. Ed è ormai da tempo che io ho imparato a consolarmi e confortarmi in questo modo, non conosco altro. E se conosco altro, comunque è questo il modo con cui mi sono sempre consolato, l’unico che mi rassicura. Dunque, nel momento in cui i bambini crescono, questa abitudine si fortifica e diventano sempre più consapevoli degli strumenti che usano e a seconda dell’uso sarà sempre un po’ più complicato disabituarli ad usare questo strumento di conforto e di coccola. Un paragone, anche se un po’ estremo, è ciò che succede ad un adulto fumatore. È facile smettere di fumare se lo fai da una settimana, ma è più difficile se lo fai da 5 anni. E’ più facile smettere di fumare se fumi giusto una sigaretta dopo pranzo mentre è più difficile se ne fumi 20 al giorno. Per i bambini è la stessa cosa: prima lo facciamo e più è possibile farlo in maniera veloce e anche più serena per il bambino. Cosa faccio in pratica quando decido che è arrivato il momento di togliere il ciuccio? Dopo queste premesse, che cosa puoi fare quando decidi che probabilmente è arrivato il momento di fare a meno del ciuccio? Le soluzioni che, dal mio punto di vista, funzionano di più sono diverse e non sono dirette. . Ti anticipo che è possibile tenere in considerazione e rispettare i bisogni emotivi di tuo figlio, evitare l’eliminazione del ciuccio improvvisa, evitare un “trauma” da ciuccio, prevenire reazioni di nervosismo dopo aver tolto il ciuccio o dire bugie ai figli del tipo: “ora me lo dai, non esiste più, lo mettiamo via, piangerai lacrime di sangue…non importa prima o poi ti passa” ti convinco la prima volta con un regalo (…e poi?) ti dico che serve ad altri bambini, che sei grande, che non ne hai più bisogno, adesso basta… Puoi invece mettere in campo per il tempo necessario una serie di soluzioni che ti spiego ora passo per passo. Il 1° passo per togliere il ciuccio: devi essere convinta Quando arriva il momento di togliere il ciuccio a qualsiasi età, 1 anno, 18 mesi, 2 anni, 3 e oltre, i nostri figli sono ancora nella prima fase di crescita, quella in cui “assorbono” da noi adulti, e sono particolarmente sensibili al nostro stato d’animo. Dunque il nostro stato d’animo di mamme influisce tantissimo su di loro, sul loro comportamento, sulle loro risposte. Sarà allora importantissimo e di grande aiuto, se tu per prima sei fermamente convinta che: 1️⃣ È il momento giusto per farlo 2️⃣ Sei consapevole e sicura di avere la capacità come mamma di aiutare tuo figlio ad attraversare questa evoluzione e questa fase di crescita Perché te lo dico? Perché spesso succede invece che noi per prime ci sentiamo insicure e ci facciamo assalire da dubbi come: “ho paura di non farcela se non riuscirò a convincerlo” “mi fa pena, mi dispiace! È abituato da tanto tempo…” “io non sono sicura di avere la forza e la capacità di consolarlo” “io non so cosa fare quando ha paura, io non so cosa fare quando si mette a piangere a squarciagola” “Mi ricordo quando i miei mi privavano di qualcosa e io ci rimanevo malissimo… non voglio fargli del male, non voglio che lui si arrabbi con me” “Non voglio che mi viva come una madre degenere, io ho bisogno del suo amore, non voglio che sia scontento di me” “faccio fatica a dire di no…” Se viviamo tutta questa incertezza, allora vale la gioia aspettare un attimo, fermarci e piuttosto fare qualcosa su di noi. 2° passo elimina-ciuccio: prepara il terreno (individua e soddisfa i bisogni che rimangono scoperti togliendo il ciuccio) Prima di passare alla fase dell’eliminazione del ciuccio di giorno e di notte, inizia ad entrare nell’ottica che, quando toglierai il ciuccio, rimarranno dentro tuo figlio alcuni bisogni “scoperti”. Cosa farà ad esempio senza il ciuccio per: consolarsi rassicurarsi tranquillizzarsi non sentire la noia uscire dallo sconforto calmare la paura Allora il suggerimento è: mentre il ciuccio c’è ancora inizia a preparare un buon terreno. Quindi preparati, con la mente e con il cuore ad essere tu la persona che sa consolare un bambino, che sa prendersi cura di suo figlio, che sa accoglierlo, sa coccolarlo quando piange, che non si spaventa se cade, che lo aiuta nei momenti di difficoltà. Come prima cosa puoi iniziare ad osservarlo meglio. Nota ad esempio quando si sta annoiando, piuttosto intervieni facendo subito qualcosa insieme, facendolo ridere, giocando insieme. Cogli dal suo sguardo quando comincia ad essere stanco, quando ha fame, quando è un po’ sconfortato. Osserva se, quando gli hai detto di no per qualcosa, eri più nervosa e gli hai trasmesso questa tensione: se ti tranquillizzi, sarà anche lui più tranquillo. Se succede una scaramuccia con la sorella, puoi accoglierlo prendendolo in braccio. Inizia ad entrare nell’ottica che per ogni problema c’è una tua risposta che sei in grado di dare, che puoi dare col tuo comportamento, con una tua azione, col tuo sguardo, le tue parole, le tue coccole, il tuo amore, le tue soluzioni. Puoi farlo tu. Puoi farlo anche se si tratta di metterlo a dormire in un orario in cui di solito non dorme se è stanco. Magari si tratta di prenderlo in braccio e coccolarlo un’oretta prima di cena perché ormai si sta stancando, sta diventando capriccioso. Si tratta di cambiare gioco 2 o 3 volte in più in un’ora perché noti che si annoia facilmente e poi comincia a fare i capricci. Magari ti accorgi che si lamenta perché ha fame e piuttosto gli puoi dare da mangiare una volta in più. Non hai bisogno di tamponare con il ciuccio una sua manifestazione emotiva. Questo è il gioco forza: perché se ti prendi qualche giorno, qualche settimana per abituarti con calma ad essere tu la soluzione alle sue difficoltà, allora il terreno sarà preparato. Quando poi, pian piano, un po’ alla volta, toglieremo il ciuccio, tu non cadrai giù senza paracadute, perché avrai preparato questo terreno in cui la soluzione sei tu.. 3° passo: inizia a non dargli subito il ciuccio A questo punto, dopo esserti e allenata per qualche giorno o qualche settimana, prova a cominciare a non dargli subito il ciuccio appena inizia a piangere. Mettilo in un posto non in vista. Potresti essere tu la prima a dimenticarlo in un cassetto fino a sera. Inizia per esempio a darglielo soltanto più per dormire. Prima di dargli il ciuccio per farlo addormentare puoi raccontargli una storia, cantargli una canzone, cullarlo, accarezzarlo. Siamo agli inizi, quindi a questo punto, se non riesce ad addormentarsi subito, puoi anche dargli il ciuccio. Intanto avrai però già fatto un sacco di cose prima di darglielo e, invece di fare come è successo fino al giorno prima, il tempo sarà stato più allungato. Puoi fare la stessa cosa ad esempio quando si sta annoiando, quando è più stanco, quando piange per qualche motivo: puoi aspettare a dargli il ciuccio e intervenire tu con questa modalità che stai già coltivando da qualche settimana. 4° passo per togliere il ciuccio: gestiamo le reazioni di tuo figlio 👉 Se tuo figlio è molto piccolo (entro l’anno/anno e mezzo) Come già ho spiegato, naturalmente l’età incide molto sulla reazione che avrà il tuo bambino. Se tuo figlio è molto piccolo, entro l’anno, l’anno e mezzo, allora davvero incide tantissimo il tuo stato d’animo. Se tu per prima inizi a dimenticartelo in un cassetto e lui vede che la consolazione, il conforto, l’accoglienza, il calore arrivano da te, si abituerà molto più facilmente. Questo avviene perché lui sta assorbendo da te il messaggio che tu senti dentro: “Ci sono io. L’unica cosa che conosco sono le mie azioni. Le mie braccia, la mia voce, il mio calore: è ciò che ti serve in questo momento.” Se tu diminuisci mentalmente dentro di te il valore che dai al ciuccio, lui lo percepirà. Sentirà che adesso la sicurezza arriva da questo tuo stato d’animo e si abituerà molto più facilmente. Anche lui lo richiederà meno e non sarà così drammatico dimenticarlo sempre più spesso. 👉 Se tuo figlio è un pochino più grande Quando i nostri figli sono un pochino più grandi, ormai si sono abituati e lo usano autonomamente, ci può essere qualche difficoltà in più. In questi casi spesso lo chiedono proprio, piangono, stanno male, urlano “mamma dammi il ciuccio!” e vogliono il ciuccio perché ormai si sono abituati così. Avrai allora bisogno di più tempo e di mettere in pratica queste soluzioni più a lungo. Quindi non ti preoccupare se questa fase dovesse durare un po’ di mesi: va benissimo. Meglio fare con calma e nella maniera migliore che avere fretta, pretendere tutto subito e finire per trovarsi con un bambino che pensa “no, me lo vuoi portare via, io lo voglio! Te lo chiederò sempre più spesso perché sento che me lo stai portando via!” Con calma, ti abitui io dentro di te, superi le tue resistenze, prepari il tuo terreno. Continui a darglielo e poi cominci a dimenticartelo. La prima cosa che farai sarà arrivare ed esserci tu: per consolarlo, coccolarlo, farlo addormentare prenderlo in braccio, accoglierlo ecc, fino all’ultimo, quando gli darai il ciuccio. Lo farai abituandoti a sentirti sicura e costruendo dentro di te la certezza che questa cosa la puoi fare. Sei tu che con autorevolezza gestisci la situazione. Una volta che avremo creato questo terreno e nostro figlio si sarà abituato a questa nostra modalità, glielo daremo in maniera sempre meno frequente, proprio solo nei momenti più critici. Ad esempio glielo potrai dare quando si sta per addormentare perché è abituato così. Quando proprio esplode per qualche “capriccio”, tu non sai più che pesci pigliare e ti stai innervosendo, per esempio possiamo dargli il ciuccio. Sarà magari una volta nella giornata, non capiterà più come prima, in cui lo aveva sempre. A quel punto potremo allora cominciare a salutare il ciuccio, a dirgli innanzi tutto che ci sei tu, che adesso non serve, che lo hai dimenticato nella borsa. Ma lascialo davvero nella borsa, lascialo davvero in macchina, perché servirà anche a te per non avere la scusa di averlo a portata. Infatti all’inizio cosa potrebbe succedere? Lui farà un po’ di resistenza, perché è abituato ed è normale che sia così. Un po’ come noi adulti davanti ad un “questa sigaretta non la puoi fumare” “no questo tiramisù lo lasciamo in frigo, lo mangi domani”. In questi casi succede che magari vai un po’ in tensione, hai paura di non farcela a consolarlo e finisci col pensare anche tu “va be’, gli do il ciuccio, la prossima volta vediamo”. Se invece davvero lo dimentichi in macchina ci sei soltanto tu. Sarai tu che dovrai accogliere senza l’aiuto del ciuccio, questo pianto anche importante, questa frustrazione di tuo figlio. E ce la farai. Magari durerà un pochino di più. Forse ci metterai 20 minuti, o mezzoretta ma ce la fai. Lo puoi fare davvero. Del resto, come accogliamo una grande frustrazione di nostro figlio che ha 7/8 anni e non ha più voglia di studiare, o quando dobbiamo spegnere la televisione o quando non può fare un’altea partita a un video gioco. Anche in questo caso la frustrazione è enorme, magari lui è arrabbiatissimo. Cosa facciamo, gli diamo il ciuccio? No! Risolviamo con le nostre forze. Risolviamo all’interno della relazione. Ecco il modo di pensare è lo stesso. Puoi tranquillamente fare a meno del ciuccio anche se il pianto e la frustrazione sono un pianto e una frustrazione importanti. Che cosa gli dico se incontro resistenze? Mi è capitato di sentire racconti di alcune mamme che mi hanno detto: “Guarda Roberta, preparando il terreno così, essendo convinta io, sembra quasi davvero che se lo dimentichi. Ho fatto questa sorta di svezzamento un po’ alla volta, ad un certo punto gli ho detto “il ciuccio adesso lo diamo alla fatina dei ciucci che in cambio che può farlo andare insieme a tutti i suoi amici ciucci nell’isola dei ciucci. Mi ha detto che in cambio ti porta un regalino, quella cosa a cui tenevi tanto”. Lui, tranquillo, non me lo ha più chiesto. E tanto se succede qualcosa ci sono io, se mi dice “ciuccio!” io gli dico che lo abbiamo dato alla fatina, lo coccolo finché ne ha bisogno, risolvendo i bisogni e i suoi stati d’animo e non ho problemi.” Altre volte i nostri figli fanno un po’ più di resistenza e c’è un po’ più di difficoltà. Le prime volte avranno più nostalgia del ciuccio, i pianti e le frustrazioni saranno un po’ più importanti, e ciò non significherà che tu abbia sbagliato qualcosa. Ogni situazione è diversa. Anche in questo caso, con sicurezza, continua ad accogliere il pianto, ferma sulla tua decisione. Storia per togliere il ciuccio: quando il nostro amico prende la parola e rassicura tuo figlio Lo consoli, lo accogli, sei sensibile al suo dispiacere e dici a tuo figlio: “mi dispiace tanto che tu stia male così e lo so, prima c’era il ciuccio, ma non importa perché adesso ci sono io, puoi piangere tranquillo, anche se hai nostalgia del ciuccio. Anche io ogni tanto sono triste, quando papà magari va a lavorare via per due o tre giorni, io sento nostalgia di papà e il mio cuoricino piange, anche a me scende la lacrimuccia, perché sento proprio questa nostalgia. Mi chiedo: ma come faccio senza papino alla sera, che non dorme con me, e non possiamo mangiare insieme, non parliamo insieme? Lo so, ci vuole un pochino per abituarsi. Allora sai cosa facciamo? Adesso diamo un pensierino al ciuccio, gli diciamo “ciao ciuccio, come stai lì nel mondo della fatina? Con tutti i tuoi amici ciucci?” Sentiamo un po’ che cosa dice? Io lo sento nel cuoricino: “sto bene, sto bene! Mi dispiace Luca che stai così male! Io qua mi sto divertendo tanto con tutti i miei amici ciucci! E col gioco che ti ha dato la fatica ti stai divertendo? Lo sai che l’ho scelto io per te? Andiamo a prendere un po’ questo giochino?!” E magari con la connessione del giochino e del ciuccio, con le tue parole sicure, calme, amorevoli e balsamiche lo tranquillizzi come in qualsiasi altra situazione e per qualsiasi altro “capriccio”. Quindi se ci saranno delle resistenze iniziali è naturale che ci siano e le potrai affrontare come qualsiasi altra situazione. Se vuoi approfondire come affrontare le reazioni e i “capricci” dei bimbi, puoi leggere questo articolo: Guida completa per i Capricci dei Bambini (se li ignori si moltiplicano)
Vediamo oggi come possiamo supportare i nostri figli in questa nuova modalità scuola/compiti. Scopri qui come alleggerire e rendere più divertente il momento dei compiti.
Perchè a volte tuo figlio non ascolta mentre altre volte collabora e accetta le tue regole? Perché nonostante tutti i tuoi sforzi fai fatica a farti ascoltare e si ribella? Per leggere questo articolo è necessaria una buona dose di apertura mentale e la sospensione per qualche minuto del tuo giudizio! Infatti stai per scoprire: 1️⃣ Perché i bambini e i ragazzi rispondono male ai genitori, non ascoltano, non accettano i no e rifiutano le regole. 2️⃣ Approfondiremo quali sono i nostri atteggiamenti che involontariamente non rispettano il “Libretto delle Istruzioni” e che potrebbero causare ribellione, “capricci” e litigi. 3️⃣ I 5 principi d’oro che possono aiutare tuo figlio a rispettare le regole, ottenendo più collaborazione e armonia in famiglia. Iniziamo! “Fai il bravo! Comportati bene!” “Speriamo sia educato” “No, guarda che così non mi piaci” “Se mangi tutto ti do la caramella” “Solo più 5 minuti…” “Ascoltami!” “Vieni subito qui!” “Ti devi lavare i denti …” “Ti ho detto no!” “Così non si fa!” “Lì non devi andare!” “Ringrazia e chiedi per piacere” Ti suonano familiari queste frasi? Chissà quante volte le hai sentite per strada, in casa di amici oppure ti stai accorgendo mentre leggi che a volte fanno parte anche del tuo linguaggio e della relazione che hai con i tuoi figli. Perché sentiamo troppo poco spesso o diciamo troppo poco invece frasi come queste? 1️⃣ “Divertiti!” 2️⃣ “Sei felice?” 3️⃣ “Come ti senti?” 4️⃣ “Speriamo che riesca a essere se stesso e speriamo di riuscire ad aiutarlo in questo” 5️⃣ “Speriamo che impari ad ascoltarsi e speriamo di riuscire noi a sentire sempre i suoi bisogni” 6️⃣ “Non hai più voglia di finire quello che c’è nel piatto? Secondo te come mai?” 7️⃣ “Che cosa è successo, amore?” In più, se i bambini avessero una capacità razionale già sviluppata e un’ottima proprietà di linguaggio, probabilmente ci direbbero (e spesso lo fanno): “Mamma, basta urlare!” “Perché mi sgridi? Non l’ho fatto apposta. Se lo avessi saputo avrei evitato io stesso di mettermi nei pasticci” “Perché mi accusi? L’ho fatto perché mi sono sentito in pericolo, perché avevo bisogno di sfogarmi” “Papà, puoi parlarmi con più calma?” “Perché non riesci a stare davvero con me? Perché pensi sempre ad altro?” “Ma chi è questo qui a cui vuoi tanto che somigli tutte le volte in cui mi dici che non va bene quello che faccio o quello che dico o quello che esprimo?” Perché noi adulti recitiamo le battute che hai letto poco fa, anche se queste alla fin fine potrebbero peggiorare la relazione con i figli? Soprattutto considerando il fatto che sono anche una fonte enorme di stress per entrambi, figli e genitori: il rapporto si irrigidisce, viene meno la fiducia, tuo figlio non ti ascolta e aumentano le tensioni. Nonostante questo, lo facciamo comunque, perché è quello che direttamente (esperti, riviste, tv, libri, ecc.) o indirettamente (come riflesso incondizionato dell’educazione dei nostri genitori) abbiamo imparato e assorbito dall’ambiente. Oltre a questo, ci sono tre motivazioni profonde per cui agiamo in questo modo. Se ci osserviamo, vuoi o non vuoi, vengono fuori. Perché mio figlio non ascolta? Vediamo ora le 3 motivazioni che portano i genitori a imporre le regole: 👉 Vogliamo insegnare ai nostri figli le regole per stare al mondo e crediamo che questo sia il modo più giusto (o meglio, spesso è l’unico che conosciamo) per allevarli. 👉 Vogliamo che gli altri pensino bene di noi e avere figli che vadano bene a scuola, che siano dei bambolotti che dove li metti stanno, che dicano sempre grazie, prego e per piacere così che le persone pensino bene di noi, sono garanzie in più affinché lo facciano. A volte utilizziamo i figli e i loro risultati per compiacerci, gratificarci e per dirci che almeno qualcosa di buono lo abbiamo fatto. 👉 Vogliamo avere meno problemi possibili da gestire. Dato che abbiamo a volte serie difficoltà a gestire gli imprevisti, i problemi non sono sfide ma macigni che ci stressano. Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo inadeguati e sogniamo perennemente quell’eldorado di felicità e non-sforzo dove tutto è perfetto. Se ce lo avessero fatto vivere nell’infanzia non andremmo a cercarlo ora in maniera così compulsiva. Anzi, probabilmente non avrebbe mai smesso di far parte del nostro mondo interiore, indipendentemente dagli eventi esterni. Per non sentire tutto questo, speriamo che meno imprevisti possibili arrivino a costellare le nostre giornate. Approfondiamo questi ultimi tre punti. Non ce lo chiediamo mai, ma crediamo che almeno una volta nella vita queste domande ce le possiamo fare: Perché vogliamo che i bambini imparino “le regole”? Quali regole e secondo chi? Potrebbero forse farne a meno? In verità vogliamo che i bambini imparino delle regole perché crediamo che quello sia l’unico modo per riuscire ad ottenere da loro un comportamento adeguato, soprattutto per quando saranno adulti e si dovranno confrontare con il mondo esterno e con altri individui. Temiamo che possano non aver appreso tutte le strategie che permetteranno loro di sopravvivere in questo mondo che consideriamo spesso pericoloso, ingiusto e difficile. Percepiamo l’esterno e la vita come terreni di battaglia e in più ci fanno credere che, a meno che non si tratti di un colpo di fortuna, siamo troppo deboli per affrontarlo, quindi meglio rassegnarci. Altre volte invece, sempre per condizionamento, crediamo che l’omologazione sia la via più facile. Dunque riteniamo che le regole possano abituare il bambino a diventare quell’essere intiepidito, insipido e che davvero “dove lo metti sta”, augurandoci così che abbia meno problemi possibili. Perché, si sa, la ribellione può rivelarsi scomoda e dare tanti problemi. Peccato che sovente confondiamo il “capriccio” del bambino o la ribellione di un ragazzo con il suo tentativo di essere se stesso a discapito dell’omologazione. Figli che si ribellano ai genitori: perché se cerchi di omologarli ottieni ribellione e perdita di fiducia Tutti i bambini e i ragazzi sanno di essere nati per essere se stessi, per conoscersi e per manifestare i loro talenti. Se noi tentiamo in tutti i modi di omologarli con rabbia, durezza e sguardi di ghiaccio ad uno schema o a un “si è sempre fatto così” probabilmente ottieniamo due cose. Conseguenza n° 1: la ribellione Il bambini e i ragazzi continuano a mettere in atto tentativi a volte ribelli per cercare fino all’ultimo di dirci che: 1️⃣ avrebbero bisogno di un nostro atteggiamento diverso 2️⃣ vogliono essere omologati alle nostre credenze ma vogliono essere sostenuti affinché possano essere se stessi. Conseguenza n° 2: la perdita della fiducia Se cerchiamo di omologarlo ad un prestampato che abbiamo nella nostra testa per il solo fatto che crediamo che sia giusto o perché anche noi ci adattiamo a modelli esterni o precedenti, lui percepisce di non valere, di non essere quello che tu vuoi da lui. Dato che la seconda cosa fondamentale che ogni bambino desidera è quella di essere amato incondizionatamente da mamma e papà, mette sotto le scarpe se stesso a favore del tuo amore per lui. Facendo questo, rinuncia a conoscersi e a manifestarsi (cosa che lo porterà ad essere infelice, sfiduciato e arrabbiato) e perde fiducia e stima in mamma e papà perché dovrebbero proteggerlo e sostenerlo nel suo intento e non lo stanno facendo. Anzi, lo giudicano, lo vogliono uguale a un qualcosa che lui non è. Viviamo impregnati di una cultura che porta ancora con sé il retaggio di un sistema di regime dove le stesse norme applicate in una caserma si riteneva fossero idonee anche per l’ambiente famigliare: con le ristrettezze e con la forza si potevano ottenere uomini forti, donne sottomesse, potere, fama e gloria. Ahimè un disegno di questo tipo, come non porta a un miglioramento nel mondo, non porta a nulla neppure nel mondo interiore di tuo figlio. A causa di questo modello crediamo che i bambini siano vasi vuoti da riempire di modi di fare, di regole, di buoni comportamenti. Crediamo che premi e punizioni servano per raddrizzarli, che i complimenti gli tirino su il morale e gli rafforzino lo spirito. Siamo convinti che le restrizioni siano l’unico strumento che abbiamo per fargli capire chi comanda e perché, forse, attraverso il patimento impareranno la lezione. I bambini e i ragazzi non vogliono appartenere a modelli ma vogliono essere se stessi, rispettando i principi naturali di vita e di condivisione che appartengono all’uomo e alle altre specie viventi. Se non rispettano noi e il nostro modello, per cui ci appaiono come dei trasgressori, potrebbe essere che quanto noi proponiamo non è nelle loro corde naturali? Potrebbe essere che fanno tutti i tentavi possibili, con il linguaggio verbale e non verbale e con gli strumenti che hanno a disposizione per farcelo capire e per darci la possibilità di essere anche noi diversi e più vicini alla nostra natura di genitori? La famiglia e tutti gli ambienti in cui un figlio cresce non devono essere ambienti militareschi e neppure ambienti democratici (anche questo oggi va molto di moda…). L’ambiente in cui il bambino si esprime è semplicemente “naturale”: per essere efficace a breve e a lungo termine deve poter rispettare i principi del loro Libretto delle Istruzioni che fanno crescere il bambino senza sforzo e sentendosi amato e fanno sì che anche noi lo educhiamo senza sforzo, con gioia e gratitudine. La crescita del bambino e l’armonia del rapporto con i propri genitori dovrebbe avvenire naturalmente e senza sforzo. Ognuno conosce il proprio ruolo, sa cosa fare, quando farlo e come farlo, senza dover ricorrere a stratagemmi, manipolazioni, giudizi, premi, punizioni, ricatti, compravendite di amore (“se fai così non ti voglio più bene”). Troppo spesso confondiamo questi metodi con l’”Educazione”. Questi metodi fanno parte dell’istruzione, ovvero di un tentativo di inserire all’interno del bambino, codici, schemi, regole, morale del giusto e dello sbagliato. Educare è invece tirar fuori quello che il bambino ha già naturalmente dentro di sé e senza sforzo. Sai perché diciamo “senza sforzo”? Perché se iniziamo con pazienza a osservare il bambino, ci accorgiamo che è lui con la sua trasparenza, la sua innocenza e la sua consapevolezza a farci capire quello di cui ha bisogno per diventare un adulto felice. Noi adulti abbiamo perso l’abitudine di stare davvero con i bambini, di sentirli, di guardarli negli occhi e di osservarli. La loro perfezione, la loro lucidità e la loro coerenza ci spiazzano, a volte ci mettono in difficoltà e quindi preferiamo soprassedere o restare sulla superficie. Anche se iniziamo ad osservarli, dobbiamo poi ancora fare i conti con questi “benedetti” condizionamenti che utilizziamo ormai in maniera automatica. Non rispetta l’autorità, risponde male, non accetta i miei no: i 5 falsi miti svelati A proposito di regole e di condizionamenti ora vediamo quello che ahimè rafforza una modalità educativa militaresca e omologante, anziché favorire la libera espressione dei bambini e dei ragazzi e la loro manifestazione. 1° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il rinforzo positivo Educare con il rinforzo positivo: quando un bambino si sente elogiato e gratificato per ciò che sta facendo, inizia a credere di più in se stesso. Riflessione Il rinforzo positivo ha lo stesso valore della punizione, della critica e del giudizio. Si trova dalla parte opposta, ma è allo stesso livello. Infatti, possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che sgridare e punire i bambini non sia efficace, ma non ci chiediamo che cosa accade nel bambino davanti al rinforzo positivo e all’elogio. Tuo figlio deve sentirsi amato per quello che è, qualsiasi cosa faccia o dica. Se quello che fa a noi non piace è un problema del bambino oppure nostro? Nostro. Ci sono vie mono faticose e più efficaci del lodare o criticare perché speriamo che così impari le buone maniere o perché così la prossima volta eviterà un comportamento scorretto che abbiamo criticato o ripeterà un comportamento che noi riteniamo corretto e che abbiamo elogiato. Rinforzare positivamente un comportamento vuol fargli capire (anche se le nostre intenzioni sono diverse, questo è quello che gli trasmettiamo) che così ci piace, se si comporta diversamente no, che così lo preferiamo e lo amiamo di più. Si innesca un meccanismo a spirale discendente per cui il bambino e il ragazzo restano in perenne tensione per controllare i loro istinti e i loro atteggiamenti perché, se seguono le loro motivazioni e il loro istinto, l’amore di mamma e papà potrebbe diminuire. È necessario imparare a fidarci di più dei figli perché non sono prototipi da stampaggio, non sono cd da masterizzare, sono bambini, sono ragazzi. Per certe cose siamo molto più mammiferi di quello che crediamo. Come mamma leonessa non ha bisogno di insegnare, spiegare, indirizzare, lodare, punire i suoi cuccioli perché imparino a seguirla evitando i pericoli, a diventare autonomi, a cacciare, così noi potremmo limitarci a dare un buon esempio e lasciare che il bambino lo imiti e lo assorba. 2° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: i vizi… A differenza della mamma lei, mia nonna, non doveva occuparsi della mia educazione ma doveva solo viziarmi. Riflessione Ascoltando questa frase mi sono chiesta: perché educare, coccolare e dare abbondanza devono essere visti come incompatibili? Perché vediamo le coccole e l’abbondanza come vizio e come concessione? Perché l’educare deve implicare restrizioni e sacrifici per il bambino? Se vogliamo davvero andare verso uno stile educativo che rispetti tuo figlio dobbiamo lasciar perdere tutti questi modi di pensare e allontanarci dalla credenza che sia dannoso dare al bambino un senso di abbondanza (e non intendiamo con questo riempire la cameretta di giocattoli…). L’educazione si impara imitando e non imponendo o restringendo, quindi, tanto vale essere “abbondanti” in coccole, attenzioni e dettagli. In questo modo, non solo soddisfiamo i bisogni del bambino, ma gli diamo anche un senso di abbondanza che lo accompagnerà per tutta la vita e che gli impedirà di sentirsi vuoto, sfiduciato, privo di risorse e con un percorso in salita dove la vita è ingiusta e c’è sempre qualcuno pronto a deluderci o a fregarci. La vita non è così. È così lo schema educativo che abbiamo assorbito e subito e che inconsciamente ribaltiamo sulla nostra vita di adulti. Un bambino cresciuto nell’abbondanza di amore e nel soddisfacimento di tutti i suoi bisogni affettivi cresce con molti meno limiti a fargli da intralcio per la sua realizzazione. 3° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: bisogna farli ragionare… Dal primo anno i bambini hanno bisogno di spiegazioni per capire cosa bisogna e non bisogna fare. Riflessione Dal primo anno i bambini, a meno che debbano andare in trincea o alla scalata del Kilimangiaro, hanno bisogno di amore, attenzioni e coccole. I bambini non hanno bisogno di capire razionalmente, hanno bisogno di vedere, sperimentare e imitare. Sono troppo piccoli per poter comprendere un discorso razionale fatto di pro e di contro, di cause e conseguenze, di diritti e doveri, e soprattutto di spiegazioni. Quante volte pensiamo o diciamo: “Eppure sai quante volte gliel’ho detto?” “Te l’ho già spiegato il perché!” “Ma non capisci?” Ecco il punto di vista di tuo figlio: “Cara mamma e caro papà, sarebbe più semplice per voi, e a me piacerebbe di più, se quando non ho voglia di fare i compiti o faccio i capricci per non lavarmi i denti, prima di tutto mi veniste vicino e vi ricordaste che ho un motivo per cui faccio così. Non ve lo so spiegare bene e allora lo manifesto come posso”. “Se mi chiedete con calma e dolcemente come mai e vi rendete disponibili ad aiutarmi e a risolvere la mia difficoltà o il mio bisogno, io sono il bambino più felice del mondo. Smetto di avere paura e di sentirmi a disagio, so che mi posso fidare di voi e so che mi basta seguirvi. Insomma, mamma e papà, so benissimo come si lavano i denti, è da quando sono nato che mi portate con voi e che vi guardo, di solito lo facciamo sempre insieme! E per i compiti, che voi mi diciate di sforzarmi, mi serve a ben poco! Ho un disagio dentro che non riesco a superare da solo, altrimenti vi pare che perderei tutto questo tempo? Se non mi annoiassi e volessi farli da solo a quest’ora li avrei già finiti e sarei fuori a giocare!” 4° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: ignoralo se dice parolacce… Mio figlio dice le parolacce: se non trova alternative alle parolacce sgridatelo e ignoratelo. Riflessione Perché un bambino dice parolacce? Forse le ha sentite dire e semplicemente le ripete perché funziona per imitazione. Oppure sa che non si fa e vuole attirare la nostra attenzione (ha provato in mille altri modi e “con le buone” ma non c’è stato nulla da fare). Forse si sente un debole o un insicuro: chi dice parolacce gli sembra più forte e quindi fa anche lui così. Se non comprendiamo la motivazione e non andiamo a fondo non serve a nulla sgridarlo o ignorarlo. Nel primo caso continuerà a farlo perché pur sgridandolo almeno abbiamo iniziato a considerarlo. Nel secondo caso anche, perché volendo le nostre attenzioni rincarerà la dose o cercherà altri atteggiamenti distruttivi per segnalarci la sua presenza e il suo bisogno di attenzioni. 5° Falso mito su regole e figli che non ascoltano: il disordine… Mio figlio è disordinato, non pulisce, si rifiuta di riordinare! Riflessione Se invece vuoi che tuo figlio “impari” a fare le pulizie perché hai paura che diventi sporco e disordinato puoi partire da subito con un’altra motivazione nel cuore. Infatti, grazie al buon esempio e al gioco puoi far amare a tuo figlio tutte quelle esperienze che fanno parte della vita quotidiana: lavarsi, apparecchiare, sparecchiare, riordinare la stanza, ecc.. Il bambino impara giocando: prima lasciati imitare mentre fai le cose con gioia (se anche tu le vivi come un peso, come pensi che potrà viverle lui?), poi fate le cose insieme, giocando! Per esempio, invece di dover pulire la stanza potete andare a risistemare per bene la barca dei pirati con tanto di bandana in testa. Invece di dover apparecchiare la tavola potete preparare un ottimo servizio per i principi e per le principesse che vengono a palazzo per la festa. Oppure allestire un banchetto per i samurai che tornano affamati dalla battaglia. In questo modo tutti i bambini si divertono e imparano. Attenzione! Se l’adulto lo fa con un secondo fine e quindi manipolando (facciamo finta di giocare così ti porto dove voglio io) non funziona. Funziona se siamo sinceramente convinti che questa sia la cosa più naturale per il bambino e se anche noi ci stiamo divertendo. Per approfondire questo argomento puoi leggere: Figli disordinati: come insegnare l’ordine con la tecnica dello svezzamento Come insegnare le regole senza urla, sgridate e senza ripetere le cose 100 volte! Anche se oggi tuo figlio rifiuta le tue regole e i tuoi limiti ci sono 5 principi d’oro che possono aiutarti a ottenere più collaborazione e armonia in famiglia. Sono gli stessi principi utili anche con bambini oppositivi e provocatori, bambini che non rispettano l’autorità o bambini ritenuti “difficili da gestire”. Sono principi semplici che vengono spesso trascurati e che invece ti suggerisco di valorizzare nella vostra vita familiare perché ti consentiranno di allinearti con i bisogni emotivi di tuo figlio ed eviterai inutili imposizioni e litigi. 1️⃣ Vivere in un clima rilassato aiuta Muoverti con calma, sorridere, mostrarti paziente e disponibile, evitare litigate, cercare un gioco insieme e con calma riordinare il resto, aiuta i bambini a rasserenarsi. Bambini più sereni, che percepiscono rilassatezza e sicurezza intorno a loro, spontaneamente hanno più voglia di ascoltarti, di seguire le tue indicazioni. 2️⃣ La qualità del tempo che trascorri con tuo figlio Se gli dedichi del tempo di altissima qualità (meno di quanto credi) tuo figlio si sentirà appagato affettivamente e non avrai bisogno di insistere, premiare, punire, perché sarà lui per primo a volerti aiutare. 3️⃣ Funzionano le buone abitudini condivise e non il “devi fare così” I bambini rispettano le regole che diventano per tutta la famiglia delle buone abitudini che tutti condividono e che sono parte integrante dei ritmi quotidiani e del modo di essere di mamma e papà. Al contrario le imposizioni fatte con toni duri tendono a creare trasgressione, soprattutto con i bambini di oggi. 4️⃣ Apprendere l’arte di saper dire di NO Non avere paura di dire di no e di dare limiti, evita però le prese di posizione esplicitate con rabbia, le sgridate e gli “sguardi di ghiaccio”. Sii ferma ma mantieni un sorriso sincero. Infatti i no e le regole si possono “trasferire” anche con calma e in un clima sereno (contrariamente a come spesso siamo stati abituati noi nella nostra infanzia con ricatti, punizioni, urla e minacce). Al contrario metodi educativi basati su minacce e paura tendono a peggiorare la situazione se tuo figlio è oppositivo e non ti ascolta. 5️⃣ I tuoi figli vivono e imparano giocando e nella gioia Nulla può essere appreso o eseguito da loro con modi militareschi o autoritari. Se vuoi che “impari le regole”, le dovrete mettere in pratica insieme giocando e divertendovi (soprattutto nei primi 5-6 anni). Per esempio, si può raccontare e “vivere” la storia di un supereroe ogni volta che si lavano i denti, come Spider-man che salta da un dente all’altro sparando la sua ragnatela. Oppure la stanza diventa magicamente una nave di pirati da pulire, completa di cannoni, vestiti per la ciurma e spade! I bambini comprendono principalmente il linguaggio del gioco, ecco perché come genitori è necessario diventare anche i loro animatori. Tu ti divertirai di più, aumenterà la qualità della vostra relazione, tuo figlio collaborerà e apprenderà le sane abitudini come lavarsi, pulire gli ambienti, prendersi cura del proprio corpo… divertendosi. E, infine, ecco una riflessione molto contro-intuitiva e di vitale importanza: i bambini hanno voglia di cooperare e di essere solidali con mamma e papà, mentre si oppongono quando sentono che la loro natura amorevole e la loro emotività non viene rispettata. Approfondimento Se vuoi comprendere meglio come gestire il nervosismo di tuo figlio e i comportamenti “capricciosi” leggi qui: Capricci dei Bambini da 1 a 10 anni (come gestirli e prevenirli)
Ho trascorso cinque anni a stretto contatto con bambini e ragazzi considerati “difficili”. Oltre ad avermi arricchita dal punto di vista umano e ad avermi aperto gli occhi su un sacco di false credenze, il tempo trascorso con loro, 24 ore su 24, mi ha donato 6 grandi lezioni. 1. I figli considerati “difficili” non sono bambini e ragazzi difficili Difficili sono le situazioni e le circostanze che hanno vissuto. I bambini e i ragazzi che hanno alle spalle eventi spiacevoli manifestano spesso atteggiamenti violenti, scontrosi, oppure si estraniano, si isolano, tanto da sembrare “disadattati” o bambini/ragazzi “particolari”. Nel momento in cui l’adulto inizia a guadagnarsi la loro fiducia, a comprenderli e ad applicare le leggi che la natura prevede per la loro crescita, sempre (a breve o a lungo termine, a seconda della situazione) il bambino/ragazzo molla i meccanismi difensivi per lasciare spazio alla sua vera natura, dolce, docile e generosa. Quando ho potuto liberamente intervenire su di un bambino con difficoltà emotive ho sempre assistito al manifestarsi di questo processo regressivo e a un ritorno alla serenità. 2. L’amore senza se e senza ma vince tutto Quello che ogni bambino e ragazzo chiede è di essere amato incondizionatamente e di essere amato per quello che è. Raramente noi adulti soddisfiamo davvero questo loro bisogno: senza rendercene conto li manipoliamo, vogliamo da loro quello che piace o fa comodo a noi, secondo la scusa di “educarli bene”. Questo succede a causa dei modelli che noi stessi assorbiamo dal nostro ambiente familiare, che a sua volta ha appreso dai nostri nonni e così via… nessuno ha colpe! 🙂 Alcuni atteggiamenti di noi adulti sopra citati a lungo andare non funzionano, soprattutto di questi tempi e con i bambini sensibili che nascono oggi. Non possiamo più trovare scuse e questi nostri preziosi maestri ci chiedono di crescere, di diventare grandi, di abbandonare le corazze emotive e l’ego per lasciare libero respiro alla nostra autenticità. L’unica ricetta vincente è proprio l’AMORE, quello puro e disinteressato che non vuole e non ha bisogno di nulla in cambio. Dovendolo mostrare a loro, i nostri cuccioli ci danno la possibilità di allenarci e di diventare esperti verso quell’unica forza che può davvero accompagnarci alla realizzazione, alla salute e alla felicità. Se vuoi sapere come aumentare la qualità del tempo che trascorrete insieme puoi leggere Tempo di qualità con i figli: ecco 4 modi per garantirlo 3. Figlio difficile o impossibile? Se vai in reazione e ti arrabbi sei finito Qualsiasi cosa cerchi di mettere in campo quando sei preda della reazione e della rabbia non funziona e il bambino perde fiducia in te. Dalla tua reazione il bambino deduce che lui non va bene e che tu non gli credi. 1️⃣ La reazione non è mai causata da quello che ha fatto il bambino, ma da una tua frustrazione: non sono riuscita a fargli fare quello che voglio, mi rovina i piani, sono nervosa e ora ci si mette pure lui, è tutto suo padre, non sono capace di farmi ascoltare… 2️⃣ La reazione spaventa il bambino che non comprende il perché di questo atteggiamento esagerato (se ha sbagliato, non lo ha fatto apposta, altrimenti non lo avrebbe fatto). In più minaccia notevolmente la sua autostima e la stima nei confronti di noi adulti. Infatti come avrai già notato la rabbia, l’impazienza, il nervosismo non aiutano a migliorare il rapporto di fiducia reciproco e impedisce al bambino di trovare sempre il suo porto sicuro rappresentato dalla comprensione di mamma e papà. 4. La buona organizzazione quotidiana è un asso nella manica vincente anche con “figli difficili da gestire” Essere ben organizzati permette di guadagnare un sacco di tempo durante la giornata che può essere dedicato a momenti di qualità con i propri figli. Inoltre per il bambino vivere in un ambiente e in un tempo ordinati e armonici è sinonimo di sicurezza, pace e tranquillità. 5. Con il gioco, la comprensione e la pazienza si vincono tutte le resistenze Per avere la stima del bambino e dell’adolescente e garantirgli il meglio a livello di educazione e di qualità di vita dobbiamo agire secondo i suoi bisogni, secondo modalità a lui comprensibili e secondo quello che lui si aspetta veramente da noi. Per esempio tuo figlio apprende con il gioco, quindi non puoi sperare di insegnargli delle regole in altro modo se non con il gioco, il divertimento. Allo stesso modo il suo mondo è fatto di serenità, gioia. Una delle sviste che involontariamente spesso commettiamo è pensare di doverlo svezzare fin da subito nei confronti delle difficoltà della vita (che sono solo nella nostra testa…). La stessa cosa vale per l’adolescente. Forse con lui non giocheremo più ai pirati o a fare le mammine, ma comunque possiamo entrare nel suo mondo. Possiamo comprendere le sue motivazioni, accettare la sua visione delle cose e aiutarlo a manifestare la realtà che lui desidera. Se anche noi adottiamo pazienza e comprensione, possiamo ottenere sempre il meglio da lui ed elevare la qualità della nostra vita. 6. Come comportarsi con figli difficili? La fiducia dei bambini e dei ragazzi te la devi conquistare I bambini e i ragazzi non ci devono nulla: tutto quello che facciamo per loro deve essere a titolo amorevolmente gratuito. Tutto quello che ricevono lo renderanno poi ai loro figli: “è una ruota che gira”. Anche se noi adulti siamo apparentemente in posizione privilegiata adatta a dare regole a dare o a privare, in verità non è così. I bambini sono in posizione privilegiata perché sono puri, perfetti e con un enorme potenziale in via di sviluppo, sensibili alle corde fuori nota. Ecco che per avere con loro un rapporto eccellente dobbiamo ogni giorno accordarci ai loro toni e meritare i loro sorrisi, la loro stima.
La mattina tuo figlio non si fa vestire e fa un sacco di “capricci” per prepararsi? In questo articolo vediamo cosa fare quando i bambini fanno “capricci” per vestirsi, quando tuo figlio non vuole mettere le scarpe o non vuole indossare i pantaloni o una maglia. La situazione peggiora quando i minuti al mattino sono contati e tuo figlio non ascolta e urla perché si rifiuta di vestirsi per andare a scuola o se avete un appuntamento… Le indicazioni che leggerai sono utili anche per comprendere altri “capricci” del mattino, per esempio: se tuo figlio si rifiuta di fare colazione si rifiuta di uscire di casa se vuole restare a letto se arrivano pianti disperati perché dovete lasciarlo con la nonna o la babysitter C’è un motivo se i bambini non vogliono farsi vestire o non si vestono da soli? I bambini hanno sempre un motivo per cui si comportano in un certo modo. Se consideriamo che tutti i bambini del mondo non sono cattivi, sono spontanei, sereni, seguirebbero mamma e papà tranquillamente, le loro regole e le loro indicazioni, dobbiamo sempre domandarci come mai si comportano in un modo differente. Questo “come mai” non riguarda il bambino che: “è rompiscatole”, “che vuole farci arrabbiare”, “che è cattivo”, “è fatto male”… In verità c’è sempre una motivazione valida, che ha un senso, per spiegare il comportamento che hanno. Quindi la mattina non vuole vestirsi per andare a scuola o non vuole mettere le scarpe o i pantaloni? Scopriamo quali possono essere i motivi. Possono essere vari, ecco i principali: Motivo 1: approfittano del momento mattutino. I bambini sanno che bisogna uscire, sanno che papà e mamma devono andare a lavorare e sanno che la scuola chiude, quindi sanno che quel momento è ottimo per attirare la vostra attenzione. Se iniziare a risponderti con dei secchi il loro No!, se puntare i piedi con “io non voglio, non voglio”, innesca questa lotta di potere, sanno che voi vi impegnerete tantissimo a stare lì con loro. Poi sì, probabilmente vi arrabbierete, ma starete lì con loro, mollerete tutto quello che avete da fare in giro, non penserete a fare il caffè, non penserete a vestire voi stessi, non penserete al lavoro. Non penserete a niente: mollerete tutto e andrete lì da vostro figlio perché si vesta e per riuscire a convincerlo. Sembra paradossale, ma quando i bambini hanno la sensazione di non stare abbastanza tempo con noi, di trascorrere un tempo di qualità con noi, approfittano anche di questi momenti per comunicarci tramite i “capricci” per vestirsi o per uscire: “cavoli! almeno così stai con me. Ti prego, anche da arrabbiata ma stai con me. Non voglio che passi poi ancora una giornata, tu adesso mi porti a scuola e io starò di nuovo tutta un’intera altra giornata senza vederti, senza vivere il rapporto con te. E poi quando tornerai a casa sarà la stessa cosa perché tu sarai di fretta. Perché dovrai cucinare, perché smanetterai con il cellulare, perché dovrai rispondere alla zia, perché mi chiederai di lasciarti tranquilla, perché dovrai fare le lavatrici e poi sarà ora di andare a dormire. Mi metterai a letto e la giornata sarà passate di nuovo e io con te quando sono stato? Quando mi sono sentito davvero amato da te? E quando ho giocato con te? Quando ho sentito proprio la nostra relazione stringersi? Quando? Allora allunghiamo questo tempo la mattina e, visto che non so come farlo, lo faccio con questa lotta di potere”. Le vere motivazioni dei “capricci” che fanno i bambini per vestirsi sono sempre a monte. Quindi, in questo caso, dobbiamo cercare di orientare meglio il tempo di qualità, dare priorità alla qualità del tempo che passiamo con loro. Motivo 2: altre volte invece i bambini innescano questa lotta di potere e non si vogliono vestire come una sorta di sfogo. Se per esempio, involontariamente, siamo nervosi con loro, arrabbiati, li rimproveriamo, gli gridiamo contro, alziamo la voce, li strattoniamo, siamo impazienti, allora ecco che alla prima opportunità in cui sanno di darci fastidio perché abbiamo fretta di andare a portarli a scuola o andare al lavoro, allora ecco che cercano di ripagarci con la stessa moneta: “Tu non te ne accorgi mamma, mi tratti in questo modo, allora io non mi vesto, i vestiti non me li metto, questi non li voglio e non voglio andare… Capirai che è lo stesso atteggiamento che hai tu con me o no!?” Anche qua dobbiamo andare a risolvere il vero motivo: dovremmo allora cercare di essere più calmi, più disponibili, fermi quando bisogna esserlo ma senza arrabbiarsi, senza punire e senza essere aggressivi. Motivo 3: i bambini hanno bisogno di sfogare delle tensioni. Succede spesso ai bambini di oggi perché non vivono una quotidianità serena come avrebbero bisogno di vivere. Vivono i nostri ritmi frenetici e le nostre ansie. Di giorno siamo sempre di fretta, non c’è qualcuno che li accolga veramente, che calmi i ritmi, che li rallenti, una persona serena che trasmetta loro: “Ho tutto sotto controllo, stai tranquilla, ci sono io”. Si riempiono come delle pentole a pressione e quando hanno bisogno di esplodere basta la minima cosa. Quando sanno che tu sei lì presente perché devi insistere e li devi vestire, esplodono dicendo “quello non lo voglio mettere!”, ma in verità hanno bisogno di sfogare tutta la tensione nervosa che accumulano. Questa tensione si accumula anche quando la relazione con loro è un pochino troppo rigida. Magari sentono le nostre aspettative su di loro, i giudizi su di loro, il nostro nervosismo. Magari il nostro atteggiamento nei loro confronti è: “fai questo, fai quello. Ti ho detto di comportarti così, ti ho detto di essere così, no, così no”… Una relazione eccessivamente basata sulla rigidità produce questa tensione. Paradossalmente la stessa cosa la produce una relazione troppo molle, quando il bambino non ha delle regole, quando non ha una sana fermezza, quando non ci sono dei genitori che sanno decidere per lui che sanno prendere le situazioni in mano. Allora i bambini rimangono senza degli argini in cui navigare e questo crea di nuovo molto nervosismo, che sfogano anche in momenti come quello del mattino e del vestirsi. È fondamentale risolvere la motivazione nel tempo, a monte occorre lavorare sulla vera causa, durante il giorno, durante le settimane, per cambiare toni e modo o ritmi, ovvero la causa vera delle loro esplosioni. Come fare se il tuo bambino fai i “capricci” per vestirsi al mattino? Nel frattempo, sul momento, l’ideale è non arrabbiarsi. Occorre mantenere la calma e per facilitarci il lavoro potrebbe essere necessario svegliarsi prima, anche se è un po’ faticoso, avere già tutto fatto e preparato prima di svegliarli ed essere lì con loro, disponibile, avere la calma per non arrabbiarsi e seguire i loro ritmi. Non avere l’orologio che ci pressa perché dobbiamo correre al lavoro o portare nostro figlio a un appuntamento e poterci prendere un momento di calma, respirare, non innervosirci, tanto abbiamo tutto il tempo a disposizione è un’ottima base di partenza e per prevenire il nostro nervosismo. Se tua figlia dice: “Io questo vestito non me lo voglio mettere!” ci giochiamo un po’, cerchiamo di sdrammatizzare e possiamo dire: “Davvero non vuoi mettere? Come mai? Forse perché mi sono sbagliata, questa non è una gonnellina, questo è un cappuccio o cappello? Allora aspetta, me lo metto io, mi metto il cappuccio, il cappello…” Se loro vedono che non c’è presa, che non possono farci arrabbiare, che restiamo sereni e addirittura scherziamo allora a quel punto si rasserenano. Oppure per il pantalone possiamo dire scherzandoci su: “allora me lo infilo io questo pantalone… ma non mi passa, mannaggia ho il piede che è grande come la tua gamba! Caspita! Che facciamo allora?” Se siete veramente zen e non siete giudicanti la lotta di potere si spegnerà molto prima sul nascere. Cosa potrebbe non funzionare se tuo figlio non vuole vestirsi al mattino 1. Il nostro vulcano interiore La cosa che a volte succede, ahimè, è che dentro di noi abbiamo un doppio dialogo contrastante: magari pensiamo “ok facciamo come dice Roberta” e diciamo: “Amore ma questa non è una gonnellina, è un cappellino, allora guarda se lo mette mamma”. dentro di noi pensiamo: “Porca Miseria, ti spicci a mettere questa gonna che devo andare a lavorare? Ma tutte le mattine sempre la stessa storia? Ma con me con tutto quello che faccio per te, tutti i sacrifici che facciamo… Basta!’” Se questo in verità è quello che pensiamo, al di là delle parole che diciamo, non funzionerà, perché i bambini hanno bisogno di sentire che in quel momento soprattutto ci interessa accogliere la loro emotività e risolvere il loro disagio. E non avrai bisogno di ore. E’ necessario essere veramente con loro e per loro, avere tempo per loro. È un suggerimento importante ed è ciò che va fatto. Ci vorrà allenamento, sicuro, ma va fatto, perché tutti noi possiamo acquisire questa calma. Ecco perché il primo suggerimento utile resta fare le cose in anticipo e svegliarsi un po’ prima al mattino in modo da ridurre la nostra pressione e per avere minuti preziosi in più per gestire questi imprevisti. 2. Esplicitare il motivo che ha scatenato il “capriccio” per vestirsi Può essere utile poi esplicitare ai vostri bambini il vero motivo per cui si sentono o si comportano così. Possiamo per esempio dire: “Amore, secondo me non è mica la gonnellina. Secondo me è che non hai proprio voglia di andare a scuola (o dalla nonna), vuoi stare a casa con la mamma… Amore mio, lo so che sei ancora arrabbiata perché ieri sera mamma si è arrabbiata. Non ti abbiamo fatto vedere il cartone (o Luca ti ha rotto il gioco), vero? Sei ancora arrabbiata per questo, siamo andati a dormire, niente coccole e sei ancora arrabbiata per quella cosa.” Se i bambini sentono che voi lo sapete, che siete disposti ad aiutarli, si tranquillizzano, perché loro cercano il vostro aiuto. Che vi risponda di Sì o che vi dica No, se sai qual è la causa e vai a colpo sicuro, abbracci la tua bimba, la accogli, il risultato è che si veste senza più parlare o arrabbiarsi. Personalmente non sono mai arrivata a dover vestire un bambino in macchina, perché se i passaggi prima sono fatti con il cuore non si arrivata a tanto. Certo, bisogna però mantenere la calma 😊. So che non è semplice ma è possibile. Come prevenire le lotte di potere quando tuo figlio rifiuta i vestiti che proponi Un altro aspetto è che, se i vostri bambini nei primi anni sono abituati a decidere tutto, è difficile che all’inizio accettino che voi vogliate per loro quei vestiti, questi orari, questo cibo a pranzo o questo a colazione. Se siete abituati a fare loro le domande: “Cosa vuoi? Vuoi mettere questi pantaloni? Vuoi mettere quello? Andiamo al parco, andiamo dalla nonna, aspettiamo ad andare dalla nonna? Ti cambio il pannolino? O non lo cambiamo? Vuoi mangiare adesso? Cosa facciamo?” Se si abituano a decidere, per loro sarà difficile accettare le vostre regole, anche se ne hanno un bisogno estremo. Infatti senza regole i bambini sono nervosi, hanno bisogno di dritte. Ecco perché è importante badare a questo aspetto, tornare a quella fermezza sana, saggia che noi possiamo costruire dentro, che manifestiamo senza arrabbiarci, senza durezza ma in maniera diretta e serena. Per riassumere: se i nostri figli fanno i “capricci” per vestirsi la mattina, non vogliono indossare i pantaloni o si rifiutano di fare colazione dobbiamo andare alle cause, alle motivazioni. E sul momento è importante non arrabbiarci, sdrammatizzare e poi accogliere, svelare, mettere in chiaro quello che loro stanno provando, come mai sono arrabbiati, come mai si stanno comportando in questo modo, e poi accoglierli. Spero che queste soluzioni ti siano utili per tutte le volte in cui tuo figlio o tua figlia fanno i “capricci” per vestirsi o non vogliono indossare una maglia o un pantalone. Se vuoi approfondire come comprendere e gestire i capricci di tuo figlio puoi leggere qui l’articolo I capricci non esistono: la Guida completa di Bimbiveri
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